Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-06-23, n. 201703068

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-06-23, n. 201703068
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201703068
Data del deposito : 23 giugno 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/06/2017

N. 03068/2017REG.PROV.COLL.

N. 06109/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6109 del 2010, proposto dal -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato P C, con domicilio eletto presso lo studio Simona Martinelli in 00195, via Balfie 5, rappresentato e difeso dall'avvocato A S, con domicilio eletto presso lo studio Daniele Vagnozzi in Roma, viale Angelico 103;

contro

Consiglio Superiore della Magistratura, Ministero della Giustizia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, tutti rappresentati e difesi per legge dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, sono domiciliati,
costituitisi in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il LAZIO – Sede di ROMA - SEZIONE I TER n. 4992/2009, resa tra le parti, concernente delibera di non conferma emessa dal C.s.m. sulla conferma dell'esponente a giudice di pace di Salerno – risarcimento del danno.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Consiglio Superiore della Magistratura e di Ministero della Giustizia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 giugno 2017 il consigliere Fabio Taormina e udito per la parte appellata l’avvocato dello Stato Noviello;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe appellata, n. 4992/2009 il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio – sede di Roma – ha parzialmente accolto il ricorso proposto dalla odierna parte appellante e volto ad ottenere l’annullamento della delibera del Consiglio Superiore della Magistratura del 7.6.2006 (recepita con d.m. 28 giugno 2006) con la quale il predetto Consiglio Superiore della Magistratura aveva respinto l’istanza (proposta in data 10 marzo 2005) del predetto odierno appellante -giudice di pace in Salerno- volta alla conferma nel medesimo incarico per il secondo quadriennio;

2. L’originario ricorrente aveva prospettato numerose macrocensure di violazione di legge ed eccesso di potere ed aveva inoltre proposto la domanda di risarcimento dei danni.

3. Il Ministero della Giustizia ed il Consiglio Superiore della Magistratura, si erano costituiti in giudizio, chiedendo la declaratoria di inammissibilità, ovvero la reiezione del ricorso in quanto infondato.

4. Il Ta.r. con la predetta sentenza n. 4992/2009 ha annullato gli atti impugnati sotto l’assorbente profilo che essi non erano stati preceduti dall’avviso ex art. 10 bis della L. n. 241/1990, recante i motivi ostativi all'accoglimento della domanda di conferma nell'incarico di giudice di pace nella sede di Salerno ed affermando che, ai fini della prova circa la potenziale efficacia del contributo partecipativo negato all’istante, non potesse escludersi un contenuto diverso dell’atto finale;
l’impugnata sentenza (capo 4, pagg. 13 e 14) ha invece respinto il petitum risarcitorio in quanto la riscontrata lesione infraprocedimentale non consentiva la formulazione di alcuna prognosi in ordine alla spettanza del bene della vita, demandata alla valutazione del Csm in sede di rieffusione del potere.

5. L’originario ricorrente rimasto soccombente ha impugnato la detta decisione sostenendone la illogicità e la erroneità e – dopo avere fatto presente e ribadito che l’unico interesse residuo riposava nell’accoglimento della domanda risarcitoria già proposta in primo grado e nella condanna dell’Amministrazione alle spese del giudizio- ha riproposto tutte le censure contenute nel ricorso di primo grado, “attualizzandole” in relazione al contenuto della motivazione della sentenza.

Ha ripercorso il risalente contezioso intercorso con il Consiglio Superiore della Magistratura, ha dato atto della circostanza che la predetta Amministrazione aveva “resistito” a tutte le iniziative intraprese dall’odierno appellante e volte a fare sì che questa si conformasse alla sentenza demolitoria n. 4992/2009 oggi impugnata, ha evidenziato che egli era stato quindi costretto ad intraprendere plurime iniziative giurisdizionali , ed ha sostenuto che la reiezione della domanda risarcitoria dal medesimo proposta, e la compensazione delle spese di lite contenute nella impugnata decisione si appalesavano del tutto errate e meritevoli di riforma.

6.In data 14.12.2015 l’appellante ha manifestato il proprio permanente interesse alla decisione del ricorso in appello, con dichiarazione diretta alla Segreteria della Sezione.

7. Alla pubblica udienza del 6 aprile 2017 la causa è stata rinviata su espressa richiesta dell’appellante al fine di consentire al nuovo difensore da questi nominato di predisporre compiutamente le difese.

8. In data 25.5.2017 il Consiglio Superiore della Magistratura ha depositato atto di costituzione formale facendo presente che non aveva ricevuto l’avviso della odierna udienza pubblica nei termini di legge e chiedendo che le proprie difese venissero considerate tempestive.

9. In data 1.6.2017 il Consiglio Superiore della Magistratura ha depositato una memoria puntualizzando le proprie difese e chiedendo la declaratoria di tardività dell’appello in quanto proposto il 21.6.2010 (l’appellante aveva notificato la sentenza all’Amministrazione in data 3.7.2009, presso la sede reale dell’Amministrazione medesima, unitamente ad un atto di diffida) e comunque la reiezione dell’appello medesimo, in quanto infondato.

10. In data 6.6.2017 l’appellante ha chiesto che il presente giudizio venisse sospeso in quanto egli aveva proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di questa Quarta Sezione del Consiglio di Stato n. 4421 del 24 ottobre 2016 con la quale era stata definita (con esito sfavorevole) l’impugnazione avverso il diniego di riconferma nell’incarico di Giudice di pace: posto che quella causa appariva pregiudiziale rispetto a quella odierna, ha pertanto chiesto la sospensione facoltativa del giudizio.

11. Alla odierna pubblica udienza dell’8 giugno 2017 la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è infondato e va respinto, il che consente di prescindere dallo scrutinio dell’eccezione di tardività del medesimo.

1.1. Preliminarmente il Collegio deve pronunciarsi sulla richiesta di sospensione (facoltativa ex art. 295 c.p.c.) dell’odierno processo avanzata dall’appellante con la memoria depositata in data 6.6.2017.

1.1.1. Va rammentato che con la recente sentenza di questa Quarta Sezione n. 4421 del 24 ottobre 2016 (da intendersi qui integralmente richiamata e trascritta) è stato respinto il ricorso in appello r.g.r. n. 9744/2014 con il quale l’odierno appellante aveva impugnato la sentenza n. 4443/2014 con cui il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio – sede di Roma – aveva respinto il ricorso volto ad ottenere l’annullamento della delibera del Consiglio Superiore della Magistratura del 22 settembre 2010 adottata per dare esecuzione alla sentenza T.a.r. per il Lazio n. 4992 dell'8 maggio 2009;
l’odierno appellante ha impugnato (anche) quella sentenza, con ricorso per cassazione, ex art. 111 della Costituzione: non ha però chiesto la sospensione della provvisoria esecutività della sentenza n. 4421 del 24 ottobre 2016 (art.111 del c.p.a.) e non può quindi, oggi fondatamente chiedere la sospensione facoltativa del presente giudizio, anche a cagione della circostanza che comunque, come meglio si chiarirà di seguito, non si ravvisa quell’intimo rapporto di pregiudizialità tra cause che giustificherebbe la sospensione dell’odierno processo.

1.1.2. Sempre in via preliminare, rileva il Collegio che il C.s.m. non risultava costituito nell’odierno giudizio, per cui non doveva ricevere alcun avviso dell’odierna udienza: non si può tenere conto della memoria in ultimo depositata, né sussistono ragioni per rinviare la trattazione della causa (proprio in quanto l’amministrazione appellata non doveva essere destinataria dell’avviso della odierna udienza).

2. Accertato che non sussistono impedimenti alla decisione di merito, ed evidenziato nuovamente che –a seguito della sentenza n. 4421 del 24 ottobre 2016 - ex post ha trovato conferma la tesi esposta dal primo giudice, in quanto –accertata la non spettanza del bene della vita in capo all’odierno appellante - la domanda risarcitoria fondata sull’annullamento della prima delibera di non conferma da parte del C.s.m. (annullamento che ha avuto luogo unicamente per motivi formali) non avrebbe dovuto essere accolta;
si osserva che comunque detta circostanza risulta di trascurabile rilievo nell’odierno processo come ci si accinge a chiarire.

2.1. Tenendo infatti in disparte detto accadimento successivo, e venendo al merito delle censure proposte nell’odierno giudizio d’appello, con riferimento alla censura con cui ci si duole che il T.a.r ha disatteso la domanda risarcitoria, si osserva che:

a) l’appellante ha chiesto in primo grado il risarcimento del danno “da ritardo”, rappresentato (vedasi pag. 7 dell’appello, lett. a) dalla seguente evidenza: nonostante il mandato quadriennale di Giudice di pace scadesse il 20.12.2005, e nonostante egli avesse presentato la domanda di rinnovo dell’incarico tempestivamente (il 10/3 19/4 2005) il diniego sopravvenne soltanto il 3.8.2006 (allorchè gli venne notificato il decreto ministeriale di non conferma);

b) nell’atto di appello, il -OMISSIS-sembrerebbe poi richiedere la liquidazione del danno relativo al segmento successivo (e sino all’8 maggio 2009, data di deposito della sentenza di primo grado oggi impugnata), che si sarebbe inverato a cagione della durata del processo di primo grado.

2.1.1. Orbene, in disparte talune problematiche di inquadramento che investono singoli aspetti della domanda (esemplificativamente: la data cui si dovrebbe fare riferimento in relazione al decreto ministeriale di non conferma che non può coincidere con quella di notifica del predetto;
inoltre appare incongruo ed inammissibile “estendere” temporalmente la domanda risarcitoria a carico dell’Amministrazione ricomprendendovi il tempo di durata del processo) si osserva che:

a) dalla motivazione della sentenza del T.a.r. per il Lazio impugnata si evince che l’annullamento del “primo” diniego di conferma reso dal C.s.m. in pregiudizio dell’odierno appellante è avvenuto per (soli) motivi formali, e che detta sentenza non ha scandagliato la problematica relativa alla spettanza del bene della vita;

b) l’appellante si duole di un ritardo di alcuni mesi dal 20.12.2005 (occorre infatti fare riferimento alla data di cessazione dell’incarico, essendo del tutto incongruo pretendere una valutazione anticipata rispetto a tale data, visto che doveva essere oggetto di valutazione, ai fini della eventuale riconferma, l’intero quadriennio) sino al 3.8.2006, incorrendo però in contraddizione, visto che poi egli steso non nega che v’era una mole enorme di documenti da esaminare (esposti, esiti di procedimenti disciplinari etc) e da vagliare;

c) a questo punto, esclusa la spettanza del bene della vita, ed escluso comunque che il T.a.r. si potesse pronunciare su tale oggetto, visto che l’annullamento era avvenuto per motivi soltanto formali e si era in attesa che l’Amministrazione si ripronunciasse ,va altresì esclusa la risarcibilità di un ritardo nel provvedere “intrinseco”, in quanto la stessa parte appellante riconosce la ponderosità delle emergenze da valutare, per cui, a tacer d’altro, non sarebbe ravvisabile alcuna responsabilità (neppure colposa) dell’Amministrazione.

2.2. In ogni caso, e per mera aspirazione alla completezza, si osserva che, quantomeno allo stato, la pretesa si pone in frontale contrasto con il radicato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale ( ex plurimis Consiglio di Stato, sez. IV, 06/04/2016, n. 1371) “il risarcimento del danno da ritardo, relativo ad un interesse legittimo pretensivo, non può essere avulso da una valutazione concernente la spettanza del bene della vita e deve, quindi, essere subordinato, tra l'altro, anche alla dimostrazione che l'aspirazione al provvedimento sia destinata ad esito favorevole e, quindi, alla dimostrazione della spettanza definitiva del bene sostanziale della vita collegato a un tale interesse;
l'entrata in vigore dell'art.

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