Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-12-31, n. 201406453

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-12-31, n. 201406453
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201406453
Data del deposito : 31 dicembre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02974/2012 REG.RIC.

N. 06453/2014REG.PROV.COLL.

N. 02974/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2974 del 2012, proposto dalla società Iannetta Angelo Michele Costruzioni s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandataria dell’A.t.i. con la ditta Sacip e dalla ditta Sacip, in persona del legale rappresentante pro tempore , in proprio e quale mandante della medesima A.t.i., tutti rappresentati e difesi dagli avvocati G Gffre' e L S, con domicilio eletto presso il primo in Roma, Via degli Scipioni, 288;

contro

Comune di Deliceto, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ma Iossa, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giuseppe Raguso in Roma, Via Muzio Clementi, 9;

nei confronti di

Società Ecogeo Drilling Rgmb s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , in proprio e quale mandataria dell’A.t.i. con la società Agecos s.p.a., e società Agecos s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , in proprio e quale mandante della medesima A.t.i., tutti rappresentati e difesi dall'avvocato Stefano Aquilino, con domicilio eletto presso l’avvocato Marco Petrini in Roma, piazza Villa Carpegna, 58;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Puglia – Bari - Sezione I, n. 77 dell’11 gennaio 2012.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del comune di Deliceto e dell’A.t.i. costituita fra le società Ecogeo Drilling Rgmb e Agecos;

Viste le memorie difensive depositate dall’A.t.i. appellante (in data 2 e 5 dicembre 2014) e dal comune di Deliceto (in data 2 e 5 dicembre 2014);

Vista la produzione documentale depositata dall’A.t.i. appellante in data 26 novembre 2014;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2014 il consigliere Vito Poli e uditi per le parti gli avvocati Strano, G. Iossa su delega di M. Iossa e Aquilino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla procedura di gara indetta dal comune di Deliceto (Foggia) per l’affidamento dei lavori di risanamento dei dissesti verificatisi nella zona di piazza Europa (cfr. bando in data 6 dicembre 2004).

1.1. La gara è stata aggiudicata all’A.t.i. costituita fra le società Ecogeo Drilling Rgmb e Agecos (in prosieguo ditta Ecogeo);
al secondo posto si è classificata l’A.t.i. costituita fra la società Iannetta Angelo Michele Costruzioni s.r.l. e la ditta Sacip (in prosieguo ditta Iannetta).

1.2. La ditta Iannetta ha proposto ricorso al T.a.r. per il Molise chiedendo:

a) l’annullamento della procedura;

b) il risarcimento del danno in forma specifica mediante assegnazione dei lavori;

c) il risarcimento del danno per equivalente monetario derivante dalla mancata aggiudicazione;
giova fin da ora precisare che in relazione a tale domanda la ditta Iannetta si è limitata a chiedere la corresponsione, a titolo di mancata percezione dell’utile d’impresa, del 10% del valore della base d’asta (per un totale di 100.000 euro), nonché il danno curriculare da liquidarsi nella percentuale del 2% del prezzo offerto.

1.3. Nelle more del giudizio di primo grado:

a) il Consiglio di Stato – con decisione n. 6816 del 21 novembre 2006 – ha indicato come competente il T.a.r. per la Puglia, condannando la ditta Iannetta alla refusione delle spese del regolamento di competenza;

b) l’appalto è stato integralmente eseguito.

2. L’impugnata sentenza - T.a.r. per la Puglia – Bari - Sezione I, n. 77 dell’11 gennaio 2012 -:

a) ha dichiarato improcedibile la domanda di annullamento della procedura di gara;

b) ha negato la sussistenza dell’interesse della ditta ricorrente all’accertamento della illegittimità della procedura, ai sensi dell’art. 34, co. 3, c.p.a., essendo del tutto sfornita di prova la correlata domanda risarcitoria per equivalente monetario;

c) ha respinto la domanda di risarcimento del danno per equivalente monetario;

d) ha compensato fra le parti costituite le spese di lite.

3. Avverso la su menzionata sentenza la ditta Iannetta ha interposto appello - notificato il 10 aprile 2010 e depositato il successivo giorno 22 aprile – da un lato criticando le statuizioni sfavorevoli, dall’altro riproponendo i motivi impugnatori non esaminati dal T.a.r.

4. Si sono costituiti il comune di Deliceto e la ditta Ecogeo deducendo l’infondatezza del gravame in fatto e diritto.

5. Con la memoria di replica in data 5 dicembre 2014 il comune di Deliceto ha eccepito l’inammissibilità del deposito documentale effettuato dalla ditta Iannetta in data 26 novembre 2014.

6. La causa è stata assunta in decisione all’udienza pubblica del 18 dicembre 2014.

7. L’appello è infondato

8. Preliminarmente il collegio rileva l’inammissibilità della produzione documentale in data 26 novembre 2014 perché effettuata dalla ditta Iannetta in violazione del divieto dei nova sancito dall’art. 104, co. 2, c.p.a. senza che ricorrano le eccezionali circostanze derogatorie divisate dalla medesima disposizione.

9. Con il primo complesso motivo di gravame (pagine 4 – 10 dell’atto di appello) la ditta Iannetta lamenta che:

a) la stazione appaltante avrebbe ritardato oltre modo l’accesso agli atti di gara avvenuto solo in data 9 marzo 2005;

b) la violazione dell’art. 34, co. 3, c.p.a. che, in presenza di una domanda risarcitoria, obbligherebbe sempre e comunque il giudice a riscontrare l’eventuale illegittimità delle procedure di gara;

c) la liquidazione del danno da mancata aggiudicazione deve avvenire facendo applicazione del criterio forfettario e presuntivo del 10% del valore dell’offerta economica, sicché la prova del danno è da considerarsi in re ipsa una volta assodata la colpa della stazione appaltante;

d) l’omessa applicazione, da parte del T.a.r., del criterio dell’equità c.d. integrativa sancito dall’art. 1226 c.c.;

e) l’omessa pronuncia sul danno curriculare da riconoscersi automaticamente in misura percentuale pari ad una forbice compresa fra l’1% e il 5% dell’importo globale dell’appalto da eseguirsi.

9.1. Il motivo è insuscettibile di favorevole esame.

9.2. In fatto è sufficiente evidenziare che dall’esame della produzione documentale ritualmente versata nel fascicolo di primo grado emerge:

a) il tempestivo positivo riscontro da parte del comune (in data 5 febbraio 2005) alla richiesta di accesso avanzata dalla ditta Iannetta (il 2 febbraio 2005), il positivo accesso presso la sede dell’ente in data 8 febbraio 2005, la necessità di un termine di venti giorni per fotocopiare la voluminosa documentazione richiesta, l’onere del privato di corrispondere preventivamente i relativi costi (pari ad euro 250,00), nonché, infine, la mancata attivazione dei rimedi giustiziali previsti dall’ordinamento per la tutela del privato in relazione ai ritardi della pubblica amministrazione anche in materia di accesso agli atti;

b) la carenza di qualsivoglia prova a corredo delle generiche allegazioni delle richieste voci di danno.

9.3. Osserva in diritto il Collegio, sulla scorta di consolidati e risalenti principi elaborati dalla giurisprudenza di questo Consiglio - in tema di determinazione del danno da mancata aggiudicazione di gara d’appalto (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 8 agosto 2014, n. 4284;
Sez. V, 25 giugno 2014, n. 3220;
Sez. IV, 18 novembre 2013, n. 5453;
Sez. IV, 12 febbraio 2013, n. 848;
Sez. V, 20 aprile 2012, n. 2317;
Sez. V, 2 novembre 2011, n. 5837;
Sez. V, 30 giugno 2011, n. 3670;
Ad. plen., 23 marzo 2011, n. 3;
Sez. VI, 21 maggio 2009 n. 3144;
Sez. V, 6 aprile 2009, n. 2143;
Sez. V, 17 ottobre 2008, n. 5098;
Sez, V, 5 aprile 2005, n. 1563;
Sez. VI, 4 aprile 2003, n. 478), e di accertamento dell’interesse ad agire (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 23 ottobre 2014, n. 5255/ord.;
Sez. V, 8 agosto 2014, n. 4284;
Ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 9;
Sez. V, 14 dicembre 2011, n. 6541) - dai quali non intende decampare, che:

a) è conforme al principio di economia dei mezzi processuali (quale corollario della ragionevole durata del processo, ex art. 2, co. 2, c.p.a.), ed al necessario rigoroso riscontro delle condizioni dell’azione in funzione deflattiva del contenzioso (anche in relazione a pretese di mero accertamento), la declaratoria, da parte del giudice amministrativo, di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse della domanda impugnatoria e di quella di accertamento ex art. 34, co. 3, c.p.a., quando sia esclusa, da un lato, la possibilità di somministrare la tutela risarcitoria (in forma specifica o per equivalente monetario), dall’altro, la sussistenza di un concreto interesse morale (in materia contrattuale configurabile solo per talune ipotesi di esclusione fondate sulla mancanza, lato sensu, di onorabilità dell’impresa);

b) la prova della esistenza e quantificazione del danno da mancata aggiudicazione della procedura di gara deve essere data nel corso del giudizio di primo grado, in quanto è in tale ambito che si definisce il thema decidendum vel probandum attraverso la rituale notificazione delle correlate domande;

c) ai sensi degli artt. 30, 40 e 124, comma 1, c.p.a., il danneggiato deve offrire la prova dell’ an e del quantum del danno che assume di aver sofferto mentre il giudice amministrativo è chiamato a valutare (ex art. 30, co. 3, c.p.a.), senza necessità di eccezione di parte e acquisendo anche d'ufficio gli elementi di prova all'uopo necessari, se il presumibile esito del ricorso di annullamento dell'atto illegittimo e dell'utilizzazione degli altri strumenti di tutela avrebbe evitato in tutto o in parte il danno, secondo un giudizio di causalità ipotetica basato su una logica probabilistica che apprezzi il comportamento globale del ricorrente;

d) spetta all’impresa danneggiata offrire la prova dell’utile che in concreto avrebbe conseguito, qualora fosse risultata aggiudicataria dell'appalto, poiché nell’azione di responsabilità per danni il principio dispositivo opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell’azione di annullamento (ex art. 64, co. 1 e 3, c.p.a.);
quest’ultimo, infatti, in tanto si giustifica in quanto sussista la necessità di equilibrare l’asimmetria informativa tra amministrazione e privato la quale contraddistingue l’esercizio del pubblico potere ed il correlato rimedio dell’azione di impugnazione, mentre non si riscontra in quella consequenziale di risarcimento dei danni, in relazione alla quale il criterio della c.d. vicinanza della prova determina il riespandersi del predetto principio dispositivo sancito in generale dall’art. 2697, co. 1, c.c.;

e) il ricorso alla valutazione equitativa, ai sensi dell'art. 1226 cod. civ. è ammesso soltanto in presenza di situazione di impossibilità - o di estrema difficoltà - di una precisa prova sull'ammontare del danno;

f) le parti non possono sottrarsi all'onere probatorio e rimettere l'accertamento dei propri diritti all'attività del consulente tecnico d’ufficio neppure nel caso di consulenza cosiddetta "percipiente", che può costituire essa stessa fonte oggettiva di prova, demandandosi al consulente l'accertamento di determinate situazioni di fatto, giacché, anche in siffatta ipotesi, è necessario che le parti stesse deducano quantomeno i fatti e gli elementi specifici posti a fondamento di tali diritti;

g) la prova in ordine alla quantificazione del danno può essere raggiunta anche mediante presunzioni;
per la configurazione di una presunzione giuridicamente valida non occorre che l'esistenza del fatto ignoto rappresenti l'unica conseguenza possibile di quello noto, secondo un legame di necessarietà assoluta ed esclusiva (sulla scorta della regola della inferenza necessaria), ma è sufficiente che dal fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto, alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull'" id quod plerumque accidit " (in virtù della regola dell'inferenza probabilistica), sicché il giudice può trarre il suo libero convincimento dall'apprezzamento discrezionale degli elementi indiziari prescelti, purché dotati dei requisiti legali della gravità, precisione e concordanza, mentre non può attribuirsi valore probatorio ad una presunzione fondata su dati meramente ipotetici;

h) va esclusa la pretesa di ottenere l'equivalente del 10% dell'importo a base d'asta, sia perché detto criterio esula storicamente dalla materia risarcitoria, sia perché non può essere oggetto di applicazione automatica ed indifferenziata (non potendo formularsi un giudizio di probabilità fondato sull’id quod plerumque accidit secondo il quale, allegato l’importo a base d’asta, può presumersi che il danno da lucro cessante del danneggiato sia commisurabile al 10% del detto importo);

i) il mancato utile spetta nella misura integrale solo se l’impresa concorrente dimostra di non aver potuto altrimenti utilizzare mezzi e maestranze, in quanto tenuti a disposizione in vista dell'aggiudicazione;
in difetto di tale dimostrazione, è da ritenere che l'impresa possa aver ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per altri lavori o servizi, con la conseguente decurtazione del risarcimento di una misura equitativamente determinata a titolo di aliunde perceptum vel percipiendum ;

l) anche per il cd. danno curricolare il creditore deve offrire prova puntuale del nocumento che asserisce di aver subito (il mancato arricchimento del proprio curriculum professionale), quantificandolo in una misura percentuale specifica applicata sulla somma liquidata a titolo di lucro cessante (evenienza questa che non si è verificata nel caso di specie perché la ditta ricorrente non ha fornito la prova dell’entità della sorte capitale dovuta a titolo di mancato utile effettivo).

10. La reiezione del primo motivo di appello esime il collegio dall’esaminare le originarie censure di primo grado riproposte con il secondo mezzo di gravame (pagine 10 – 14 dell’atto di appello), nonché il terzo ed ultimo mezzo (pagina 14 dell’atto di appello) con cui si contesta la clausola di compensazione delle spese del giudizio di primo grado sotto il profilo che non sarebbe stata preceduta dalla doverosa valutazione in ordine alla soccombenza virtuale del comune.

11. Sulla scorta delle rassegnate conclusioni è giocoforza respingere l’appello.

12. Gli onorari del presente grado di giudizio, regolamentati secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidati in dispositivo tenuto conto dei parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n. 55.

13. Il Collegio rileva che la pronuncia di infondatezza del ricorso si fonda, come dianzi illustrato, su ragioni manifeste che integrano i presupposti applicativi delle norme sancite dall’art. 26 c.p.a. secondo l’interpretazione che ne è stata data dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr., Sez. V, n. 5758 del 2014;
Sez. V, 11 giugno 2013, n. 3210;
Sez. V, 31 maggio 2011, n. 3252;
Sez. V, 26 marzo 2012, n. 1733, cui si rinvia a mente degli artt. 74 e 88, co. 2, lett. d), c.p.a. anche in ordine alle modalità applicative ed alla determinazione della pena pecuniaria – ex art. 26, co. 2, c.p.a.).

Le conclusioni cui è pervenuta la giurisprudenza del Consiglio di Stato sul punto in esame sono state, nella sostanza, recepite dalla novella recata dal d.l. n. 90 del 2014 all’art. 26 c.p.a. Invero:

a) l’art. 26, co. 2, c.p.a. prevedeva (e prevede) che il giudice condannasse d’ufficio la parte soccombente al pagamento di una sanzione pecuniaria, in misura non inferiore al doppio e non superiore al quintuplo del contributo unificato dovuto per il ricorso, quando la parte soccombente aveva agito o resistito temerariamente in giudizio;

b) il d.l. n. 90 del 2014 ha inciso sia sull’art. 26, co. 1, c.p.a., in termini generali, valevoli per tutti i riti davanti al giudice amministrativo, sia sull’art. 26, comma 2, c.p.a., in termini specifici, valevoli solo per il rito appalti;

c) nell’art. 26, co. 2 c.p.a. si detta una ulteriore regola sulla sanzione pecuniaria per lite temeraria nel caso di contenzioso sui pubblici appalti soggetto al rito dell’art. 120 c.p.a.;
infatti l’importo della sanzione pecuniaria (che come visto va dal doppio al quintuplo del contributo unificato dovuto per il ricorso introduttivo), può essere elevato fino all'uno per cento del valore del contratto, ove il valore del contratto sia superiore al quintuplo del contributo unificato.

La condanna della parte ricorrente ai sensi dell’art. 26 c.p.a. rileva, infine, anche agli effetti di cui all’art. 2, co.

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