Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-03-01, n. 202302115
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Pubblicato il 01/03/2023
N. 02115/2023REG.PROV.COLL.
N. 02599/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2599 del 2020, proposto dalla Federazione italiana trasporti Cisl, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’avvocato M C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio del suindicato difensore in Roma, viale Liegi, n. 32;
contro
la Commissione di garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, in persona del rappresentante legale
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede domicilia per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
nei confronti
della FEDERCONSUMATORI - Federazione nazionale di consumatori e utenti e del Codacons–Coordinamento delle associazioni e dei comitati di tutela dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori, in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore
, non costituiti in giudizio;
per la riforma
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio della Commissione di garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali e i documenti prodotti;
Vista l’ordinanza della Sezione 25 luglio 2022 n. 6570;
Esaminate le ulteriori memorie, anche di replica;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore all’udienza pubblica del giorno 19 gennaio 2023 il Cons. Stefano Toschei e udito, per la parte appellante, l’avvocati M C;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Con ricorso in appello n. R.g. 2599/2020 la Federazione italiana trasporti Cisl ha chiesto a questo Consiglio la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sede di Roma, Sez. I, 9 dicembre 2019 n. 14078, con la quale il TAR ha respinto il ricorso (n. R.g. 8074/2018) proposto in primo grado dalla predetta Federazione ai fini dell’annullamento in parte qua , della delibera n. 18/138 del 23 aprile 2018, con la quale la Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali ha adottato una Regolamentazione provvisoria delle prestazioni indispensabili e delle altre misure di cui all'articolo 2, comma 2, l. 146/1990 nel settore del trasporto pubblico locale, ai sensi dell'articolo 13, lettera a), della predetta legge, segnatamente nella parte in cui sostituisce le clausola sulla Rarefazione (Articolo 11, lett. B) dell'Accordo nazionale del 28 febbraio 2018 e stabilisce che “ tra l'effettuazione di due azioni di sciopero nel settore, indipendentemente dal soggetto sindacale proclamante, incidenti sul medesimo bacino di utenza, deve in ogni caso intercorrere un intervallo di almeno 20 giorni, a prescindere dalle motivazioni e dal livello sindacale che ha proclamato lo sciopero ”, nonché delle presupposte delibere della medesima Commissione n. 18/95 e 18/01 e di ogni altro atto connesso e conseguenziale.
2. – La vicenda che fa da sfondo al presente contenzioso in grado di appello può essere sinteticamente ricostruita sulla scorta dei documenti e degli atti prodotti dalle parti controvertenti nei due gradi di giudizio nonché da quanto sintetizzato nella parte in fatto della sentenza qui oggetto di appello, come segue:
- riferisce la Federazione odierna appellante che essa aderisce alla Cisl e organizza e rappresenta i lavoratori dei trasporti dell'ambiente e dei servizi. É costituita a livello nazionale, regionale, territoriale e di posto di lavoro;
- in tale veste la Fit ha partecipato alle contrattazioni e alle audizioni presso la Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, svolte al fine della predisposizione della Regolamentazione provvisoria delle prestazioni indispensabili e delle altre misure di cui all’art. 2, comma 2, l. 146/1990 come modificata dalla l. 83/2000 nel settore del trasporto locale;
- premesso che la disciplina delle prestazioni indispensabili e delle altre misure da garantire in caso di astensione collettiva nel settore del trasporto pubblico locale è stata concordata, per la prima volta, dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori con un accordo nel 1991, l’odierna appellante riferisce che, in un primo tempo la Commissione ha invitato le Parti ad una revisione dell’accordo del 1991 al fine di adeguarne i contenuti alle disposizioni introdotte dalla l. 83/2000 (recante “ Modifiche ed integrazioni della L. 12 giugno 1990, n. 146, in materia di esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e di salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati ”) e non avendo esse raggiunto un accordo sulle modalità attuative delle dette innovazioni, la Commissione ha approvato, ai sensi dell’art. 13, co. 1, lett. a) l. 146/1990 la Regolamentazione provvisoria del 31 gennaio 2002 (n. 2002/13) per poi, in un secondo tempo e dopo sedici anni dalla modifica appena ricordata, avviare nuovamente una tornata di audizioni tra le Parti (21 settembre, 29 settembre e 18 dicembre 2017) al fine di modificare la Regolamentazione provvisoria del 2002. Anche in questo secondo caso, in mancanza di accordo tra le parti in ordine alla revisione, la Commissione ha adottato, in data 11 gennaio 2018, con la delibera n. 2018/01, una Proposta di Regolamentazione provvisoria ai sensi dell’art. 13, lett. a), della l. 146/1990;
- detta proposta, lamenta la Federazione appellante, contiene alcuni profili di criticità quali: a) l’affermazione da parte della Commissione secondo la quale, nel corso degli ultimi cinque anni, si sarebbe registrato un incremento della conflittualità a livello locale, collegato ad una sempre maggiore frammentazione sindacale che ha comportato un incremento significativo delle azioni di sciopero;b) una seconda affermazione con la quale la Commissione ha osservato come le carenze più rilevanti contenute nella vigente disciplina riguardino “ l’inefficacia del preventivo esperimento delle procedure di raffreddamento e di conciliazione, l’eccessiva frammentazione di alcuni dei periodi concomitanti con i grandi esodi legati alle ferie estive, l’inadeguatezza degli intervalli relativi alla rarefazione oggettiva e soggettiva, l’inidoneità delle misure previste per la preventiva comunicazione all’utenza da parte delle Aziende ”;conseguentemente la Commissione ha proposto di modificare l’articolo rubricato “ intervallo tra azioni di sciopero ”, nel modo che segue: “ Tra l’effettuazione di due azioni di sciopero incidenti sul medesimo bacino di utenza, indipendentemente dal soggetto proclamante, dovrà in ogni caso intercorrere un intervallo di almeno venti giorni, a prescindere dalle motivazioni e dal livello della struttura sindacale che proclama lo sciopero ”, tenuto conto che nel testo previgente (recato dalla delibera 02/2013) l’intervallo di cui alla regolamentazione provvisoria, di cui alla delibera 02/13, era limitato a dieci giorni;
- ai fatti come sopra rappresentati seguiva una ulteriore audizione, in data 31 gennaio 2018, che conduceva alla sigla di un accordo tra le Parti in data 28 febbraio 2018, per effetto del quale all’art. 11 dell’accordo era riprodotto (ancora) un intervallo della c.d. rarefazione oggettiva di dieci giorni;
- a questo punto la Commissione formulava, con la delibera n. 18/95, una nuova Proposta ex art. 13, lett. a), l. 146/1990, da considerarsi sostitutiva di quanto disposto dall’Accordo nazionale del 28 febbraio 2018 in tema di Informazione all’utenza (art. 9), Rarefazione (art. 11) e Regolamento di servizio (art. 17), che trovava una ferma opposizione delle sigle sindacali nel corso dell’audizione del successivo 9 aprile 2018;
- nondimeno, con delibera n. 18/138 del 23 aprile 2018 la Commissione ha respinto le disposizioni dell’accordo di cui all’art. 9 (“informazione all’utenza”) e all’art. 11 (“rarefazione”). In particolare l’art. 11, al punto B), ora recita: “ tra l’effettuazione di due azioni di sciopero nel settore, indipendentemente dal soggetto sindacale proclamante, incidenti sul medesimo bacino di utenza, deve in ogni caso intercorrere un intervallo di almeno 20 giorni, a prescindere dalle motivazioni e dal livello sindacale che ha proclamato lo sciopero ”;
- seguivano ulteriori vicende che comunque confluivano nella decisione della Commissione di garanzia che, con delibera del 23 aprile 2018 n.18/138, valutava idoneo l’Accordo nazionale del 28 febbraio 2018 e, contestualmente, adottava la Regolamentazione provvisoria sostituendo gli articoli 9 e 11 dell’accordo.
3. – Ai fatti come sopra rappresentati la Fit aggiungeva le seguenti considerazioni, rappresentate anche al giudice di primo grado:
- la Commissione: a) non ha tenuto conto delle osservazioni espresse da Fit-Cisl nel corso del procedimento;b) non ha valutato l’impatto che avrebbe avuto il nuovo termine di rarefazione da essa stabilito sull’esercizio del diritto di sciopero;c) non ha fornito la “specifica motivazione” richiesta dall’art. art. 13, comma 1, lett. a), l. 146/1990;
- la Commissione ha operato in modo contraddittorio, atteso che essa da un lato ammette che il problema dei numerosi scioperi deriva dalla “frammentazione sindacale”, ma dall’altro introduce misure più restrittive in materia di intervallo tra gli scioperi che non idonee a risolvere il problema, andando a compromettere in maniera significativa il diritto di sciopero;
- la delibera impugnata è stata adottata in violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza dell’azione amministrativa, in quanto il contenuto qui oggetto di contestazione determina una compressione sproporzionata dell’esercizio del diritto di sciopero, senza avere effettuato un giudizio basato sui criteri di idoneità, necessarietà e adeguatezza nella individuazione della misura per far fronte alla situazione di “eccessività delle astensioni” alle quali la Commissione fa riferimento;- la delibera inoltre manifesta violazione e la falsa applicazione dell’art. 40 Cost. e dell’art. 13, comma 1, lett. a), l. 146/1990, atteso che la Commissione nel dettare la provvisoria regolamentazione, “ deve tenere conto delle previsioni degli atti di autoregolamentazioni vigenti in settori analoghi o similari ”.
I profili di criticità come sopra riassunti hanno costituito il terreno contestativo rappresentato dinanzi al TAR per il Lazio, insieme con altri profili, anche di possibile conflitto costituzionale, dalla Fit nell’impugnare la delibera n. 18/138 del 23 aprile 2018.
Il TAR ha ritenuto di non accogliere le contestazioni mosse alla suddetta delibera, respingendo il ricorso con sentenza n. 14078/2019.
4. – La Fit propone quindi appello nei confronti della suddetta sentenza, ritenendola errata e deducendo un unico e complesso motivo di appello così rubricato: “ Erroneità della sentenza nella parte in cui non ha accolto il primo motivo di ricorso: Eccesso di potere per difetto di istruttoria e difetto di motivazione;contraddittorietà;violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza dell’azione amministrativa;violazione e falsa applicazione dell’art. 40 Cost. e dell’art. 13, comma 1, lett. a), l. n. 146/1990 ”.
Le ragioni della complessa contestazione sono qui di seguito sinteticamente riassunte:
A) Prospetta la Federazione appellante una evidente inadeguatezza e insufficienza della motivazione, non giustificata dalla circostanza che la decisione è stata assunta in forma semplificata, in quanto essa, proprio perché “di rigetto”, non poteva fondare su un (unico) precedente conforme (nel caso la sentenza 12317/2019), traducendosi tale metodo di scrutinio in un evidente violazione del diritto di difesa, tenuto conto che la sentenza finisce con il rappresentare i motivi di non accoglimento del ricorso attraverso una sintesi apodittica raccolta in poche righe e “ replicando sinteticamente e in modo sommario solo nell’ultima parte ai motivi specifici dedotti da Fit-Cisl ”;
B) la sentenza n. 14078/2019 non tiene conto in modo adeguato dell’impostazione del ricorso di Fit-Cisl che ha fatto leva sul fatto che l’art. 13, comma 1, lett. a), l. 146/1990 pone in capo alla Commissione un obbligo rafforzato di motivazione, al quale nel caso di specie la Commissione non si è conformata omettendo qualsivoglia motivazione;
C) la motivazione della delibera impugnata in primo grado fa più volte riferimento all’eccessiva reiterazione degli scioperi per giustificare la previsione della rarefazione a 20 giorni, omettendo però di indicare sulla base di quali parametri le astensioni sono state ritenute “eccessive” e senza dimostrare che la frammentazione sindacale ha dato luogo ad una reiterazione delle astensioni maggiore rispetto al passato, tale da giustificare l’ampliamento del termine di rarefazione rispetto a quello originario di 10 giorni. In altri termini la Commissione non spiega perché improvvisamente il termine di rarefazione di 10 giorni, osservato per 16 anni, non possa essere più considerato congruo e idoneo a contemperare il diritto di sciopero con la libertà di circolazione degli utenti;
D) è evidente poi il difetto di istruttoria che ha caratterizzato l’esercizio di potere da parte della Commissione, avendo quest’ultima adottato una Regolamentazione provvisoria ignorando il contributo partecipativo e le dirimenti argomentazioni offerte dalla Federazione oggi appellante, laddove una loro maggiore considerazione l’avrebbe indotta a ritenere idoneo l’Accordo nazionale del 28 febbraio 2018 anche con riferimento a quanto concordato dalle parti sociali sulla rarefazione oggettiva e, dunque, a reputare ragionevole il termine di rarefazione di 10 giorni ivi previsto, ovvero quello osservato dal 2002 (sulla base della precedente Regolamentazione provvisoria) a oggi;
E) posto che qualsiasi misura di regolazione deve essere adottata effettuando una valutazione, seppure ex ante , in concreto, considerando cioè l’impatto che la stessa avrà nel settore regolato del quale deve avere una rappresentazione più completa e chiara possibile, la delibera oggetto di impugnazione non ha, invece, accertato e valutato l’impatto che avrebbe avuto l’applicazione del nuovo termine di rarefazione sull’esercizio del diritto di sciopero. Ove fosse stata condotta un’istruttoria accurata, sarebbe emerso che osservare un intervallo di 20 giorni tra uno sciopero e l’altro anziché quello concordato dalle parti sociali di 10 giorni (nonché previsto dalla Regolamentazione provvisoria del 2002) comprimerebbe in modo irragionevole l’esercizio del diritto di sciopero in quanto si ridurrebbero in maniera rilevante il numero di giornate in cui si potrebbe scioperare;
F) la Commissione, infine, non ha compiuto una valutazione comparativa e dunque non ha, come invece avrebbe dovuto fare, tenuto conto “ delle previsioni degli atti di autoregolamentazioni vigenti in settori analoghi o similari ”, non essendovene traccia nella delibera impugnata, nella quale manca qualsiasi riferimento alla ragione per cui nell’ambito del trasporto pubblico locale sia necessario osservare un termine di rarefazione oggettiva più lungo rispetto ad altri settori.
5. – Nel silenzio della Federconsumatori e del Codacons, pure evocati in giudizio, si è costituita la Commissione di garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, ribadendo la puntualità e correttezza del percorso svolto durante l’istruttoria e l’adeguatezza dei dati acquisiti, la cui puntuale considerazione ha consentito di motivare adeguatamente la scelta della Commissione.
Correttamente, dunque, il giudice di primo grado ha apprezzato la legittimità della delibera impugnata e posto che i motivi di appello non si prestano ad essere accolti, anche il mezzo di gravame proposto dalla Fit deve essere respinto.
6. – Nel corso del processo la Sezione, con ordinanza 25 luglio 2022 n. 6570, rivolgeva al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, nella persona del responsabile del Dipartimento competente per materia, la richiesta di depositare “ una analitica e puntuale relazione al fine di acquisire contezza, con i dovuti analitici riscontri sul dato storico, in merito al numero delle sigle sindacali coinvolte e in ordine al numero (se davvero crescente) degli scioperi registratisi nel settore del trasporto pubblico locale nell’ultimo quinquennio ”, allegando ogni documento che si riterrà utile e facoltizzando il predetto Ministero ad acquisire presso altre e diverse amministrazioni (ad esempio le Prefetture) ogni elemento che riterrà necessario al fine di fornire una risposta chiara e completa, avuto riguardo anche alla disciplina applicata in settori simili o comunque con i quali è utile un confronto (trasporto aereo, trasporto ferroviario, etc.).
In particolare, nella suindicata ordinanza, la Sezione ricordava come fosse pendente un ricorso in appello (n. R.g. 2410/2020) avente oggetto profili contestativi perfettamente sovrapponibili a quello qui in esame, sicché veniva disposta una unica richiesta istruttoria utilizzabile in entrambi i giudizi.
Conseguentemente, nel corso dell’udienza del 19 gennaio 2023 nella quale è stata chiamata anche la presente causa, è stata disposta l’acquisizione nel presente giudizio della relazione del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibile depositata nel fascicolo del ricorso n. R.g. 2410/2020 (così nel verbale dell’odierna udienza).
Il MIMS, per il tramite dell’Osservatorio sui conflitti sindacali istituito con DM 7 febbraio 1996 n. 7 e incardinato presso l’Ufficio di Gabinetto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (ora infrastrutture e mobilità sostenibile), adempiva all’ordine istruttorio depositando nel fascicolo digitale del processo, in data 21 ottobre 2022, una relazione illustrativa e numerosi allegati.
7. – In via preliminare si ritiene di posporre l’esame della questione involgente l’adeguatezza in rito della sentenza resa in forma semplificata e qui oggetto di appello, sotto il profilo della sufficienza argomentativa e il limitato riferimento a precedenti giurisprudenziali conformi, tenuto conto della sicura priorità dello scrutinio nel merito della controversia, il cui esito condizionerà anche la valutazione della contestazione formale appena richiamata
Passando, dunque, all’esame della questione di merito, è opportuno, ad avviso del Collegio, avviare lo scrutinio della controversia giunta in grado di appello esaminando la relazione, redatta dall’Osservatorio sui conflitti sindacali e depositata dal MIMS in adempimento dell’invito istruttorio rivolto al Ministero dalla Sezione, oltre che i dati in essa riportati, facendo attenzione a considerare il metodo della raccolta di tali dati e l’utilizzo degli stessi, onde comprendere se l’istruttoria svolta dalla Commissione per la predisposizione del contenuto della delibera impugnata in primo grado possa ritenersi esaustivo (nel senso di essere completamente soddisfacente) o quanto meno esauriente (nel senso che lo è sufficientemente).
La relazione prende le mosse dalla descrizione delle attività e delle funzioni riferite all’Osservatorio segnalando come “ Uno degli aspetti più significativi dell’attività lavorativa dell’Osservatorio sui conflitti sindacali, consiste nella registrazione e protocollazione delle proclamazioni di scioperi e relative procedure, ricevute dalle OO.SS. successivamente alla pubblicazione del calendario giornaliero e prima di quello successivo. Tutti gli atti prevenuti nel suddetto intervallo, costituiscono elementi essenziali per redigere un prospetto giornaliero dove sono annotati l’orario di arrivo delle proclamazioni, la sigla sindacale, il settore interessato allo sciopero, la durata (giorni, ore) l’intervallo orario (dalle… alle), l’ambito territoriale/interregionale/nazionale interessato dall’astensione e le motivazioni dello sciopero ”. Quindi “ I dati raccolti vengono infine periodicamente rielaborati per la produzione di prospetti statistici che ritraggono, attraverso la densità delle astensioni nei vari settori in uno specifico arco temporale, l’evoluzione del livello di conflittualità nei trasporti. L’analisi analitica di tutti i prospetti giornalieri, raggruppati per mesi e anni, ha consentito di determinare la quantificazione degli scioperi proclamati ed effettuati di ogni specifico settore disciplinato dalla legge 146/90, nonché, il coinvolgimento del numero delle sigle sindacali interessate nelle azioni di sciopero ”.
Premesso quanto sopra la relazione prosegue descrivendo il metodo di indagine utilizzato per fornire le informazioni richieste dalla Sezione. In particolare viene ricordato che, nel caso in esame:
- le disposizioni della “Regolamentazione provvisoria” da parte della Commissione di garanzia hanno avuto effetto dal mese di gennaio 2002 al mese di aprile 2018 (delibera del 31 gennaio 2002, n.02/13, pubblicata nella G.U. del 23 marzo 2002 n.70, recante “ Regolamentazione provvisoria delle prestazioni indispensabili e delle altre misure di cui all’art.2, comma 2 l.n.146/1990, come modificata dalla l.n.83/2000 nel settore del trasporto pubblico locale ”);
- con l’entrata in vigore della nuova “Regolamentazione provvisoria integrativa” è stato considerato l’ultimo quinquennio (2013-2017);
- per la rappresentazione dei risultati dell’indagine sono stati elaborati schemi e grafici per una più rapida consultazione.
Quindi il Ministero ha ricordato quale sia l’obiettivo dell’indagine commissionatagli dalla Sezione, rammentando che, in vista dello scadere dell’efficacia della Regolamentazione provvisoria vigente nel periodo 2013-2017, come sopra preso in considerazione per lo svolgimento dell’indagine, con una successiva deliberazione, n. 18/138 del 23 aprile 2018, la Commissione ha adottato, in relazione alla disciplina in materia di informazione all’utenza (art. 9) e di rarefazione (art. 11), una “ Regolamentazione provvisoria integrativa ”. Nello specifico, l’Autorità ritenendo insufficiente l’intervallo già in vigore, pari a 10 giorni, concordato tra le parti interessate del settore, ha incrementato a 20 giorni il predetto intervallo di tempo che deve intercorrere tra uno sciopero e il successivo.
A ciò il Ministero aggiunge la seguente (condivisibile) riflessione: “ È opportuno ricordare che, l’art.40 della Costituzione disciplina i due diritti costituzionali, quello allo sciopero e alla libera circolazione, e che il legislatore ha assegnato alla Commissione di Garanzia, dotata di poteri normativi e di regolamentazione del conflitto collettivo e di poteri di vigilanza sulla corretta applicazione della legge, il compito di garantire l’equo contemperamento dell’esercizio del diritto di sciopero con il godimento dei diritti costituzionali della persona ” (così a pag. 6 della relazione).
In ragione del surriferito metodo di indagine e in ragione del sopra descritto obiettivo dell’attività commissionata al Ministero è stato redatto il seguente schema riepilogativo:
- Anno 2013: scioperi proclamati n. 423 - effettuati n. 294;
- Anno 2014: scioperi proclamati n. 314 - effettuati n. 196;
- Anno 2015: scioperi proclamati n. 354 - effettuati n. 264;
- Anno 2016: scioperi proclamati n. 345 - effettuati n. 233;
- Anno 2017: scioperi proclamati n. 377 - effettuati n. 265.
Il Ministero commenta tali dati segnalando che “ Dalla rappresentazione grafica si evince che dal 2013 al 2014 la curva delle azioni di sciopero decresce per poi iniziare una fase ascendente per gli anni successivi ” (così, ancora, a pag. 6).
A questo punto il Ministero riproduce i corrispondenti dati presi in considerazione dalla Commissione di garanzia, dai quali emergono alcune differenze numeriche in aumento rispetto ai dati in possesso dell’Osservatorio (e sopra riprodotti), ma ciò riguarda sia il numero degli scioperi proclamati sia il numero degli scioperi effettuati, sicché – obiettivamente - l’incremento (peraltro non sensibilissimo) finisce con livellarsi.
Nello specifico:
- Anno 2013: (non vi sono elementi per gli scioperi proclamati e per quelli effettuati);
- Anno 2014: scioperi proclamati n. 331 - effettuati n. 205;
Anno 2015: scioperi proclamati n. 377 - effettuati n. 281;
- Anno 2016: scioperi proclamati n. 368 - effettuati n. 250;
- Anno 2017: scioperi proclamati n. 443 - effettuati n. 318
In ragione di tale esito il Ministero sviluppa le seguenti considerazioni:
- va ricordato che, in fase di proclamazione degli scioperi nel settore del TPL, dove la frammentazione dei soggetti interessati ha una rilevanza a livello comunale, provinciale ecc., le OO.SS. proclamanti, hanno l’obbligo di inviare le proclamazioni alle Aziende e all’apposito ufficio costituito presso l’Autorità competente ad adottare l’ordinanza di cui all’art. 8 della legge 146/1990 che cura la immediata trasmissione alla Commissione di garanzia;
- rientra tra le prerogative della Commissione, dichiarare o meno la regolarità dello sciopero proclamato. Nel caso in cui l’atto di proclamazione violi le procedure previste, la Commissione con delibera propria ne chiede l’integrazione o la ripetizione della procedura, pena l’apertura di una istruttoria;
- ne consegue che è possibile che i soggetti proclamanti prestino una maggiore attenzione al rispetto della comunicazione alla Commissione di garanzia sugli scioperi, penalizzando in qualche modo l’Osservatorio sui conflitti sindacali e determinando di fatto un flusso di dati relativi alle proclamazioni differenti tra le due istituzioni.
8. – A questo punto il Ministero affronta il profilo più rilevante dell’attività commissionatagli dalla Sezione, vale a dire la questione dell’eventuale incremento degli scioperi nell’ultimo quinquennio (2013-2017), “ Considerato che tale incremento ha costituito il principio sulla base del quale la Commissione di garanzia ha provveduto ad integrare la regolamentazione provvisoria portando da 10 a 20 giorni l’intervallo minimo di tempo che deve intercorrere tra uno sciopero e l’altro (…) ” (così, a pag. 7).
Per realizzare tale obiettivo il Ministero pone a confronto due tabelle, una con i dati disponibili presso l’Osservatorio e l’altra con i dati disponibili presso la Commissione, curando di porre sulla stessa linea sezionale i dati relativi a ciascun anno, a partire dal 2013 fino a raggiungere il 2017. Il raffronto, va detto subito, si pone in relazione (solo) ai dati degli scioperi “proclamati” e di quelli “effettuati” (non essendo riportate, quindi, le “giornate di sciopero” che si sono effettivamente registrate nell’arco temporale di riferimento).
Osserva, inoltre, il Ministero che “ da una prima comparazione dei dati, l’incremento degli scioperi registrato dall’Osservatorio risulta essere differente rispetto a quello evidenziato dalla Commissione di Garanzia. Tuttavia, si è ritenuto necessario individuare singolarmente i soggetti inadempienti alla trasmissione degli atti di proclamazione, confrontando nuovamente i dati della Commissione con quelli dell’Osservatorio relativi al singolo anno di accertamento effettuato ” (così a pag. 8).
A tale indagine il Ministero fa seguire una verifica analitica di ogni singola proclamazione presente sui rispettivi siti della Commissione e dell’Osservatorio, anno per anno (nell’arco temporale 2014-2018).
Conclude il Ministero l’indagine svolta giungendo ai seguenti esiti:
- dalla comparazione dei dati pubblicati sui rispettivi siti web della Commissione e dell’Osservatorio, tenuto conto di ciascun anno di riferimento, il trend del numero totale degli scioperi proclamati ed effettuati nel quinquennio di riferimento (2013-2018) sembra essere in tendenziale e costante innalzamento;
- nondimeno si registrano differenze oggettive tra i dati in possesso delle due istituzioni;
- peraltro, la verifica effettuata ha consentito di individuare le proclamazioni inviate esclusivamente ad uno dei soggetti designati a riceverle senza che l’altro ne fosse al corrente e viceversa.
9. – Ad avviso del Collegio l’istruttoria commissionata al Ministero, onde poter cogliere se il procedimento che ha condotto all’adozione della delibera della Commissione di garanzia n. 18/95 del 16 marzo 2018 fosse stato preceduto e quindi adeguatamente assistito da una attenta verifica dei dati che hanno indotto la predetta autorità ad incrementare da 10 a 20 giorni il c.d. periodo di rarefazione tra gli scioperi, ha comunque raggiunto l’obiettivo di acquisire le informazioni sulla base delle quali “verosimilmente” la Commissione ha fondato la propria scelta.
Anzitutto va rammentato come il tema oggetto del presente contenzioso sia molto delicato perché coinvolge diritti costituzionalmente garantiti quali il diritto di sciopero (art. 40 Cost.) e i diritti della persona pure costituzionalmente garantiti (dall’art. 2 Cost., in via generale, ma anche dagli artt. 13 e 16), che nel caso di esercizio del diritto di sciopero si fronteggiano con quest’ultimo, dovendosene necessariamente bilanciare il corretto esercizio soprattutto nel caso incida sul diritto di fruire di servizi pubblici essenziali. Assume dunque un ruolo determinante, ai fini del corretto bilanciamento, la regolazione dell’esercizio del diritto di sciopero.
L'art. 13, comma 1, lett. a ), 12 giugno 1990, n. 146 (di regolamentazione dell'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, a salvaguardia dei diritti della persona oggetto di garanzia costituzionale nei settori afferenti ai predetti servizi, quali identificati dall'art. 1 della legge medesima) così recita: “ La Commissione: (…) valuta, anche di propria iniziativa, sentite le organizzazioni dei consumatori e degli utenti riconosciute ai fini dell'elenco di cui alla legge 30 luglio 1998, n. 281, che siano interessate ed operanti nel territorio di cui trattasi, le quali possono esprimere il loro parere entro il termine stabilito dalla Commissione medesima, l'idoneità delle prestazioni indispensabili, delle procedure di raffreddamento e conciliazione e delle altre misure individuate ai sensi del comma 2 dell'articolo 2 a garantire il contemperamento dell'esercizio dei diritto di sciopero con il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, di cui al comma 1 dell'articolo 1, e qualora non le giudichi idonee sulla base di specifica motivazione, sottopone alle parti una proposta sull'insieme delle prestazioni, procedure e misure da considerarsi indispensabili. Le parti devono pronunciarsi sulla proposta della Commissione entro quindici giorni dalla notifica. Se non si pronunciano, la Commissione, dopo avere verificato, in seguito ad apposite audizioni da svolgere entro il termine di venti giorni, l'indisponibilità delle parti a raggiungere un accordo, adotta con propria delibera la provvisoria regolamentazione delle prestazioni indispensabili, delle procedure di raffreddamento e di conciliazione e delle altre misure di contemperamento, comunicandola alle parti interessate, che sono tenute ad osservarla agli effetti dell'articolo 2, comma 3, fino al raggiungimento di un accordo valutato idoneo. Nello stesso modo la Commissione valuta i codici di autoregolamentazione di cui all'articolo 2-bis, e provvede nel caso in cui manchino o non siano idonei ai sensi della presente lettera. La Commissione, al fine della provvisoria regolamentazione di cui alla presente lettera, deve tenere conto delle previsioni degli atti di autoregolamentazione vigenti in settori analoghi o similari nonché degli accordi sottoscritti nello stesso settore dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Nella provvisoria regolamentazione, le prestazioni indispensabili devono essere individuate in modo da non compromettere, per la durata della regolamentazione stessa, le esigenze fondamentali di cui all'articolo 1;salvo casi particolari, devono essere contenute in misura non eccedente mediamente il 50 per cento delle prestazioni normalmente erogate e riguardare quote strettamente necessarie di personale non superiori mediamente ad un terzo del personale normalmente utilizzato per la piena erogazione del servizio nel tempo interessato dallo sciopero, tenuto conto delle condizioni tecniche e della sicurezza. Si deve comunque tenere conto dell'utilizzabilità dei servizi alternativi o forniti da imprese concorrenti. Quando, per le finalità di cui all'articolo 1, è necessario assicurare fasce orarie di erogazione dei servizi, questi ultimi devono essere garantiti nella misura di quelli normalmente offerti e pertanto non rientrano nella predetta percentuale del 50 per cento. Eventuali deroghe da parte della Commissione, per casi particolari, devono essere adeguatamente motivate con specifico riguardo alla necessità di garantire livelli di funzionamento e di sicurezza strettamente occorrenti all'erogazione dei servizi, in modo da non compromettere le esigenze fondamentali di cui all'articolo 1. I medesimi criteri previsti per la individuazione delle prestazioni indispensabili ai fini della provvisoria regolamentazione costituiscono parametri di riferimento per la valutazione, da parte della Commissione, dell'idoneità degli atti negoziali e di autoregolamentazione. Le delibere adottate dalla Commissione ai sensi della presente lettera sono immediatamente trasmesse ai Presidenti delle Camere (…) ”.
Della lunga disposizione la parte che più interessa ai fini della definizione dei presupposti legali del potere esercitato dalla Commissione è questa: “ (la Commissione) (...) adotta con propria delibera la provvisoria regolamentazione delle prestazioni indispensabili, delle procedure di raffreddamento e di conciliazione e delle altre misure di contemperamento, comunicandola alle parti interessate, che sono tenute ad osservarla agli effetti dell'articolo 2, comma 3, fino al raggiungimento di un accordo valutato idoneo (…) ”.
Come si vede la legge prevede un intervento della Commissione di tipo sostitutivo e temporaneo in caso di inerzia dell'autonomia collettiva ovvero in caso di inadeguatezza dei risultati raggiunti contrattualmente ma non àncora ad altri presupposti l'esercizio del potere che, quindi, può essere riesercitato in base ad una valutazione tecnico-discrezionale e di opportunità senza particolari vincoli derivanti dal primo atto di esercizio del potere sostitutivo purché sia chiaro che non sussistano profili di irragionevolezza ed illogicità delle scelte operate.
Tra i meccanismi di bilanciamento del confronto tra diritti costituzionalmente garantiti, oggetto di specifica regolazione, vi è l’istituto della c.d. rarefazione oggettiva, che trova referente normativo nell'art. 2, secondo comma, l. 146/1990 e che include tra le misure indispensabili, che le amministrazione e le imprese erogatrici di servizi pubblici essenziali sono tenute a concordare con le rappresentanze sindacali, anche l'indicazione di “ intervalli minimi da osservare fra l'effettuazione di uno sciopero e la proclamazione del successivo, quando ciò sia necessario ad evitare che per l'effetto della proclamazione in successione di scioperi da soggetti sindacali diversi e che incidono sullo stesso servizio finale o sullo stesso bacino di utenza, sia oggettivamente compromessa la continuità dei servizi pubblici ” afferenti ai settori individuati dall'art. 1 della medesima legge medesima.
Con una ulteriore previsione (contenuta nell'art. 8, secondo comma, l. 146/1990) il legislatore, poi, ha stabilito che, in presenza di fondato pericolo di pregiudizio grave ed imminente ai diritti della persona costituzionalmente garantiti per scioperi che esplicando effetti sull'erogazione di servizi pubblici qualificati come essenziali, siano assunti interventi autoritativi, da attuarsi dal Prefetto su segnalazione della Commissione di garanzia nei casi di rilevanza del conflitto a livello regionale, che comprendono “ il differimento dell'astensione collettiva ad altra data, anche unificando astensioni collettive già proclamate ”.
10. – O, ad avviso del Collegio, pare evidente che l’ampia discrezionalità decisionale della Commissione, nello specifico con riguardo alla individuazione del periodo di rarefazione oggettiva tra gli scioperi, proprio perché involge e coinvolge diritti costituzionalmente garantiti, merita di essere esercitata con particolare cautela e attenzione, assumendo decisioni che siano il frutto di una accurata istruttoria e che siano caratterizzate, nell’individuazione della misura più opportuna da mettere in campo, da una motivazione puntuale dalla quale siano possibile poter ricostruire nella sua interezza e completezza il corredo informativo che ha consentito di indirizzare la manifestazione di volontà della Commissione verso scelte proporzionate all’interesse pubblico che si intende salvaguardare, in particolar modo, come è avvenuto nel caso in esame, quando la scelta interviene su una misura “calmieratrice” fissata orami da molti anni.
Ebbene, entrando nello specifico della vicenda per la quale è qui contenzioso, non può non evidenziarsi come l’unico metodo da seguire per comprendere se effettivamente il trend degli scioperi nel settore pubblico del trasporto pubblico locale sia stato, negli ultimi anni, caratterizzato da una naturale tendenza all’incremento (numerico) rilevante o meno, deve essere quello di porre in comparazione il dato “virtuale” con il dato “reale”. In questo caso il dato che resta “virtuale” è sicuramente quello della “proclamazione” dello sciopero, atteso che, come appare chiaro, la proclamazione ben potrebbe non essere seguita dalla reale effettuazione dell’astensione, per molteplici e intuibili ragioni (profilo che vede, peraltro, concordi le parti in controversia).
Molto più “reale” è il dato relativo alla “effettuazione” degli scioperi, ma costituisce un dato “sufficiente” (o “esauriente”) ma non “esaustivo”. Infatti tale informazione non è completa se non si specifica la effettiva “durata” dell’astensione e, soprattutto, il numero dei “giorni” in cui si è realmente sviluppata poiché, intuitivamente, solo in questo modo è possibile comparare l’impatto dell’esercizio del diritto di sciopero sul “disagio” provocato all’utenza e quindi definire se effettivamente, nel corso degli anni presi a riferimento, vi sia stato un “incremento del disagio a danno dell’utenza”.
Ritiene il Collegio che, prima di poter comprimere un diritto costituzionalmente garantito, quale è il diritto di sciopero, raddoppiando il periodo di rarefazione, che peraltro perdurava inalterato da moltissimi anni (16), occorreva accertare nel corso dell’istruttoria, con un’evidenza maggiore, se fosse tendenzialmente aumentato nel corso degli ultimi anni il disagio effettivo arrecato all’utenza, la cui salvaguardia costituisce poi l’obiettivo della l. 146/1990 e del potere di intervento regolatorio e limitativo attribuito alla Commissione.
Non solo nella relazione ministeriale non si apprezza la presenza di tale tipologia di informazione, ma neppure è stato richiesto alle istituzioni di prossimità (ad esempio le Prefetture) di fornire informazione in merito in loro possesso. Trattandosi di trasporto pubblico locale ed avendo la singola astensione un impatto immediatamente tangibile in un ambito territoriale più o meno circoscritto, solo le istituzioni più prossime all’utenza possono apprezzare l’incidenza dello sciopero sulla popolazione.
Nella deliberazione impugnata in primo grado la Commissione, dopo avere minuziosamente riepilogato il percorso sviluppato insieme con le organizzazioni sindacali per giungere all’Accordo del 28 febbraio 2018 e per superare, quindi, la Regolamentazione provvisoria di cui alla delibera del 31 gennaio 2002, n. 02/13 che disciplinava da oltre 16 anni il settore, nella parte del provvedimento dedicato alla modifica dell’art. 11 del testo regolamentare, che disciplina l’istituto della rarefazione, dopo avere chiarito che su tale disciplina non concordava con le posizioni espresse, ha indicato le seguenti ragioni della modifica “disposta”:
- “ con riferimento alta lettera B dell'Articolo 11 (Rarefazione), non si può esprimere una valutazione di idoneità relativamente alla formulazione della regola della c.d. rarefazione oggettiva che individua nella misura di 10 giorni l'intervallo che deve intercorrere fra due azioni di sciopero ”;
- “ come già evidenziato in premessa, si ritiene essenziale individuare soluzioni adeguate a riequilibrare l'eccessiva compromissione del godimento del diritto dei cittadini alla libertà di circolazione derivante, da un lato, dall'interruzione del servizio anche a fronte di proclamazioni di sciopero poste in essere in un contesto di eccessiva frammentazione sindacale, dall'altro, dagli effetti ultrattivi prodotti dagli scioperi così come attualmente regolamentati ”;
c) “ infatti, il c.d. intervallo oggettivo (espressione del principio di obiettiva rarefazione delle azioni di sciopero che incidono sullo stesso servizio finale) può configurarsi quale prestazione indispensabile a garantire, nel suo contenuto essenziale, i diritti degli utenti. In ragione di tali considerazioni, quindi, non può essere valutata idonea la previsione contenuta nella lettera B) dell'Articolo 11 ”.
Non si riscontrano dunque sufficienti elementi di indagine nel senso e con le modalità sopra riferite, né si dà ragione della scelta sotto il profilo della proporzionalità in relazione all’impatto della nuova disposizione, comunque rilevante sull’esercizio del diritto di sciopero, e che vede il raddoppio del periodo di rarefazione. In altri termini, dalla motivazione appena riprodotta nonché dall’esame degli elementi portati a conoscenza delle sigle destinatarie della decisione, non si rinvengono spie utili a poter dichiarare completa ed esauriente l’istruttoria svolta dalla Commissione, rispetto alla quale dunque, verosimilmente ed obiettivamente (anche tenuto conto del tenore e della portata del potere assegnato alla Commissione dalla l. 146/1990 e al ruolo di “garante” della tutela dei diritti che si fronteggiano), meritavano di essere spesi (e conseguentemente esternati) ulteriori approfondimenti, anche in termini comparativi rispetto ai settori più affini (come il trasporto ferroviario) prima di poter adottare la deliberazione n. 18/95 del 16 marzo 2018, limitatamente alla disciplina regolante l’istituto della rarefazione (art. 11 del testo recato nella predetta delibera).
13. - In ragione di quanto si è sopra illustrato i motivi di appello debbono ritenersi fondati, di talché il mezzo di gravame proposto va accolto con conseguente riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sede di Roma, Sez. I, 9 dicembre 2019 n. 14078. A ciò consegue, ulteriormente, l’accoglimento del ricorso (n. R.g. 8074/2018) proposto in primo grado e l’annullamento, in parte qua , della delibera n. 18/95 del 16 marzo 2018. Tale soluzione della controversia priva di interesse lo scrutinio avente ad oggetto la questione formale attinente alla “sufficienza” dei contenuti della sentenza di primo grado, in quanto resa in forma semplificata.
Sarà dunque cura della Commissione riesercitare motivatamente il proprio potere, alla stregua dei criteri di indagine sopra indicati, all’esito deliberando se confermare nel doppio l’innalzamento del periodo di rarefazione o se lasciarlo del tutto invariato, ovvero se adottare soluzioni intermedie.
Alla luce dell'ormai consolidato "principio della ragione più liquida", corollario del principio di economia processuale (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 5 gennaio 2015 n. 5 nonché Cass., Sez. un., 12 dicembre 2014 n. 26242) sono stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis , per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., Sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cass. civ., Sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663 e per il Cons. Stato, Sez. VI, 26 gennaio 2022 n. 531 e 2 settembre 2021 n. 6209), con la conseguenza che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Ritiene il Collegio che, stante la peculiarità e novità delle questioni oggetto del contenzioso e della complessità tecnica di alcuni dei profili esaminati, sussistano i presupposti di cui all'art. 92 c.p.c., per come richiamato espressamente dall'art. 26, comma 1, c.p.a., per compensare integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.