Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-06-28, n. 201803984

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-06-28, n. 201803984
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201803984
Data del deposito : 28 giugno 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/06/2018

N. 03984/2018REG.PROV.COLL.

N. 08050/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA IALIANA

IN NOME DEL POPOLO IALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8050 del 2017, proposto dai Signori S S e A S, rappresentati e difesi dagli avvocati D G A, F S, con domicilio eletto presso lo studio Elvira Riccio in Roma, via G.B. Martini, 2;

contro

Comune di Crotone, in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentato e difeso dall'avvocato R C M R, con domicilio eletto presso lo studio Giovanni Arilli in Roma, via Circonvallazione Clodia 88;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda) n. 1409/2017.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Crotone;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 giugno 2018 il consigliere Fabio Taormina e udito per l’appellante l’avvocato D G A;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe impugnata n. 1409 del 20 settembre 2017 il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria –Sede di Catanzaro- ha respinto il ricorso, proposto dalla odierna parte appellante, Signori S S ed A S, teso ad ottenere l’annullamento della ordinanza n.83/2917, datata 18 maggio 2017, del Dirigente del Settore 4 – Pianificazione e gestione del territorio – del Comune di Crotone, con la quale si era proceduto all’annullamento in autotutela del permesso di costruire n. 167/NC del 20/11/2011 e proroga n. 106/NC del 30/09/2015 in testa alla ditta sigg. S S e Scalise Armando con la seguente motivazione: “Atteso che sono venuti meno i presupposti per i quali lo stesso permesso di costruire n. 167/NC e seguente proroga n. 106/2015 era stato rilasciato, presupposti tutti contenuti nello stesso titolo edilizio e nell'art.73 lettera G delle N.T.A. del vigente PRG, approvato il 17.12.2002 con DGR n. 18086 e pubblicato sul supplemento ordinario del BUR Calabria del 16.01.2003”.

2. Gli odierni appellanti avevano prospettato numerose censure di violazione di legge ed eccesso di potere sostenendo che l’azione amministrativa era viziata sotto il profilo sostanziale ed infraprocedimentale.

3. Il comune di Crotone si era costituito in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso, in quanto infondato.

4. Il T.a.r. con la sintetica sentenza impugnata, ha innanzitutto rammentato quale fosse stata la cronologia infraprocedimentale, ed ha respinto il ricorso sui seguenti rilievi:

a) tra i presupposti del titolo rilasciato vi era anche il possesso della qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale;

b) il possesso di tale qualifica era stato oggetto di revoca, con effetto retroattivo, con nota della Provincia di Crotone del 24 marzo 2014, divenuta definitiva;

c) il venir meno, con efficacia ex tunc di uno dei presupposti necessari per il rilascio del titolo, implicava che l’atto impugnato rivestisse carattere vincolato, potendosi in ogni caso qualificare atto implicito di decadenza del titolo edilizio;

3. Gli originari ricorrenti, rimasti soccombenti, hanno impugnato con l’odierno ricorso in appello la suindicata decisione criticandola sotto ogni angolo prospettico, e dopo avere rivisitato le principali tappe del contenzioso infraprocedimentale e giurisdizionale di primo grado hanno riproposto tutte le censure contenute nel ricorso di primo grado, attualizzandole rispetto al contenuto della motivazione della sentenza reiettiva e deducendo che:

a) era stato indicato a fondamento del potere esercitato il disposto dell’art. 21 nonies della Legge 241/1990, ma il termine di decadenza di diciotto mesi, contenuto nella citata disposizione, alla data di emanazione dell’ordinanza di annullamento del 18 maggio 2017, era ampiamente decorso a partire dalla data di adozione dei provvedimenti annullati (permesso di costruire del 20/11/2011 n.ro 167 e proroga del 30/09/2015 n. 106/NC);

b) con nota del 2 maggio 2017 prot. n. 0024847/1 i sigg. Scalise avevano presentato memoria contenente controdeduzioni e contestazioni dell'avvio del procedimento, ma l’amministrazione non le aveva esaminate, in violazione del disposto degli artt.7 e segg. della legge sul procedimento amministrativo n.241/1990;

c) era carente l’esistenza e la prova dell’interesse pubblico all’annullamento avente i caratteri della attualità e della concretezza e che non poteva ridursi all’interesse generico al ripristino dalla legittimità che si assumeva violata;

d) l’esercizio del potere di autotutela avrebbe dovuto attenersi all’osservanza del “contrarius actus ” seguendo lo stesso procedimento di cui all’avvenuto rilascio;

e) erroneamente il provvedimento impugnato aveva ipotizzato la retroattività del venir meno del requisito: essa, semmai, operava ex nunc ;

f) il Giudice di prime cure, poi, aveva ipotizzato una “decadenza” che non era stata neppure affermata nel provvedimento impugnato: avrebbe pertanto dovuto avvisare le parti, ex art. 73 comma IV del c.p.a.;

g) e comunque non sarebbe stato possibile emettere sentenza in forma semplificata;

h) l’atto impugnato non era vincolato, ma aveva natura discrezionale (come consueto, avuto riguardo alla natura del potere di autotutela esercitato);

i) la carenza di motivazione avrebbe reso l’atto impugnato illegittimo, anche laddove l’amministrazione avesse agito in base all’art. 21 octies della Legge 241/1990;

l) nel merito, non sussisteva alcuna illegittimità genetica del permesso di costruire, ma semmai una invalidità sopravvenuta;

m) sotto il profilo della disciplina urbanistica le Norme Tecniche di attuazione consentivano espressamente l’insediamento progettato di agriturismo;

n) non sussisteva la possibilità di considerare l’assunzione dell’obbligo di coltivare effettivamente in un determinato modo il residuo fondo quale elemento condizionante la validità ed anche la esistenza del permesso di costruire;

o) era irrilevante l’assunto (pur esso sopravvento e quindi nemmeno in ipotesi riferibile ad una illegittimità genetica) secondo cui era rilevante la circostanza che la qualità di imprenditore agricolo a titolo principale era stata negata ad uno dei due concessionari poiché il rilascio della concessione era legato, per legge, ai presupposti oggettivi e non alle qualità soggettive dei richiedenti ( la esistenza o meno della certificazione dell’imprenditore agricolo era rilavante per legge solo nei casi afferenti alla esenzione dei contributi, riservata solo ai coltivatori diretti);

p) sussisteva la violazione di cui agli artt. 12 d.P.R. 380/2001 e 59, 61 e 73 lett. G e C del PRG del comune di Crotone laddove si era sostanzialmente ritenuto che fosse possibile la costruzione di un villaggio turistico soltanto per realizzare costruzioni per le attività collegate all’agroturismo e/o in funzione alle attività agricole;

r) il PRG di Crotone non esisteva più in forza della legge urbanistica Regionale n. 19/2002 e sussisteva la decadenza delle prescrizioni urbanistiche ivi contenute ai sensi dell’art. 65 della legge stessa.

4. In data 4.12.2017 il comune di Crotone si è costituito depositando una memoria ed ha chiesto di respingere l’appello, in quanto infondato.

5. In data 7.12.2017 gli appellanti Signori S S ed A S, hanno depositato una memoria puntualizzando e ribadendo le proprie difese.

6. Alla camera di consiglio del 14 dicembre 2017 fissata per la delibazione della domanda di sospensione della esecutività dell’impugnata decisione su concorde richiesta delle parti la trattazione della causa è stata differita al merito.

7. Alla odierna pubblica udienza del 14 giugno 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITO

1.L’appello è infondato e va respinto, nei sensi di cui alla motivazione che segue.

1.1. Seguendo la tassonomia propria delle questioni (secondo le coordinate ermeneutiche dettate dall’Adunanza plenaria n. 5 del 2015), e fatto presente che a mente del combinato disposto degli artt. artt. 91, 92 e 101, co. 1, c.p.a.,il Collegio farà esclusivo riferimento alle censure poste a sostegno del ricorso in appello e già proposte in primo grado (senza tenere conto di motivi “nuovi” e ulteriori censure sviluppate nelle memorie difensive successivamente depositate, in quanto intempestive, violative del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione e della natura puramente illustrativa delle comparse conclusionali- cfr. ex plurimis Cons. Stato Sez. V, n. 5865 del 2015), si rileva che la ricostruzione fattuale resa dal T.a.r. è rimasta incontestata (art. 64 del c.p.a.) e pertanto, anche onde evitare di appesantire il presente elaborato, il Collegio ad essa farà integrale riferimento.

1.2. Si evidenzia, poi, in via preliminare che le note difensive depositate dagli appellanti in data 13.6.2018 non sono esaminabili, in quanto tardive.

2. Ciò premesso, si controverte in ordine alla legittimità dell’ordinanza n. 83 del 18 maggio 2017, notificata il 18.07.2017, a firma del Dirigente settore 4° “Pianificazione e Gestione del Territorio” del Comune di Crotone, Ing. Gianfranco De Martino, avente ad oggetto “Annullamento in autotutela del permesso di costruire n.167/NC del 20/11/2011 e relativa proroga n. 106/NC del 30/09/2015 rilasciati in capo ai signori S S ed A S”.

2.1. Appare opportuno precisare in punto di fatto che:

a) con la istanza presentata in data 10.07.2008, prot. n. 38300, i signori S S ed A S avevano chiesto al comune di Crotone il rilascio del permesso di costruire per la realizzazione di un intervento edilizio in Zona Agrituristica, normato ai sensi dell’art. 73 lett. G delle norme tecniche di attuazione Capo 2 “Attrezzature Turistiche ed Alberghiere” del Piano Regolatore Generale vigente, in qualità di proprietari del terreno oggetto dell’intervento di mq. 41.845, facente parte delle particelle iscritte in Catasto terreni al foglio 56 con il n. 256 parte, 914 parte, 912 parte.

b) l’intervento per il quale avevano chiesto il rilascio del provvedimento concessorio consisteva nella realizzazione di un campeggio articolato in n. 79 bungalow in legno con annessi servizi, secondo le modalità descritte al punto C “Zone per attrezzature turistiche leggere” dell’art. 73 delle N.T.A. (segnatamente: 73 Lettera G – “Zona Agrituristica” normata dall’art. 61 -zona Agricola normale a vocazione produttiva- ove è agevolato l’esercizio dell’agriturismo, quale attività collaterale ed ausiliaria a quella agricola come forma di offerta turistica);

c) in sede di richiesta di rilascio, i signori Scalise avevano prodotto il Piano di miglioramento Aziendale, datato 11.12.2009, dal quale si evinceva l’esercizio della “Azienda Agricola” e del suo miglioramento reddituale dell’attività principale.

2.2. Gli accadimenti sui quali si è fondata la statuizione revocatoria, sono due:

a) il piano di valorizzazione agricola allegato e richiamato nel P.C. n. 167/2011 non era stato minimamente attuato;

b) al signor S S, con nota della Provincia di Crotone, prot. n. 15345 del 24/03/2014 era stata revocata la qualifica di Imprenditore Agricolo Prevalente, richiamata nel medesimo permesso di costruire quale condizione del medesimo.

2.3. Dalla soprariportata cronologia, si evince che:

a) entrambi gli accadimenti (soprattutto il secondo, per quel che meglio si preciserà di seguito) sono successivi alla richiesta di proroga del permesso di costruire (proroga n. 106/NC del 30/09/2015);

b) di tali accadimenti l’Amministrazione non aveva avuto contezza in sede di proroga.

3. Ciò premesso in punto di fatto, venendo allo scrutinio delle censure infraprocedimentali e di merito, deve ritenersi, in primo luogo, che è infondata la censura di nullità della sentenza a cagione della asserita violazione dell’art. 73 del c.p.a. (anche sotto l’angolo prospettico secondo cui cui il T.a.r. non avrebbe potuto emettere sentenza semplificata), in quanto il T.a.r. non ha affatto introdotto argomenti nuovi ed emergenze fattuali non prospettate dalle parti ma - come rientrava pacificamente nei suoi poteri- si è limitato a qualificare i fatti e gli argomenti ostativi prospettati dall’amministrazione comunale e sui quali il contraddittorio era certamente integro. D’altra parte, l’intero appello era incentrato sulla asserita illegittimità degli atti impugnati;
inoltre, se si esamina la motivazione sul punto (“il venir meno, con efficacia ex tunc di uno dei presupposti necessari per il rilascio del titolo, implica che l’atto impugnato riveste carattere vincolato, potendosi in ogni caso qualificare atto implicito di decadenza del titolo edilizio;”) si rileva, per un verso, che il richiamo al concetto di “decadenza” è meramente rafforzativo, e, per altro verso, che esso si fonda su dati fattuali acquisiti al processo nel pieno contraddittorio, e certamente conosciuti alle parti, dal che discende l’infondatezza della censura.

Quanto al secondo profilo, deve ritenersi che rientri nei poteri insindacabili del Giudice, in un simile quadro, la decisione di emettere – o meno- la sentenza in forma semplificata.

3.1. Nel merito, si osserva poi che:

a) la seconda doglianza è certamente infondata, in quanto per la costante giurisprudenza, pienamente condivisa dal Collegio:

I) ( Consiglio di Stato, sez. IV, 18/05/2017, n. 2350) ”la Pubblica amministrazione non ha un obbligo di puntuale motivazione (e/o confutazione) delle controdeduzioni presentate a seguito del preavviso di rigetto dell'istanza, di cui all'art. 10-bis, l. 7 agosto 1990, n. 241, poiché le ragioni ostative all'accoglimento delle medesime ben possono evincersi dalla motivazione del provvedimento di diniego emanato a conclusione del procedimento.”;

II) (Consiglio di Stato, sez. IV, 21/09/2015, n. 4377) “tra atto preannunciato con l'avviso di avvio del procedimento ed atto effettivamente emesso deve sussistere un rapporto di congruità, non di identità, tra gli elementi essenziali, in modo che, da un lato, il provvedimento finale non rappresenti un esito imprevedibile del procedimento correttamente comunicato e, dall'altro, sussistano spazi per l'accoglimento delle risultanze istruttorie emerse, il che implica, in merito alla motivazione, che essa deve esistere e dare ragione dell' iter giuridico fattuale posto alla base del provvedimento, senza che debba fondarsi sugli stessi elementi addotti in sede di comunicazione iniziale di avvio”;

b) emerge quindi, dai suindicati arresti, che l’amministrazione non doveva analiticamente soffermarsi sulle deduzioni prospettate dal destinatario dell’avviso, tanto più che essa le ha ritenute infondate sotto profili assorbenti;

c) del pari infondata è la censura, peraltro avanzata in forma perplessa, in ordine alla circostanza che sarebbe stato violato il principio del c.d. “contrarius actus”: si evidenzia in proposito che il provvedimento originario e la proroga erano stati emessi dal comune e che la contestata revoca è stata adottata dal comune sul presupposto che fosse venuto meno un requisito indispensabile: a fronte di tutto ciò, non si vede perché il comune avrebbe dovuto acquisire i pareri e gli atti istruttori necessari per l’adozione del provvedimento positivo (ché questo sembra essere il senso attribuibile della censura);
a fronte dell’asserito venire meno di un requisito dirimente, sarebbe del tutto ingiustificato un simile aggravio infraprocedimentale, che per il vero già prima facie sembra del tutto inutile (né la parte appellante deduce alcuno specifico vulnus che sarebbe disceso da tale modo di procedere). Il problema, semmai, è di merito, e riposa nell’accertamento della esattezza – o meno- della tesi dell’amministrazione comunale secondo cui il venire meno della qualifica di imprenditore agricolo comportasse la impossibilità dell’esecuzione dell’intervento edificatorio;
questione di merito, che verrà approfondita di seguito;

d) per le medesime ragioni, non è fondata la tesi secondo la quale l’autotutela sarebbe consentita soltanto sulla scorta di presupposti sussistenti ab imis , ed (in tesi) erroneamente apprezzati in passato, e non anche per il venir meno dei presupposti in passato sussistenti, ma successivamente venuti meno (come si assume essere avvenuto nel caso di specie): al contrario di quanto dall’appellante sostenuto, infatti, , l’art. 21 nonies disciplina sia le ipotesi di c.d. “autoannullamento” che quelle di revoca/decadenza e comunque, a tutto concedere, potrebbe operare la disposizione di cui all’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990;

d1) peraltro laddove si sostenga (così come postulato dall’amministrazione appellata) che sia venuto meno un requisito la cui permanenza era invece (in tesi) necessaria per la conservazione degli effetti del titolo abilitativo, neppure giova all’appellante introdurre una simile distinzione, essendo del tutto ininfluente che detto requisito sussistesse in passato, e fosse invece venuto meno medio tempore , in quanto comunque il venire meno del medesimo (ove effettivamente indispensabile, il che costituisce argomento di merito) avrebbe implicato conseguenze decadenziali sul titolo abilitativo.

3.2. Maggiori approfondimenti merita la disamina della prima censura, incentrata sul superamento del limite temporale per l’esercizio dell’autotutela.

3.2.1. La norma di riferimento così dispone: (Legge 7 agosto 1990, n. 241 art. 21 nonies recante annullamento d'ufficio): “ 1. Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell' articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell'articolo 20, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. Rimangono ferme le responsabilita' connesse all'adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo.

2. È fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole.

2-bis. I provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorieta' false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall'amministrazione anche dopo la scadenza del termine di diciotto mesi di cui al comma 1, fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali nonche' delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.”.

3.2. Tale testo della norma, applicabile alla fattispecie per cui è causa, fissa per l’esercizio del potere un “un termine ragionevole comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici”.

3.2.1. E’ preliminare, in proposito, interrogarsi:

a) sulla natura e portata (assoluta o relativa) della prescrizione suindicata;

b) sul momento di decorrenza dell’esercizio del potere.

3.2.2. Quanto al primo profilo suindicato, il Collegio concorda nel ritenere che la prescrizione abbia portata generale, salvo specifiche eccezioni previste ex lege , non ricorrenti nel caso di specie, e sulle quali quindi non mette conto soffermarsi: la fattispecie in esame quindi resta regolata dall’art. 21 nonies , nella versione modificata della quale si è riportato il testo.

3.2.3. Quanto al secondo profilo, l’atto attributivo di effetti favorevoli sul quale l’esercizio dell’autotutela è andato ad incidere non può essere fatto coincidere –così come sostenuto dall’appellante- con l’originario rilascio del titolo abilitativo (2011) ma va individuato nel provvedimento con cui venne concessa la proroga del titolo medesimo (proroga n. 106/NC del 30/09/2015).

Per costante giurisprudenza, infatti, seppur si differenzi dal rinnovo, anche l’istituto della proroga è un provvedimento discrezionale, di secondo grado, ed autonomamente impugnabile, ad esempio, nell’ipotesi di diniego (in passato: Consiglio di Stato, sez. V, 17/01/2000, n. 283 “in materia di concessione edilizia, la sussistenza o meno dei requisiti per accordare la proroga del termine di ultimazione dei lavori è oggetto di valutazione discrezionale da parte del comune” ;
di recente, si veda Consiglio di Stato, sez. IV, n. 2013 del 2014);
esso peraltro, presuppone un riscontro sul permanere inalterato in capo al titolare dell’originario titolo abilitativo, dei requisiti per mantenere il medesimo.

3.2.4. Posto che la proroga venne concessa il 30.9.2015 e che il provvedimento di autotutela impugnato sopravvenne in data 30.5.2017, il termine dei 18 mesi scolpito nella norma risulta, seppur di poco, pienamente rispettato;
è appena il caso di precisare, poi, che se anche mai si volesse ritenere che l’atto attributivo di vantaggio oggetto dell’esercizio del potere repressivo da parte dell’Amministrazione fosse da individuare nell’originario permesso di costruire (risalente, come prima rilevato, al 2011), ugualmente la critica appellatoria incentrata sul superamento del barrage temporale non avrebbe possibilità di accoglimento, dovendosi condividere l’avveduta valutazione della giurisprudenza ( ex aliis Consiglio di Stato, sez. VI, 13/07/2017, n. 3462 ) secondo la quale “il termine dei diciotto mesi previsto dal nuovo art. 21-nonies, l. n. 241 del 1990 non può applicarsi in via retroattiva, nel senso di computare anche il tempo decorso anteriormente all'entrata in vigore della l. n. 124 del 2015, atteso che tale esegesi, oltre a porsi in contrasto con il generale principio di irretroattività della legge (art. 11 preleggi), finirebbe per limitare in maniera eccessiva ed irragionevole l'esercizio del potere di autotutela amministrativa. Ne consegue che, rispetto a un titolo anteriore all'attuale versione dell'art. 21-nonies, l. n. 241 del 1990 (nella specie, una s.c.i.a.), il termine dei diciotto mesi non può che cominciare a decorrere dalla data di entrata in vigore della nuova disposizione. Ad ogni modo, quanto al rispetto del parametro della ragionevolezza del termine, la novella vale come prezioso indice ermeneutico ai fini dello scrutinio dell'osservanza di tale regola”.

Tutto ciò, a tacere della circostanza che in sede di proroga la parte appellante omise di rilevare circostanze rilevanti, il che farebbe seriamente dubitare della possibile operatività dei termini preclusivi all’esercizio dell’autotutela suidicati.

3.3. A questo punto, escluso il superamento dei limiti temporali contenuti nella prescrizione di cui all’art. 21 nonies citato, lo scrutinio si deve concentrare sulla ragionevolezza del provvedimento di autotutela e sulla motivazione dello stesso in punto di interesse pubblico.

3.3.1. Quanto al primo versante è certamente vero che sarebbe stato auspicabile che il vaglio sul presupposto fattuale e giuridico asseritamente ostativo avvenisse prima (e che l’Amministrazione si risolvesse a non concedere neppure la proroga);
non è trascurabile, però, da un canto che la stessa parte appellante, allorché nel 2015 chiese la proroga, non rappresentò all’Amministrazione l’accadimento medio tempore occorso ( id est : revoca, con effetto retroattivo, del possesso della qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale resa con nota della Provincia di Crotone del 24 marzo 2014), dall’altro, che il proprium dell’autotutela consiste esattamente nel rimuovere atti che, in quanto originariamente illegittimi od in quanto tali divenuti, collidano con disposizioni superiori e precettive.

Sembra paradossale che la parte appellante, che omise di riferire circostanze di nodale importanza allorché presentò la richiesta di proroga, deduca adesso simili censure.

3.3.2. Ritiene il Collegio che, tenendo presente la superiore premessa, le problematiche in punto di ragionevolezza del provvedimento di autotutela e di motivazione dello stesso (con riferimento all’ interesse pubblico) poste dalla parte appellante non abbiano possibilità di accoglimento, in quanto:

a) gli appellanti trascurano di attribuire la corretta valenza alla circostanza che il titolo edilizio era stato rilasciato ai sensi dell’art. 73 Lettera G – “Zona Agrituristica” normata dall’art. 61 (zona Agricola normale a vocazione produttiva) ove è agevolato l’esercizio dell’agriturismo, quale attività collaterale ed ausiliaria a quella agricola come forma di offerta turistica;

b) in sostanza, trattasi di una forma di abilitazione edilizia “di favore”, legata allo svolgimento di una determinata attività (tanto che i signori Scalise avevano dovuto produrre il Piano di miglioramento Aziendale, datato 11.12.2009, dal quale si evinceva l’esercizio della “Azienda Agricola” e del suo miglioramento reddituale dell’attività principale);

c) di fatto, il rilascio del titolo era positivamente condizionato al riconoscimento di tale emergenza, che tuttavia è venuta radicalmente meno, in quanto:

I) il piano di valorizzazione agricola allegato e richiamato nel P.C. n. 167/2011 non era stato attuato;

II) al signor S S, con nota della Provincia di Crotone, prot. n. 15345 del 24/03/2014,

era stata revocata la qualifica di Imprenditore Agricolo Prevalente;

d) a fronte di tali dati, del tutto a sproposito la parte appellante invoca la supposta violazione dell’art. 12 del dPR 380/2001, in quanto:

I) è ben possibile che la disciplina urbanistica preveda forme di edificazione “agevolata” sottoposta alla condizione della finalizzazione ad una determinata attività;

II) la parte appellante non ha neppure contestato quanto dedotto dal comune in punto di disciplina urbanistica dell’area, e segnatamente che l’area interessata al permesso di costruire sia classificata dal PRG nella zona Agrituristica ed è normata dalle NTA al Capo 2 “Attrezzature Turistiche ed alberghiere” art. 73, lett.G “Zone Agrituristiche” e che essa coincida con quella già vincolata sin dal 1965, giusta D. M.

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