Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-12-24, n. 201908756
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Pubblicato il 24/12/2019
N. 08756/2019REG.PROV.COLL.
N. 01607/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sull’appello n. 1607 del 2019, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato M A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza Gondar, n. 22;
contro
Il Ministero della difesa, in persona del Ministro
pro tempore
, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna, Sede di Bologna (Sezione Prima), n. -OMISSIS-, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2019 il pres. Luigi Maruotti e udito l’avvocato M A;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Col ricorso di primo grado n-OMISSIS-(proposto al TAR per l’Emilia Romagna, Sede di Bologna), l’appellante ha chiesto l’accertamento della violazione da parte del Ministero della difesa dei propri doveri di tutela del dipendente ed ha chiesto la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno, che ha dedotto di avere subito in conseguenza dell’emanazione di alcuni provvedimento, che hanno dato luogo ad un risalente contenzioso.
2. Il TAR, con la sentenza n. 607 del 2018, ha respinto il ricorso – per mancanza della colpa dell’Amministrazione - ed ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.
3. Con l’appello in esame, l’interessato ha impugnato la sentenza del TAR ed ha chiesto che, in sua riforma, il ricorso di primo grado sia accolto, con la conseguente condanna dell’Amministrazione al pagamento di euro 22.495 per danni patrimoniali, euro 7.053 per danno biologico ed euro 26.000 per danno non patrimoniale.
Il Ministero appellato non si è costituito in giudizio.
4. L’atto di appello ha ricostruito tutte le vicende che hanno condotto al giudizio di primo grado, al fine di evidenziare che sussisterebbe la colpa e la conseguente responsabilità del Ministero.
In particolare, l’appellante ha evidenziato che:
- egli – quale tenente colonello - ha proposto un primo ricorso contro l’esito negativo del giudizio d’avanzamento per l’anno 2006;
- il TAR ha accolto una prima volta tale ricorso (con la sentenza n. -OMISSIS-, annullata con rinvio da questa Sezione con la sentenza n. -OMISSIS-) ed una seconda volta (con la sentenza n. -OMISSIS-, per disparità di trattamento, contro la quale il Ministero ha proposto appello con domanda incidentale cautelare, respinta con l’ordinanza n. -OMISSIS-);
- con atto di data 4 ottobre 2011, il Ministero ha attribuito un punteggio superiore, senza però iscriverlo nel quadro d’avanzamento);
- a seguito dell’annullamento di tale atto da parte del TAR con la sentenza n. -OMISSIS-, il Ministero con l’atto di data 7 giugno 2013 lo ha promosso al grado di colonnello;
- in considerazione della mancata impugnazione della sentenza n. -OMISSIS-, egli ha chiesto al Consiglio di Stato di dichiarare la cessata materia del contendere nel giudizio proposto avverso la sentenza del TAR n. -OMISSIS-;
- con la sentenza n. -OMISSIS-, questa Sezione ha accolto l’appello del Ministero e, in riforma della sentenza n. -OMISSIS-, ha respinto il ricorso di primo grado;
- in accoglimento di un suo ricorso per revocazione proposto contro la sentenza n. -OMISSIS-, con la sentenza n. -OMISSIS-questa Sezione ha respinto l’appello dell’Amministrazione, proposto contro la sentenza n. -OMISSIS-.
Dopo avere evidenziato le varie fasi nelle quali si è articolato il contenzioso che ha condotto alla sua promozione a colonnello, l’appellante ha dedotto che il medesimo contenzioso ha comportato l’insorgenza di ‘stress emotivo e mortificazione professionale’ ed ha dedotto che, contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, andrebbe rilevata la sussistenza della colpa dell’Amministrazione, anche perché nell’aprile 2016 essa ha attivato una procedura di recupero delle somme già percepite quale indennità perequativa di grado, percepita per il periodo tra il 1° gennaio 2006 e 31 marzo 2016, decurtando lo stipendio sulla base della sentenza poi oggetto di revocazione.
L’appellante ha poi quantificato le voci di danno, articolandole con riferimento al danno patrimoniale, al danno biologico ed a quello non patrimoniale.
5. Così sintetizzate le deduzioni dell’appellante, ritiene il Collegio che esse vadano respinte.
5.1. Come ha correttamente evidenziato la sentenza impugnata, nessun profilo di colpa può essere ravvisato nella specie: l’assenza di qualsiasi profilo di rimproverabilità comporta che va respinta la domanda risarcitoria.
5.2. Va premesso che, nella specie, l’interessato si duole degli effetti dei provvedimenti con cui l’Amministrazione ha esercitato i suoi poteri di valutazione degli ufficiali, in relazione all’avanzamento al grado superiore.
I provvedimenti relativi al quadro di avanzamento per l’anno 2006 sono stati annullati con sentenze passate in giudicato, sicché le domande risarcitorie in sostanza attengono alla lesione alle conseguenti posizioni di interesse legittimo, che già hanno ottenuto la tutela d’annullamento, con le sentenze sopra richiamate.
Si applicano dunque i principi riguardanti la lesione all’interesse legittimo e, in particolare, il principio per cui il giudice amministrativo può disporre la condanna al risarcimento, in presenza degli altri presupposti, quando sia ravvisabile la rimproverabilità dell’Amministrazione, non rilevando di per sé la precedente constatazione di vizi dell’atto annullato (cfr. Cons Stato, Sez. IV n. 6775 del 2019;Sez. IV, 6412 del 2019;Sez. VI, n. 5531 del 2018;Sez. VI, n. 5611 del 2015;Sez. VI, n. 3521 del 2013;Sez. VI, n. 4297 del 2006;n. 1047 del 2006).
5.3. Nella specie, nessun elemento specifico è stato addotto dall’interessato per evidenziare come, al di là della illegittimità degli atti poi annullati, possano essere ravvisati profili di colpa dell’Amministrazione.
Essa, in sede di esecuzione delle prime sentenze del TAR, ha attribuito un punteggio superiore a quello originariamente attribuito ed poi ha disposto la promozione dell’interessato al grado superiore di colonnello.
L’iniziativa del recupero delle somme a suo tempo corrisposte e della diminuzione dello stipendio hanno costituito la doverosa attività conseguente all’accoglimento da parte di questa Sezione dell’appello proposto avverso la sentenza del TAR n. -OMISSIS-.
Inoltre, solo all’esito del giudizio di revocazione la sentenza di questa Sezione n. -OMISSIS-(che ha rescisso per ragioni processuali la sentenza n. -OMISSIS-, che aveva escluso l’illegittimità rilevata dalla sentenza n. -OMISSIS-) ha affermato che l’annullamento dell’atto esecutivo (disposto dalla sentenza del TAR n. -OMISSIS-) aveva comportato la cessazione della materia del contendere nel giudizio pendente avente per oggetto la medesima sentenza del TAR n. -OMISSIS-.
6. In conclusione, va confermata la valutazione del TAR per la quale nella vicenda in esame non si possono ravvisare profili di colpa dell’Amministrazione, sicché l’appello va respinto.
7. Nulla sulle spese del secondo grado del giudizio, non essendosi costituita l’Amministrazione appellata.