Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-03-02, n. 202101769

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-03-02, n. 202101769
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202101769
Data del deposito : 2 marzo 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/03/2021

N. 01769/2021REG.PROV.COLL.

N. 07544/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7544 del 2018, proposto da
Società Fondiaria Industriale Romagnola S.p.A. in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati prof. V C I, E P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del prof. Avv. V C I in Roma, via Dora n. 1;

contro

Agea - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 8003/2018, resa tra le parti, concernente il recupero parziale di somme già erogate a titolo di aiuti comunitari;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Agea - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura e del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 25 del d.l. n. 137/2020 convertito in legge n. 176/2020;

Relatore nell'udienza pubblica, tenutasi da remoto, del giorno 21 gennaio 2021 il Cons. S S e uditi per la parte appellanti gli avvocati prof. V C I e E P;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. - Con il regolamento del Consiglio CE 20.2.2006 n. 320/2006 – abrogato con Reg. UE n. 2284/2015 - è stato previsto un regime temporaneo per la concessione di un aiuto alla ristrutturazione alle imprese operanti nella produzione dello zucchero, quantificato in misura corrispondente e proporzionale alle tonnellate di quote rinunciate. Detto regolamento disciplina, per quanto interessa, due diverse situazioni idonee a legittimare la concessione dell'aiuto (di entità diversa):

(i) lo smantellamento completo degli impianti di produzione (aiuto integrale);

(ii) lo smantellamento parziale (aiuto parziale) (art. 3 Reg. cit.).

In particolare, in base all'art. 3, comma 1 del Reg. cit., all'impresa produttrice spetta il beneficio a condizione che, in una delle campagne di commercializzazione (2006/2007, 2007/2008, 2008/2009 o 2009/2010) rinunci:

i) alla quota che essa "ha destinato ad uno o più dei suoi zuccherifici e smantelli completamente gli impianti di produzione interessati" (smantellamento completo);

ii) alla quota che "ha destinato ad uno o più dei suoi zuccherifici, smantelli parzialmente gli impianti di produzione degli zuccherifici interessati e non utilizzi i restanti impianti di produzione degli zuccherifici interessati per la produzione di prodotti che rientrano nell'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero" (smantellamento parziale).

Quindi, ai sensi del Regolamento cit., in caso di smantellamento parziale, possono essere mantenuti anche gli impianti di produzione, purché la produzione nella nuova attività non riguardi né lo zucchero né altri prodotti assoggettati alla medesima disciplina di sostegno UE.

2. - Con successivo Regolamento n. 968 del 27.6.2006 sono state dettate le modalità di applicazione del cit. Regolamento CE n. 320/2006.

L'art. 4, par. 1 del Regolamento di attuazione ha individuato gli impianti da demolire per accedere all’aiuto integrale, previsto per lo smantellamento completo, includendovi gli impianti facenti parte della linea produttiva, e cioè quelli “necessari” (lett. a) o “direttamente connessi” (lett. b) alla produzione, oltre a quelli lasciati inutilizzati secondo le indicazioni del piano di ristrutturazione, e il cui mantenimento sia nocivo per l’ambiente (lett. c).

Il medesimo Reg. 968/06 ha poi dettato la disciplina del procedimento di concessione degli aiuti e dei successivi controlli sulle imprese, rimettendo alle Autorità nazionali sia le dovute verifiche sull’ammissibilità delle domande e sulla completezza dei Piani di ristrutturazione (art. 9), sia i controlli sull’attuazione dei Piani stessi da parte delle imprese (art. 23-25). Queste ultime, in particolare, erano tenute a presentare alle Autorità nazionali una relazione annuale sullo stato di avanzamento delle misure di ristrutturazione, e una relazione finale successiva al completamento di tutte le misure e gli interventi (art. 23). Le Autorità nazionali dovevano quindi svolgere ispezioni annuali sui siti interessati, al fine di individuare e segnalare eventuali inadempimenti rispetto ai Piani approvati, e presentare proprie relazioni, annuali e conclusive, alle istituzioni UE (art. 24 e 25).

Infine, il Reg. 968/06 ha previsto espressamente che la restituzione degli aiuti concessi potesse essere richiesta al beneficiario a fronte di inadempimenti rispetto agli impegni assunti nel Piano di ristrutturazione: “se il beneficiario non adempie, in tutto o in parte, agli impegni previsti, secondo i casi, nel piano di ristrutturazione, nel piano aziendale o nel programma di ristrutturazione nazionale … proporzionalmente all’impegno o agli impegni non rispettati” (art. 26, par. 1).

In esecuzione della citata normativa europea, il legislatore nazionale, con d.l. 10.1.2006 n. 2, convertito con modificazioni nella legge 11.3.2006 n. 8, ha disciplinato il procedimento per la predisposizione, da parte delle imprese, dei Piani di ristrutturazione e per l’approvazione degli stessi da parte del Ministero (art. 2, comma 3, d.l. n. 2/06 cit.).

Successivamente, con d.m. 15.2.2007, sono state disciplinate le modalità di pagamento dell’aiuto alla ristrutturazione da parte di AGEA che ha assunto il ruolo di “organismo pagatore”;
è stata anche nominata la Commissione incaricata di svolgere i controlli e le ispezioni previste dalla disciplina comunitaria.

3. - In conformità con la citata normativa europea e nazionale, la società ricorrente Società Fondiaria Industriale Romagnola S.p.A. (in seguito, per brevità, SFIR) ha presentato al Ministero la domanda di concessione dell’aiuto integrale, corredata dal relativo Piano di ristrutturazione, connesso allo smantellamento totale dei propri impianti produttivi (Forlimpopoli, San Pietro in Casale, Foggia e, successivamente Pontelagoscuro). In detto Piano di ristrutturazione risultava chiaramente che sarebbero stati smantellati tutti i manufatti necessari e/o direttamente connessi al ciclo produttivo, nel rispetto della normativa europea di disincentivazione alla produzione di zucchero, e che sarebbero stati viceversa mantenuti i silos, in quanto ritenuti non in contrasto con tale finalità, che potevano essere utilizzati per altri scopi anche al fine di tutelare l’occupazione.

3.1 - La domanda di aiuto formulata da SFIR è stata accolta dal Ministero;
il Ministero ha approvato il piano di ristrutturazione e sono stati concessi i relativi importi (€ 114.103.883,70 per la campagna 2006/2007;
€ 16.333.347,84 per la campagna 2007/2008). Con note del 7.12.2007 e del 10.3.2008 è stato concesso l’aiuto per lo stabilimento di Pontelagoscuro, per un importo di € 73.614.903,75.

La domanda è stata poi trasmessa alla Commissione Europea, che non ha sollevato alcun rilievo sul mantenimento dei silos.

L’aiuto è stato quindi erogato alla società, che ha dato integrale esecuzione al proprio Piano, smantellando tutti gli impianti produttivi secondo il piano, come confermato dalla Commissione ministeriale di controllo che, nel dare riscontro positivo alle relazioni annuali di SFIR, ha affermato di “non [aver] riscontrato inadempienze e irregolarità rispetto al piano di ristrutturazione approvato” Tali piani sono stati trasmessi ai Servizi della Commissione Europea;
nessun rilievo è stato svolto su tali atti.

3.1 - Con nota del 15.3.2011, il Ministero ha informato SFIR circa il fatto che la Commissione UE, a seguito di sopralluoghi svolti nel 2010, aveva contestato allo Stato italiano che il mantenimento dei silos presso alcuni degli stabilimenti produttivi smantellati – e per quanto riguarda SFIR, presso quelli di Forlimpopoli e di San Pietro in Casale – non sarebbe stato compatibile con l’aiuto alla ristrutturazione, concesso per lo smantellamento completo ai sensi dei Regolamenti nn. 320/2006 e 968/2006.

A seguito di tale nota, AGEA in data 22.3.2011 ha diffidato SFIR a completare la dismissione di tutti i silos ancora operanti, entro il 30.9.2011 (termine poi prorogato al 31.3.2012).

3.2 - La società SFIR ha impugnato tali provvedimenti dinanzi al TAR Lazio che con sentenza n. 9481 del 2011 ha respinto il ricorso.

3.3 - Avverso tale sentenza la società ricorrente ha proposto appello con richiesta cautelare.

3.4 - Con ordinanza n. 235/2012 questa Sezione ha accolto l’istanza cautelare;
ha poi disposto il rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE alla Corte di Giustizia UE (ord. n. 2069/2012) per chiarire se il mantenimento dei silos non utilizzati a fini produttivi fosse compatibile con la normativa europea. 3.5 - Con sentenza del 14.11.2013 C-187/12 a C-189/12, la Corte ha affermato che il regolamento di base e quello di applicazione non contenevano la definizione di “impianti di produzione”;
diverse parti avevano sostenuto che “i silos normalmente non costituirebbero impianti di produzione giacché sarebbero destinati allo stoccaggio del prodotto finito e non alla produzione in senso stretto” “tuttavia la nozione di «produzione» può comprendere anche altre fasi della fabbricazione di un prodotto situate a monte o a valle del processo chimico o fisico di trasformazione” e quindi lo stoccaggio dello zucchero che non è confezionato immediatamente può essere considerato parte del processo di produzione, come pure rientrerebbe in tale nozione lo stoccaggio delle barbabietole da zucchero prima della produzione (par. 23 – 26 della sentenza).

La Corte ha anche sottolineato che l’aiuto integrale presuppone la cessazione completa e definitiva della produzione dello zucchero e quindi la chiusura dello zuccherificio;
pertanto il complesso industriale deve essere dismesso completamente e, quindi, la mancata dismissione di una componente e la sua utilizzazione costituisce un’eccezione alla regola e deve, quindi, essere interpretata in senso stretto (par. 30).

In particolare, secondo la Corte rientrano nella nozione di “impianti di produzione” (ex art. 3 Reg. 320/06 e art. 4 Reg. 968/06), con conseguente obbligo di smantellamento, i silos che siano utilizzati per lo stoccaggio di zucchero prodotto dal beneficiario dell’aiuto (par. 31).

Viceversa, secondo la Corte, “un silo per il quale sia dimostrato che per ragioni tecniche o commerciali non serve allo stoccaggio della produzione di zucchero del beneficiario dell’aiuto e che sia impiegato unicamente per lo stoccaggio di zucchero, prodotto entro la quota, depositato da altri produttori o acquistato presso questi ultimi, può non dover essere smantellato” (par. 32). Analogamente, ad avviso della Corte, non vi è alcun obbligo di smantellamento dei silos, nel caso in cui “… il produttore dimostri che il proprio silos serve esclusivamente al confezionamento di zucchero prodotto altrove entro la quota, e ciò perché, in virtù dell’art. 4, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di applicazione, l’attività di confezionamento, imballaggio compreso, non rientra nella produzione di zucchero stricto sensu” (par. 33).

La Corte ha rinviato al giudice nazionale la valutazione in concreto “… caso per caso se un silo costituisca o meno un impianto di produzione” (par. 34).

3.5 - Riassunto il giudizio, questa Sezione, con sentenza n. 3185/2014 ha respinto l’appello, ritenendo necessario lo smantellamento dei silos (Forlimpopoli e San Pietro in Casale), trattandosi di “impianti di produzione”;
ha anche precisato che la valutazione circa la natura di detti silos (produttivi o di mero stoccaggio) doveva essere fatta avendo riguardo alla utilizzazione degli stessi nella fase precedente alla riconversione aziendale e non già, come sostenuto da SFIR, a valle della ristrutturazione.

3.6 - Avverso tale sentenza n. 3185 del 23/6/2014, è stato proposto da SFIR ricorso per Cassazione, definito con sentenza di rigetto n. 14042/2016.

4. - Con la nota del 26.11.2014, AGEA ha comunicato a SFIR che in data 18.11.2014 era stata adottata da parte dell’Unione Europea una decisione, emessa ma non ancora pubblicata, la quale aveva escluso dal finanziamento UE destinato all’Italia, nell’ambito della ristrutturazione del mercato dello zucchero, un importo pari ad € 90.498.735,16. Nella citata nota, AGEA affermava che “in ottemperanza agli obblighi derivanti dalla predetta Decisione, si rappresenta che questa Agenzia, pur in assenza di riforma dei procedimenti di approvazione dei progetti di ristrutturazione e di istruttoria delle connesse rendicontazioni, deve attivare il procedimento di recupero delle somme già pagate che non sono dovute agli zuccherifici che non hanno smantellato i silos”.

Nella citata nota si afferma che la quota del predetto importo riconducibile a SFIR, sulla base dei silos non smantellati, sarebbe pari ad € 51.012.833,13 (€ 28.525.970,92 per la campagna 2006/2007;
€ 4.083.338,77 per la campagna 2007/2008;
€ 18.403.523,44 per la campagna 2008/2009), invitando la società a restituire la somma, salva la facoltà di “AGEA di procedere a recupero mediante compensazione su futuri pagamenti”, oltre che di procedere al “recupero coattivo”.

4.1 - Tale nota AGEA del 26.11.2014 SFIR è stata impugnata da SFIR dinanzi al Tar Lazio.

Con tale ricorso si è censurata la violazione della normativa europea (art. 3, 4, e 5 Reg. 320/2006 e art. 26 Reg. 968/06) e nazionale (art. 6 D.M 15.6.2007) in materia, la contraddittorietà e irragionevolezza manifesta, il travisamento dei fatti, nonché la carenza dei presupposti per procedere al recupero dell’aiuto “integrale” concesso, sostenendo che alla società non sarebbe imputabile alcun inadempimento agli obblighi previsti dal Piano di ristrutturazione, specificamente approvato dalle Autorità nazionali, ed eseguito in tutte le sue parti, come accertato dalla competente Commissione ministeriale di controllo, con conseguente diritto a mantenere le somme legittimamente ottenute (primo motivo di ricorso).

È stata anche dedotta la violazione dell’art. 3 l. 241/1990, dell’art. 2 del d.l. 2/2006 conv. in l. 81/2006, sostenendo l’incompetenza e/o il difetto di attribuzione di AGEA ad agire per il recupero delle somme erogate, in assenza di un previo provvedimento ministeriale di revoca degli aiuti per violazione del principio del cd. contrarius actus (secondo motivo di ricorso).

È stata poi eccepita la violazione ed elusione delle sentenze del Tar Lazio n. 9841/2011 e del Consiglio di Stato n. 3185/2014, dalle quali derivava il solo obbligo in capo a SFIR di demolire i silos negli stabilimenti, e non anche quello di restituire gli aiuti ottenuti, censurando altresì la violazione dell’art. 24 Cost. e del principio di effettività della tutela giurisdizionale, potendo la società ancora decidere tra l’abbattimento dei silos e la restituzione delle somme (terzo motivo di ricorso).

Si è altresì censurata la violazione dell’art. 21 quinquies e nonies l. 241/1990 e del principio del legittimo affidamento in capo alla società, sostenendo che – in considerazione del comportamento tenuto dal Ministero e delle Autorità Europee, che fino alla fine del 2010 non avevano mai eccepito nulla in merito allo smantellamento dei silos –, era stata indotta a confidare, senza sua colpa, sulla correttezza del proprio operato e sul proprio diritto a conseguire detto aiuto (quarto motivo di ricorso).

In via meramente subordinata, è stata quindi denunciata l’erroneità dell’importo richiesto in restituzione, evidenziando che, ai sensi dell’art. 31, comma 4, Reg. CE n. 1290/2005, il recupero avrebbe dovuto avere ad oggetto solo le somme corrisposte nei 24 mesi precedenti alla comunicazione della Commissione UE allo Stato membro di eventuali irregolarità (Comunicazione del 8.10.2010) e pertanto gli aiuti relativi alla campagna 2008/2009 (Euro 18.000.000,00) (quinto motivo di ricorso).

4.2 - Nelle more AGEA, con nota del 2.2.2015 prot. n. DAPU.2015.25, ha comunicato a SFIR l’avvenuta pubblicazione sulla GUUE (L 16 del 23 gennaio 2015) della Decisione dell’Unione Europea n. 103/2015 di esclusione dal finanziamento UE destinato all’Italia la cifra di € 90.498.735,16. (doc. 20)

4.3 - Detta nota è stata impugnata con il primo ricorso per motivi aggiunti, con richiesta di sospensione, deducendone l’illegittimità derivata.

4.4 - Nelle more, lo Stato italiano ha chiesto l’annullamento di detta Decisione UE innanzi al Tribunale di primo grado U.E. (causa T- 135/15), sostenendo anche in quella sede la legittimità dell’aiuto integrale a fronte del mantenimento dei silos, a fini non produttivi.

4.5 - Con il secondo ricorso per motivi aggiunti, SFIR ha impugnato le “Schede Informative Credito” AGEA (n. 327539, n. 327541 e n. 3274543) – conosciute a seguito dell’accesso agli atti – contenenti il presunto debito della società di € 51.012.833,13, per finanziamenti eccedenti lo "smantellamento parziale", oltre atti presupposti connessi e consequenziali.

In particolare, SFIR ha dedotto l’illegittimità derivata delle Schede impugnate (primo motivo).

Con il secondo motivo di ricorso la società ha dedotto la violazione della normativa europea (Reg. 2006/885/CE;
Reg. 2005/1290/CE;
Reg. 2006/320/CE;
Reg. 2006/968/CE e Reg. 2013/1306/CE) e nazionale (art.

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