Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-05-27, n. 201402696
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N. 02696/2014REG.PROV.COLL.
N. 10217/2002 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10217 del 2002, proposto da:
Agricola Montechiaro s.n.c., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati M C e G D C, con domicilio eletto presso l’avv. Gian M Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;
contro
Comune di Siena, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. F P, con domicilio eletto presso l’avv. Gian M Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. TOSCANA, SEZIONE III n. 1401/2001, resa tra le parti, concernente diniego sanatoria ed ordine di demolizione opera abusiva
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Siena;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 febbraio 2014 il Consigliere Doris Durante;
Uditi per le parti l’avv. Fabrizio Lofoco, su delega dell'avv. G D C e l’avv. Gabriele Pafundi, su delega dell'avv. F P;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- La società Agricola Montechiaro s.a.s., con ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, impugnava, chiedendone l’annullamento, il diniego espresso dal Comune di Siena sulla domanda da essa società presentata in data 8 febbraio 1995, volta alla sanatoria edilizia di un campo da tennis realizzato abusivamente nel territorio del Comune di Siena e l’ordinanza di demolizione dell’opera con ripristino dello stato dei luoghi.
A sostegno del gravame, deduceva i seguenti motivi:
1) violazione dell’art. 39, comma 7 della l. 23 dicembre 1994, n. 724, in quanto la commissione edilizia integrata del Comune di Siena avrebbe reso il proprio parere sfavorevole sulla compatibilità dell’opera con il vincolo paesaggistico gravante sull’area, allorché il decorso del termine di 120 giorni dalla presentazione della domanda aveva dato luogo alla fattispecie del silenzio - assenso con preclusione di una nuova e difforme valutazione;
2) violazione dell’art. 39, comma 4 della l. n. 724 del 1994, perché il procedimento di condono edilizio si sarebbe favorevolmente concluso per silenzio – assenso, essendo vanamente decorso il termine di un anno dalla presentazione dell’istanza di condono corredata dalla documentazione e dal pagamento dell’oblazione;
3) violazione dell’art. 7 della l. n. 1497 del 1939;eccesso di potere per illogicità, manifesta erroneità e travisamento dei fatti;difetto di istruttoria;difetto di motivazione, perché sia il parere non favorevole espresso dalla commissione edilizia che la determinazione del Sindaco del Comune di Siena sarebbero stati assunti in carenza di accertamenti specifici e adeguati;
4) eccesso di potere per perplessità, incoerenza e contraddittorietà con precedenti atti della stessa amministrazione, con i quali sarebbero stati autorizzati nella stessa zona insediamenti di strutture ricettive ed analoghe tipologie costruttive.
Il Comune di Siena si costituiva in giudizio contestando in fatto e diritto i motivi di ricorso.
2.- Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana con sentenza n. 1401/2001 del 3 ottobre 2001, respingeva il ricorso con compensazione delle spese di giudizio.
Il giudice di primo grado rilevava: A) che il manufatto abusivo era stato realizzato in zona classificata dalla normativa di PRG come zona “AD”, nella quale è vietata l’edificabilità di ogni tipo di intervento e che tale circostanza farebbe rientrare la fattispecie nell’ipotesi di cui all’art. 33 della l. n. 47 del 1985 che ne esclude in maniera assoluta la assentibilità;B) che, quand’anche la fattispecie fosse rientrata nell’ipotesi di cui all’art. 32 della medesima l. n. 47/1985, la normativa al tempo vigente attribuiva al silenzio dell’amministrazione competente ad esprimere il parere sulla compatibilità dell’intervento con il vincolo paesaggistico la valenza di silenzio - rifiuto e non di silenzio – assenso;C) che la mancanza del parere favorevole sul vincolo paesaggistico, avrebbe escluso l’assenso tacito sulla domanda di condono per decorso dell’anno dalla sua presentazione;D) che le argomentazioni formulate dalla Commissione Edilizia Integrata competente al rilascio del parere paesaggistico sarebbero congrue e ragionevolmente sufficienti a suffragare la determinazione assunta;E) che, trattandosi queste ultime di valutazioni sostanzialmente di merito, sarebbero irrilevanti le doglianze sulla disparità di trattamento con interventi edilizi analoghi, peraltro nemmeno indicati.
3.- La società Agricola Montechiaro ha impugnato la suddetta sentenza, di cui chiede l’annullamento o la riforma perché erronea per vizio in iudicando, e ripropone in veste critica le censure dedotte con il ricorso introduttivo del giudizio, non apprezzate dal giudice di primo grado.
Si è costituito in giudizio il Comune di Siena che ha controdedotto alle censure, concludendo per il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza di primo grado.
Le parti hanno depositato memorie difensive e, alla pubblica udienza del 18 febbraio 2014, precisate le conclusioni nei termini di cui agli atti difensivi, il giudizio è stato assunto in decisione.
4.- L’appello è infondato e va respinto.
5.- Con i primi due motivi l’appellante assume l’erroneità della sentenza di primo grado, nella parte in cui ha respinto le censure di violazione dell’art. 39, comma 7, della l. 23 dicembre 1994, n. 724 e dell’art. 39, comma 4 della medesima legge.
Secondo l’appellante, in forza delle disposizioni su citate, il silenzio serbato dall’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico per 120 giorni dalla presentazione della domanda di condono, varrebbe quale silenzio – assenso e ugualmente il vano decorso del termine di un anno concesso al Sindaco per pronunciarsi sull’istanza di condono, avrebbe valore di silenzio accoglimento.
Ne conseguirebbe che il parere non favorevole espresso dalla commissione edilizia integrata il 29 dicembre 1995, a distanza di quasi un anno dalla presentazione dell’istanza di sanatoria, sarebbe stato adottato in carenza di potere, così come il provvedimento del Sindaco del Comune di Siena di diniego di condono edilizio adottato in data 17 ottobre 1996 a distanza di oltre un anno dalla presentazione dell’istanza di sanatoria.
6.- La prospettazione dell’appellante non è condivisibile, perché fondata su una ricostruzione normativa non corretta.
6.1- L’abuso edilizio di cui si discute, quale risulta dalla descrizione contenuta nella domanda di condono, riguarda un campo da tennis, comprensivo di recinzione con pali in ferro e rete a maglia sciolta, realizzato nel 1989 su terreno di proprietà della stessa società Agricola Montechiaro s.a.s., sito nel territorio del Comune di Siena, sulla strada comunale di Montechiaro, in area soggetta a vincolo paesaggistico e identificata come “Zona Ad”, con vincolo assoluto di inedificabilità, nel piano regolatore generale del Comune di Siena adottato con delibere di consiglio comunale del 1990.
6.2- Di quest’ultimo vincolo di inedificabilità assoluta impresso all’area dal piano regolatore generale non può tenersene conto, atteso che l’abuso, in base alla dichiarazione contenuta nella domanda di condono e non contestata dall’amministrazione, risulta essere stato realizzato nel 1989 e, quindi, in data antecedente l’apposizione del vincolo di piano, avvenuta nel 1990.
Infatti, l’art. 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 che esclude in maniera assoluta l’assentibilità delle opere abusivamente realizzate che siano in contrasto (tra l’altro) con i vincoli imposti dagli strumenti urbanistici a tutela di interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesistici, ambientali, idrogeologici, si riferisce a vincoli di inedificabilità che siano stati imposti prima della esecuzione delle opere stesse, mentre nel caso le opere sarebbero state realizzate prima dell’imposizione del vincolo .
6.3 - La fattispecie ricade, però, nella disposizione residuale dell’art. 32 della l. n. 47 del 1985, che riguarda qualunque vincolo derivante dalla sottoposizione dell’area alla "tutela" di interessi generali (paesaggistico, idrico, idrogeologico, storico, ecc).
Tale tipo di tutela non si esplica, a differenza di quella di cui all’art. 33 con il divieto generalizzato di edificazione, ma si esercita col subordinare la sanatoria al parere (che tiene luogo dell’autorizzazione preventiva) dell'autorità preposta alla cura dell'interesse generale di volta in volta considerato, la quale valuta se l'opera di cui le viene sottoposto il progetto contrasti o meno con quell'interesse e prescinde a differenza dell’ipotesi dell’art. 33, dal fatto che il vincolo sia stato imposto prima o dopo l'esecuzione dell'opera abusiva (cfr. Cons. stato, Sez. V, 4 maggio 1995, n. 696).
Va precisato che il riferimento alla legge 28 febbraio 1985, n. 47 e non all’art. 39 della l. 28 dicembre 1994, n. 724 richiamato dall’appellante, trova ragione nel fatto che l’art. 39 è norma che integra la legge n. 47/85 per quanto attiene la riapertura dei termini di presentazione delle domande di sanatoria c.d. straordinaria o condono edilizio ed altre deroghe, restando le disposizioni della l. n. 47/85 per il resto confermate, sicché a questa disciplina deve aversi riguardo per quanto non derogato dalla l. n. 724/1994.
6.4- Ciò posto, va esaminata la questione della valenza giuridica del silenzio serbato dall’autorità preposta alla tutela del vincolo sull’istanza di sanatoria.
L’art. 32 della l. n. 47/85 (Opere costruite su aree sottoposte a vincolo), nella formulazione antecedente l’art. 39, comma 7, della l. n. 724/94, prevedeva che “ Fatte salve le fattispecie previste dall'articolo 33, il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso. Qualora tale parere non venga formulato dalle suddette amministrazioni entro centottanta giorni dalla data di ricevimento della richiesta di parere, il richiedente può impugnare il silenzio-rifiuto… ”.
La legge 28 dicembre 1994, n. 724 (art. 39, comma 7), in deroga alla disposizione dell’art. 32 della l. n. 47/85, attribuì al silenzio dell’amministrazione tenuta ad esprimere il parere sul vincolo, ove il silenzio si fosse protratto per 120 giorni dalla presentazione dell’istanza di condono, la valenza di silenzio – assenso.
Immediatamente dopo la promulgazione della suddetta legge, a far data dal decreto legge 26 gennaio 1995, n.24 fino al decreto legge 24 settembre 1996, n. 495, si susseguirono una serie di decreti legge reiterati con disposizioni sostanzialmente identiche, nessuno dei quali convertito in legge, che attribuirono al silenzio dell’autorità tenuta ad esprimersi sul vincolo, la valenza di silenzio – rifiuto, con onere per l’interessato di impugnazione, ove il silenzio si fosse protratto per 180 giorni.
Infine, la legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di Razionalizzazione della Finanza Pubblica) stabilì, – confermando le disposizioni dei decreti legge non convertiti - che il parere della commissione edilizia integrata, relativamente alle concessioni edilizie in sanatoria di immobili soggetti a vincoli, avrebbe dovuto essere espresso nel termine di 180 giorni dalla richiesta e che altrimenti si sarebbe formato il silenzio – rifiuto (art. 44 della l. n. 662/1996).
La suddetta legge n. 662/1996 stabilì, altresì, all’art. 61, che gli effetti dei decreti legge non convertiti erano fatti salvi (“ Restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti legge.. ”).
6.5- In tale contesto normativo, sulla domanda di condono presentata dalla società ricorrente in data 8 febbraio 1995, non si formò il silenzio - assenso previsto dall’art. 39, comma 7 della l. n. 724 del 1994, ma il silenzio – rifiuto di cui ai decreti legge non convertiti.
Infatti, la domanda di condono fu presentata allorché era in vigore l’art. 7 comma 15 del d.l. n. 26 gennaio 1995, n.24 che, a modifica dell’art. 39, comma 7, della l. n. 724/1994, aveva introdotto il silenzio – rifiuto decorsi 180 giorni dalla presentazione dell’istanza di condono e alla data di adozione del provvedimento sfavorevole della commissione edilizia integrata, ovvero in data 29 dicembre 1995, era decorso solo il termine di 30 giorni dalla decadenza per mancata conversione dell’ultimo decreto legge, il d.l. 24 settembre 1996, n. 495 e non già il termine di 120 giorni di cui all’art. 39, comma 7, l. n. 724/94.
Peraltro, l’art. 61 della l. n. 662/1996 avendo fatti salvi gli effetti dei decreti legge non convertiti, non consentì, diversamente da quanto assume l’appellante, che riprendesse vigore ex tunc la disposizione dell’art. 39, comma 7 della l. n. 724/1994 sulla formazione del silenzio - assenso.
Ne consegue che la commissione edilizia integrata del Comune di Siena, allorché rese il proprio parere (sfavorevole) non era decaduta dal relativo potere.
7.- Quanto al termine annuale previsto dalla l. n. 47 del 1985 per la formazione del silenzio sulla domanda di condono edilizio, esso, per le ipotesi qual è quella in esame, in cui andava acquisito il parere dall’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, decorreva dalla data di adozione del parere.
Ne consegue, come correttamente evidenziato in sentenza, che il diniego di sanatoria del Sindaco di Siena del 17 ottobre 1996, è legittimo perché intervenuto prima che fosse decorso il termine di 12 mesi dal rilascio del parere della commissione edilizia integrata, adottato il 29 dicembre 1995.
7.1- Non ha pregio, peraltro, la prospettazione della società ricorrente, secondo la quale, la sanatoria straordinaria di cui all’art. 39, comma 4 della l. n. 724 del 1994, prescinderebbe dall’adozione del parere sulla compatibilità del vincolo, mancando nel testo della norma ogni riferimento alla parallela vicenda dell’autorizzazione o parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo, sicché il termine di 12 mesi per la formazione del silenzio - assenso sulla domanda di condono decorrerebbe dal deposito dell’istanza di condono corredata dalla prova di pagamento dell’oblazione e degli oneri di concessione o al più dal 1° marzo 1995, termine ultimo fissato dalla l. n. 724/1994 per la presentazione della domanda di condono.
Quanto alla data del 1° marzo 1995, detto termine per effetto dei decreti legge non convertiti di cui si è già detto sopra, slittò a date successive.
Ma soprattutto è infondata l’asserita innovazione che – a detta della ricorrente - la legge 724/94 avrebbe introdotto rispetto alla disciplina del condono edilizio di cui alla l. n. 47/85, non avendo riprodotto quanto previsto dall’articolo 35, comma 13 della l. n. 47/85, che statuiva espressamente, per le ipotesi in cui era necessario acquisire il parere delle autorità preposte alla tutela del vincolo esistente sulle aree interessate dalle opere abusive oggetto di condono, che il termine decorresse dall’emissione del parere.
Come già detto sopra, la legge n. 724/94 non ha inteso sostituire la legge n. 47/85 in materia di condono edilizio, ma solo modificare tale normativa nelle parti espressamente richiamate, sicché laddove non esiste deroga, la disciplina si integra.
Tanto è stato sancito dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 137 del 29 aprile 1996, che ha riconosciuto che nessuna innovazione è stata introdotta nella nuova disciplina del condono edilizio del 1994 per quanto attiene agli effetti della presentazione della domanda e del pagamento dell’oblazione e che non v’è nessuna disposizione specifica o innovativa rispetto al precedente condono sanatoria.
Ed ancor prima, con interpretazione ministeriale (Circolare ministeriale del 17 giugno 1995 n. 2241/U- L-) era stato precisato che nel caso in cui l’opera abusiva fosse stata realizzata su area sottoposta a vincolo, il rilascio della sanatoria sarebbe stato subordinato all’emissione di parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo e il termine per la formazione del silenzio – assenso sarebbe decorso dalla data in cui detta autorità avesse comunicato il proprio parere.
In conclusione, deve ritenersi, come già rilevato dal giudice di primo grado, che i termini di pronuncia sono stati rispettati perché il diniego di condono edilizio è intervenuto entro l’anno dal parere della commissione edilizia integrata.
8.- Con il terzo motivo di appello, la società assume l’erroneità della sentenza, nella parte in cui non sarebbe stato apprezzato il vizio di eccesso di potere per illogicità manifesta, travisamento e difetto di motivazione, non sussistendo l’alterazione sostanziale del paesaggio o la modifica della morfologia del territorio, come ritenuto dalla commissione edilizia integrata, atteso che nessun elemento dell’opera si porrebbe in contrasto con l’interesse paesaggistico tutelato, rapportandosi anzi ad esso in termini di rispetto e di valorizzazione.
L’assunto dell’appellante non appare fondato.
8.1- Il giudizio di natura prettamente tecnico – discrezionale espresso dalla commissione edilizia integrata non pare censurabile sotto i profili dedotti dalla ricorrente, atteso che le preminenti valutazioni di ordine estetico non sono recessive nella tutela apprestata al paesaggio dalla normativa in materia che persegue proprio la finalità di preservare le bellezze naturali attraverso il controllo e l’approvazione delle attività che possono modificare l’aspetto esteriore delle località disponendo che qualunque interesse pubblico o privato, incidente nella località, trovi attuazione in armonia con il contesto naturale meritevole di tutela.
Naturalmente non compete a questo giudice valutare dal punto di vista estetico la distonia, il disequilibrio e l’assenza di linearità con il paesaggio incontaminato, caratterizzato da ville ristrutturate in modo da non pregiudicare l’originaria struttura e sagoma, da lievi declini arborei e verdeggianti, del campo da tennis per i colori e l’alta recinzione formata da pali in gesso e rete a maglia sciolta;può però questo giudice dare atto che la motivazione del parere sfavorevole risulta precisa, specifica ed esauriente, essendo sottolineato che “ l’intervento ..altera sostanzialmente una zona paesisticamente rilevante del contesto rurale della città di Siena, modificando la morfologia e conseguentemente creando un danno per l’ambiente circostante ” e che non appare illogico o irragionevole, atteso il decoro che merita la campagna senese, nella quale non pare possa inserirsi un elemento di rottura con il contesto.
Invero, i quadri panoramici naturali vanno protetti nella loro integrità sostanziale sì da non perdere il proprio valore e la unicità, trattandosi di un patrimonio di tutti, che configura un interesse pubblico di valore primario rispetto al quale non possono che recedere gli interessi dei privati con esso dissonanti.
In tal senso è l’orientamento giurisprudenziale consolidato, dal quale non v’è motivo per dissentire, che ha sempre ritenuto prevalente l’esigenza di salvaguardare ai fini paesaggistici la fisionomia del territorio considerando con estremo rigore interventi modificatori dello stato dei luoghi con pregiudizio al valore che si intende tutelare (cfr. per tutte, Cons. Stato, sez. V, 4 maggio 1996, n. 696).
Il giudice di primo grado ha dimostrato, invero, la massima sensibilità, propria del giudice più vicino al territorio da salvaguardare, evidenziando la necessità dell’autorità amministrativa di adottare tutte le misure idonee a salvaguardare la bellezza naturalistica – paesistica del sito e a preservarla dagli interventi di “disturbo” del genere di quello realizzato dalla ricorrente.
9.- Con il quarto motivo, la società ricorrente lamenta che erroneamente in sentenza non sarebbe stata apprezzata la censura di disparità di trattamento rispetto a situazioni analoghe.
E’ principio sempre valido quello secondo cui non può trarsi da eventuali precedenti comportamenti permissivi dell’amministrazione una sorta di regola valida anche per il futuro, ben potendo l’amministrazione cambiare modus procedendi e considerare con maggiore attenzione i valori estetici, evitandone qualunque forma di compromissione.
Ad ogni buon conto appare corretta e coerente la statuizione del giudice di primo grado ad avviso del quale la presenza di eventuali strutture ricettive e eventuali pertinenze di carattere ludico, non possono far ritenere ammissibile anche l’intervento qui in questione che secondo l’autorità cui spetta il giudizio di merito integra una forma di degrado della bellezza del sito e rispetto al quale appare proporzionata e doverosa la sanzione della remissione in pristino.
14.- L’infondatezza delle censure dedotte comporta la reiezione di tutte le domande formulate dalla società appellante.
In ordine all’ordinanza di demolizione, va considerato solamente che il provvedimento di demolizione è il doveroso e imprescindibile esercizio del potere sanzionatorio da parte della pubblica amministrazione. Esso è un atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla demolizione, non potendosi nemmeno ammettere l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non potrebbe legittimare (Cons. Stato, sez. VI, 4 marzo 2013, n. 1268;n. 758 del 2013).
Quanto alle spese di giudizio possono essere compensate, anche in considerazione della vetustà della causa.