Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-03-15, n. 202102179
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Pubblicato il 15/03/2021
N. 02179/2021REG.PROV.COLL.
N. 01744/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1744 del 2020, proposto dal signor P C, rappresentato e difeso dall’avvocato G V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,
contro
il Comune di Ginosa, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’avvocato G M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini n. 30,
nei confronti
- del Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
- della Bluserena S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Tommaso Marchese, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Sezione staccata di Lecce, n. 1736 del 2019, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Ginosa, del Ministero per i beni e le attività culturali, e della Bluserena S.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2021 – tenutasi in videoconferenza da remoto ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020 – il consigliere Silvia Martino:
Viste le note di udienza depositate, rispettivamente, dal difensore del signor C e dal difensore della società appellata, ai sensi e per gli effetti delle citate disposizioni;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso proposto innanzi al TAR per la Puglia, sezione staccata di Lecce, l’odierno appellante esponeva quanto segue.
In data 25 febbraio 2008, egli aveva presentato al Comune di Ginosa una denuncia di inizio attività (DIA), relativa all’installazione su un’area di sua proprietà (inclusa nel vigente strumento urbanistico in zona T1 - villaggi turistici) di una struttura temporanea e precaria di circa 130 mq, da adibire a punto ristoro per turisti.
1.1. Con determinazione 2 maggio 2008 n. 6588, a firma del Capo Area Tecnica e dal Capo Sezione Urbanistica del Comune, era stato disposto l’annullamento della menzionata DIA in quanto “ oltre ad essere incompleta dal punto di vista documentale e mancante dei necessari N.O. per i vincoli insistenti sull’area d’intervento, non sussistono le condizioni per l’applicabilità, nella fattispecie, di quanto meglio esplicitato all’art. 1, comma 1.4 della D.C. n. 04 del 21.03.2005 ”.
1.2. Con sentenza n. 4944 del 29 ottobre 2015, questo Consiglio di Stato, in riforma della decisione di primo grado, aveva annullato la predetta nota rilevando che, in caso di incompletezza della documentazione, il Comune, prima di procedere all’annullamento, avrebbe dovuto, in linea con quanto stabilito dall'art. 6 della l. n. 241/90, “ formulare all’interessato una richiesta istruttoria finalizzata ad acquisire gli atti mancanti ritenuti essenziali ai fini del completamento della pratica ”.
1.3. Con nota n.6588/08 del 12 ottobre 2016, il R.U.P, aveva quindi comunicato al ricorrente il parere della Commissione locale per il paesaggio, secondo cui ai fini istruttori era necessario acquisire l’istanza di Autorizzazione Paesaggistica completa di tutta la documentazione prevista dal vigente P.P.T.R. approvato con D.G.R. n.176 del 16 febbraio 2015, con la precisazione che a seguito dell’ottenimento della documentazione sarebbe stato effettuato un apposito sopralluogo sull’area di intervento.
1.4. Tale atto veniva impugnato dal signor C innanzi al TAR di Lecce, mediante l’articolazione di due motivi di ricorso.
1.5. Successivamente, con nota prot. n. 15726 del 12 giugno 2018, il Responsabile del procedimento comunicava il nuovo parere della Commissione Locale Paesaggio, confermativo del diniego già impugnato.
Avverso tale atto il ricorrente articolava motivi aggiunti.
1.5. Con un secondo atto di motivi aggiunti il signor C impugnava poi la determinazione della Commissione locale per il paesaggio, fatta propria dal Responsabile del procedimento e comunicata con nota prot. n. 21324 del 7 novembre 2018, contenente il parere favorevole al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica relativa all’intervento proposto dal ricorrente, nelle parti in cui tale provvedimento:
a ) poneva la “ condizione che le preesistenze oggetto di ordinanza di demolizione siano effettivamente rimosse ”;
b ) faceva salve “ le prescrizioni del PAI vigente per l’area oggetto di intervento ”.
1.6. Con un terzo atto di motivi aggiunti il ricorrente lamentava il decorso del termine perentorio, di cui all’art. 146, comma 5, d.lgs. n. 42/2004 e all’art. 11, commi 5 e 9, d.P.R. n. 31/2017, per l’espressione del parere della Soprintendenza, con il conseguentemente obbligo dell’Amministrazione di adottare l’atto conclusivo e indire la conferenza di servizi per la definizione del procedimento.
Egli domandava, altresì, che venisse accertato l’obbligo del Comune di Ginosa di rilasciare, sulla base dell’istruttoria espletata, l’autorizzazione per la struttura precaria di cui verte, previa declaratoria di illegittimità dell’inerzia amministrativa che aveva fatto seguito alla definizione del subprocedimento di autorizzazione paesaggistica.
1.7. Infine, con i quarti motivi aggiunti articolati in primo grado, il ricorrente impugnava la sopraggiunta autorizzazione paesaggistica n. 12 del 28 maggio 2019, prot. n. 6588, nella sola parte in cui:
a ) prescriveva che le preesistenze oggetto di ordinanza di demolizione fossero effettivamente rimosse;
b ) faceva salve le prescrizioni del PAI vigente per l’area oggetto di intervento.
All’uopo, egli articolava le seguenti censure:
1) VIOLAZIONE DELL’ART. 2 D.P.R. 13.2.2017 n. 31. ECCESSO DI POTERE (SVIAMENTO).
La struttura, in forza dell’art. 2 del d.P.R. n. 31 del 2017, sarebbe stata esonerata dall’autorizzazione paesaggistica;
2) VIOLAZIONE DELL’ART. 10 L. 241/90. ECCESSO DI POTERE (DIFETTO DI MOTIVAZIONE;OMESSA CONSIDERAZIONE DEI PRESUPPOSTI;SVIAMENTO).
La condizione apposta al parere aveva reintrodotto una delle condizioni ostative espresse nella fase interlocutoria, senza alcuna considerazione delle argomentazioni difensive svolte dal ricorrente;
3) ECCESSO DI POTERE (SVIAMENTO). VIOLAZIONE DELL’ART. 146 D. LGS. 42/2004.
La costruzione precaria non era destinata a residenza, bensì ad un parco “a tema”, sicché non avrebbe potuto, a dire del ricorrente, determinare un aumento del carico antropico. Inoltre, l’Amministrazione non avrebbe adeguatamente valutato il fatto che il suolo in cui ricade l’area oggetto di intervento è destinato dal vigente P.R.G. a “villaggi turistici” (zona T1).
In considerazione della notevole estensione del parco a tema gestito dal ricorrente, la preesistenza di altri manufatti destinati a servizi non avrebbe potuto ragionevolmente ostacolare, al contrario dell’immotivato parere della Commissione paesaggio del Comune di Ginosa, l’installazione di un ulteriore manufatto precario, sempre a servizio del parco. Il ricorrente sottolineava altresì che la demolizione delle costruzioni precarie esistenti avrebbe impedito il corretto svolgimento della propria attività;
4) ECCESSO DI POTERE (SVIAMENTO). VIOLAZIONE DELL’ART. 24 COST.
L’Amministrazione non aveva valutato il fatto che il ricorrente aveva impugnato l’ordinanza (n. 22 del 23 aprile 2018) di demolizione delle preesistenti strutture precarie, con ricorso straordinario notificato il 31 agosto 2018;
5) ECCESSO DI POTERE (SVIAMENTO). ERRONEITÀ DEI PRESUPPOSTI.
Le preesistenti strutture erano state realizzate dall’associazione “Amici della Natura”, affittuaria di una parte dei terreni. Il Tribunale di Taranto, Sezione distaccata di Ginosa, con sentenza n. 103 dell’11 aprile - 8 luglio 2011 aveva assolto la legale rappresentante della predetta associazione dai reati edilizi contestati per aver realizzato quelle strutture ma tale circostanza non era stata affatto considerata dall’Amministrazione;
6) ECCESSO DI POTERE (SVIAMENTO). INVALIDITÀ DERIVATA.
Il provvedimento sarebbe stato affetto anche da illegittimità derivata da quella dell’ordinanza di demolizione;
7) ECCESSO DI POTERE (SVIAMENTO;ERRONEITÀ E TRAVISAMENTO DEI PRESUPPOSTI;OMESSA ISTRUTTORIA).
Infine, non era dato comprendere quali siano le prescrizioni del PAI da salvaguardare, poiché l’area oggetto di intervento, a dire del ricorrente, sarebbe esterna a tale Piano.
2. Nella resistenza del Comune di Ginosa e con l’intervento ad opponendum della società Bluserena S.p.a., il TAR:
- dichiarava cessata la materia del contendere in ordine al ricorso principale e ai primi tre motivi aggiunti;
- respingeva i quarti motivi aggiunti;
- compensava le spese.
3. La sentenza è stata impugnata dal signor C, che ha affidato il proprio appello, ai seguenti motivi:
I. L’appellante ha anzitutto riproposto le critiche già dedotte in primo grado (con il settimo motivo), relativamente alla “salvezza” delle prescrizioni del PAI vigente per l’area oggetto di intervento. Non sarebbe infatti dato comprendere quali sarebbero le prescrizioni del Piano di Assetto Idrogeologico alle quali la prescrizione farebbe riferimento.
II. Egli ha quindi riproposto, in chiave critica rispetto alle argomentazioni del TAR, il secondo motivo dell’impugnativa articolata in primo grado ( ECCESSO DI POTERE – SVIAMENTO - VIOLAZIONE DELL’ART. 146 D. LGS. 42/2004), sottolineando, relativamente alla prima prescrizione, che non competerebbe all’organo deputato al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica la valutazione del “ carico antropico ” determinato dalla nuova opera, come pure che la pretesa della Commissione locale per il paesaggio di subordinare l’autorizzazione paesaggistica alla previa demolizione dei manufatti precari già esistenti sulla stessa area, oggetto di ordinanza di rimozione, sarebbe affetta da sviamento di potere.
Il manufatto è infatti strumentale e connesso all’attività turistica e ludico-ricreativa ivi svolta dal ricorrente che gestisce da anni un “ parco avventura ”, per il cui funzionamento sono necessarie le ulteriori strutture esistenti (ad es. biglietteria, servizio accettazione e informazioni).
A ciò si aggiunga che il PPTR prevede proprio in quella zona strutture amovibili per scopi turistici e che il progetto ha già ottenuto la favorevole valutazione di incidenza ambientale.
La densità edilizia e il peso antropico sono stati valutati – con il concorso della amministrazione per i beni paesaggistici – in sede di approvazione del P.R.G., che ivi ha localizzato un “ villaggio turistico ”.
III. L’appellante ha poi reiterato il motivo relativo alla “ VIOLAZIONE DELL’ART. 10 L. 241/90. ECCESSO DI POTERE (DIFETTO DI MOTIVAZIONE;OMESSA CONSIDERAZIONE DEI PRESUPPOSTI;SVIAMENTO )”.
La condizione apposta al parere definitivo reintrodurrebbe infatti una delle condizioni ostative espresse con il parere interlocutorio, senza la minima considerazione delle argomentazioni difensive che l’appellante aveva formulato.
Il deficit motivazionale, al contrario di quanto statuito dal TAR, sarebbe macroscopico.
In particolare, l’Amministrazione non avrebbe tenuto conto che, sia nel Piano paesaggistico che in quello urbanistico, l’area è destinata a “ villaggi turistici ”. La motivazione della impugnata prescrizione sarebbe poi del tutto carente per quanto concerne l’impatto visivo, nonché in relazione all’inserimento armonico della nuova costruzione nel contesto di un vastissimo “parco”, esteso circa 100.000 mq, a margine del quale esistono, a dire dell’appellante, solo modesti manufatti precari (oggetto di un’ordinanza di demolizione tuttora sub iudice );
IV. Relativamente alla violazione dell’art.10 bis della L.241/990 non sarebbero condivisibili le argomentazioni del TAR, anche laddove ha evidenziato che “ per giurisprudenza pacifica la s.c.i.a. o d.i.a. non sono qualificabili come provvedimenti amministrativi, ma come atti in tutto e per tutto del privato ”.
Il ricorrente aveva infatti denunciato l’omessa comunicazione delle ragioni ostative con riferimento al (solo) sub procedimento di autorizzazione paesaggistica. In tale segmento procedimentale, volto all’emanazione di un provvedimento che la legge definisce “ autonomo ” (art. 146, comma 4, d.lgs. n. 42/2004), permane obbligo dell’Amministrazione di sollecitare il confronto dialettico con il privato prima dell’emanazione del provvedimento negativo;
V. Come denunciato dal ricorrente nel quinto mezzo di impugnata, in relazione alla pendenza del ricorso straordinario avverso l’ordinanza di demolizione emessa nel 2018, la prima prescrizione si risolverebbe altresì nella sostanziale violazione dell’art. 24 Cost..
All’appellante sarebbe stata infatti imposta la scelta tra rinunciare alla tutela giurisdizionale avverso l’ordinanza di rimozione dei manufatti preesistenti, ovvero all’intervento autorizzato.
La decisione del TAR si fonderebbe pertanto sull’erroneo presupposto che i manufatti preesistenti debbano essere comunque eliminati, in quanto abusivi, laddove è tuttora pendente l’impugnativa in sede straordinaria degli ordini di demolizione.
VI. Sostituendosi - inammissibilmente - all’Amministrazione, il TAR avrebbe poi autonomamente effettuato un apprezzamento del merito della fattispecie, aggiungendo considerazioni del tutto assenti nel provvedimento impugnato.
VII. Attraverso la deduzione del vizio di invalidità derivata, il ricorrente aveva richiamato i profili di illegittimità delle ordinanze di rimozione delle strutture precarie preesistenti già denunciati in sede straordinaria.
Le opere in questione non sarebbero state peraltro soggette nemmeno ad autorizzazione paesaggistica, in quanto strutture precarie e stagionali a servizio di un’attività turistica (art. 2 del d.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31).
La valutazione di inammissibilità effettuata dal TAR non avrebbe considerato che il ricorrente non aveva inteso proporre ulteriori censure avverso le ordinanze di demolizione, già separatamente impugnate, bensì evidenziare che i vizi delle presupposte ordinanze di demolizione ricadevano in via derivata anche sulle prescrizioni impugnate.
4. Si sono costituiti, per resistere, la società Bluserena S.p.a. e il Comune di Ginosa i quali hanno articolato le propri difese nelle rispettive memorie, depositate il 23 marzo 2020.
5. Si è costituito, con comparsa di stile, il Ministero per i beni e le attività culturali – Soprintendenza archeologica belle arti e paesaggio delle Province di Brindisi, Lecce e Taranto.
6. Con memoria del 16 aprile 2020 l’appellante ha riproposto l’eccezione, già articolata in primo grado, relativa all’inammissibilità dell’intervento della società Bluserena.
7. Con ordinanza n. 2179 del 23 aprile 2020, l’istanza cautelare è stata respinta.
8. Le parti hanno depositato memorie conclusionali.
L’appellante e il Comune di Ginosa hanno depositato anche memorie di replica.
9. L’appellante e la società Bluserena hanno depositato note di udienza ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020.
10. Alla pubblica udienza del 28 gennaio 2021 l’appello è stato trattenuto per la decisione, ai sensi delle disposizioni testé richiamate.
11. In via preliminare, va respinta l’eccezione di inammissibilità dell’intervento ad opponendum di Bluserena S.p.a., che l’appellante ha riproposto con la memoria del 16 aprile 2020, a seguito della costituzione in appello dell’interveniente in primo grado.
Premesso infatti che tale eccezione era stata già sollevata in primo grado e, in quanto non esaminata dal TAR, avrebbe dovuto essere riproposta in sede di appello, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a. (cfr. Cons. Stato, sez. V, 5 giugno 2018, n. 3392), essa risulta comunque infondata nel merito.
E’ infatti giurisprudenza consolidata che, nel processo amministrativo, l’intervento ad opponendum a supporto della legittimità del provvedimento impugnato può essere giustificato anche dalla titolarità di un interesse di mero fatto (quale è, nella specie, quello della società interveniente, titolare di una struttura alberghiera situata nelle vicinanze dell’intervento di cui trattasi) che consenta alla parte di ritrarre un vantaggio indiretto e riflesso dalla reiezione del ricorso (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 7 agosto 2020, n. 4973;id., 10 febbraio 2020, n. 573).
Viceversa è l’intervento ad opponendum , rispetto all’appello dell’Amministrazione o del controinteressato, a non poter essere ammesso, in quanto risulterebbe esattamente speculare ad un non consentito intervento ad adiuvandum in primo grado per il soggetto titolare di posizione autonoma (cfr., ex plurimis , Cons. Stato, sez. IV, 29 agosto 2019, n. 5985;id., Adunanza plenaria, 28 gennaio 2015, n. 1).
12. Nel merito, l’appello è infondato e deve essere respinto.
Al riguardo, si osserva quanto segue.
13. Giova anzitutto richiamare, per una migliore comprensione dei fatti di causa, il contenuto dell’autorizzazione paesaggistica n. 12 del 28 maggio 2019 di cui sono contestate le “ prescrizioni ”.
Il provvedimento richiama anzitutto la precedente nota prot. n. 19323 del 25 luglio 2008 “ per mezzo della quale sono stati comunicati al sig. C i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza ”, unitamente alle “ osservazioni formulate dal sig. C per mezzo della memoria dell’1.8.2018 ”.
Viene poi sottolineato che tale osservazioni “non appaiono totalmente meritevoli di accoglimento in quanto:
- L’attività istruttoria volta al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica non può limitarsi alla singola ed autonoma valutazione dell’opera da assentire ma deve essere effettuata in relazione all’intero contesto paesaggistico in cui la stessa (opera) è inserita ;
- Il contesto paesaggistico in cui si inserisce l’opera oggetto del presente provvedimento è costituito da numerose opere realizzate in assenza di qualsivoglia titolo abilitativo, oggetto di ordinanze di demolizione nn. 22/18 e 24/18 ;
- Contrariamente a quanto assentito nella suddetta memoria, l’autorità preposta alla tutela del paesaggio, ai fini delle valutazioni di propria competenza, deve necessariamente valutare l’impatto che gli interventi antropici hanno sul paesaggio circostante ;
- Nel caso di specie, la coesistenza degli interventi realizzati dal signor C in assenza del titolo abilitativo e di quello oggetto del presente procedimento, appare idonea a determinare, in ragione della natura ed entità delle medesime (opere) un notevole impatto antropico incidente sul bene paesaggistico oggetto di tutela . [...]”.
Il provvedimento richiama poi il parere favorevole con prescrizioni emesso dalla Commissione locale per il paesaggio (verbale n. 17 del 7 novembre 2018) e prende atto dal fatto che, nei tempi previsti dal comma 5, art. 11, del d.P.R. n. 31/2017, la Soprintendenza non ha espresso il parere di competenza, con conseguente formazione del silenzio – assenso così come previsto dal comma 9 della medesima disposizione.
Il verbale del 7 novembre 2018, fa peraltro seguito alla precedente determinazione della Commissione del 25 luglio 2018 con la quale erano state chieste al signor C numerose integrazioni documentali, relative al “ reale stato di fatto del luogo oggetto di intervento ”, ed era stato altresì chiarito che, ai fini dell’espressione di un parere favorevole, avrebbe dovuto essere rimossa la preesistenza edilizia abusiva;ciò in quanto “ la compresenza della struttura da realizzare e di quella preesistente (tra l’altro illegittima e oggetto di ordinanza di demolizione ) determinano un impatto antropico eccessivo sull’area di intervento ”.
Nel verbale del 7 novembre 2018, la Commissione, oltre a confermare la predetta prescrizione e a far “ salve le prescrizioni del PAI vigente per l’area oggetto di intervento ”, aveva inoltre precisato che “ il presente parere è espresso anche ai sensi dell’art. 63, comma 3 B4 delle NTA del PPTR del Febbraio 2015, in cui per le aree di rispetto dei boschi sono ammissibili “strutture facilmente rimovibili di piccole dimensioni per attività connesse al tempo libero, realizzate in materiali ecocompatibili che non compromettano i caratteri dei luoghi ” [..]”.
Nell’autorizzazione n. 12/2019, infine, il R.U.P. ha fatto proprio il “ parere favorevole con prescrizioni della C.L.P. di cui al verbale n. 17 del 7.11.2018 così come confermato in ragione del silenzio assenso formatosi sullo stesso ”, oltre a far “ salvi tutti i pareri acquisiti in atti con le relative prescrizioni di seguito riportate: a) che le preesistenze oggetto di ordinanza di demolizione siano effettivamente rimosse;b) siano fatte salve le prescrizioni del PAI vigente per l’area oggetto di intervento ”.
14. Ciò posto, i motivi articolati in primo grado, reiterati in appello, sono infondati, risultando condivisibili le argomentazioni svolte dal TAR.
14.1. Relativamente alla prima condizione, afferente alla “salvezza” del P.A.I., rileva il Collegio che l’impugnativa risulta, prima ancora che infondata, inammissibile, trattandosi di clausola non incidente sul parere favorevole di conformità paesaggistica, bensì avente valenza meramente ricognitiva.
Essa si limita infatti a richiamare – peraltro in via “eventuale”, e quindi per quanto vigenti e applicabili – le prescrizioni in materia idrogeologica che l’istante avrebbe dovuto comunque rispettare.
A tal riguardo, le parti appellate hanno documentato – contrariamente a quanto inizialmente dedotto dall’appellante – che l’area interessata dal manufatto per cui è causa è interessata dalla disciplina di tutela dettata, in particolare, dalla ex Autorità di Bacino della Basilicata, tale da imporre per ogni eventuale futuro intervento la richiesta di parere alla competente Autorità (in particolare, ai sensi dell’art. 7, commi 2 e 5, delle Norme Tecniche di Attuazione allegate al “Piano Stralcio per la Difesa dal Rischio Idrogeologico”).
Né, invero, il Comune era tenuto a fornire più precise indicazioni circa le prescrizioni da rispettare, non essendo l’amministrazione specificamente preposta alla tutela del vincolo idrogeologico.
In definitiva, la prescrizione consiste soltanto nel richiamo a disposizioni vigenti che l’interessato è tenuto a conoscere, così come chiunque intenda eseguire un intervento edilizio è tenuto a verificare il regime e le prescrizioni vincolistiche insistenti sul suolo interessato.
14.2. Anche la seconda condizione risulta legittima e ragionevole.
14.2.1. In primo luogo, come ricordato dalla Commissione locale per il paesaggio, il giudizio di compatibilità paesaggistica non può considerare atomisticamente il solo manufatto interessato, ma deve necessariamente tener conto del più ampio contesto in cui esso si inserisce.
In tale ottica, è quindi evidente che la prescrizione apposta all’autorizzazione non persegue una finalità, per così dire, di enforcement dei provvedimenti di demolizione già adottati, quanto di esclusione dal giudizio di compatibilità paesaggistica dei manufatti preesistenti, in quanto, in ragione della loro “natura” ed “entità”, essi aggravano ulteriormente il già considerevole carico antropico incidente sull’area naturalistica di riferimento.
Peraltro, come evidenziato dal Comune, la nozione di “ carico antropico ” in un parere di compatibilità paesaggistica individua l’impatto che gli interventi umani producono sul contesto naturale del paesaggio, e quindi rispetto ad essa è recessiva la destinazione urbanistica, residenziale o turistica, del manufatto realizzato.
14.2.2. Se dunque, come appena evidenziato, la prescrizione di cui si discute è frutto di una autonoma valutazione di tipo paesaggistico, è del tutto irrilevante il fatto che gli ordini di demolizione dei medesimi manufatti, adottati in ragione della loro abusività, siano tuttora sub iudice (per effetto dell’impugnativa interposta dall’appellante in sede straordinaria).
Per altro verso - se, da un lato, risulta del ragionevole che il Comune richiami la doverosità dell’esecuzione di un proprio provvedimento ripristinatorio tuttora valido ed efficace, in quanto non sospeso in via cautelare - dall’altro è all’interessato che compete di effettuare le proprie scelte e valutazioni conseguenti al parere di conformità paesaggistica “condizionato”.
14.2.3. Relativamente alla pendenza del ricorso avverso i pregressi ordini di demolizione, è altresì perfettamente condivisibile quanto fatto osservare dal TAR circa la non riproducibilità nella presente sede giudiziale delle censure formulate (o che avrebbero dovuto essere formulate) in sede di impugnazione dei predetti ordini di demolizione.
14.2.4. Del pari infondate sono le reiterate censure di invalidità derivata.
I pregressi ordini di demolizione non sono avvinti da un vincolo logico – giuridico di presupposizione, rispetto alla prescrizione impugnata, la quale prende in considerazione i manufatti preesistenti nella loro essenza materiale, e quindi esclusivamente ai fini della valutazione della loro incidenza sul paesaggio.
Tanto ciò è vero che la prescrizione rimarrebbe legittima anche se le ordinanze di demolizione venissero annullate.
14.2.5. Non può inoltre imputarsi al TAR di avere effettuato un, non consentito, apprezzamento di merito amministrativo, ad integrazione della motivazione del provvedimento impugnato.
Il primo giudice, attraverso l’analisi obiettiva della consistenza dei manufatti preesistenti, si è infatti semplicemente limitato a verificare la ragionevolezza della prescrizione apposta dal Comune.
Al riguardo, va infatti ricordato che, secondo le prescrizioni del PPTR richiamate dalla Commissione locale per il paesaggio, per l’area di cui si verte sono ammesse solo strutture di piccole dimensioni, facilmente rimovibili, “ che non compromettano i caratteri dei luoghi ”.
E tali evidentemente non sono le opere richiamate dal TAR, tra cui figurano:
“a ) n.2 manufatti prefabbricati in struttura lignea nei quali sono allocati n.8 servizi igienici collegati a n.4 pozzetti di raccolta dei reflui sprovvisti della necessaria autorizzazione allo scarico e/o stoccaggio dei reflui così come previsto dalle norme vigenti ed in particolare dai Regolamenti Regionali - Puglia n. 26/2011 e n. 07/2016. Tali servizi igienici abusivi, difatti, sono stati già oggetto di ispezione congiunta della ASL territorialmente competente, unitamente alle forze dell’ordine, ed oggetto di ordinanza sindacale di chiusura e rimozione;
b) n.2 serbatoi di acqua installati nei pressi dei servizi igienici di cui al precedente punto a);
c) n.1 serbatoio di gasolio della capacità di lt.