Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-03-22, n. 202202083
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Pubblicato il 22/03/2022
N. 02083/2022REG.PROV.COLL.
N. 06268/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6268 del 2021, proposto da Eco.Dem. S.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato S P, con domicilio eletto presso lo studio della s.r.l. A. Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini, n. 30;
contro
il Comune di Gioia del Colle, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati G T e S C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
l’Ufficio Territoriale del Governo di Bari ed il Ministero dell'Interno, in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore
, rappresentati e difesi
ex lege
dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari (Sezione Seconda), n. 314/2021, resa tra le parti, concernente il rigetto del ricorso principale per l'annullamento:
- del provvedimento prot. 2435 del 30 gennaio 2017, recante la revoca dell'autorizzazione per l'esercizio dell'attività di rimessa all'aperto con custodia dei veicoli n. 8/P/98 Reg. Prot. 21144/2026 del 20 ottobre 1988;
- della nota di avvio del procedimento prot. n. 26384 del 27 settembre 2016.
Con ricorso per motivi aggiunti per l'annullamento:
-del provvedimento del Comune di Gioia del Colle, Corpo di Polizia Locale, prot. n. 15077 del 27 maggio 2017, recante il divieto di prosecuzione dell'attività di rimessa veicoli e rimozione di tutti i suoi effetti;
- del provvedimento del Prefetto della Provincia di Bari prot. n. 17047/Area III/2017 del 21 giugno 2017, recante la sospensione cautelativa dell'efficacia dell'iscrizione della ditta ECO.DEM. s.r.l. dal Registro Prefettizio prot. 48682 /V.P.V./2012 del 14 dicembre 2012, fino all'esito del presente giudizio amministrativo;
- della nota del Comando della Polizia Locale di Gioia del Colle prot. n. 5026 del 20 febbraio 2017.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Gioia del Colle, dell’Ufficio Territoriale del Governo di Bari e del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 marzo 2022 il Cons. A D M;
Udito l’avvocato Francesco Vecchione, su delega dell’avvocato S P;
Vista l'istanza di passaggio in decisione depositata dagli avvocati G T e S C;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.-La società ricorrente impugnava innanzi al Tar per la Puglia il provvedimento di revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività di rimessa all’aperto di veicoli con relativa custodia, disposto per non avere comunicato la nomina del nuovo legale rappresentante in sostituzione del precedente, titolare della relativa autorizzazione di polizia amministrativa.
2.-In particolare, l’interessata società deduceva vizi di competenza dell’autorità emanante, nonché la violazione delle norme rilevanti nel caso di specie e l’eccesso di potere sotto svariati profili.
Si costituivano le intimate Autorità comunale e prefettizia, contestando i presupposti del ricorso notificato e ribadendo la legittimità dell’attività amministrativa svolta, producendo copiosi documenti.
3.-In sede cautelare, dopo il decreto monocratico di accoglimento, l’istanza veniva respinta, dandosi atto che la produzione di una s.c.i.a. (segnalazione certificata di inizio di attività), ai sensi del d.P.R. 19 dicembre 2001 n. 480, concernente il “ Regolamento recante semplificazione del procedimento di autorizzazione per l'esercizio dell'attività di rimessa di veicoli e degli adempimenti richiesti agli esercenti autorimesse ”, poteva risultare utile al superamento dei rilievi posti dall’amministrazione.
4.-La società appellante presentava la s.c.i.a., cui faceva seguito un nuovo atto di diniego e di intimazione alla cessazione dell’attività, per carenza dei requisiti, che veniva impugnato con motivi aggiunti e con rinnovo della domanda di misure cautelari.
5.-In sede cautelare, dopo il decreto monocratico di accoglimento, l’istanza di sospensiva veniva nuovamente respinta, sul rilievo assorbente della destinazione agricola dei terreni oggetto di utilizzazione, ai fini del rimessaggio degli autoveicoli.
6.- Il TAR, riconoscendo la sussistenza dell’abuso contestato dall’Amministrazione comunale, con sentenza n 314/21, appellata in questa sede, rigettava il ricorso principale e il ricorso per motivi aggiunti.
7.-Avverso tale sentenza, la società propone il presente gravame deducendo:
-I.- Error in iudicando . Violazione d.p.r. 480/2001.Violazione ed erronea applicazione art. 86, R.D. 773/1931 e artt. 152 e 196, R.D. 635/1940. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto.
L’appellante lamenta l’erroneità dell’impugnata sentenza nella parte in cui essa ha rilevato che la materia delle licenze per gli esercizi di rimessa autoveicoli o vetture e simili inerisca pur sempre all’ambito della pubblica sicurezza e, dunque, permanga l’ intuitus personae in relazione a detti provvedimenti autorizzativi.
In particolare, la società sostiene che il d.P.R. 19 dicembre 2001, n. 480, avrebbe abrogato o comunque espunto dall’ordinamento le disposizioni per le quali l’attività di rimessa di veicoli sarebbe esercitabile col previo rilascio di una autorizzazione di polizia, e che pertanto non andava prodotta alcuna comunicazione circa il legale rappresentante.
-II.- Error in Iudicando. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto. Eccesso di potere per difetto di istruttoria. Eccesso di potere per difetto di motivazione. Violazione e falsa applicazione artt. 2 e 7, l. n. 241/90.
La società censura la comunicazione di avvio del procedimento e con essa l’impugnata sentenza sotto il profilo della violazione delle disposizioni sulla sua partecipazione nel corso del procedimento.
-III.- Error in procedendo. Violazione art. 112 c.p.c. Violazione del principio tra il chiesto e il pronunciato.
La società censura la mancata pronuncia del Giudice di prime cure in ordine al quarto motivo di ricorso, con il quale ha dedotto di essere mandante del R.T.I. aggiudicatario del servizio pubblico di recupero, custodia e acquisto dei veicoli, giusto contratto rep. n. 13201 del 13 febbraio 2008 stipulato con la Prefettura di Bari, e di presentare annualmente, nella veste di rappresentante legale della mandante, la dichiarazione sostitutiva di certificazione attestante il possesso di tutti i requisiti di legge richiesti per l’attività di rimessa veicoli.
-IV.- Error in iudicando. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto. Eccesso di potere per difetto di istruttoria.
L’appellante si duole del travisamento dei presupposti di fatto e di diritto da parte del Giudice di prime cure, poiché ha ravvisato i “motivi di pubblico interesse” addotti dal Comune nel provvedimento impugnato, “[...] sia perché è intervenuto il mutamento di rappresentanza legale mai comunicato (passato da G.R.P. a F.P.), sia perché v’è stata una cessione di rami d’azienda della Eco.Dem s.r.l. in favore della Frenk Multiservice s.r.l. e della Ecolsider s.r.l. Sta di fatto che Eco.Dem s.r.l. (..)”, mentre sul punto l’appellante specifica di avere stipulato con la Frenk Multiservice s.r.l. e con la Ecolsider s.r.l. contratti di affitto di rami di azienda.
-V.- Error in iudicando. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto. Contraddittorietà. Illogicità.
La società lamenta la non condivisibilità della motivazione della sentenza, nella parte in cui ha rilevato l’indeterminatezza della prova del luogo ove essa svolgerebbe la sua attività.
-VI.- Error in iudicando. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto.
L’appellante censura il provvedimento del Prefetto della Provincia di Bari, prot. n.17047/Area III/2017 del 21 giugno 2017 recante la sospensione cautelativa dell’efficacia dell’iscrizione della ditta ECO.DEM s.r.l. dal Registro prot. 48682/V.P.V/2012 del 14 dicembre 2012, sino all’esito del presente giudizio amministrativo
8.-Il Comune di Gioia del Colle produce memoria e insiste nel rigettare tutte le censure sollevate dall’appellante.
9.-L’appellante produce memoria e insiste nell’accoglimento del ricorso.
10.-Alla Camera di consiglio del 3 marzo.2022, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Ritiene la Sezione che l’appello sia infondato e vada respinto.
1.-Con riferimento al primo profilo di doglianza, il collegio osserva che:
-1.2- ai sensi dell’art. 86 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, le attività di rimessaggio veicoli non potevano esercitarsi senza licenza del questore.
1.3- Successivamente, ai sensi dell’art. 19, n. 8, del d.P.R. n. 616 del 1977, la competenza a rilasciare la licenza per rimessa di autoveicoli è stata devoluta ai Comuni, nel quadro di un più ampio trasferimento di funzioni di cui al sopra citato testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. L’art. 19 ha disposto che “ i provvedimenti di cui ai numeri 5), 6), 7), 8), 9), 11), 13), 14), 15) e 17) sono adottati previa comunicazione al prefetto e devono essere sospesi, annullati o revocati per motivata richiesta dello stesso. Il diniego dei provvedimenti previsti dal primo comma, numeri 5), 6), 7), 8), 9), 11), 13), 14), 15) e 17), è efficace solo se il prefetto esprime parere conforme ”.
1.4- Con la sentenza n. 77 del 27 marzo 1987, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 19, quarto comma, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, nella parte in cui esso non ha limitato i poteri del prefetto, ivi previsti, esclusivamente alle esigenze di pubblica sicurezza;nonché l'illegittimità costituzionale dell'art. 19, quinto comma, del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616.
La pronuncia della Corte si è basata sulle seguenti considerazioni:
“la legge di delega non prevedeva che l'attribuzione di funzioni amministrative ai comuni dovesse comportare la revoca della disciplina legislativa sostanziale preesistente ed un affidamento di questa disciplina ai comuni; né questa previsione discende dai principi costituzionali in tema di autonomie, essendo i Comuni titolari solo di funzioni amministrative che proprio in ragione della loro natura non possono non essere disciplinate che in base a disposizioni di legge (artt. 118 e 128 Cost.).
La disciplina legislativa sostanziale di quelle funzioni spetta legittimamente allo Stato, salvo che per le materie di competenza regionale in base all'art. 117 Cost., relativamente alle quali detta disciplina continua ad appartenere alla potestà legislativa delle regioni.
In ordine alle funzioni di polizia amministrativa loro conferite dall'art. 19 del d.P.R. n. 616 del 1977, i Ccomuni hanno, in base ai principi, potestà regolamentare che, secondo quanto stabilito dal secondo comma dell'art. 19 cit., si estende anche alla determinazione delle procedure e della distribuzione delle competenze fra i suoi organi.
Nel quadro così delineato, non è quindi fondata la questione di costituzionalità del secondo comma dell'art. 19 d.P.R. n. 616 con riferimento agli artt. 76, 117 e 118, 5 e 128 della costituzione.”
Passando quindi ad esaminare l'ultima delle questioni sollevate, la Corte ha condiviso “in linea di principio l'assunto, ove si rilevi che per l'ultimo comma dell'art. 5 Cost. lo Stato deve adeguare i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento. Questi principi sarebbero certamente violati ove una legge, pur dopo aver operato l'attribuzione di funzioni amministrative ai comuni, si riservasse però puntuali poteri di intervento caso per caso nel concreto esercizio di quelle funzioni amministrativa”.
La Corte ha pure precisato che “non può però escludersi che, in occasione dell'esercizio delle funzioni amministrative attribuite agli enti dotati di autonomia, possano emergere esigenze di pubblica sicurezza: in presenza di tali evenienze, ma solo relativamente ad esse, appare giustificato un intervento degli organi statali in ordine a provvedimenti concreti emanati dai comuni.
Il quarto comma dell'art. 19 del d.P.R. n. 616 prevede che i provvedimenti di cui ai numeri 5), 6), 7), 8), 9), 11), 13), 15) e 17) siano adottati previa comunicazione al prefetto e debbano essere sospesi, annullati o revocati per motivata richiesta del prefetto stesso, senza circoscrivere però questo potere alle ragioni di pubblica sicurezza, intesa quest'ultima come funzione inerente alla prevenzione dei reati o al mantenimento dell'ordine pubblico.
Se dunque deve condividersi l'assunto dell'ordinanza di rinvio circa il contrasto con il principio dell'autonomia comunale della norma che prevede tale potere di intervento degli organi dello Stato senza delimitazione di materie, l'assunto non può condurre ad una caducazione della disposizione nel suo complesso, in quanto questa appare legittima quando il potere si manifesti con specifico riferimento al caso eccezionale consistente nel perseguimento del fine della sicurezza pubblica, il cui assolvimento non può spettare che allo Stato.
Al riguardo deve difatti ribadirsi che l'art. 4 del d.P.R. n. 616, nel riservare espressamente allo Stato l'esercizio delle funzioni di pubblica sicurezza, ha escluso che le stesse potessero essere attribuite alla competenza dei comuni.
Di talché è conseguente che solo lo Stato possa occuparsi delle materie di pubblica sicurezza, così esercitando un potere proprio quando le esigenze connesse emergano in occasione delle funzioni di polizia amministrativa da parte dei comuni.
In base a queste considerazioni la disposizione denunciata deve perciò essere dichiarata costituzionalmente illegittima con riferimento agli artt. 5 e 128 Cost. solo nella parte in cui non limita quei poteri di intervento e la loro vincolatività per i comuni alle esigenze di pubblica sicurezza”.
1.5- Inoltre, va soggiunto che il d.P.R. 19 dicembre 2001, n. 480, concernente il “ Regolamento recante semplificazione del procedimento di autorizzazione per l'esercizio dell'attività di rimessa di veicoli e degli adempimenti richiesti agli esercenti autorimesse ”, nel prevedere la semplificazione dei procedimenti relativi alle autorizzazioni per l’esercizio dell’attività di rimessa di autoveicoli o vetture e agli adempimenti richiesti agli esercenti autorimesse, ha sostituito la licenza con la denuncia di inizio attività al Comune, secondo la tendenza generale dell’ordinamento, di cui è espressione l’art.19 della l. n. 241 del 1990, riservando al prefetto la potestà di sospendere o vietare l’esercizio dell’attività per motivate esigenze di pubblica sicurezza (art. 3 del d.P.R. n. 480 del 2001).
Ma con siffatta sostituzione - che risponde all’intento del legislatore di promuovere la semplificazione della azione amministrativa, favorendo la liberalizzazione di certe attività economiche - non sono stati eliminati i controlli previsti dalle leggi, come quelli previsti anche dalla legislazione antimafia.
1.6- Che i controlli correlati a ragioni di pubblica sicurezza permangono anche nelle novellate previsioni della s.c.i.a. è stato ad esempio affermato da questa Sezione con la sentenza del 2 settembre 2019, n. 6057, la quale ha chiarito che le informazioni antimafia si applicano anche ai provvedimenti autorizzatori e alle attività soggette a s.c.i.a.
Sulla questione ha avuto modo di pronunciarsi anche la stessa Corte Costituzionale, che, con l’ordinanza n. 45/2019, ha chiarito che l’attività soggetta a s.c.i.a., pur orientata al principio della liberalizzazione, non è esente da controlli e verifiche, previste dall’art. 19, della Legge n. 241/1990, “cosicché la fase amministrativa che ad essa accede costituisce una - sia pur importante - parentesi puntualmente delimitata nei modi e nei tempi”.
1.7- Da quanto sopra esposto, si ricava che - in disparte la questione sollevata dalla appellante se il provvedimento autorizzatorio attribuito alla competenza dei Comuni si possa o meno ancora configurare quale titolo di P.S. - non è dubbio che il provvedimento contestato afferisca comunque alla materia della polizia amministrativa oggi attribuita ai Comuni, riservandosi lo Stato la possibilità di bloccare il rilascio o la permanenza della licenza in caso di ragioni di pubblica sicurezza. E che sussiste la preliminare indiscutibile necessità da parte dello stesso Comune di conoscere l’effettivo rappresentante legale della ditta cui intestare od è stato intestato il titolo autorizzatorio, al fine di darne tempestiva comunicazione al Prefetto titolare dei poteri di accertamento sulla sussistenza dei requisiti soggettivi nei confronti del medesimo rappresentante legale.
Pertanto, il non comunicare alle autorità competenti la modifica della rappresentanza legale della società - cui è stato rilasciato il titolo autorizzatorio dell’attività di rimessaggio autoveicoli - rappresenta la violazione di precisi obblighi di legge a presidio della tutela della sicurezza pubblica, stante l’ intuitus personae del provvedimento medesimo. Pertanto, il motivo di censura è infondato.
2.-Con riferimento al secondo profilo di censura, non sussiste la lamentata violazione della legge n. 241 del 1990.
Il Collegio non ignora il principio che, nell’ambito della disciplina del procedimento amministrativo, correla ogni possibile utilizzo del potere discrezionale da parte della P.A. - ivi dunque compreso anche quello proprio della revoca delle autorizzazioni di polizia - all’obbligo della previa comunicazione di avvio del procedimento medesimo nei confronti della parte potenzialmente incisa nella propria sfera giuridica, ai sensi dell’art. 7 e ss. della l. 7 agosto 1990, n. 241, e ciò in modo da consentirne la partecipazione nelle forme del contraddittorio procedimentale (cfr. al riguardo, ex plurimis , Cons. Stato, Sez. VI, 5 settembre 2011, n. 4996).
Tuttavia, nel caso di specie la comunicazione di preavviso è stata data tempestivamente con ogni elemento utile alla comprensione del procedimento sanzionatorio avviato, ancorché la società interessata non si sia avvalsa della facoltà di replica.
In ogni caso, per un consolidato orientamento giurisprudenziale non sussiste alcuna violazione di tale obbligo quando non possa essere ravvisata, sul piano sostanziale, una qualche possibile utilità della comunicazione di avvio del procedimento amministrativo, sia perché il provvedimento adottato non poteva avere altro contenuto, trattandosi di atto completamente vincolato, sia perché il soggetto inciso sfavorevolmente dal provvedimento non ha fornito in giudizio alcuna prova da cui si sarebbe potuto desumere che, qualora fosse stato comunicato l’avviso sull’avvio del procedimento, l’esito di quest’ultimo sarebbe potuto essere anche in parte diverso (così, ad es., Cons. Stato, Sez. VI, 8 settembre 2015, n. 4188;id., 25 marzo 2015, n. 1583).
3.-Quanto al terzo profilo di censura, concernente la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, il collegio osserva che l’autocertificazione, asseritamente prodotta dall’appellante annualmente alla prefettura di Bari in qualità di contraente di appalto pubblico, afferisce a un procedimento amministrativo diverso e, comunque, non è accertativa di quanto in essa dichiarato.
4.- Per quanto riguarda il quarto profilo di censura, è da considerare decisiva la circostanza della mancata comunicazione della variazione della rappresentanza legale della società appellante, che non ha consentito l’esercizio dell’inderogabile potere di controllo.
Per soddisfare le ragioni di pubblica sicurezza sopra rilevate, la P.A. deve fare affidamento sulla certa riferibilità del titolo autorizzatorio al soggetto che ha ricevuto la autorizzazione di cui si discute.
5.-Per quanto riguarda il quinto profilo di censura, con il quale la società ha dedotto che l’attività di rimessaggio svolta è stata autorizzata sin dal 20 ottobre 1998 con provvedimento n. 8/P/1998 ed è stata esercitata ininterrottamente sino al 2017 in cui è stata disposta la revoca, il collegio osserva che si trattava di permessi provvisori (come è incontroverso tra le parti) e che ben può oggi nella pienezza della sua competenza il Comune far valere la dirimente circostanza della incompatibilità urbanistica, e negare l’esercizio di attività di rimessaggio autoveicoli, essendo la zona ove insiste l’insediamento produttivo in questione tipizzata nel Piano regolatore generale quale agricola E2.
Va tenuto presente che in ogni caso sussiste un rapporto di sovraordinazione della disciplina urbanistica rispetto a quella riguardante gli insediamenti produttivi e del commercio (cfr. Cons. Stato, Sez. V, n. 3639/ 2000) , tenuto conto che la disciplina urbanistica riguarda, in particolare, la funzione pianificatoria nell’esercizio della quale i vari modi di uso del territorio, inclusi quelli relativi al commercio e della produzione, sono tra loro armonizzati stabilendo innanzitutto i caratteri delle diverse zone territoriali, ai quali, poi, la destinazione degli immobili di cui sia consentita la localizzazione nelle singole zone deve conformarsi.
-6.-Con riferimento al sesto profilo di censura, esso è infondato, in quanto il provvedimento prefettizio è motivato alla stregua dell’emanazione del provvedimento di revoca dell’autorizzazione municipale all’esercizio dell’attività di rimessaggio autoveicoli.
7- Per le ragioni che precedono, l’appello deve essere respinto.
Le spese del secondo grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in euro 4.000, oltre accessori di legge, in favore del Comune di Gioia del colle. Sussistono i presupposti per la compensazione delle spese per l’Amministrazione dello Stato.