Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-06-16, n. 202305961

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-06-16, n. 202305961
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202305961
Data del deposito : 16 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 16/06/2023

N. 05961/2023REG.PROV.COLL.

N. 07846/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7846 del 2018, proposto da
Casa Generalizia dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio, che gestisce l’Ospedale “San Giovanni Calibita” Fatebenefratelli dell’Isola Tiberina, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato D I, con domicilio fisico presso lo studio dell’avvocata B L in Roma, Via Flaminia, n. 79 e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

la Regione Lazio, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato G A, con domicilio fisico presso l’avvocatura dell’ente in Roma, Via Marcantonio Colonna, n. 27, e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
l’Azienda Sanitaria Locale Roma 1, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato Gloria Di Gregorio, con domicilio fisico presso la sede dell’Azienda in Roma, Borgo Santo Spirito, n. 379 e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
il Ministero della salute, in persona del Ministro pro tempore , non costituito in giudizio;

nei confronti

dell’Istituto Dermopatico dell’Immacolata, in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Roma, Sez. III-Quater , 2 marzo 2018, n. 2392, resa tra le parti, non notificata ed avente ad oggetto la domanda di annullamento della delibera della Giunta regionale del Lazio 21 marzo 2008, n. 175 e dei decreti del Commissario ad acta 5 settembre 2008, n. 20 e 24 settembre 2008, n. 30.


visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lazio e dell’Azienda Sanitaria Locale Roma 1;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nella camera di consiglio del giorno 15 giungo 2023 il consigliere Luca Di Raimondo e dato atto della presenza, ai sensi di legge, degli avvocati delle parti come da verbale dell’udienza.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso dinanzi al Tar Lazio e con successivo ricorso per motivi aggiunti, la Casa Generalizia dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio, che gestisce l’Ospedale “San Giovanni Calabita” Fatebenefratelli dell’Isola Tiberina (di seguito anche “Fatebenefratelli”) ha impugnato, chiedendone l’annullamento per violazione di legge ed eccesso di potere nelle figure sintomatiche:

1) la d.G.r. n. 175 del 21 marzo 2008, con la quale è stato stabilito il volume massimo delle prestazioni ospedaliere per acuti e il relativo budget di spesa per l’intero 2008;

1) i decreti del Commissario ad acta (di seguito anche “d.C.a.”) n. 20 del 5 settembre 2008 e n. 30 del 24 settembre 2008, integrativi e modificativi della d.G.r. n. 175/2008, con i quali è stata confermata la non remunerabilità delle prestazioni erogate dall’ospedale oltre i limiti di spesa assegnati per il 2008;

3) l’accordo-contratto per il 2008, nella parte in cui prevede che le prestazioni erogate precedentemente alla sottoscrizione dell’accordo concorrono al raggiungimento del tetto massimo di spesa assegnato e sono riconosciute entro e non oltre tale tetto di spesa.

2. In sostanza, il Fatebenefratelli ha lamentato l’illegittimità degli atti impugnati in quanto:

- hanno applicato retroattivamente il regime dei tetti di spesa fissi e inderogabili a prestazioni erogate nel 2008;

- non hanno previsto la remunerazione dei costi sostenuti dall’Ospedale per i rinnovi contrattuali del personale e per la remunerazione dei dirigenti medici con rapporto di lavoro esclusivo (cd. indennità di esclusiva);

- non hanno tenuto conto della peculiarità dell’ospedale appellante, che - quale “ospedale classificato” - è equiparato alle strutture pubbliche in quanto a obblighi di erogazione delle prestazioni sanitarie;

- in contrasto con la normativa, hanno posto in essere un sistema di programmazione centralizzata che non ha tenuto conto delle esigenze dei singoli operatori, omettendo la contrattazione prevista dalla legge;

- non garantiscono che tutte le prestazioni erogate siano remunerate in base a una tariffa predeterminata.

3. Contro la decisione di applicare i tetti di spesa fissi e inderogabili anche a prestazioni erogate nel 2008, il Fatebenefratelli ha lamentato che:

- sino al 2008, il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 riconosceva un medesimo trattamento economico per le strutture pubbliche e per quelle a esse equiparate;

- solo nel 2008, riformando il sistema dei cosiddetti tetti di spesa per le prestazioni sanitarie, l’articolo 79 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008 n. 133, ha introdotto i tetti di spesa vincolanti anche per le strutture equiparate;

- solo con l’applicazione del decreto-legge n. 112/2008 e a decorrere dal 2009, è venuta meno sia la sostanziale equiparazione tra ospedali pubblici e ospedali classificati – ai fini della remunerazione tariffaria – sia la possibilità di remunerare comunque – sempre per gli ospedali classificati – anche le prestazioni fornite in eccesso rispetto a quelle preventivate ed autorizzate (cfr. Consiglio di Stato, Sezione III n. 697/2013 e n. 5901/2014);

- sulla base di quanto più volte affermato dal giudice amministrativo, l’applicazione retroattiva del nuovo regime a prestazioni erogate nel 2008 e – addirittura – prima della data di entrata in vigore del nuovo regime, sarebbe illegittima.

4. Con sentenza 2 marzo 2018, n. 2392, il Tar Lazio-Roma, Sezione III- Quater , ha respinto il ricorso.

5. Con appello notificato il 1° ottobre 2018 e depositato il 5 ottobre successivo, il Fatebenefratelli ha impugnato, chiedendone la riforma, detta pronuncia, affidando il proprio gravame a tre motivi di impugnazione, con i quali l’appellante ha lamentato:

1. Capo 2, p. 3-4, della sentenza impugnata: violazione di legge per errata applicazione dell’art. 8 quinquies, comma 2 quater, del d.lgs. 502 del 1992 (introdotto dall’art. 79 del d.l. n. 112 del 2008). Eccesso di potere per illogicità. ”: la sentenza sarebbe errata, perché confonde tra applicazione retroattiva del tetto e applicazione retroattiva della legge, che ha esteso agli ospedali classificati il regime dei tetti fissi e inderogabili, secondo quanto previsto dall’articolo 79 del decreto-legge 25 giugno 2009, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, che ha aggiunto il comma 2- quater all’articolo 8- quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502;

2. Capo 3, p. 4, della sentenza: violazione del principio di irretroattività della legge. ”: con tale censura, l’appellante lamenta che i provvedimenti impugnati si riferiscono alle prestazioni sanitarie erogate nel 2008, anno in cui gli ospedali classificati, essendo equiparati agli ospedali pubblici, non erano soggetti a tetti di spesa e che il regime dei tetti fissi e inderogabili introdotto dal decreto-legge n. 112/del 2008 non può essere applicato retroattivamente a prestazioni erogate prima che il decreto entrasse in vigore;

3. Capo 3, pag. 4, della sentenza: erronea interpretazione della domanda e violazione dell’art. 112 c.p.c. per omesso esame della domanda. Violazione dell’art. 32, comma 3, della legge n. 132 del 1968 ”: la sentenza confonderebbe tra perdite, che l’amministrazione non è tenuta a ripianare, e costo delle prestazioni sanitarie, inclusivo sia del costo per il personale generico che di quello relativo ai dirigenti medici, ai quali deve essere riconosciuta l’indennità di esclusiva.

6. La ASL Roma 1 e la Regione Lazio si sono costituite in giudizio con atti depositati rispettivamente il 16 ed il 17 ottobre 2018.

7. Con atti depositati il 21 dicembre 2022 e il 2 gennaio 2023, la ASL Roma 1 e il Fatebenefratelli hanno eseguito gli incombenti istruttori disposti con ordinanza presidenziale 13 dicembre 2022, n.2357.

8. La Regione Lazio ha depositato memoria ex articolo 73 c.p.a. del 2 febbraio 2023, con la quale, in rito, ha eccepito l’inammissibilità del gravame, perché notificato alla Regione Lazio, pur avendo ad oggetto atti del suo Presidente in qualità di Commissario ad acta, e, nel merito, ha chiesto il rigetto dell’impugnativa. La parte appellante ha replicato con memoria depositata il 9 marzo 2023.

9. Il Fatebenefratelli ha depositato memoria di replica il 9 marzo 2023 e all’udienza del 30 marzo 2023 la causa è stata rinviata al 15 giugno 2023, onde consentire il deposito del ricorso di prime cure con le relate di notificazione.

10. Alla pubblica udienza del 30 marzo 2023, l’appellante è stata invitata a produrre copia del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti, completi della relata di notificazione, non presenti nel fascicolo telematico.

Alla pubblica udienza del 15 giugno 2023, la causa è stata trattenuta in decisione, previo avviso alle parti presenti ai sensi dell’articolo 73, comma 3, c.p.a..

11. Per ragioni di economia processuale e in applicazione del criterio della ragione più liquida (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza plenaria n. 5 del 2015, § 5.3.), ritiene il Collegio di dover preliminarmente esaminare il profilo della inammissibilità del gravame, osservando che i motivi aggiunti al ricorso di primo grado e l’atto di appello sono stati notificati al Commissario ad acta presso la sede della Regione Lazio e non, rispettivamente, presso l’Avvocatura Distrettuale e presso l’Avvocatura Generale dello Stato, come eccepito dalla Regione Lazio, che sostiene “ l’assoluta irregolarità della notifica di primo grado in quanto, trattandosi di decreto commissariale, l’atto deve essere notificato al Presidente in qualità di Commissario ad acta presso l’Avvocatura Generale dello Stato ”.

12. L’eccezione, alla quale l’appellante nulla ha replicato con l’atto da ultimo depositato, è fondata e il ricorso di primo grado e l’appello devono essere dichiarati inammissibili.

13. Con il ricorso in prime cure , il Fatebenefratelli ha impugnato la d.G.r. n. 175 del 21 marzo 2008, con cui la Regione Lazio ha stabilito il volume massimo delle prestazioni ospedaliere per acuti e il relativo budget di spesa per l’intero 2008.

14. Con ricorso per motivi aggiunti, sono stati contestati i dd.C.a. rispettivamente n. 2 del 5 settembre 2008 e n. 30 del 24 settembre 2008.

15. Come rileva la stessa appellante (cfr. pag. 9 dell’appello), i decreti adottati dal Presidente della Regione Lazio, in qualità di Commissario ad acta , “ hanno integrato e modificato la DGR n. 175 del 21 marzo 2008 ”.

Ne deriva che il lamentato effetto lesivo deve ricondursi (anche) ai dd.C.a. indicati, sicché l’irritualità della loro impugnazione (per i profili che si esamineranno di seguito) inficia sotto il profilo dell’interesse ad agire tutta l’impugnativa di primo grado.

16. Occorre ricordare che, con la sentenza 11 marzo 2011, n. 78, la Corte Costituzionale ha distinto nettamente l’imputazione degli interessi (e degli atti conseguenti) tra Presidente della Regione e Commissario ad acta (anche nell’ipotesi in cui le due funzioni si assommino nello stesso soggetto), stabilendo che “l’operato del commissario ad acta, incaricato dell’attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario previamente concordato tra lo Stato e la Regione interessata, sopraggiunge all’esito di una persistente inerzia degli organi regionali, essendosi questi ultimi sottratti – malgrado il carattere vincolante (art. 1, comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007») dell’accordo concluso dal Presidente della Regione – ad un’attività che pure è imposta dalle esigenze della finanza pubblica. È, dunque, proprio tale dato – in uno con la constatazione che l’esercizio del potere sostitutivo è, nella specie, imposto dalla necessità di assicurare la tutela dell’unità economica della Repubblica, oltre che dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti un diritto fondamentale (art. 32 Cost.), qual è quello alla salute – a legittimare la conclusione secondo cui le funzioni amministrative del commissario, ovviamente fino all’esaurimento dei suoi compiti di attuazione del piano di rientro, devono essere poste al riparo da ogni interferenza degli organi regionali, senza che possa essere evocato il rischio di fare di esso l’unico soggetto cui spetti di provvedere per il superamento della situazione di emergenza sanitaria in ambito regionale.

17. Anche la giurisprudenza amministrativa, dalla quale il Collegio non vede ragione di discostarsi, ha stabilito l’inammissibilità del gravame contro atti commissariali non notificati presso l’Avvocatura Distrettuale o Generale.

Poiché il ricorso di primo grado per motivi aggiunti e l’appello sono stati notificati presso la sede della Regione e non presso l’Avvocatura (Distrettuale o Generale) dello Stato, come risulta dalla produzione di parte appellante su disposizione del Collegio, la conseguenza che ne deriva è che il gravame deve ritenersi inammissibile, come stabilito dalla giurisprudenza (Consiglio di Stato, Sezione III, 21 ottobre 2020, n. 6373, Sezione IV, 14 settembre 2018, n. 5407, Sezione III, 8 gennaio 2018, n. 82, Sezione III, 1° settembre 2014), atteso che nel caso di specie il Presidente della Regione Lazio è stato nominato con deliberazione del Consiglio dei Ministri in data 11 luglio 2018 Commissario ad acta e, in quanto tale, esercita attività riferibili e imputabili al Governo e non alla Regione.

18. Più in particolare, con la sentenza 14 aprile 2021, n. 3069, la Sezione, con argomentazioni che il Collegio condivide e dalle quali non vi sono motivi per discostarsi, ha stabilito che:

“a ) in diritto non v’è dubbio che il ricorso ai sensi dell’art. 44, co. 2, cod. proc. amm debba essere notificato “a pena di decadenza” nei confronti della “pubblica amministrazione che ha emesso l’atto impugnato”. Disposizione che dev’essere letta unitamente all’'art. 11, primo comma, del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611 - nel testo modificato dall'art. 1 della l. 25 marzo 1958, n. 260 – il quale stabilisce che "Tutte le citazioni, i ricorsi e qualsiasi altro atto di opposizione giudiziale, nonché le opposizioni ad ingiunzione e gli atti istitutivi di giudizi che si svolgono innanzi alle giurisdizioni amministrative o speciali, od innanzi agli arbitri, devono essere notificati alle Amministrazioni dello Stato presso l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato…..";

b) in fatto, dalla lettura del DCA n. U000161 del 9 maggio 2019 (atto impugnato) risulta pacificamente che il medesimo è stato assunto dal Presidente Nicola Zingaretti in qualità di Commissario ad acta in virtù di deliberazione del Consiglio dei Ministri 10 aprile 2018 che ne ha disposto in tal senso la nomina per la realizzazione degli obiettivi di risanamento finanziario previsti nel piano di rientro dai disavanzi regionali.

19. Anche nella fattispecie i decreti commissariali nn. 20 e 30 del 2018 sono stati emanati dal Presidente della Regione Lazio nella sua qualità di Commissario ad acta , con la conseguenza che gli atti contro di essi proposti dovevano essere notificati presso l’Avvocatura (Distrettuale o Generale, a seconda del grado di giudizio) dello Stato e non presso la sede della Regione Lazio, come risulta dalle relate di notificazione prodotte dall’appellante in esecuzione di quanto disposto dalla Sezione in via istruttoria.

20. Va precisato che la presente decisione è stata assunta tenendo altresì conto dell'ormai consolidato “principio della ragione più liquida”, corollario del principio di economia processuale (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 5 gennaio 2015, n. 5 nonché Cassazione, Sezioni Unite, 12 dicembre 2014, n. 26242), tenuto conto che le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis , per le affermazioni più risalenti, Cassazione Civile, Sezione II, 22 marzo 1995, n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione Civile, Sezione V, 16 maggio 2012, n. 7663, e per il Consiglio di Stato, Sezione VI, 2 settembre 2021, n. 6209, 13 settembre 2022, n. 7949, e 18 luglio 2016, n. 3176), con la conseguenza che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

21. Al Collegio, dunque, non resta che dichiarare inammissibili entrambi i ricorsi proposti in primo e in secondo grado.

22. Sussistono, tuttavia, sufficienti ragioni per disporre la compensazione delle spese di lite.

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