Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-04-13, n. 202303754

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-04-13, n. 202303754
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202303754
Data del deposito : 13 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/04/2023

N. 03754/2023REG.PROV.COLL.

N. 08577/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8577 del 2022, proposto dall’I.R.C.C.S. di diritto pubblico per lo studio e la cura dei tumori Fondazione “G. Pascale”, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati P C e C M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto come in atti,

contro

Gestione Ambientale Multiservizi S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati L M e A D L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Quinta) n. 5051/2022, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Gestione Ambientale Multiservizi S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatrice, nell’udienza pubblica del giorno 16 marzo 2023, il Cons. Stefania Santoleri e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. - Con il ricorso di primo grado, proposto dinanzi al TAR per la Campania, sede di Napoli, la società Euro Servizi Generali Group S.r.l. ha impugnato il provvedimento prot. n. 0005376 del 29 maggio 2018, nella parte in cui l’Istituto Nazionale Tumori IRCCS - Fondazione Pascale, ha rigettato l’istanza da essa proposta, ai sensi dell’art. 115 del d.lgs n. 163/2006, diretta ad ottenere l’adeguamento del prezzo contrattuale;
con lo stesso ricorso ha anche proposto domanda di accertamento del diritto ad ottenere la suddetta revisione dei prezzi in base agli indici ISTAT.

La ricorrente ha esposto di essere subentrata, in forza del contratto di acquisto di ramo d’azienda, alla società Euroservizi Generali S.r.l. nel contratto di appalto CR/SERV/1173 del 15 ottobre 2010, con cui l’Istituto Nazionale Tumori “G. Pascale” aveva affidato alla cedente il “ Servizio di pulizia e sanificazione degli edifici e delle aree esterne nonché la movimentazione dei contenitori sanitari e la movimentazione dei contenitori dei rifiuti da e verso i siti di produzione in Istituto ”.

Il rapporto contrattuale, originariamente di durata annuale, era stato più volte prorogato dalla stazione appaltante. Da ultimo, quest’ultima, con provvedimento n. 390 del 2 maggio 2018, ne aveva disposto la proroga, “ agli stessi patti, prezzi e condizioni ”, per un periodo di ulteriori sei mesi dal 1° maggio 2018 e fino al 31 ottobre 2018.

Con nota prot. 131/2018 del 23 maggio 2018, la ricorrente aveva formulato l’istanza di adeguamento del prezzo d’appalto, ai sensi dell’art. 115 del d.lgs n. 163/2006, e tale istanza era stata respinta dall’Istituto Pascale con il provvedimento impugnato (prot. 0005376 del 29 maggio 2018).

2. - Nel ricorso di primo grado la ricorrente aveva articolato un’unica doglianza, con la quale aveva dedotto la censura di “ Violazione e falsa applicazione dell’art. 115 del D. Lgs n. 163/2006. Eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità e contraddittorietà. Ingiustizia manifesta ”.

In particolare, a sostegno di tale motivo la ricorrente aveva lamentato l’illegittimità dell’opposto diniego, motivato dall’ente sul presupposto che, essendosi protratto il rapporto contrattuale in regime di proroga, non sarebbe stato possibile riconoscere il reclamato adeguamento del prezzo previsto all’art. 115 del Codice dei contratti vigente ratione temporis (d.lgs. n. 163/2006).

Tale assunto, secondo la ricorrente, sarebbe stato smentito dal tenore della delibera n. 390 del 2 maggio 2018, univoca nel prorogare il contratto “ agli stessi prezzi, patti e condizioni, per un periodo di ulteriori sei mesi ”, e sarebbe stato, comunque, in contrasto con una più che consolidata giurisprudenza che, nel distinguere tra proroga e rinnovo del contratto, aveva costantemente applicato la revisione prezzi alla prima fattispecie, verificatasi nell’odierna vicenda.

Né in senso opposto avrebbe potuto invocarsi la previsione di cui all’art. 3 del contratto di appalto, che aveva escluso la revisione del prezzo d’appalto, poiché tale clausola avrebbe dovuto considerarsi nulla, in quanto contrastante con la norma imperativa contenuta all’art. 115 del Codice dei contratti (d.lgs. n. 163/2006), applicabile ratione temporis.

3. - Con la sentenza n. 5051 del 27 luglio 2022, il TAR ha accolto il ricorso disponendo l’annullamento del provvedimento impugnato e condannando l’Istituto al pagamento della somma spettante a titolo di revisione del prezzo, all’esito dell’apposito procedimento istruttorio, così come prescritto dall’art. 115 del d.lgs. n. 163/2006, con la precisazione che “ a fronte della mancata pubblicazione da parte dell’ISTAT dei dati rilevati e pubblicati semestralmente sull’andamento dei prezzi dei principali beni e servizi acquisiti dalle amministrazioni appaltanti, la revisione dei prezzi debba essere calcolata utilizzando l’indice (medio del paniere) di variazione dei prezzi per le famiglie di operai e impiegati (c.d. “indice FOI”) mensilmente pubblicato dal medesimo ISTAT come costantemente ritenuto dalla giurisprudenza;
a tale somma avrebbero dovuto aggiungersi gli interessi legali dalla data della domanda giudiziale fino al saldo.

3.1 - Nel dettaglio, il TAR ha innanzitutto dichiarato la propria giurisdizione in relazione alla controversia azionata, alla luce dell’art. 133, comma 1, lett. e ), n. 2, del c.p.a., che devolve “alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative alla clausola di revisione del prezzo e al relativo provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, nell’ipotesi di cui all’articolo 115 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché quelle relative ai provvedimenti applicativi dell’adeguamento dei prezzi ai sensi dell’articolo 133, commi 3 e 4, dello stesso decreto ”.

Il TAR ha ritenuto inapplicabili, al caso di specie, i principi espressi dalla Corte di Cassazione, Sezioni Unite, secondo cui la giurisdizione esclusiva incontra il limite nel solo caso in cui sia in contestazione l’espletamento di una prestazione già puntualmente prevista nel contratto, e disciplinata in ordine all’ an e al quantum del corrispettivo;
in tal caso, secondo la Corte di Cassazione, la controversia “ ha ad oggetto una mera pretesa di adempimento contrattuale e, quindi, comporta l’accertamento dell’esistenza di un diritto soggettivo, che ricade nell’ambito della giurisdizione ordinaria (…) In tali ipotesi la domanda rinviene la sua ragione nel contratto, in relazione al quale la P.A. si trova in una situazione paritetica e, concernendo la controversia un diritto soggettivo, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario (Cass. Sez. un. n. 14559 del 2015, in motivazione;
n. 6595 del 2009
”.

Il TAR ha sottolineato, infatti, che, nel caso di specie, l’adeguamento del canone non era stato evocato ai sensi del capitolato speciale di appalto, ma facendo valere il meccanismo di adeguamento revisione del canone contrattuale ai sensi dell’art. 115 del Codice dei contratti.

3.2 - Quanto agli aspetti di merito, il giudice di prime cure ha sottolineato che “ Lo scopo della clausola di revisione periodica del corrispettivo di tali contratti è, infatti, quello di tenere indenni gli appaltatori delle amministrazioni pubbliche da quegli aumenti dei prezzi dei fattori della produzione che, incidendo sulla percentuale di utile stimata al momento della formulazione dell’offerta, potrebbero indurre l’appaltatore a svolgere i servizi o ad eseguire le forniture a condizioni deteriori rispetto a quanto pattuito o, addirittura, a rifiutarsi di proseguire nel rapporto, con inevitabile compromissione degli interessi pubblici (in tal senso, Consiglio di Stato, Sezione III, 19 luglio 2011, n. 4362).

Ebbene, la giurisprudenza è unanime nell’affermare che quanto previsto nel richiamato art. 115 si sostituisca di diritto ad eventuali pattuizioni contrarie o mancanti nei contratti pubblici di appalti di servizi e forniture ad esecuzione periodica o continuativa (in tal senso, ex multis, Consiglio di Stato, Sezione III, 6 agosto 2018, n. 4827 e 19 giugno 2018, n. 3768;
Sezione VI, 13 dicembre 2016, n. 5237 e 17 marzo 2016, n. 1091;
Sezione V, 20 agosto 2008, n. 3994), sicché il meccanismo della revisione prezzi, determinabile attraverso precisi parametri, non può, pertanto, essere “sostituito” da un sistema differente di calcolo, che o ne escluda a monte l’operatività ovvero preveda una diversa modalità operativa con riguardo alla decorrenza ovvero alla misura del quantum dovuto (in termini, ex multis, Consiglio di Stato, Sezione III, 6 dicembre 2017, n. 5751;
Sezione V, 21 luglio 2015, n. 3594 e 22 ottobre 2012, n. 5395)
[…]”.

3.3 - Ha quindi ritenuto che, secondo il costante orientamento della giurisprudenza, il compenso revisionale era dovuto in caso di proroga del contratto (e non di rinnovo), circostanza che si era verificata nel caso di specie, tenuto conto che vi era stato il mero differimento del rapporto contrattuale e non era intervenuta una nuova negoziazione con il medesimo soggetto.

4. - Come anticipato, il ricorso di primo grado, proposto dinanzi al TAR Campania, è stato notificato il 1° agosto 2018 ed iscritto al RG. 3500/2018;
la sentenza del TAR n. 5051/2022 è stata, invece, pubblicata il 27 luglio 2022.

Tali precisazioni sono rilevanti in quanto, con atto di citazione, notificato il giorno 11 gennaio 2019, iscritto al R.G. n. 1788/2019, la stessa società aveva adito il Tribunale Civile di Napoli – Sezione Specializzata Imprese, chiedendo (unitamente ad altre domande che qui non rilevano), la condanna dell’Istituto Pascale al pagamento della fattura per l’importo di € 13.568,98 relativa alla corresponsione del compenso revisionale, in base all’indice ISTAT, per il medesimo periodo 1° maggio 2018 – 31 ottobre 2018, già oggetto della domanda proposta dinanzi al giudice amministrativo.

4.1 - Nel giudizio civile l’Istituto Pascale aveva eccepito il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, ed aveva rappresentato al Tribunale Civile la precedente proposizione, da parte della stessa ricorrente in primo grado, della domanda di revisione prezzi, per il medesimo periodo di tempo, dinanzi al giudice amministrativo, provvedendo a fornire i dati di iscrizione al ruolo del relativo ricorso e depositando gli atti di causa.

4.2 - Il Tribunale ordinario, con la sentenza n. 2948 del 24 marzo 2022, pur edotto dell’esistenza di un precedente ricorso dinanzi al TAR, ha ritenuto la propria giurisdizione ed ha respinto la domanda revisionale azionata dinanzi a sé. Con tale sentenza ha respinto anche altri capi di domanda.

4.3 - La società Euro Servizi Generali Group S.r.l. ha impugnato tale sentenza limitatamente alle parti in cui era risultata soccombente, ma non ha gravato, con l’atto di appello, lo specifico capo della decisione che aveva rigettato la domanda relativa al riconoscimento e alla condanna alla corresponsione del compenso revisionale calcolato in base all’indice ISTAT, indicato dalla stessa società attrice nella misura di € 13.568,98.

4.4 - Tale capo di sentenza, che ha rigettato la domanda di pagamento del compenso revisionale, è quindi passato in giudicato il 25 ottobre 2022 (data in cui la società Euro Servizi Generali Group S.r.l. ha notificato l’atto di appello avverso la sentenza di primo grado n. 2948/2022, non gravando il capo, nel quale era risultata soccombente, relativa al pagamento del compenso revisionale).

4.5 - Il TAR Campania, con sentenza n. 5051 del 27 luglio 2022, ha deciso il ricorso proposto dinanzi a sé, relativo all’impugnazione del provvedimento di diniego del compenso revisionale e di accertamento della spettanza di tale adeguamento, da calcolarsi in forza dell’art. 115 del d.lgs. n. 163/2006 sulla base degli indici ISTAT, e lo ha accolto nei sensi che si sono sopra precisati.

5. - Avverso la sentenza del TAR Campania, sede di Napoli, Sez. V, n. 5051/2022 ha proposto appello l’Istituto Pascale deducendo tre motivi di doglianza, con i quali ha dedotto:

1) il passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale di Napoli, Sezione Specializzata Imprese, del 24 marzo 2022, n. 2948, che ha dichiarato sussistente la giurisdizione del giudice ordinario;

2) il passaggio in giudicato, in parte qua, della medesima sentenza del Tribunale di Napoli n. 2948/2022, resa inter partes, che ha dichiarato l’insussistenza del diritto alla revisione dei prezzi: ha pertanto dedotto che ciò avrebbe comportato l’improcedibilità del ricorso di primo grado, in quanto, essendosi ormai formato il giudicato sostanziale sull’insussistenza del diritto alla revisione dei prezzi, non sarebbe stato possibile, per la società ricorrente in primo grado, conseguire il bene della vita anelato, e porre in esecuzione la decisione di primo grado;

3) l’infondatezza della pretesa azionata dalla società Euro Servizi Generali Group S.r.l. per i seguenti motivi:

3.1 - la revisione dei prezzi non potrebbe essere riconosciuta in via automatica, in quanto presuppone lo svolgimento dell’istruttoria che accerti che l’aumento dei costi, per la durata del contratto, sia stato tale da alterare il sinallagma contrattuale in modo considerevole e non sostenibile per l’impresa;

3.2 - tale istituto sarebbe applicabile ai soli casi di proroghe previste fin dagli atti di gara e non per le c.d. proroghe tecniche;

3.3 - nel caso di specie, la parte ricorrente avrebbe rinunciato alla revisione nell’art. 3 del contratto, ritenuto applicabile dal giudice ordinario;

3.4 – in ogni caso, l’art. 115 del d.lgs. n. 163/2006 sarebbe stato abrogato, la ricorrente avrebbe accettato la proroga, ed avrebbe tenuto una condotta contraria ai principi di buona fede e correttezza.

In definitiva, l’appellante ha chiesto l’annullamento della sentenza di primo grado e per l’effetto, la conferma del provvedimento gravato ed il rigetto della domanda di accertamento del diritto alla revisione dei prezzi postulata dalla ricorrente in primo grado, con condanna della stessa al pagamento delle spese di lite.

6. - La società appellata si è costituita in giudizio deducendo l’infondatezza dei motivi di doglianza: con memoria del 10 febbraio 2023 ha eccepito che le domande proposte dinanzi al Tribunale Civile di Napoli – Sezione Specializzata Imprese, e quella azionata dinanzi al TAR Campania, avrebbero avuto contenuto diverso e, quindi, il giudicato civile non avrebbe assunto alcun rilievo nel giudizio amministrativo.

Ha quindi sostenuto che non potrebbe “ essere precluso dalla sentenza del giudice ordinario l’esercizio, in relazione ad un diverso interesse, sia dell’azione di impugnazione del provvedimento amministrativo, sia dell’accertamento del relativo diritto ex art. 115 del codice degli appalti vigente ratione temporis: ai fini di un ipotetico effetto preclusivo sarebbe necessario che la sentenza passata in giudicato contenesse un accertamento di quanto richiesto al G.A. (Consiglio di Stato, ad. plen., 09/04/2021, n. 6) ”.

In sostanza, l’appellata ha sostenuto che le due domande sarebbero state diverse tra loro e, quindi, il rigetto della domanda proposta dinanzi al giudice ordinario non precluderebbe la decisione della differente domanda articolata dinanzi al giudice amministrativo.

6.1 - L’appellata ha poi rilevato che l’Istituto Pascale non avrebbe eccepito, dinanzi al TAR, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, e quindi, l’eccezione formulata in sede di appello dovrebbe ritenersi inammissibile.

L’appellata ha poi replicato alle tesi dell’appellante secondo cui la pretesa azionata sarebbe infondata: ha richiamato, al riguardo, i principi costantemente affermati dalla giurisprudenza circa la natura di norma imperativa dell’art. 115 del Codice degli appalti.

Ha poi dedotto che l’istituto della revisione dei prezzi sarebbe applicabile in caso di proroga (come ritenuto dal TAR) e che l’art. 115 cit. sarebbe stato correttamente applicato al caso di specie, in virtù della previsione recata dall’art. 216, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016.

Infine, ha replicato agli ulteriori rilievi contenuti nell’appello chiedendone il rigetto.

6.3 - Con memoria del 28 febbraio 2023 l’Istituto appellante ha replicato alle tesi difensive dell’appellata chiedendone il rigetto.

7. - All’udienza pubblica del 16 marzo 2023 l’appello è stato trattenuto in decisione.

8. - Ritiene il Collegio di dover precisare, in via del tutto preliminare, che mentre nel giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli – Sezione Specializzata Imprese, l’Istituto Pascale ha depositato il ricorso proposto dinanzi al TAR Campania, rendendo edotto il giudicante della pendenza di un altro giudizio, avente ad oggetto la domanda relativa alla spettanza della revisione dei prezzi, in base all’indice ISTAT, nel giudizio dinanzi al TAR (cfr. fascicolo di primo grado) nessuna delle due parti ha rappresentato al giudice amministrativo l’esistenza di un giudizio civile, proposto in data successiva a quello amministrativo, dinanzi al Tribunale di Napoli, relativo alla medesima questione (la spettanza o meno del compenso revisionale, in base agli indici ISTAT, per il medesimo periodo di tempo).

8.1 - Ciò ha comportato che, al momento della decisione della causa, il TAR non fosse a conoscenza che, qualche mese prima dell’udienza pubblica, nella quale è stata trattenuta in decisione la causa amministrativa, era stato già definito il contenzioso in sede civile e che, il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 2948/2022 aveva trattenuto la giurisdizione ed aveva rigettato la domanda relativa alla spettanza della revisione del prezzo dell’appalto in relazione al periodo 1 maggio 2018 - 31 ottobre 2018.

8.2 - Ciò ha comportato l’esistenza di due sentenze, relative al medesimo oggetto, che contengono statuizioni tra loro contrastanti, sia in tema di giurisdizione che di merito, avendo il giudice civile trattenuto la giurisdizione e respinto la domanda, ed avendo, invece, il giudice amministrativo, ritenuto anch’esso la propria giurisdizione ed accolto la domanda relativa alla spettanza della revisione dei prezzi.

9. – Ritiene il Collegio, dal punto di vista logico, di dover innanzitutto verificare se le due domande abbiano, o meno, il medesimo oggetto, a prescindere dalle diverse modalità con cui sono state articolate, tenuto conto della diversità dei riti processuali civile ed amministrativo.

Qualora, infatti, si ritenesse che si tratta di due domande tra loro differenti, non sorgerebbero problemi circa l’incidenza della pronuncia civile su quella amministrativa, né con riferimento alla giurisdizione, né in relazione alle statuizioni di merito.

10. - Ritiene il Collegio che sia pienamente condivisibile la prospettazione dell’Istituto appellante secondo cui, fra i due giudizi, per quanto concerne il riconoscimento della revisione prezzi parametrata agli indici ISTAT, vi fosse piena identità sia di petitum che di causa petendi .

In particolare, e con riferimento alle specifiche allegazioni dell’odierna appellata:

a ) non ha rilievo decisivo la apparente differenza nominalistica tra l’oggetto delle pretese azionate nei diversi giudizi (“ revisione prezzi ” nel presente giudizio, “ aggiornamento Istat ” nel giudizio civile), risultando evidente dalla lettura della citata sentenza n. 2948/2022 che anche in quel caso, come nel giudizio amministrativo, la società aveva richiesto – oltre a una serie di altri oggetti che in questa sede non rilevano – il riconoscimento della revisione prezzi ai sensi dell’articolo 115 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (applicabile ratione temporis ), essendo peraltro incontroverso che a tale revisione, ove concessa, si sarebbe dovuto provvedere mediante applicazione degli indici ISTAT;

b ) nemmeno è rilevante la circostanza, su cui insiste particolarmente l’appellata, che nel presente giudizio sarebbe stato chiesto l’annullamento di un provvedimento di diniego, e ciò varrebbe a differenziarlo da quello civile, laddove era stato chiesto l’accertamento del diritto “ all’aggiornamento Istat ”, per un verso emergendo per tabulas dalla sentenza qui appellata che anche nel presente giudizio la ricorrente aveva formulato una domanda di accertamento e condanna (il T.A.R. si è espressamente posto in sentenza il problema della riconducibilità o meno di dette domande alla propria giurisdizione), e per altro verso risultando dalla lettura della sentenza n. 2948/2022 – come già detto – che anche in sede civile il thema decidendum era quello della revisione prezzi ex articolo 115, d.lgs. n. 163/2006;

c ) conseguentemente, fatte salve le diversità imposte dalla diversa struttura dei due giudizi, le due controversie, in parte qua , avevano esattamente lo stesso oggetto, essendo stata riconosciuta la pertinenza alla giurisdizione amministrativa esclusiva di cui all’articolo 133, comma 1, lettera e ), n. 2, c.p.a. sia dell’interesse legittimo che del diritto soggettivo coinvolti nel complesso procedimento di revisione prezzi (il che rende ulteriormente chiara l’identità sostanziale delle due controversie);

d ) più in generale, dalla lettura delle due sentenze risulta evidente che i due giudici hanno affrontato esattamente le stesse questioni afferenti all’applicazione, nella specie, dell’articolo 115, d.lgs. n. 163/2006 ed al suo rapporto con l’articolo 3 del contratto di appalto (sia pure pervenendo a conclusioni opposte, ancorché richiamando la stessa giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione in subiecta materia ).

10.1 - Ne consegue che, trattandosi di due giudizi aventi il medesimo oggetto, a conclusione dei quali sono state adottate due sentenze, tra loro divergenti sia sulla giurisdizione che sul merito, il Collegio deve farsi carico di esaminare la problematica relativa all’incidenza della sentenza civile (che ha ritenuto la giurisdizione del giudice ordinario e che ha respinto la domanda di condanna al pagamento del compenso revisionale), su quella amministrativa di primo grado (che, invece, ha ritenuto sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo e che ha accolto la domanda di revisione dei prezzi ex art. 115 del d.lgs. n. 163/2006), tenuto conto, peraltro, che il passaggio in giudicato di quella civile è intervenuto dopo la pubblicazione della sentenza amministrativa oggetto dell’odierno appello.

12. – Seguendo l’ordine logico ritiene il Collegio di doversi innanzitutto pronunciare sull’eccezione, sollevata dalla parte appellata a pag. 8, punto 1.4, della memoria difensiva, in ordine all’inammissibilità della doglianza di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo proposta dall’appellante, in quanto non sollevata nel giudizio di primo grado.

12.1 - Tale eccezione va respinta.

Costituisce jus receptum che nel processo amministrativo, ai fini della corretta introduzione della questione di giurisdizione in appello, è sufficiente che sia stato proposto specifico motivo di censura avverso la sentenza di primo grado che abbia statuito sulla giurisdizione, a prescindere dalla circostanza che l’appellante, in primo grado non abbia sollevato la relativa eccezione;
in particolare, pur non essendo stata sollevata in primo grado una eccezione di difetto di giurisdizione, il motivo di appello è ammissibile, giacché, ai sensi dell’articolo 9 c.p.a., il difetto di giurisdizione può essere rilevato, sulla base di uno specifico motivo di impugnazione della sentenza che, anche implicitamente, abbia ritenuto la giurisdizione del giudice amministrativo (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. VI, 20 ottobre 2022, n. 8934;
id., sez. IV, 6 ottobre 2022, n. 10355;
id., sez. II, 27 luglio 2020, n. 4775;
id., sez. VI, 17 febbraio 2017, n. 730).

Ne consegue che va dichiarato ammissibile il primo motivo di appello relativo alla giurisdizione del giudice ordinario.

13. - Superato il vaglio di ammissibilità, è opportuno precisare che, con tale motivo, in realtà l’Istituto Pascale non ha lamentato il difetto di giurisdizione del TAR in base al principio del petitum sostanziale, ma ha inteso far valere, come motivo di appello, l’eccezione di giudicato esterno formatosi sulla sentenza del Tribunale Civile di Napoli – Sezione Specializzata Imprese n. 2948/2022.

Il primo motivo di appello, infatti, va correlato con il secondo motivo, con il quale l’appellante ha esplicitato la doglianza non solo in relazione alla giurisdizione, ma anche con riferimento alla questione di merito.

13.1 - In sostanza, l’appellante ha dedotto con i primi due motivi, strettamente connessi tra loro, che si sarebbe formato, per effetto della sentenza n. 2948/2022 del giudice ordinario, il giudicato formale sulla giurisdizione del giudice ordinario, e il giudicato sostanziale sull’infondatezza della pretesa della società ricorrente in primo grado, diretta ad ottenere il riconoscimento della revisione del prezzo contrattuale, in base agli indici ISTAT, per il periodo 1 maggio 2018 – 31 ottobre 2018.

Ciò avrebbe comportato, secondo l’appellante, l’inammissibilità del ricorso di primo grado, che non discenderebbe sic et sempliciter dalla carenza di giurisdizione, ma semmai dall’esistenza di un giudicato esterno sulla giurisdizione, derivante dalla mancata impugnazione, in parte qua, della sentenza n. 2948/2022, tale da precludere al primo giudice di ritenere – come poi avvenuto – la propria giurisdizione.

13.2 - È opportuno sottolineare che, pur ribadendosi il principio secondo cui le uniche sentenze sulla giurisdizione vincolanti sono quelle delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, tuttavia anche le sentenze di altri giudici sono suscettibili di acquistare autorità di giudicato esterno in tema di giurisdizione, e di spiegare i loro effetti anche al di fuori del processo nel quale siano state adottate, quando la decisione, sia pure implicita, sulla giurisdizione si rapporti, ad essa collegandosi, con la statuizione di merito (cfr. Cass. civ., sez. un., 21 luglio 2015, n. 15208;
id., 10 agosto 2005, n. 16779;
id., 19 novembre 1999, n. 802;
id., 5 febbraio 1999, n. 45).

13.3 - Nondimeno, tale ricostruzione non tiene conto di una circostanza fattuale (già anticipata): nel caso di specie, al momento dell’udienza pubblica del 12 luglio 2022, nella quale la causa dinanzi al TAR è stata trattenuta in decisione (ed è stata poi definita con sentenza n. 5051 del 27 luglio 2022), la sentenza civile del 24 marzo 2022, n. 2948, era stata già depositata, ma non era ancora passata in giudicato.

Il passaggio in giudicato di tale sentenza del giudice ordinario – come pure già rilevato - è intervenuto solo in data 25 ottobre 2022, quando è stato proposto l’appello avverso la stessa decisione, e non è stato gravato il capo di sentenza che ha rigettato la domanda diretta ad ottenere la condanna al pagamento del corrispettivo a titolo di revisione del prezzo.

13.4 – Poiché al momento della decisione della causa il TAR non aveva avuto cognizione della sentenza del giudice civile, e comunque, a quella data, la sentenza del giudice ordinario non era ancora passata in giudicato, legittimamente il TAR si è pronunciato, trattenendo correttamente la giurisdizione, visto che la controversia ricadeva nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo;
quanto al merito della pretesa, tenuto conto della natura di norma imperativa dell’art. 115 del d.lgs. n. 163/2006, che integra e/o sostituisce ogni mancata o differente pattuizione intercorsa tra le parti, applicando tali principi alla fattispecie in esame, il TAR ha ritenuto che la previsione negoziale recata dall’art. 3 del contratto dovesse ritenersi nulla per contrasto con la suddetta norma imperativa, integrativa del contenuto del contratto, ed ha, quindi, accolto la domanda di accertamento della spettanza del compenso revisionale.

13.5 - La sentenza del TAR è stata appellata e, nel frattempo, si è formato il giudicato, sicché di tale circostanza non può non tenersi conto nello scrutinio dei motivi di appello.

14. – Devono, pertanto, richiamarsi i principi affermati dalla Suprema Corte in tema di “ giudicato esterno sopravvenuto ”: al riguardo, la giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere che l’eccezione di giudicato esterno sia rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio e, al pari di un giudicato interno, anche nell’ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata (cfr. Cass. civ., sez. un., 16 giugno 2006, n. 13916;
Cass. civ., sez. I, 7 ottobre 2010, n. 20802;
id., sez. trib., 15 aprile 2011, n. 8614;
id., sez. lav., n. 6102 del 17 marzo 2014;
id., sez. VI, n. 11365 del 1 giugno 2015;
id., sez. lav., 5 maggio 2016, n. 9059).

Tale regola, posta a tutela del principio del ne bis in idem , identifica il giudicato al pari della norma di diritto, da tenere necessariamente in considerazione nella formazione del giudizio: le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 226 del 25 maggio 2001, nel comporre il contrasto insorto circa la rilevabilità officiosa o meno dell’eccezione di giudicato esterno (che in numerose pronunce veniva distinta dall’eccezione di giudicato interno, pacificamente qualificata come rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo), ha applicato il principio generale accolto dalla Cass., sez. un., n. 1099/1998, circa il criterio discretivo tra le due categorie di eccezioni, concludendo per la piena rilevabilità officiosa.

15. - Quest’ultima sentenza rileva, nella fattispecie, anche perché afferma l’inesistenza di limiti sia all’allegazione che alla prova dei fatti costitutivi dell’eccezione di giudicato esterno: “ Poiché nel nostro ordinamento vige il principio della rilevabilità di ufficio delle eccezioni, derivando invece la necessità dell’istanza di parte solo dall’esistenza di una eventuale specifica previsione normativa, l’esistenza di un giudicato esterno, è, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile d’ufficio, ed il giudice è tenuto a pronunciare sulla stessa qualora essa emerga da atti comunque prodotti nel corso del giudizio di merito. Del resto, il giudicato interno e quello esterno, non solo hanno la medesima autorità che è quella prevista dall’art. 2909 cod. civ., ma corrispondono entrambi all’unica finalità rappresentata dall’eliminazione dell’incertezza delle situazioni giuridiche e dalla stabilità delle decisioni, le quali non interessano soltanto le parti in causa, risultando l’autorità del giudicato riconosciuta non nell’interesse del singolo soggetto che lo ha provocato, ma nell’interesse pubblico, essendo essa destinata a esprimersi – nei limiti in cui ciò sia concretamente possibile – per l’intera comunità. Più in particolare, il rilievo dell’esistenza di un giudicato esterno non è subordinato ad una tempestiva allegazione dei fatti costitutivi dello stesso, i quali non subiscono i limiti di utilizzabilità rappresentati dalle eventualmente intervenute decadenze istruttorie, e la stessa loro allegazione può essere effettuata in ogni stato e fase del giudizio di merito. Da ciò consegue che, in mancanza di pronuncia, o nell’ipotesi in cui il giudice di merito abbia affermato la tardività dell’allegazione – e la relativa pronuncia sia stata impugnata – il giudice di legittimità accerta l’esistenza e la portata del giudicato con cognizione piena che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall’interpretazione data al riguardo dal giudice del merito ”.

15.1 - Alla luce di tutto quanto fin qui esposto, è quindi possibile affermare:

- che la necessità di avere stabilità tra giudicati ( alias la necessità di garantire in modo effettivo la non contraddizione tra giudicati), comporta che deve escludersi che l’eccezione di giudicato sia sottoposta alle preclusioni (anche documentali) previste per le fasi processuali;

- che l’esistenza del giudicato esterno, al pari di quella del giudicato interno, non costituisce oggetto di eccezione in senso tecnico, ma è rilevabile in ogni stato e grado anche d’ufficio, senza che in ciò sia riscontrabile alcuna violazione dei principi del giusto processo (cfr. Cass. civ., sez. VI, ord. n. 12159 del 6 giugno 2011).

15.2 - Ne consegue che:

a ) non possono esservi preclusioni processuali (ai sensi dell’articolo 104, comma 2, c.p.a.) alla produzione della sentenza n. 2948/2022 da parte dell’Amministrazione, ancorché non prodotta già in primo grado;

b ) dovendo prendersi atti del giudicato medio tempore intervenuto, con riguardo sia al profilo della giurisdizione che – soprattutto – al merito della pretesa, il ricorso di primo grado va dichiarato improcedibile, piuttosto che inammissibile.

15.3 - Risulta condivisibile, infatti, la tesi dell’appellante, secondo cui, essendo ormai coperta da giudicato formale e sostanziale ex art. 2909 c.c., la decisione del giudice ordinario (relativa alle stesse parti) che ha respinto la pretesa relativa al riconoscimento del compenso revisionale in base agli indici ISTAT, per il periodo in questione, la domanda avanzata dalla società ricorrente in primo grado dinanzi al TAR deve ritenersi improcedibile, in quanto “paralizzata” dall’eccezione di giudicato esterno sopravvenuto.

Tale sentenza, che ha riconosciuto il diritto alla revisione prezzi è divenuta, ormai non più eseguibile, in quanto contrastante con il giudicato civile di rigetto formatosi sulla medesima pretesa

azionata.

16. - Ne consegue che l’appello va accolto e, per l’effetto, va annullata la sentenza di primo grado e va dichiarato improcedibile il ricorso di primo grado.

17. - Le spese di lite relative al doppio grado possono compensarsi in considerazione della particolarità della fattispecie in esame.

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