Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-11-11, n. 201505131
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N. 05131/2015REG.PROV.COLL.
N. 04115/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4115 del 2015, proposto da:
Ferrovienord Spa, in persona del legale rappresentante
pro-tempore
, rappresentata e difesa dagli avv.ti F P S, G M, con domicilio eletto presso G M in Roma, Via F. Corridoni, 4;
contro
Cofiba Srl, in persona del legale rappresentante
pro-tempore
, rappresentata e difesa dagli avv.ti D T, L L, C C L G, con domicilio eletto presso L L in Roma, Via Giulio Cesare, 71;
nei confronti di
Sogelma Srl, in persona del legale rappresentante
pro-tempore
;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Lombardia - Milano: Sezione IV n. 00725/2015, resa tra le parti, concernente aggiudicazione gara per lavori di bonifica da ordigni bellici e risarcimento danni;
Visti il ricorso in appello, l’appello incidentale e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Cofiba Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 settembre 2015 il Cons. F M e uditi per le parti gli avvocati Lilli su delega dell'avvocato Mazzuti e Di Ienno su delega degli avvocati Tagliaferri, Contaldi La Grotteria e Lavitola;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con sentenza n. 725 del 16-3-2015 il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sez. IV, accoglieva il ricorso proposto da Cofiba s.r.l. per ottenere l’annullamento del provvedimento del 10-7-2014, prot. n. 5307, di revoca della aggiudicazione della gara per il servizio di “bonifica da ordigni bellici nelle aree interessate dai lavori di realizzazione delle opere di collegamento ferroviario T1-T2 Malpensa lotto 2 (CIG 566503893D)” pronunziato nei suoi confronti da Ferrovie Nord s.p.a., del provvedimento di aggiudicazione dell’appalto alla SOGELMA s.r.l., seconda graduata, nonché per la declaratoria di inefficacia del contratto, con conseguente subentro della ricorrente, ovvero, in subordine con risarcimento del danno per equivalente. Accoglieva pure i motivi aggiunti successivamente prodotti da Cofiba, con i quali la stessa, a seguito della avvenuta integrale esecuzione del contratto, si limitava, nell’impossibilità di ottenere il risarcimento in forma specifica, a chiedere che, accertata l’illegittimità degli atti impugnati, Ferrovie Nord s.p.a fosse condannata al risarcimento dei danni ex art. 30 e 124 c.p.a. per mancato guadagno e per danno curricolare.
Il Tribunale, in particolare, così disponeva: “…accoglie il ricorso principale e, per l’effetto, annulla i provvedimenti in epigrafe impugnati ed accoglie i motivi aggiunti, condannando la stazione appaltante a risarcire il danno in favore della ricorrente, nella misura risultante dai criteri indicati in motivazione”.
Esponeva in fatto la predetta sentenza: “Con il presente ricorso si impugna il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione dell’appalto in epigrafe indicato, avente ad oggetto lavori di bonifica da ordigni bellici in un’area da destinarsi alla realizzazione di un collegamento ferroviario tra i terminal dell’aeroporto di Malpensa.
La controinteressata e la stazione appaltante si sono costituite in giudizio, insistendo per il rigetto del ricorso, in rito e nel merito.
Con provvedimento prot. n. 205 del 29-7-2014, adottato ex art. 11, c.9 del D.Lgs. n. 163/06, la stazione appaltante ha dato avvio all’esecuzione in via di urgenza del contratto, che nelle more del presente giudizio è stato integralmente eseguito.
Con i motivi aggiunti la ricorrente ha chiesto il risarcimento del danno per equivalente.”
Avverso tale sentenza Ferrovie Nord s.p.a. ha proposto appello dinanzi a questo Consiglio di Stato, chiedendo l’integrale annullamento e/o riforma della pronuncia giurisdizionale, con vittoria di spese di entrambi i gradi del giudizio.
Ha affidato il gravame ai seguenti motivi: 1) Erroneità, ingiustizia ed illegittimità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto illegittima la revoca dell’aggiudicazione basata sulla omessa dichiarazione di una sentenza di condanna in sede di domanda di partecipazione – violazione dell’art. 38, comma2, lett. c) del D.Lgs. 163/2006 nonché degli artt. 178 e 179 c.p. e degli artt. 665 e 676 del c.p.p. – motivazione erronea, contraddittoria, inadeguata e del tutto insufficiente – travisamento dei fatti ed erronea valutazione delle prove documentali;2) Erroneità, ingiustizia ed illegittimità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto illegittima la revoca dell’aggiudicazione per la errata compilazione dei modelli Z e Z1 – violazione dell’art. 38, comma 1, lett. b) e c) e dell’art. 46 del D.Lgs. n. 163/2006 – Motivazione erronea, contraddittoria, inadeguata e del tutto insufficiente – carenza di istruttoria, travisamento dei fatti ed erronea valutazione delle prove documentali;3) Erroneità, ingiustizia ed illegittimità della sentenza nella parte in cui riconosce la fondatezza della domanda di risarcimento del danno per equivalente – motivazione erronea, contraddittoria, inadeguata ed insufficiente –carenza di istruttoria, travisamento dei fatti ed erronea valutazione delle prove documentali, contestando in via principale la ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo della colpa in capo ad essa ed, in subordine, comunque l’avvenuto riconoscimento del danno curriculare;4) Erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha disposto la condanna di Ferrovie Nord alle spese del giudizio.
La Cofiba s.r.l. ha proposto, a sua volta, appello incidentale, chiedendo a questo Consiglio: la riforma parziale della sentenza del giudice meneghino in punto di risarcimento danni (sostanzialmente chiedendo una maggiore somma rispetto a quella riconosciuta);in via subordinata, ove ritenuta rilevante ai fini della decisione, la rimessione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea della questione se sia conforme alla Direttiva n. 66/2007 l’interpretazione dell’ aliunde perceptum così come risultante dalla prevalente giurisprudenza del Consiglio di Stato ed, in alternativa, il deferimento all’Adunanza Plenaria per la composizione del contrasto giurisprudenziale al riguardo esistente sul relativo onere della prova.
Ha dedotto, in particolare: 1) Error in iudicando , illogicità, difetto di motivazione e travisamento –violazione dell’art. 64 c.p.a. per omessa ed errata valutazione delle prove prodotte in giudizio, nella parte in cui la gravata sentenza , nel quantificare il mancato utile, aveva individuato quale unico parametro quello del margine indicato da Cofiba nei giustificativi;2) Error in iudicando , difetto di motivazione e violazione degli artt. 2 e 64 c.p.a., nella parte in cui la pronuncia aveva ipotizzato il conseguimento di un aliunde perceptum da parte della Cofiba, ritenendo che la mancata percezione dello stesso era stata provata da Cofiba e che comunque l’onere della relativa prova non doveva gravare sull’impresa ma sulla stazione appaltante.
In corso di giudizio le parti costituite presentavano memorie difensive e di replica.
L’appello veniva discusso e trattenuto in decisione all’udienza pubblica del 17-9-2015.
DIRITTO
Va premesso che il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione, oggetto di impugnativa in primo grado da parte di Cofiba srl, si fonda su due autonome cause di esclusione.
La prima attiene alla mancata dichiarazione in sede di gara, ex articolo 38 del codice degli appalti, della condanna riportata ex art. 444 c.p.p. dal signor B C, legale rappresentante della società, per lesioni dolose (sentenza n. 969 del 27-10-1995 del Tribunale di Catania), evidenziandosi che “pur sussistendo la buona fede del dichiarante continuiamo a ritenere che tale pronunciamento non sia idoneo al perfezionamento della dichiarazione di estinzione del reato commesso dal signor Barbagallo e che pertanto potrebbe non integrare i requisiti di cui all’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006”.
La seconda ragione di revoca concerne, invece, la omissione delle dichiarazioni di cui all’articolo 38, c. 1, lett. b) e c) relativamente agli amministratori di due società acquisite dalla Cofiba per incorporazione, evidenziandosi che “sull’obbligo dichiarativo in relazione agli Amministratori e Direttori Tecnici delle società acquisite per incorporazione, si richiamano i principi di diritto statuiti dall’Adunanza Plenaria n. 21 del 2012 del Consiglio di Stato;si precisa, inoltre, che il modello Z predisposto dalla Stazione appaltante riporta ai punti C1 e C2 la necessità di “indicare gli amministratori con poteri di rappresentanza o titolari di procura generale o direttori tecnici cessati dalla carica nell’ultimo anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara”.Pertanto è onere del concorrente completare la dichiarazione come sopra riportata, sulla base della lettura della norma secondo gli orientamenti giurisprudenziali vigenti integrandola tenendo conto della propria fattispecie concreta ignota alla stazione appaltante”.
Ciò posto, con il primo motivo dell’appello principale Ferrovie Nord s.p.a. censura la sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto la illegittimità della predetta prima ragione di esclusione ( rectius , di revoca dell’aggiudicazione).
Nella considerazione che il comma 2 dell’articolo 38 ha escluso l’obbligo di indicazione della dichiarazione solo per condanne relative a reati dichiarati estinti dopo la condanna, ha in primo luogo evidenziato che tale obbligo sussiste per tutti i reati a prescindere dalla loro natura o gravità e che l’omissione integra autonoma causa di esclusione in quanto ne impedisce l’autonoma valutazione alla stazione appaltante ai fini della partecipazione alla gara.
Ha dedotto ancora la violazione degli artt. 178 e 179 c.p. e 676 c.p.p., laddove il giudice di prime cure ha ritenuto che la mancata adozione di un formale provvedimento di estinzione ex art. 676 cpp non può essere invocato a sostegno della revoca, specificando:
-che in realtà nella specie non esiste un decreto del giudice dell’esecuzione, ma un provvedimento del Tribunale di Sorveglianza di Napoli, competente ad adottare provvedimenti di riabilitazione;
-che il suddetto decreto non è un provvedimento espresso di estinzione, ma si limita a dare atto della stessa nei “considerato”, incidenter tantum ;
-che il Tribunale di Sorveglianza non è competente all’adozione di tale atto, onde la sentenza sarebbe erronea nella parte in cui ha ritenuto di equiparare provvedimenti di diversi giudici, non essendovi, tra l’altro, un provvedimento espresso di estinzione;
-che la pronuncia ex art. 676 c.p.p., da parte del giudice dell’esecuzione, costituisce un “accertamento costitutivo”, con la conseguenza che fino a quando non c’è il formale provvedimento non può invocarsi l’esimente del “reato estinto” di cui al richiamato articolo 38, evidenziando altresì che la Cofiba, consapevole di tanto, ha prodotto, ma tardivamente, la relativa istanza al giudice competente.
La sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia n. 725/15 ha accolto il motivo di ricorso in proposito prodotto da Cofiba, così motivando: “…In ordine alla predetta sentenza di condanna, il Tribunale di Sorveglianza di Napoli, con decreto n. 14807 dell’11-12-2006, ha infatti dato atto dell’estinzione della stessa ex art. 445 c.p.p., da cui consegue che, in base allo stesso articolo 38, che la stazione appaltante ha erroneamente ritenuto violato, il concorrente non era tenuto a farne menzione ….Ritiene ancora il Collegio che, nel caso di specie, non possa essere invocato a supporto del provvedimento impugnato la mancata adozione di un formale provvedimento ex art. 676 c.p.p., ciò che sarebbe indispensabile per la stazione appaltante. …Osserva il Collegio che la giurisprudenza pacifica richiede effettivamente che vadano dichiarati i reati commessi dal concorrente, anche se si sono verificate le condizioni per l’estinzione, ove i relativi presupposti, pur operando ope legis , non siano stati accertati con una pronuncia espressa del giudice dell’esecuzione, su istanza dell’interessato (C.S., V, 12-12-2012, n. 2012 n. 6396, 31-3-2011 n. 1968, 25-7-2008, n.2522). Tuttavia, tale orientamento, implicitamente posto a base del provvedimento impugnato, conferma in realtà la fondatezza del ricorso, in cui si evidenzia che il predetto sig. Barbagallo, lungi dal sostenere che gli effetti penali della propria condanna siano venuti meno ope legis , si è invece rivolto al giudice dell’esecuzione, il quale, come detto, ha adottato un provvedimento espresso, dando atto dell’effetto estintivo di cui all’art. 445 c.p.p., ciò che sostanzialmente soddisfa le condizioni richieste dalla predetta giurisprudenza, al fine di poter giustificare l’esenzione al rilascio delle dichiarazioni….In altre parole, il fatto che il giudice dell’esecuzione abbia dato atto dell’estinzione del reato di che trattasi mediante un decreto, con cui ha contestualmente dichiarato inammissibile la richiesta di riabilitazione, proprio in considerazione dell’avvenuto verificarsi degli effetti di cui al predetto art. 445 c.p.p., non può giustificare alcuna sanzione a carico dell’attuale ricorrente che, come richiesto dalla giurisprudenza amministrativa, ha rivolto un’istanza all’autorità giudiziaria, ed ha ottenuto un provvedimento espresso, nel quale la stessa ha accertato l’estinzione della condanna”.
Il motivo di appello è infondato, dovendosi al riguardo confermare la determinazione del giudice di prime cure di illegittimità della predetta ragione di esclusione (e di revoca dell’aggiudicazione), sia pure per le considerazioni che di seguito si espongono.
Va, infatti, osservato che è certamente vero che non si è di fronte nel caso di specie al formale provvedimento di estinzione previsto dall’articolo 676 c.p.p. da parte del giudice dell’esecuzione, ravvisandosi, invece, un decreto di inammissibilità pronunciato dal Tribunale di Sorveglianza su di una istanza di riabilitazione ex art. 178 c.p., motivato sulla circostanza che “la condanna di cui al certificato penale risulta definita ai sensi dell’art. 444 c.p.p. e, non risultando ulteriori condanne , si è verificato l’effetto estintivo di cui all’art. 445 c.p.p.”.
Tuttavia, vi è da considerare che comunque vi è un provvedimento dell’autorità giurisdizionale che ha dato atto dell’avvenuta estinzione del reato, sul quale il concorrente ha posto legittimo affidamento.
Né può invocarsi, ad escluderlo, una violazione dell’obbligo di diligenza ordinariamente gravante sull’imprenditore che istituzionalmente partecipa a gare per l’affidamento di appalti pubblici ed è tenuto a conoscere la relativa normativa regolatrice e gli orientamenti giurisprudenziali che in materia si sono formati, considerandosi che vi è comunque sul punto della estinzione del reato una determinazione dell’autorità giudiziaria e che , inoltre, la questione attiene sostanzialmente a profili di competenza in materia di procedura penale, questione, dunque, non direttamente riferibile alla materia ed alla disciplina degli appalti pubblici.
Conseguentemente, anche a non voler ritenere, da un punto di vista formale, il citato decreto utile a configurare l’esimente di cui al richiamato comma 2 dell’articolo 38 (relativa ai reati dichiarati estinti), la Stazione appaltante non avrebbe potuto tout court porre l’omessa dichiarazione a fondamento della revoca, considerandola di per sé causa di esclusione, ma avrebbe dovuto in ogni caso prendere in considerazione e valutare la condanna riportata ai fini del possesso dei requisiti di ordine generale per poter partecipare alla gara.
Può a questo punto passarsi all’esame del secondo motivo dell’appello principale, con il quale viene censurata la sentenza del TAR nella parte in cui ha ritenuto illegittima la seconda ragione della disposta revoca, fondata sulla circostanza che la Cofiba avrebbe dovuto rendere le dichiarazioni di cui all’art. 38, comma1, lett. b) e c) anche con riferimento agli amministratori di due società acquisite dalla stessa per incorporazione, adempimento nella specie non soddisfatto.
La società appellante deduce in proposito che, in base all’art. 2054 bis del codice civile, la società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono tutti i diritti e gli obblighi delle società partecipanti, onde nella specie la fusione per incorporazione non crea un nuovo soggetto , ma costituisce vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico.
Quindi, l’obbligo di dichiarazione ex art. 38 è esteso ex lege anche ai soggetti che hanno operato presso la società incorporata, richiamando al riguardo la sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 21 del 7-6-2012, che tale obbligo ha affermato ammettendo la possibilità di soccorso istruttorio solo fino alla data di pubblicazione della sentenza.
Né, secondo l’appellante, sussisterebbe ambiguità nei modelli Z e Z1 predisposti dalla stazione appaltante in quanto essi farebbero menzione dei procuratori e non anche dei soggetti delle società incorporate, rilevando che l’obbligo di dichiarazione per i primi opera solo se richiesto dalla lex specialis , mentre per i secondi esso scaturisce direttamente dalla legge.
Il motivo di appello è fondato.
La sentenza del Tribunale Amministrativo così motiva sul punto per ritenere la illegittimità della disposta revoca:
“ ….come correttamente evidenziato dalla ricorrente, le modalità di rilascio delle dichiarazioni di cui al predetto articolo 38, con particolare riferimento ai soggetti cui le stesse andavano riferite, erano state puntualmente individuate dalla stazione appaltante nei modelli Z e Z1, che in base a quanto imposto dalla stessa lex specialis (punto III.