Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-10-01, n. 201906556
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Pubblicato il 01/10/2019
N. 06556/2019REG.PROV.COLL.
N. 03262/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3262 del 2019, proposto da:
MAGIC SARDA S.A.S. DI DEL PRETE TIZIANO &C, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati F A, A I, G M L, C S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio F A in Roma, via Giunio Bazzoni, n. 1;
contro
COMUNE DI ARZACHENA, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato S F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI, SOPRINTENDENZA ARCHEOLOGIA BELLE ARTI E PAESAGGIO PROVINCE DI SASSARI E NUORO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
nei confronti
NOI TRE S.R.L., non costituito in giudizio;
per l’ottemperanza
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna n. 247 del 2019;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 26 settembre 2019 il Cons. Dario Simeoli e uditi per le parti gli avvocati A I, S F e Marco Stigliano Messuti dell’Avvocatura dello Stato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Ritenuto che il giudizio può essere definito con sentenza in forma semplificata, emessa ai sensi dell’art. 74 c.p.a.;
Rilevato in fatto che:
- la società appellante, comproprietaria in Arzachena della piazzetta del Ventaglio e del prospiciente porticato, impugnava dinanzi al T.a.r. per la Sardegna la concessione in sanatoria n. 88 del 2015 rilasciata dal Comune alla Società Noi TRE s.r.l. (sulla richiesta di condono edilizio n. 827 del 2004, ai sensi della legge regionale n. 4 del 2004), per la realizzazione di un gazebo «antistante il locale commerciale» della controinteressata ed occupante la predetta piazzetta del Ventaglio;
- con motivi aggiunti, l’appellante chiedeva altresì l’annullamento del provvedimento unico n. 89 del 2016, con cui la controinteressata era stata nel frattempo autorizzata anche ad installare una tenda ombreggiante di completamento del citato gazebo;
- con la sentenza passata in giudicato n. 153 del 2017, il Tribunale Amministrativo della Sardegna ‒respinto il primo motivo (con cui la ricorrente lamentava l’illegittimità della concessione impugnata, per violazione del vincolo di rispetto dei 300 metri dalla linea di battigia), e parte del secondo motivo (sull’incompetenza dell’organo comunale al rilascio del parere sulla compatibilità paesaggistica) ‒ dichiarava l’illegittimità dei provvedimenti impugnati, in ragione della mancata acquisizione del parere della Soprintendenza, rilevando quando segue:
«[…] la disciplina dell’autorizzazione paesaggistica non può essere derogata dalla Regione Sardegna attraverso l’introduzione di innovazioni sostanziali e procedurali tali da determinare, in concreto, una disciplina di minor tutela, come avverrebbe se si escludesse la necessità dell’intervento della Soprintendenza previsto dalla normativa statale. Pertanto, deve ritenersi, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata, che nei procedimenti relativi al rilascio di pareri relativi al condono di abusi realizzati in zone sottoposte a vincoli debba trovare applicazione la normativa statale che, come detto, prevede l’acquisizione del parere vincolante della Soprintendenza […]»;
«[…] Ebbene dagli atti di causa non risulta che nel caso di specie, prima dell’adozione del provvedimento impugnato, la competente Soprintendenza sia mai stata coinvolta nel procedimento sfociato nella concessione in sanatoria richiesta sebbene la qualificazione del parere come vincolante, direttamente stabilita dal legislatore, comporti l’idoneità di tale atto a condizionare l’esito finale del procedimento. Consegue dunque alla natura sostanzialmente decisoria del parere in questione che la fase procedimentale doveva necessariamente coinvolgere l’organo chiamato a formulare le valutazioni in merito alla compatibilità paesaggistica dell’intervento abusivo, dalle quali l’amministrazione investita della titolarità formale del procedimento non può discostarsi, (cfr. T.A.R. Liguria, sez. I, 26 marzo 2015, n. 345 e 25 giugno 2014, n. 1014). Né a superare il vizio del procedimento vale l’argomento sollevato dalla difesa comunale secondo il quale il Direttore del Servizio Tutela del paesaggio di Sassari, con nota n. 4872 del 24.10.2002, aveva disposto che i pareri di apprezzamento degli interessi paesaggistici in ordine alle costruzioni oggetto di condono edilizio non dovevano trasmettersi alla competente Soprintendenza giacché, a prescindere da ogni ulteriore rilievo in ordine alla legittimità di tale disposizione, non può non rilevarsi che la portata dispositiva di tale nota è stata integralmente superata dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 42/2004 […]»;
- le altre censure proposte con il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti venivano assorbiti;
- con ricorso per ottemperanza, notificato il 1 ottobre 2018, la Società Magic Sarda lamentava la mancata ottemperanza di tale sentenza da parte dell’Amministrazione;
- nello stesso giudizio di ottemperanza, con motivi aggiunti, impugnava due provvedimenti adottati nelle more della definizione del giudizio di ottemperanza (chiedendone la declaratoria di nullità ed, in via subordinata, l’annullamento nell’eventualità che i vizi sollevati fossero qualificati come non violativi o elusivi della sentenza da eseguire), e segnatamente: i) il provvedimento di condono edilizio n. 111 del 16 novembre 2018 rilasciato dal Comune si Arzachena (sempre sulla domanda originaria n. 827 del 2004), a seguito del decorso del termine di 90 giorni per la pronuncia della Soprintendenza;ii) l’autorizzazione unica n. 354 del 20 novembre 2018, di accoglimento della domanda (originariamente) presentata dalla controinteressata in data 5 aprile 2016, per l’installazione di una tenda ombreggiante di completamento ad un gazebo esistente;
- il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna, con sentenza n. 247 del 2019, così statuiva: rigettava la domanda di nullità, dichiarava la cessazione della materia del contendere sul ricorso per l’ottemperanza al giudicato, rimetteva sul ruolo ordinario la subordinata domanda di annullamento per violazione di legge;
- avverso la predetta sentenza, ha proposto appello la società Magic Sarda s.a.s. di Del Prete Tiziano &C, riproponendo in sostanza le censure già proposte in primo grado, sia pure adattate all’impianto motivazionale della sentenza gravata;
- in particolare, secondo l’appellante:
i) il Comune non avrebbe adempiuto all’obbligo derivante dal giudicato in quanto, nell’inviare la documentazione della pratica alla Soprintendenza, non avrebbe esplicitamente richiesto il parere paesaggistico ex art. 167, comma 5, del d.lgs. n. 42 del 2004, offrendo una rappresentazione meramente parziale ed atomistica della struttura;
ii) gli immobili ubicati in aree sottoposte a vincolo paesaggistico o ambientale non potrebbero essere sottoposti a sanatoria tacita, essendo necessario in ogni caso il parere espresso dall’autorità competente alla gestione del vincolo;
iii) l’Amministrazione comunale avrebbe dovuto comunque riesaminare l’affare nella sua interezza, in relazione quindi anche alle censure rimaste assorbite;
- si sono costituiti in giudizio il Ministero dei beni e delle attività culturali ed il Comune di Arzachena, insistendo entrambi per il rigetto del gravame;
Ritenuto in diritto che:
- la sentenza di primo grado deve essere integralmente confermata;
- § l’eccezione di inammissibilità del ricorso in ottemperanza ‒ per avere la ricorrente proposto, unitamente ad esso, anche domanda di annullamento per motivi di legittimità ‒ è infondata, in quanto è ben ammissibile la proposizione di un solo ricorso davanti al giudice dell’ottemperanza avverso tutti i provvedimenti emanati dall’amministrazione successivamente al giudicato di annullamento di un precedente provvedimento, in luogo dei due che l’interessato altrimenti, per ragioni di cautela processuale, sarebbe necessitato ad esperire;
- l’esigenza di consentire l’unitaria trattazione di tutte le censure riscontrate a fronte della riedizione del potere si spiega in considerazione del fatto che ciò viene richiesto al giudice, sia pure per il tramite di due distinte domande, è pur sempre la concreta e precisa configurazione della patologia dell’atto amministrativo contestato ‒ precisamente: se esso debba essere considerato nullo, in quanto elusivo o violativo di giudicato, ovvero illegittimo per vizi propri e per la prima volta rilevabili ‒, cosicché il giudice non può che essere chiamato ad un esame complessivo della vicenda;
- il giudice dell’ottemperanza, in presenza di una tale opzione processuale, è chiamato in primo luogo a qualificare le domande prospettate, distinguendo quelle attinenti propriamente all’ottemperanza da quelle che invece hanno a che fare con il prosieguo dell’azione amministrativa che non impinge nel giudicato, traendone le necessarie conseguenze quanto al rito ed ai poteri decisori;
- nel caso in cui il giudice dell’ottemperanza ritenga che il nuovo provvedimento emanato dall’amministrazione costituisca violazione ovvero elusione del giudicato, dichiarandone così la nullità, a tale dichiarazione non potrà che seguire la improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse della seconda domanda;
- viceversa, in caso di rigetto della domanda di nullità il giudice disporrà la conversione dell’azione per la riassunzione del giudizio innanzi al giudice competente per la cognizione (così l’Adunanza Plenaria, 15 gennaio 2013, n. 2);
- ciò in conformità con il codice di rito che, all’art. 32, co. 2, primo periodo, c.p.a., prevede che «il giudice qualifica l’azione proposta in base ai suoi elementi sostanziali», e la conversione dell’azione è ben possibile, ai sensi del secondo periodo del medesimo comma, «sussistendone i presupposti»;
- § nel merito, va preliminarmente circoscritto l’ambito delle preclusioni, discendenti dal giudicato formatosi sulla precedente concessione in sanatoria, tenuto conto che la dimensione oggettiva del giudicato amministrativo è correlata all’oggetto del processo e alla struttura del giudizio;
- i limiti oggettivi del giudicato amministrativo, infatti, sono saldamente ancorati agli specifici argomenti di fatto e di diritto che integrano la violazione accertata dal giudice;
- occorre quindi previamente isolare il «dispositivo sostanziale» della motivazione, che nel processo amministrativo oltrepassa la funzione meramente giustificativa della decisione, in quanto può conformare la successiva attività amministrativa;
- su queste basi, ritiene in Collegio che il giudicato di annullamento della concessione in sanatoria (di cui alla citata sentenza n. 153 del 2017) non è rimasto inattuato;
- la statuizione demolitoria, come si detto sopra, era fondata unicamente sulla mancata acquisizione del parere vincolante della Soprintendenza, come invece prescritto dall’art. 167, comma 5, del d.lgs. n. 42 del 2004;
- il vincolo conformativo, da osservarsi in sede di riedizione del potere, consisteva dunque nella mera riapertura del procedimento ai fini del coinvolgimento della Soprintendenza;
- l’Amministrazione ha ovviato al predetto vizio procedurale inoltrando la documentazione necessaria alla Soprintendenza, con PEC del 21 marzo 2017 prot. n. 11491;
- § è destituita di fondamento la censura secondo cui il Comune si sarebbe limitato a trasmettere alla Soprintendenza la domanda di rilascio del parere paesaggistico, senza illustrare lo stato attuale dell’intera struttura, composta dal gazebo e dal suo completamento;
- l’Amministrazione comunale, infatti, correttamente ha trasmesso alla Soprintendenza la pratica di condono relativa al solo gazebo, in quanto solo in riferimento a detto abuso (oggetto della domanda di condono) doveva acquisirsi il relativo parere dell’organo ministeriale preposto alla cura del vincolo paesaggistico, mentre la struttura di completamento doveva essere autorizzata per le vie “ordinarie”, proprio sul presupposto dell’avvenuto condono del gazebo di cui costituiva un complemento;
- § neppure può addebitarsi all’Amministrazione di avere omesso di considerare le censure rimaste assorbite (e rinunciate perché non riproposte tramite la proposizione di appello) e quindi estranee all’oggetto dell’oggetto del giudicato;
- le ulteriori censure relative agli elementi costitutivi della fattispecie normativa di sanatoria ‒ quali: la non esclusiva disponibilità da parte della controinteressata dell’area sulla quale è stata realizzata la struttura;la genericità e il difetto di motivazione dell’autorizzazione paesaggistica;la non sanabilità della struttura abusiva essendo state realizzate nuove superfici utili;la mancata prova della data di ultimazione dei lavori oggetto della richiesta di condono ‒ non possono essere invocate nel giudizio di ottemperanza, bensì al più (ricorrendone i presupposti) tradursi in censure di legittimità del titolo sopravvenuto;
- § da ultimo, correttamente il parere obbligatorio della Soprintendenza è stato acquisito per silentium , ai sensi dell’art. 17- bis della legge n. 241 del 1990, il cui comma 3 espressamente stabilisce che le disposizioni in tema di silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche si applicano anche «ai casi in cui è prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale […]» – e quindi anche ai procedimenti di l’accertamento della compatibilità paesaggistica di cui all’art. 167, comma 4, del d.l.gs n. 42 del 2004 –, precisando altresì che: «In tali casi, ove disposizioni di legge o i provvedimenti di cui all’articolo 2 non prevedano un termine diverso, il termine entro il quale le amministrazioni competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta è di novanta giorni dal ricevimento della richiesta da parte dell’amministrazione procedente. Decorsi i suddetti termini senza che sia stato comunicato l’assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito»;
- § respinta la domanda di nullità degli atti, correttamente il giudice di prime cure ha ritenuto che la sede per sindacare la legittimità dell’atto in sede di riedizione del potere amministrativo, sotto profili che non avevano formato oggetto delle statuizioni della sentenza, non poteva che essere il giudizio ordinario di cognizione e non il giudizio di ottemperanza, disponendo conseguentemente la conversione del rito;
- per le ragioni che precedono, l’appello è infondato e va respinto;
- le spese del secondo grado di lite vanno compensate, in considerazione della particolarità della vicenda e della prosecuzione della controversia in sede di giurisdizione di legittimità;