Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-04-08, n. 201401648

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-04-08, n. 201401648
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201401648
Data del deposito : 8 aprile 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01985/2013 REG.RIC.

N. 01648/2014REG.PROV.COLL.

N. 01985/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1985 del 2013, proposto da:
Cosmopol s.r.l., in proprio e quale impresa capogruppo mandataria del R.T.I. con B.T.V. s.p.a., che agisce anche in proprio, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'avv. D P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. N P in Roma, via Ennio Quirino Visconti, n. 20;

contro

Security Service s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. A A, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via degli Avignonesi, n. 5;

nei confronti di

Azienda Napoletana Mobilità, già Metronapoli s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Loredana Milone e Severino Grassi, con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Roma, via San Tommaso D'Aquino, n. 80;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Campania – Napoli, Sezione I, n. 766/2013, resa tra le parti, concernente l’affidamento del servizio di vigilanza armata e non armata nelle sede della Metronapoli s.p.a.;


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Security Service s.r.l. e della Azienda Napoletana Mobilità, già Metronapoli s.p.a.;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Vista la propria ordinanza 7 novembre 2012 n. 4394;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 novembre 2013 il Cons. Antonio Amicuzzi e uditi per le parti gli avvocati Pennetta e Abbamonte;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


FATTO

Con sentenza n. 766 del 2013 il T.A.R. Campania, Napoli, Sezione I, ha accolto il ricorso proposto dalla Security Service Sud s.r.l. per l’annullamento a) del provvedimento di Metronapoli s.p.a. prot. n. AU 145/12 del 27 luglio 2012, recante l’aggiudicazione definitiva in favore dell’ATI Cosmopol s.r.l./ e B.T.V. s.p.a. della gara per l’affidamento del servizio triennale di vigilanza delle sedi della Metronapoli s.p.a.;
b) dei verbali di gara n. 1 del 13 febbraio 2012, n. 2 del 1° marzo 2012, n. 3 del 14 marzo 2012, n. 4 del 29 marzo 2012, n. 5 del 16 aprile 2012, n. 6 del 19 aprile 2012 e n. 7 del 31 maggio 2012, nella parte in cui non è stata disposta l’esclusione dalla procedura di detta ATI;
c) del bando di gara;
d) del provvedimento di nomina della commissione giudicatrice della gara suddetta. Detto T.A.R. ha invece respinto la domanda di condanna di Metronapoli s.p.a., previa declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato, al risarcimento dei danni in forma specifica mediante subingresso nella commessa o, in subordine, per equivalente mediante ristoro del pregiudizio conseguente al mancato espletamento del servizio.

Con il ricorso in appello in esame la Cosmopol s.r.l. e la B.T.V. s.p.a. hanno chiesto l’annullamento o la riforma detta sentenza deducendo i seguenti motivi:

1.- “Error in iudicando”, violazione e falsa applicazione delle disposizioni di cui all’art. 38 del d. lgs. n. 163/2006 ed al punto 4.2 lett. B. del disciplinare di gara, in riferimento al dovere, asseritamente incombente anche sui procuratori speciali delle società di capitali, di rendere la dichiarazione di possesso dei requisiti di moralità professionale.

2.- “Error in iudicando”, violazione e falsa applicazione del’art. 37 del d. lgs. n. 163/2006, nonché della disposizione del bando di cui al punto VI.3.

Il Giudice di prime cure ha erroneamente accolto anche la ulteriore censura formulata con motivi aggiunti dal ricorrente in ordine alla mancata corrispondenza tra le quote di qualificazione economica richieste dal bando e le quote di esecuzione del servizio dichiarate dal raggruppamento aggiudicatario della gara.

3.- Con riguardo agli ulteriori motivi di ricorso di primo grado assorbiti in sentenza sono state formulate le seguenti censure:

3.1.- Infondatezza del motivo con cui è stata dedotta la violazione dell’art. 38 del d. lgs. n. 163/2006 e del punto 4.2.lett. B del disciplinare di gara per omessa dichiarazione ex art. 38 dei requisiti di moralità professionale della B.H.G. s.r.l..

3.2..- Infondatezza anche del motivo di violazione del punto III.

2.2 del bando di gara per assunta carenza in capo alla mandante B.T.V. s.p.a. del requisito di fatturato richiesto.

3.3.- Infondatezza ed inammissibilità del motivo con cui è stata dedotta violazione degli artt. 40 e 41 del d.lgs. n. 163/2006 per asserita illegittimità del punto III.

2.2 lett. B del bando di gara per violazione dei principi di selezione della migliore offerta e di affidabilità dell’aggiudicataria, nell’assunto che il requisito del fatturato di punta richiesto era incoerentemente inferiore al valore complessivo dell’appalto.

3.4.- Inammissibilità per omessa prospettazione dell’interesse a ricorrere ed infondatezza del motivo di violazione dell’art. 84 del d. lgs. n. 163/2006 per assunta illegittimità della composizione della Commissione di gara.

Con ordinanza 7 novembre 2012 n. 4394 la Sezione ha respinto la istanza di sospensione della sentenza impugnata.

Con memoria depositata il 20.3.2013 la Security Sevice s.r.l. ha riproposto i motivi dichiarati assorbiti dal T.A.R., deducendo:

1.- Con riguardo all’illegittima ammissione alla gara della mandante B.T.V. s.p.a. per mancata presentazione delle dichiarazioni ex art. 38 del d. lgs. n. 163/2006.

Ulteriore violazione dell’art. 38 citato, violazione del punto 6, lett. B.1, del capitolato speciale d’oneri. Violazione del principio di “par condicio” dei concorrenti alle gare pubbliche. Eccesso di potere per motivazione erronea e sviata.

2.- In riferimento all’illegittima ammissione alla gara della mandante B.T.V. s.p.a. per carenza del fatturato richiesto:

Violazione del punto III.

2.2 del bando di gara. Violazione del principio di tassatività delle clausole previste a pena di esclusione. Violazione del principio di “par condicio” dei concorrenti alle gare pubbliche. Eccesso di potere per motivazione erronea e sviata.

3.- Illegittimità del punto III.2.2 lett. B) del bando di gara. Violazione degli artt. 40 e 41 del d. lgs. n. 163/2006. Violazione del principio di “par condicio”. Violazione del principio di selezione della migliore offerta. Eccesso di potere per irragionevolezza e sviamento.

4.- Con riguardo all’illegittima composizione della Commissione di gara: Violazione dell’art. 84 del d. lgs. n. 163/2006 e del principio di “par condicio” dei concorrenti alle gare pubbliche. Eccesso di potere per motivazione erronea e sviata.

Con memoria depositata il 18.4.2013 la Security s.r.l. ha dedotto l’infondatezza del primo motivo di appello, perché il procuratore speciale sig. C era titolare di una procura valida “erga omnes”, nonché del secondo motivo, sia perché il Consiglio di Stato, con la sentenza della l’A.P. n. 22/2012 e della Sezione III n. 5212 dell’8 ottobre 2012, ha stabilito che le quote di qualificazione, di partecipazione e di esecuzione devono corrispondere e sia perché la novella legislativa non era applicabile alla fattispecie.

Con memoria depositata il 18.4.2013 la Metronapoli s.p.a. ha dedotto la fondatezza dell’appello, e, eccepita l’acquiescenza alla lettura e verifica delle documentazioni amministrative di tutte le concorrenti avvenuta nella seduta pubblica del 1.3.2012 da parte della Security Service s.r.l., ha concluso per l’annullamento dell’appellata sentenza e, in subordine, per la compensazione delle spese di lite tra le parti.

Con memoria depositata il 25.10.2013 l’A.T.I. Cosmopol s.r.l. e B.T.V. s.p.a., premesso che il Consiglio di Stato con sentenza della AP n. 23 del 17 giugno 2013 ha stabilito che, qualora la “lex specialis” non contenga una specifica comminatoria di esclusione, questa può essere disposta, non per la mera omessa dichiarazione ex art. 38, ma solo se il requisito è effettivamente assente, ha dedotto che nel caso di specie la legge di gara non estendeva l’obbligo di dichiarazione ai soggetti diversi da quelli indicati dalla legge e che dalla verifica effettuata dalla stazione appaltante, ex art. 38, comma 1, lett. c) del d. lgs. n. 163/2006 nei confronti di tutte le persone fisiche indicate nei certificati camerali della Cosmopol s.r.l. e della B.T.V. s.p.a. (e anche nei confronti del procuratore speciale sig. Roberto C), è stata rinvenuta la loro piena onorabilità professionale, come del resto risulta da certificazioni generali del casellario e dei carichi pendenti prodotte.

Con memoria depositata il 25.10.2013 la Metronapoli s.p.a. ha ribadito la fondatezza dell’appello.

Con memoria depositata l’8.11.2013 si è costituita in giudizio l’Azienda Napoletana Mobilità s.p.a, che ha incorporato la Metronapoli s.p.a..

Con note depositate il 31.10.2013 la Security Service s.r.l. ha replicato alle avverse argomentazioni.

Con memoria depositata il 31.10.2013 la Cosmopol s.r.l. e la B.T.V. s.p.a. hanno replicato alle deduzioni delle controparti.

Alla pubblica udienza del 12.11.2013 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti, come da verbale di causa agli atti del giudizio.

DIRITTO

1.- Il giudizio in esame verte sulla richiesta, formulata da Cosmopol s.r.l., in proprio e quale impresa capogruppo mandataria del R.T.I. con B.T.V. s.p.a., che agisce anche in proprio, di annullamento o di riforma della sentenza del T.A.R. in epigrafe indicata con la quale è stato accolto il ricorso proposto dalla Security Service Sud s.r.l. per l’annullamento dei provvedimenti di Metronapoli s.p.a. conclusi con l’aggiudicazione definitiva in favore di detto R.T.I. della gara per l’affidamento del servizio triennale di vigilanza delle sedi della società stessa;
con la sentenza è stata invece respinta la domanda risarcitoria avanzata dalla ricorrente, in quanto il suo interesse al conseguimento dell’appalto è stato ritenuto integralmente soddisfatto, in assenza della stipula del contratto, dall’utile riformulazione della graduatoria di merito mediante collocazione in prima posizione.

2.- Con il primo motivo di appello è stato dedotto che l’art. 38 del d. lgs. n. 163/2006 ha imposto l’obbligo di autocertificazione dei requisiti di onorabilità professionale relativamente alle società di capitali solamente con riguardo agli amministratori muniti di poteri di rappresentanza esterna e ai direttori tecnici;
comunque, poiché il sig. Roberto C era procuratore speciale e non generale della D.T.V. s.p.a., non era affidatario di ampi poteri di rappresentanza e gestione della società e non poteva essere considerato un amministratore di fatto.

Lo statuto di detta società prevedeva che la gestione dell’impresa spettava esclusivamente agli amministratori e che l’organo amministrativo poteva nominare procuratori per singoli atti o categorie di atti e il sig. C, con riferimento ai limitati poteri assegnatigli, era tenuto a eseguire in ogni caso le direttive generali fissate dal Presidente/Amministratore delegato, con obbligo del rendiconto.

Comunque, contrariamente a quanto sostenuto nella sentenza impugnata, in base al combinato disposto del novellato art. 46 e dell’art. 38 del d. lgs. n. 163/2006, solo l’insussistenza in concreto delle cause di esclusione previste dall’art. 38 citato comporterebbe “ope legis” l’effetto espulsivo.

Peraltro la giurisprudenza (Consiglio di Stato, A.P. n. 10/2012 e 21/2012) si è espressa nel senso che, in caso di oscillazioni giurisprudenziali e di clausole del bando che non prevedono espressamente l’obbligo di detta dichiarazione, le stazioni appaltanti sono tenute ad esercitare il potere di soccorso.

La sentenza avrebbe erroneamente disatteso l’orientamento sostanzialistico (falso innocuo) dal momento che, sussistendo i requisiti richiesti, l’omissione delle dichiarazioni di uno degli obbligati a renderle non era determinante ai fini del conseguimento del beneficio.

2.1.- Osserva in proposto la Sezione che il primo Giudice, con l’impugnata sentenza, ha stabilito che il R.T.I. aggiudicatario avrebbe dovuto essere escluso dalla gara per non aver prodotto, in violazione dell’art. 38 del d. lgs. n. 163/2006, la dichiarazione circa il possesso dei requisiti di moralità professionale anche per il Sig. Roberto C, procuratore speciale della B.T.V. s.p.a. dotato “di ampissimi poteri di rappresentanza e gestione della società” al pari di un amministratore di fatto.

L’identificazione dei poteri riconducibili a detta figura è stata ritenuta effettuabile non solo in base alle qualifiche formali rivestite, ma anche alla stregua dei poteri sostanziali attribuiti, con conseguente inclusione nel novero dei soggetti muniti di poteri di rappresentanza delle persone fisiche in grado di impegnare la società verso i terzi e dei procuratori “ad negotia” laddove, a dispetto del “nomen”, l’estensione dei loro poteri conduca a qualificarli come amministratori di fatto.

Quindi detta dichiarazione avrebbe dovuto essere resa dalla B.T.V., anche con riguardo a detto procuratore speciale, investito di ampi poteri gestori, incidenti sulla dimensione economico-finanziaria della società, nonché sulla gestione amministrativa della stessa sul duplice versante dell’iniziativa economica e dell’autonomia negoziale e processuale.

Infine, non ha dato credito il primo Giudice alla tesi del “falso innocuo” e della non indispensabilità della dichiarazione di moralità professionale per l’ammissione alle gare, avendo ritenuto parimenti insita nella “ratio” dell’art. 38, comma 2, del d. lgs. n. 163/2006 l’indefettibilità, ai fini della partecipazione alle procedure di evidenza pubblica, della dichiarazione sull’insussistenza di pregiudizi di ordine morale, con conseguente necessità dell’esclusione del concorrente che non abbia adempiuto o abbia adempiuto in maniera incompleta in tal senso.

Secondo il T.A.R. la dichiarazione in parola è, in realtà, richiesta per una finalità che non si traduce solo nella garanzia sull’assenza di ostacoli di natura etica all’aggiudicazione, ma anche nella predisposizione dello strumento atto a consentire l’ordinaria verifica dell’affidabilità dei soggetti partecipanti. Ciò in quanto la concreta carenza di condizioni ostative costituisce un elemento successivo rispetto alla conoscenza di una situazione di astratta sussistenza dei requisiti morali e giuridici che involgono la professionalità degli amministratori e dei direttori tecnici di una società, nonché dei soggetti a loro equiparati. Inoltre, secondo il primo Giudice, il falso va considerato innocuo quando non è idoneo ad incidere sugli interessi tutelati, mentre una dichiarazione inaffidabile è già di per sé stessa lesiva degli interessi considerati dalla norma a prescindere dal fatto che l’impresa meriti di partecipare alla gara, come evincibile dal nuovo testo dell’art. 46, comma 1 bis, del codice dei contratti, introdotto dall’art. 4, comma 2, lett. d), del decreto legge n. 70/2011, convertito nella legge n. 106/2011, e dalla giurisprudenza (Consiglio di Stato, A.P., 7 giugno 2012 n. 21).

2.2.- Rileva il Collegio che, con sentenza della Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 23 del 2013, è stato affermato che, nella modulazione degli assetti societari, la prassi mostra l’emersione, in talune ipotesi, di figure di procuratori muniti di poteri decisionali di particolare ampiezza e riferiti ad una pluralità di oggetti così che, per sommatoria, sono configurabili come omologhi, se non di spessore superiore, a quelli che lo statuto assegna agli amministratori;
in tale caso il procuratore speciale è stato ritenuto che rientri a pieno titolo nella figura cui si richiama l’art. 38, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 163 del 2006, poiché da un lato si connota come amministratore di fatto ai sensi dell’art. 2639, comma 1, cod. civ. e, d’altro lato, in forza della procura rilasciatagli, assomma in sé anche il ruolo di rappresentante della società, sia pure eventualmente solo per una serie determinata di atti.

Tuttavia, ha aggiunto l’Adunanza Plenaria, in aderenza a quanto affermato con propria sentenza n. 10 del 2012 a proposito delle fattispecie relative alla cessione di azienda o di ramo di azienda, stante la non univocità della norma circa l’onere dichiarativo dell’impresa nelle ipotesi in esame (cui va aggiunta, per il passato, l’incertezza degli indirizzi giurisprudenziali), deve intendersi che, qualora la “lex specialis” non contenga al riguardo una specifica comminatoria di esclusione, quest’ultima potrà essere disposta non già per la mera omessa dichiarazione ex art. 38 cit., ma soltanto nell’ipotesi in cui sia effettivamente riscontrabile l’assenza del requisito ivi indicato.

2.3.- Tanto premesso va osservato che nel caso che occupa il punto 4.2., lettera B, del disciplinare di gara stabiliva che avrebbe dovuto essere prodotta, a pena di esclusione, l’autocertificazione di cui all’art. 38, comma 1, lettere b) e c) del d. lgs. n. 163/22006 da parte dei soggetti aziendali individuati, tra l’altro, negli “amministratori muniti di poteri di rappresentanza, il direttore tecnico e il socio unico di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci se si tratta di altro tipo di società”.

Secondo la Sezione è incondivisibile la tesi della Security Service s.r.l., di cui alla memoria di replica depositata il 31.10.2013, che la locuzione contenuta nel disciplinare “amministratori muniti del potere di rappresentanza” possa intendersi riferita ad ogni soggetto societario dotato di poteri di amministrazione e rappresentanza della società (come il sig. C, dotato degli stessi poteri degli amministratori legali della B.T.V. s.p.a.), nell’assunto che altrimenti esso disciplinare avrebbe dovuto riportare le locuzioni “amministratori legali” o “amministratori ai sensi dello statuto della società” e che una tale interpretazione sarebbe coerente con la “ratio” del bando di gara (da individuare nell’esigenza di evitare la partecipazione alle gare pubbliche di soggetti che non prestino idonee garanzie di affidabilità), nonché con il disposto dell’art. 45 della direttiva 2004/18/Ce (che richiede le dichiarazioni di moralità per qualsiasi persona che eserciti il potere di rappresentanza, di decisione o di controllo del candidato offerente).

Ciò in quanto la normativa di gara deve essere interpretata sempre nel senso di consentire la più ampia partecipazione possibile alle gare e di garantire l’affidamento delle imprese che si sono attenute alle espressioni contenute nella normativa di gara.

Nelle gare pubbliche, per l’interpretazione della “lex specialis”, valgano infatti i principi enunciati dall'art. 1 della l. n. 241/1990, di trasparenza e chiarezza “ex ante” degli oneri adempitivi del privato, che postulano scelte provvedimentali garanti, su un piano di effettività, del “favor partecipationis”, con prevenzione di ostacoli occulti al diritto di accesso alle pubbliche gare (Consiglio di Stato, sez. III, 28 novembre 2013, n. 5694).

Quindi, in applicazione del principio del “favor partecipationis”, nelle ipotesi di non sufficiente chiarezza delle previsioni della legge di gara, anche in funzione di tutela dell'affidamento incolposo dell'istante, sussiste l'obbligo per l'Amministrazione di privilegiare, tra le diverse interpretazioni astrattamente plausibili, quella in grado di assicurare la partecipazione alla procedura comparativa del maggior numero di concorrenti.

Inoltre, per giurisprudenza costante, in caso di oscurità ed equivocità della “lex specialis”, un corretto rapporto tra amministrazione e privato, che sia rispettoso dei principi generali del buon andamento dell'azione amministrativa e di imparzialità e di quello specifico enunciato nell'art. 1337 c.c., secondo cui nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto le parti devono comportarsi secondo buona fede, impone che di quella disciplina sia data una lettura idonea a tutelare l'affidamento degli interessati in buona fede, interpretandola per ciò che essa espressamente dice, restando il concorrente dispensato dal ricostruire, attraverso indagini ermeneutiche ed integrative, ulteriori ed inespressi significati;
in particolare, in caso di clausole equivoche o di dubbio significato deve preferirsi l'interpretazione che favorisca la massima partecipazione alla gara, piuttosto che quella che la ostacoli, e quella che sia meno favorevole alle formalità inutili, in vista del favore della partecipazione del maggior numero possibile di concorrenti alle pubbliche gare, al fine di ottenere le prestazioni richieste ad un prezzo quanto più vantaggioso, in termini qualitativi e quantitativi, per l'Amministrazione.

Aggiungasi che le regole di gara come cristallizzate nella "lex specialis" hanno bisogno di una lettura di stretta interpretazione, in quanto (nel dettare le modalità di svolgimento del procedimento concorsuale) sono vincolanti per tutti i partecipanti, assolvendo, all'evidenza, all'imprescindibile funzione di garantire il rispetto della “par condicio” tra le imprese concorrenti;
a ciò occorre aggiungere che una univoca lettura delle regole di gara risponde anche al rispetto del principio dell'autovincolo delle stesse regole per la stazione appaltante e dell'affidamento nei confronti dei destinatari di queste, quale espressione e corollari dell'art. 97 della Costituzione.

In base a detti principi la clausola del disciplinare, laddove fa riferimento agli “amministratori muniti del potere di rappresentanza”, deve essere interpretata come esclusivamente riferita ai veri e propri amministratori della società B.T.V. s.p.a. e non anche al procuratore speciale, sig. Roberto C.

L’esigenza di evitare la partecipazione alle gare pubbliche di soggetti che non prestino idonee garanzie di affidabilità (mediante acquisizione di dichiarazioni di moralità per i soggetti che esercitino il potere di rappresentanza, di decisione o di controllo del candidato offerente), non può infatti legittimare la violazione dei pure applicabili principi sopra indicati di “favor partecipationis”, di affidamento e di “par condicio”.

Ciò posto, in applicazione dei principi fissati dalla citata A.P. n. 23 del 2013, poiché la legge di gara di cui trattasi non conteneva una specifica comminatoria di esclusione del procuratore speciale che non avesse prodotto la dichiarazione di cui trattasi, la sua esclusione avrebbe potuto essere disposta soltanto solo in caso di effettivo riscontro dell’assenza del requisito in questione.

Nel caso di specie la Metronapoli s.p.a., con memoria depositata il 18.4.2013, ha espressamente affermato che è stata effettuata la verifica sul procuratore speciale sig. Roberto C, come da attestazione, ex d.P.R. n. 445/2000, del R.U.P. di detta s.p.a., con il risultato che il suo certificato dei carichi pendenti rilasciato in data 11.7.2012 ed il certificato del casellario giudiziale rilasciato in data 14.6.2012, dimostrano la totale assenza sia di condanne che di carichi pendenti a suo carico.

Tanto, in base ai principi sopra enunciati, comporta l’accoglimento del motivo in appello in esame.

3.- Con il secondo motivo di gravame è stato dedotto che il Giudice di prime cure ha accolto erroneamente anche l’ulteriore censura formulata con motivi aggiunti dalla società ricorrente in ordine alla mancata corrispondenza tra le quote di qualificazione economica richieste dal bando e le quote di esecuzione del servizio dichiarate dal raggruppamento controinteressato, con riferimento alla circostanza che la Cosmopol s.r.l. mandataria era qualificata nell’ATI per il 60% ed invece realizzava il 59% del servizio, il che avrebbe comportato violazione dell’art. 37, comma 4, del d. lgs. n. 163/2006, ritenuto espressivo del principio (desumibile anche dall’art. 37, comma 13, di detto d. lgs.) della necessaria corrispondenza in caso di A.T.I. tra quota di qualificazione, quota di partecipazione e quota di esecuzione;
ciò al fine di evitare che siano chiamate ad eseguire il contratto imprese con requisiti di qualificazione e per evitare la partecipazione di comodo di imprese molto quotate, ma non impegnate in modo incisivo nell’espletamento dell’appalto.

Ma, secondo le appellanti, né l’art. 37, comma 4, del d. lgs. n. 163/2006 (che obbliga i partecipanti a dichiarare e specificare solo le parti del servizio che saranno eseguite dai singoli operatori), né il punto VI.3 del bando (che prescrive solo il possesso dei requisiti economici nella misura minima del 60% dalla mandataria e del 20% da ciascuna mandante) richiederebbero, né prescriverebbero l’obbligo di corrispondenza tra quote di esecuzione e di qualificazione.

In senso contrario alla sentenza impugnata sussisterebbe giurisprudenza (Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 5074/2012) per la quale detto obbligo di corrispondenza determinerebbe l’esclusione di un raggruppamento per eccesso di qualificazione.

Incondivisibile sarebbe poi la tesi che non può essere ammessa la partecipazione in A.T.I. di imprese singolarmente in grado di partecipare, perché sarebbero violati i principi del “favor partecipationis” e di libertà di impresa.

L’art. 8 del disciplinare (che in caso di R.T.I. stabilisce che i requisiti di cui alle lettere a) e b) devono essere posseduti dal soggetto mandatario in misura non inferiore al 40% e comunque in misura maggioritaria e la restante percentuale cumulativamente dagli altri partecipanti, ciascuno nella misura minima del 10%) andrebbe letto in correlazione con l’art. 37, comma 13, del d. lgs. n. 163/2006 (secondo cui i concorrenti riuniti in R.T.I. devono eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione) e si limiterebbe ad imporre il parallelismo solo tra le quote di partecipazione e di ammissione, senza coinvolgere anche le quote di qualificazione e di ammissione.

La percentuale di requisiti cui fa riferimento detto art. 8 del disciplinare (non inferiore al 40%) sarebbe riferibile, secondo le appellanti, a quelli di qualificazione ed ammissione e non anche ai requisiti di partecipazione ed esecuzione.

La giurisprudenza (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 4971/12) escluderebbe che l’art. 37, comma 13, del d. lgs. n. 163/2006 stabilisce un parallelismo tra il possesso dei requisiti di capacità economico, finanziaria e tecnico professionale e la percentuale di servizio che le imprese si sono impegnate a svolgere.

Soggiunge il motivo in esame che la tesi che il comma 13, di detto art. 37, nella versione introdotta dall’art. 1, comma 2, bis, lett. a), del d. l. n. 95/2012, ha precisato che tale principio di corrispondenza vale solo per gli appalti di lavori e non di servizi, è stata ritenuta infondata dal primo Giudice in quanto non applicabile alla presente procedura “ratione temporis”;
ma erroneamente non sarebbe stato considerato né che detta novella avrebbe valore interpretativo, né che nei contratti ad evidenza pubblica non potrebbe prescindersi dalla applicazione della legge in quel momento in vigore.

Hanno ancora sostenuto le parti appellanti, con riguardo all’eccezione che il bando non prescriveva la corrispondenza tra quota di partecipazione e di realizzazione dei servizi, che il T.A.R. ha affermato che esso bando era soggetto ad etero integrazione legislativa ex art. 37, comma 4, del d. lgs. n. 163/2006, senza considerare che tale norma non prevede espressamente tale principio di corrispondenza e che al riguardo andrebbe richiamato l’orientamento giurisprudenziale (di cui alle sentenze della Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 10 e n. 21 del 2012) secondo il quale, in presenza di oscillazione giurisprudenziale e di clausole del bando che non prevedano espressamente l’onere di rendere le dichiarazioni ex art. 38 del d. lgs. n. 163/2006, le stazioni appaltanti sono tenute ad esercitare il potere di soccorso.

Comunque, secondo il motivo in esame, nel caso di specie ognuna delle partecipanti avrebbe avuto quote di requisiti economici superiori e non inferiori alla quota di servizio da effettuare, e la mandante avrebbe avuto la capacità di eseguire porzioni di servizio superiori alla misura del 40% dell’oggetto di contratto;
inoltre la B.T.V. s.p.a. ha dichiarato una parte di servizio del 41% della prestazione complessiva (peraltro eterogenea), quindi solo dell’1% in più a quella che era la soglia percentuale minima fissata dalla legge di gara con riguardo ai requisiti di capacità economico finanziaria e tecnico professionale fissata per consentire la partecipazione alla gara della impresa mandante, ed il mancato rispetto di detta quota percentuale sarebbe stato dovuto solo a ragioni oggettive connaturate alla peculiarità dell’appalto e alla circostanza che la ripartizione effettuata era l’unica possibile con riguardo all’organizzazione pianificata dei turni di lavoro.

3.1.- Osserva al riguardo il Collegio che oggetto dell’appello è la tesi del primo Giudice che la rilevata discrepanza tra le quote di qualificazione fissate dal bando e le quote di esecuzione indicate dal R.T.I. Cosmopol s.r.l e B.T.V. s.p.a. comportava la sua esclusione dalla gara di cui trattasi, sussistendo il principio, applicabile anche agli appalti di servizi e posto a garanzia della stazione appaltante e del buon esito del programma contrattuale, della necessaria corrispondenza, in caso di raggruppamenti d’imprese, tra quote di qualificazione, quote di partecipazione e quote di esecuzione, la cui carenza è idonea a compromettere l’attendibilità dell’offerta.

Va tuttavia rilevato in proposito che sia l’art. 37, comma 4, del d. lgs. n. 163/2006 che il successivo comma 13, nella versione vigente all’epoca di indizione del bando della gara di cui trattasi, non stabiliscono espressamente la necessità della sussistenza di corrispondenza tra le quote di qualificazione economica richieste dal bando e le quote di esecuzione del servizio dichiarate dal raggruppamento, ma solo che, in caso di A.T.I. orizzontale, sussiste la necessità di specificazione nell’offerta del parti del servizio o della fornitura che saranno eseguite dalle singole imprese associate o associande (Consiglio di Stato, sez. VI 10 maggio 2013, n. 2563), nonché di corrispondenza fra quota di partecipazione al raggruppamento e quota di esecuzione delle prestazioni (Consiglio di Stato, sez. IV, 27 novembre 2010, n. 8253).

Pertanto, considerato che neppure l’art. 42 (relativo alla Capacità tecnica e professionale dei fornitori e dei prestatori di servizi) del d. lgs. n. 163/2006 detta disposizioni circa il rapporto tra requisiti di capacità tecnica e quota di partecipazione, non sussiste alcuna necessità normativamente prevista di una rigida corrispondenza anche tra quota di qualificazione e quota di esecuzione.

Nel caso di specie neppure il bando di gara prescriveva alcunché circa tale corrispondenza, prevedendo solo, al punto VI.3, il possesso dei requisiti economici nella misura minima del 60% da parte della mandataria e del 20% da parte di ciascuna mandante.

L’indirizzo giurisprudenziale che afferma la necessaria corrispondenza tra quote di qualificazione, quote di partecipazione e quote di esecuzione (Cons. Stato, Sez. III, 5 ottobre 2012) su cui il primo giudice ha fondato la propria decisione, non è peraltro, consolidato, come erroneamente afferma il Tribunale, sussistendone un altro, diverso, e ad avviso del Collegio, condivisibile, alla stregua del quale la disciplina degli artt. 37 e 41 del d. lgs. N. 163/2006 non impone una rigida corrispondenza tra quota di qualificazione e quota di esecuzione, essendo rimesso alla stazione appaltante la determinazione dei requisiti di qualificazione (Cons. Stato, Sez. VI, 10 maggio 2013 n. 2563, sopra già richiamata);
in questo senso, d’altra parte, si è già espressa la Sezione, essendo stato affermato che altro è il possesso dei requisiti di capacità economico e finanziaria e tecnico professionale richiesti dal bando, altro ancora è la percentuale di servizio si sono impegnate a svolgere, atteso che l’art. 37, comma 13, del d.lgs. n. 163/2006 non prevede al riguardo uno specifico e tassativo parallelismo (Cons. Stato, Sez. V, n. 497/2012).

Le osservazioni sopra esposte hanno, d’altra parte, di recente trovato autorevole definitiva conferma da parte dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, con la sentenza n. 7 del 2014, pubblicata dopo la deliberazione in Camera di consiglio della presente pronuncia, ha escluso con chiarezza l’esistenza di “un ulteriore necessario parallelismo in modo congiunto, tra quote di partecipazione, requisiti di qualificazione e quote di esecuzione”. In particolare, l’Adunanza Plenaria ha osservato che una impostazione del genere deve essere respinta sia perché “in contrasto con il tenore testuale delle disposizioni del codice dei contratti pubblici (e segnatamente, i commi 4 e 13 dell’art. 37) che non consentono di avallare una siffatta opzione interpretativa”;
sia perché “in contrasto con la sistematica del codice e del regolamento attuativo”, sia infine perché una opzione del genere “(volta a superare e, di fatto, integrare l’espressa previsione di legge – comma 13 dell’art. 37 ……) determinerebbe, in molti casi, l’effetto di escludere dalle pubbliche gare raggruppamenti ai cui partecipanti sarebbe ascritto null’altro se non una sorta di eccesso di qualificazione”, in contrasto con il principio del favor partecipationis e della libertà giuridica di impresa.

Peraltro nel caso di specie, anche nella non condivisibile ipotesi che dovessero coincidere quote di qualificazione e di esecuzione, non avrebbe comunque potuto essere disposta la esclusione del R.T.I. appellante a causa della insussitenza, come sostenuto dal primo Giudice, di corrispondenza tra le quote di qualificazione fissate dal bando e quote di esecuzione (essendo l’offerta di esso R.T.I. modulata sull’espletamento da parte della mandataria Cosmopol s.r.l. di una quota di servizio non congruente con il livello minimo di capacità economica richiesto per la posizione di mandataria, dal momento che era qualificata nell’A.T.I. per il 60% ed era invece previsto che avrebbe realizzato il 59% del servizio).

Invero il bando di gara prevedeva, al paragrafo VI.3, che in caso di A.T.I., i requisiti economici avrebbero dovuto essere posseduti dal complesso dei componenti del raggruppamento nella misura minima del 60% dalla mandataria e dal 20% da ciascuna delle mandanti;
orbene, sia la mandataria che la mandante appellanti erano qualificate in termini sia tecnici che economici, avendo dimostrato di possedere il 100% dei requisiti di fatturato, sia globale che specifico, richiesti dal bando stesso, sicché sia la Cosmopol s.r.l. mandataria che la B.T.V. s.p.a. mandante (che ha peraltro provveduto ad indicare dettagliatamente le parti di servizi oggetto di gara eseguite da ciascuna partecipante all’A.T.I., come stabilito dall’art. 37, comma 4, del d.lgs. n. 163/2006) avevano quote di qualificazioni non insufficienti ma superiori alla quota di esecuzione dei rispettivi servizi stabiliti dal bando.

La tesi della necessarietà della corrispondenza tra quote di qualificazione e quote di esecuzione del servizio è stata invero sostenuta dal T.A.R. nell’assunto che essa è finalizzata ad impedire che siano chiamate a dare esecuzione al contratto imprese con requisiti di qualificazione insufficienti rispetto agli specifici compiti assegnati e per evitare la partecipazione di comodo di imprese molto quotate ma non impegnate in modo incisivo nell’espletamento dell’appalto, ma non ha ritenuto nel debito conto detto Giudice che nel caso che occupa dette finalità non erano comunque eluse perché sia la società mandante che la mandataria avevano dimostrato di possedere il 100% dei requisiti di fatturato sia globale che specifico richiesti dal bando e che il mancato rispetto delle previste percentuali, riguardante solo l’1% del servizio, era dovuto, come ragionevolmente dedotto dal R.T.I. appellante, solo a ragioni oggettive connaturate alla peculiarità dell’appalto (essendo la ripartizione del 58,9% in capo a Cosmopol s.r.l. l’unica possibile per non pregiudicare l’organizzazione pianificata dei turni di lavoro).

Comunque è da rilevare che i minimi scostamenti sopra indicati configuravano una sostanziale corrispondenza con le percentuali previste dal bando di gara e, essendo ciascuna impresa qualificata per la parte di prestazioni che si impegnava ad eseguire, non potevano comunque comportare la esclusione del R.T.I. appellante.

Per le esposte considerazioni le censure formulate dal R.T.I. appellante con il motivo in esame vanno accolte.

4.- Stante la fondatezza dell’esaminato motivo di gravame, va quindi riformata anche sul punto in esame la impugnata sentenza.

Tanto esime il Collegio dal verificare la fondatezza dell’eccezione, formulata dalla Metronapoli s.p.a., di acquiescenza alla lettura e verifica delle documentazioni amministrative di tutte le concorrenti avvenuta nella seduta pubblica del 1.3.2012 da parte della Security Service s.r.l..

5.- L’accoglimento delle censure formulate dalle appellanti contro entrambe le motivazioni poste dal T.A.R. a fondamento dell’accoglimento del ricorso introduttivo del giudizio proposto dalla Security Sevice s.r.l. comportano, per il principio devolutivo dell’appello, la necessità della disamina da parte della Sezione anche della fondatezza dei motivi dichiarati assorbiti dal T.A.R. e riproposti da dette società con memoria depositata il 20.3.2013.

6.- Con il primo di essi motivi è stata dedotta l’illegittimità dell’ammissione alla gara della mandante B.T.V. s.p.a. per mancata presentazione delle dichiarazioni ex art. 38 del d. lgs. n. 163/2006 dal socio di maggioranza della B.H.G. s.r.l., che detiene il 98% delle azioni della B.T.V. s.p.a., società di capitali con meno di quattro soci, e in particolare per essere stata omessa da parte di detta s.r.l. la produzione della autocertificazione dei requisiti di moralità professionale da parte dell’Amministratore delegato sig. Luigi Battistolli e del procuratore speciale sig. Roberto C, pur essendo essi dotati di poteri di rappresentanza e gestione della B.H.G. s.r.l..

6.1.- Al riguardo le appellanti principali hanno dedotto che detto art. 38 prevede la dichiarazione del possesso di detti requisiti da parte del socio di maggioranza con riferimento al solo socio persona fisica e che, comunque, tale interpretazione è stata formalizzata in una nota allegata agli atti di gara dalla B.H.G. s.r.l., con precisazione che non versava nelle condizioni ostative ex art. 38.

Nemmeno, secondo dette appellanti, detta dichiarazione poteva essere effettuata da parte di tutti i componenti del c.d.a., per assenza di disposizioni di legge o di bando dettanti un tale incombente, considerata anche l’applicabilità del principio di tassatività delle cause di esclusione.

6.2.- Osserva la Sezione che detto art. 38, comma 1, lettera c), del d. lgs. n. 163/2006 stabilisce che sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti, tra gli altri, i soggetti nei cui confronti sono state pronunciate determinate sentenze di condanna passata in giudicato, o decreti penali di condanna divenuti irrevocabili, con la previsione che “ l'esclusione e il divieto operano se la sentenza o il decreto sono stati emessi nei confronti: del titolare o del direttore tecnico se si tratta di impresa individuale;
dei soci o del direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo;
dei soci accomandatari o del direttore tecnico se si tratta di società in accomandita semplice;
degli amministratori muniti di potere di rappresentanza o del direttore tecnico o del socio unico persona fisica, ovvero del socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci, se si tratta di altro tipo di società o consorzio.”

Detta disposizione va interpretata, anche in ossequio ai principi del “favor partecipationis” e di tassatività delle clausole di esclusione (fissato dall’art. 46 del d. lgs. n. 163/200), nel senso che reca un espresso riferimento al socio unico “persona fisica”;
quindi nessuna dichiarazione avrebbe dovuto essere rilasciata dal socio unico nel caso di specie, in quanto la società B.T.V. s.p.a. è partecipata non da un unico socio persona fisica bensì da una persona giuridica, e tantomeno dal suo amministratore delegato e dal procuratore speciale.

Aggiungasi che la B.H.G. s.r.l. aveva, con nota del 6.2.2012, comunicato che, sulla base di dette circostanze, si riteneva esonerata dagli obblighi di cui a detta disposizione, in conformità alla interpretazione fornita dalla A.V.C.P. con determinazione del 27.7.2011, pubblicata sulla G.U. n. 182 del 6.8.2011, precisando che comunque non versava in alcuna delle condizioni ostative di cui all’art. 38 del d. lgs. n. 163/2006.

La censura in esame non è quindi positivamente valutabile.

7.- Con il secondo dei riproposti motivi di ricorso è stato dedotto che la partecipazione alla gara della B.T.V. s.p.a., mandante dell’A.T.I. aggiudicataria, sarebbe stata illegittima perché essa società non possedeva il fatturato minimo richiesto dal bando a pena di esclusione.

Ciò in quanto il punto III 2.2 del bando (laddove richiedeva il possesso di un fatturato specifico per servizi di vigilanza resi presso soggetti pubblici nel triennio 2008/2010 non inferiore ad € 3.000.000,00 con un contratto di punta nel medesimo triennio di durata pari almeno ad un anno e di importo pari almeno ad € 1.000.000,00 su base annua) avrebbe dovuto essere interpretato nel senso che il contratto di punta si riferiva al contratto di maggior importo tra quelli dichiarati e che il contratto doveva essere di durata continuativa pari almeno ad un anno e dell’importo pari ad € 1.000.000,00 per ciascun anno del triennio;
ciò tenuto conto dell’importo dell’appalto che esigeva la selezione di concorrenti dotati di idonea capacità economica.

Quindi la B.T.V. s.p.a., mandante della A.T.I. con Cosmopol s.r.l., avrebbe dovuto dimostrare il possesso di un contratto di punta di almeno € 400.000,00 per ogni anno di detto triennio dal momento che il bando prevedeva che i requisiti dovevano essere posseduti nella misura minima del 60% dalla mandataria e del 20% da ciascuna mandante, mentre per l’anno 2010 il contratto con il Comune di Milano (per gli anni precedenti superiore al milione di euro) era stato pari a zero.

I contratti svolti presso la Sogin s.p.a. e Terna s.p.a. non sarebbero stati valutabili perché svolti con società di diritto privato e non con Enti pubblici come prescritto dal bando.

Tutti gli altri contratti dichiarati dalla B.T.V. s.p.a. non avrebbero avuto un importo minimo di € 400.000,00 per ogni anno di detto triennio.

7.1.- In proposito le appellanti principali hanno dedotto che detto motivo sarebbe infondato perché il fatturato richiesto consisteva in quello derivante da contratti per servizi di vigilanza resi presso enti o soggetti pubblici nel triennio 2008/2010 non inferiore a tre milioni di euro, con un contratto di punta nel medesimo triennio di durata pari almeno ad un anno e di un importo pari ad almeno un milione su base annuale.

La tesi che l’importo pari ad un milione dovesse essere relativo a ciascun anno nel triennio sarebbe infondata, perché il bando non lo richiedeva per ciascun anno ma per almeno un anno.

Non sarebbe comunque condivisibile la tesi che non erano computabili i fatturati realizzati in esecuzione di contratti conclusi con società per azioni di diritto privato (la Sogin s.p.a e la Terna s.p.a.), atteso che la prima è una impresa pubblica.

7.2.- Osserva la Sezione al riguardo che sono pienamente condivisibili dette considerazioni formulate dalle appellanti principali, atteso che la disposizione, che va comunque interpretata nel senso che non comporti un aggravamento del procedimento e in base al principio del “favor partecipationis”, per essere interpretata nel senso di cui a detto motivo di ricorso avrebbe quantomeno dovuto espressamente prevedere che i pregressi contratti avrebbero dovuto avere durata non inferiore al fissato triennio ed un importo annuale non inferiore ad un milione di euro per ciascun anno.

Quanto alle ulteriori censure formulate con detto motivo rileva la Sezione che non è stata adeguatamente contestata la affermazione delle appellanti principali che la Sogin s.p.a. è una impresa pubblica e che rientra tra i soggetti pubblici indicati dal bando (essendo il 100% del capitale sociale del Ministero dello Sviluppo Economico, con indirizzi strategici ed operativi stabiliti dal Governo), nonché che i contratti con essa conclusi hanno superato nel triennio di riferimento il valore di 400.000,00 euro.

Invero requisiti dell'organismo di diritto pubblico, sono oramai fissati dall'art. 3, comma 26, del d.lgs. n. 163/2006, che prevede che “L'«organismo di diritto pubblico» è qualsiasi organismo, anche in forma societaria:- istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale;
- dotato di personalità giuridica;- la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d'amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico”.

Dette condizioni nel caso che occupa appaiono sussistere cumulativamente come stabilito dalla giurisprudenza (Consiglio di Stato, sez. V 30 gennaio 2013, n. 570).

8.- Con il terzo dei riproposti motivi, nell’ipotesi che detta clausola del bando possa essere interpretata nel senso che il contratto di punta debba avere l’importo di € 1.000.000,00 per un solo anno nel triennio, anziché per ogni anno del triennio, è stata dedotta in via gradata violazione degli artt. 40 e 41 del d.lgs. n. 163/2006 per assunta illegittimità del punto III.

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