Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-11-23, n. 202007309

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-11-23, n. 202007309
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202007309
Data del deposito : 23 novembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/11/2020

N. 07309/2020REG.PROV.COLL.

N. 05024/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sull’appello n. 5024 del 2020, proposto dal Comune di Zaccanopoli, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato D S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Vibo Valentia, via Accademie Vibonesi, n. 2;

contro

la signora M C, rappresentato e difeso dagli avvocati F T ed A P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sede di Catanzaro (Sezione Prima), n. 1750/2019, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della signora M C;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 novembre 2020 il pres. Luigi Maruotti;

Visto l’art. 25 del decreto legge n 137 del 2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. In esecuzione dell’ordinanza sindacale n. 1917 del 18 luglio 1994, il Comune di Zaccanopoli ha acquisito il possesso di due fabbricati appartenenti all’appellata, destinati ad attività commerciale e a magazzino, e ne ha disposto l’abbattimento, per realizzare opere di arredo urbano.

Con la sentenza n. 732 del 1996 (confermata dal Consiglio di Stato), il TAR per la Calabria, Sede di Catanzaro, ha annullato l’ordinanza sindacale.

2. Con il ricorso di primo grado n. 492 del 2014 (proposto allo stesso TAR per la Calabria, Sede di Catanzaro), l’interessata ha lamentato che il Comune, pur avendo realizzato le opere, non le ha corrisposto alcuna somma, a titolo di risarcimento dei danni o di indennità di esproprio, ed ha dedotto che l’Amministrazione sarebbe divenuta proprietaria dell’area, a seguito della sua irreversibile trasformazione.

3. Dopo avere disposto una consulenza tecnica d’ufficio, il TAR, con la sentenza n. 1750 del 2019:

- ha respinto le eccezioni del Comune sulla insussistenza della giurisdizione esclusiva amministrativa e sulla prescrizione della pretesa azionata;

- ha accolto la domanda risarcitoria, ritenendo che la domanda formulata col ricorso introduttivo ‘vale come rinuncia abdicativa … del diritto di proprietà sul bene occupato’;

- ha rilevato la ‘necessità’ che il Comune dia ‘pubblicità all’acquisto (mediante trascrizione del provvedimento con cui sarà liquidato il danno’, per la ‘perdita della titolarità del diritto domenicale sul bene’’;

- ha liquidato il danno nella misura di euro 28.620,94, come stimato con la consulenza tecnica d’ufficio.

4. Con l’appello indicato in epigrafe, il Comune di Zaccanopoli ha impugnato la sentenza del TAR, formulando avverso di essa tre articolare censure.

5. Con le censure proposte da p. 4 a p. 8, l’Amministrazione appellante ha lamentato la violazione dell’art. 112 del c.p.c. e dell’art. 34 del c.p.a., poiché:

- con il ricorso di primo grado, è stato dedotto che si sarebbe ‘verificata l’occupazione acquisitiva in favore del Comune’, che sarebbe quindi tenuto a risarcire il danno;

- il TAR si sarebbe dovuto limitare a respingere la domanda, in ragione della ‘espunzione’ dall’ordinamento della ‘occupazione acquisitiva’, e non avrebbe quindi potuto ravvisare una ‘rinuncia abdicativa’, che implica la diversità della causa petendi e del petitum .

Inoltre, la sentenza del TAR non avrebbe potuto ravvisare una ‘rinuncia abdicativa’ - poiché, come ha chiarito l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio con le sentenze nn. 2 e 4 del 2020, è inconfigurabile nelle fattispecie per le quali si applica l’art. 42 bis del testo unico sugli espropri – e avrebbe dovuto ‘riconoscere all’ente il titolo opzionale di cui all’art. 42 bis’.

Con un controricorso di data 27 luglio 2020, l’appellata si è costituita in giudizio ed ha chiesto che l’appello sia respinto.

In prossimità della data dell’udienza, le parti hanno depositato memorie difensive, con le quali hanno illustrato le questioni controverse ed hanno insistito nelle già formulate conclusioni.

6. Ritiene il Collegio che le censure sopra sintetizzate siano fondate, nella parte in cui è stato dedotto che il TAR ha erroneamente ravvisato in concreto una ‘rinuncia abdicativa’ e avrebbe invece dovuto statuire che il Comune appellante possa esercitare il potere previsto dall’art. 42 bis del testo unico sugli espropri.

Risultano infatti applicabili nel presente giudizio i principi enunciati dalla Adunanza Plenaria di questo Consiglio, con le sentenze nn. 2, 3 e 4 del 2020:

- per le fattispecie disciplinate dall’art. 42 bis del testo unico sugli espropri, caratterizzate dalla trasformazione e dalla utilizzazione di un terreno altrui in assenza di un valido ed efficace decreto di esproprio, l’Autorità che utilizza l’area è titolare del potere di emanare un atto di acquisizione del bene al proprio patrimonio indisponibile e non può essere riscontrata una ‘rinuncia abdicativa’ che incida sull’esercizio di tale potere;

- spettano al proprietario i rimedi di tutela previsti dal medesimo art. 42 bis;

- qualora il proprietario abbia chiesto il risarcimento del danno in una fattispecie disciplinata dall’art. 42 bis, il giudice amministrativo ben può convertire la domanda e disporre le relative misure di tutela, ordinando all’Amministrazione di valutare se emanare l’atto di acquisizione del bene al proprio patrimonio indisponibile.

Il Collegio – nel condividere e fare propri i principi enunciati dall’Adunanza Plenaria – ritiene che il TAR avrebbe sì potuto convertire la domanda risarcitoria formulata in primo grado, ma non la avrebbe potuta ritenere basata su una ‘rinuncia abdicativa’, di per sé irrilevante: sulla base dei principi enunciati dall’Adunanza Plenaria (ricognitivi del vigente quadro normativo ed applicabili anche nei giudizi pendenti), il TAR avrebbe potuto e dovuto disporre le misure previste dall’art. 42 bis del testo unico sugli espropri, puntualmente richiamato a p. 8 dell’atto d’appello.

7. Con le censure formulate da p. 8 a p. 11, il Comune di Zaccanopoli ha riproposto l’eccezione di prescrizione formulata in primo grado e respinta dal TAR.

L’appellante ha osservato che – dopo alcuni atti del 2001 e del 2004 – l’appellata ha proposto il giudizio risarcitorio di primo grado nel 2014, dopo oltre dieci anni dall’ultima iniziativa precedente.

Inoltre, l’appellante ha segnalato che la precedente sentenza del TAR n. 287 del 2005 – resa in sede d’ottemperanza – aveva rilevato la definitiva destinazione dell’area a scopi di interesse pubblico.

Sarebbe pertanto ampiamente decorso il termine quinquennale di prescrizione.

Inoltre, l’interessata, avendo a suo tempo scelto il risarcimento in forma specifica, non avrebbe potuto agire con l’azione risarcitoria per equivalente.

8. Ritiene il Collegio che queste deduzioni siano infondate e vadano respinte.

Per la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio, l’occupazione senza titolo di un’area da parte dell’Amministrazione comporta la sussistenza di un illecito permanente, sicché il proprietario – finché è titolare del diritto di proprietà - può chiedere le misure di tutela previste dalla legge anche se la medesima occupazione risulta risalente nel tempo da oltre un quinquennio (cfr., Ad. Plen., n. e e n. 4 del 2020;
Sez. IV, 27 marzo 2020, n. 2131).

9. Con le censure da p. 11 a p. 14, il Comune appellante ha censurato le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, posto a base della contestata condanna al risarcimento del danno.

10. Tali censure vanno dichiarate improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse.

Infatti, le statuizioni di cui al precedente punto 6, sulla applicabilità dell’art. 42 bis del testo unico sugli espropri, comportano la caducazione della statuizione con cui il TAR ha condannato il Comune a corrispondere all’appellata il controvalore del bene, per come quantificato dal consulente tecnico d’ufficio.

Dovendo l’Amministrazione valutare se emanare un provvedimento di acquisizione dell’area al proprio patrimonio indisponibile o restituire l’area medesima all’appellante, in ogni caso non spetta all’appellata il risarcimento del danno pari al controvalore del bene: o sarà emesso l’atto di acquisizione (ed allora la quantificazione dell’indennizzo potrà se del caso essere contestata dinanzi al giudice civile) o l’area sarà restituita alla proprietaria.

11. Per le ragioni che precedono, l’appello va accolto solo in parte, sicché, in parziale riforma della sentenza appellata, il ricorso di primo grado – previa conversione della domanda come rivolta alla applicazione dell’art. 42 bis del testo unico sugli espropri - si deve intendere accolto nei termini che seguono.

12. Il Comune di Zaccanopoli, che utilizza le aree in questione, non ha né emanato il provvedimento previsto dall’art. 42 bis del testo unico sugli espropri, né ha restituito l’area all’appellata, sicché non ha adeguato la situazione di fatto a quella di diritto.

Il Collegio dunque dispone che entro il termine di novanta giorni, decorrente dal deposito della presente sentenza, il Comune emani un formale e motivato provvedimento col quale si preveda o di esercitare il potere di cui all’art. 42 bis del d.P.R. n. 327 del 2001 (attivando il relativo procedimento con l’avvio del relativo procedimento, fissando un termine di trenta giorni per le osservazioni ed emanando l’atto finale entro i successivi sessanta giorni) o di restituire l’immobile (previa demolizione di quanto costruito).

Il Collegio inoltre dispone che:

- i termini sopra fissati potranno essere modificati, ad istanza di parte, nel caso di comprovate ragioni;

- per il caso in cui sia emesso l’atto di acquisizione, l’indennizzo dovuto dovrà essere liquidato secondo i criteri fissati dall’art. 42 bis, salvo il potere del giudice civile di verificare se l’indennizzo è stato quantificato congruamente (cfr. Sez. Un., 21 febbraio 2019, n. 5201;
27 dicembre 2018, n. 33539;
12 giugno 2018, n. 15343;
29 ottobre 2015, n. 22096;
Cons. Stato, Sez. IV, 13 maggio 2019, n. 3088 e n. 3078;
Sez. VI, 15 marzo 2012, n. 1438);

- copia della presente sentenza, a cura della Segreteria, va trasmessa alla procura della Corte dei Conti ed all’Ufficio territoriale del Governo – Prefettura di Vibo Valentia.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.

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