Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-12-22, n. 202211207

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-12-22, n. 202211207
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202211207
Data del deposito : 22 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/12/2022

N. 11207/2022REG.PROV.COLL.

N. 04299/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4299 del 2015, proposto dalla Curatela Fallimentare Avvenire S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato F G, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Amatrice 38;

contro

il Comune di Mottola, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato G M, con domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini 30;
il Ministero dell'interno, l’U.T.G. - Prefettura di Taranto, in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce (Sezione Prima) n. 00554/2015, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Mottola, del Ministero dell'interno e dell’U.T.G. - Prefettura di Taranto;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 novembre 2022 il consigliere G R e viste le conclusioni delle parti presenti, o considerate tali ai sensi di legge, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso allibrato al n. 315 del 2014, integrato da motivi aggiunti, la società Avvenire s.r.l. adiva il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia - sezione staccata di Lecce - per ottenere:

a) l’annullamento dei seguenti atti:

- ordinanza sindacale n. 106, in data 19 dicembre 2013;

- comunicazioni del dirigente del comune di Mottola: prot. n. 19128 del 30 dicembre 2010, prot. n. 10369 del 30 giugno 2010;
prot. n. 19078 in data 27 dicembre 2010;
prot. n. 9297 del 28 giugno 2011;
prot. n. 18225 del 30 dicembre 2011;

- ordinanze sindacali n. 45 del 29 giugno 2012, n. 57 del 30 agosto 2012, n. 89 del 28 dicembre 2012;
n. 11 datata 11 febbraio 2013;
n. 53 datata 8 luglio 2013;

- ordinanza sindacale n. 35, datata 5 giugno 2014 (impugnata mediante motivi aggiunti);

provvedimenti tutti inerenti l’ordine di prosecuzione, disposto dal comune di Mottola successivamente alla scadenza del contratto di appalto con la società Avvenire s.r.l., del servizio di raccolta e trasporto rifiuti solidi urbani nel territorio comunale;

b) nonché, l'accertamento e la declaratoria del diritto al risarcimento del danno corrispondente alla differenza tra il costo reale sostenuto per l’espletamento del servizio affidatole, ingiunto e comunque svolto e il canone fissato dal Comune di Mottola e ciò, dal 1 gennaio 2010 per un ammontare (fino al 30 settembre 2013) di euro 365.354,55 da integrare per i successivi periodi della lavorazione, il tutto aumentato degli interessi e rivalutazione monetaria calcolati ai sensi e per gli effetti delle disposizioni di cui all’art. 5 del D.L.gs. 9 ottobre 2002, n. 231.

2. Questi gli snodi principali della vicenda.

In data 27 dicembre 2004, la società Avvenire s.r.l. sottoscriveva con il Comune di Mottola il contratto d'appalto Rep. n. 3217, per la durata di anni cinque anni, decorrenti dal 1° gennaio 2005 (scadenza 31 dicembre 2009) avente per oggetto l'affidamento dei servizi di igiene urbana e complementari.

Alla scadenza del contratto, il Comune, con nota prot. n. 19128 del 28 dicembre 2009, comunicava alla società che, con determina n. 829 del 28/12/2010 (correttamente: 2009), era stata disposta la “ prosecuzione del servizio di igiene urbana, dal 1 gennaio 2010 al 30 giugno 2010, salvo interruzione anticipata, alle condizioni di cui al contratto 30/12/2004, n. 102644, come adeguato, e aggiornamento ISTAT ”.

Il servizio veniva prorogato con successive determinazioni comunali, di analogo contenuto, fino al mese di giugno del 2012, nelle more dell’espletanda gara indetta per il nuovo affidamento del servizio.

Successivamente al 30 giugno 2012, la prosecuzione del servizio veniva disposta con ordinanze sindacali, meglio sopra specificate, con le quali il sindaco, nell’esercizio dei poteri ex art. 50 del d.lgs n. 267 del 2000, impartiva alla società l’ordine di “ provvedere all'esecuzione del servizio di igiene urbana ... agli stessi patti e condizioni del contratto rep. n. 3217 del 27.12.2004 e relativo adeguamento ISTAT ”.

Le ultime ordinanze sindacali recavano la data del 19 dicembre 2013, n. 106 (impugnata con il ricorso introduttivo) 5 giugno 2014, n. 35 (impugnata con successivi motivi aggiunti).

2.1. La società Avvenire s.r.l. affidava il ricorso introduttivo di primo grado ad un unico, articolato motivo di gravame, illustrato da pagina 5 a 11, con cui deduceva: violazione, erronea interpretazione e falsa applicazione delle disposizioni di cui all'art. 50, comma 5 del d.lgs n. 267 del 2000;
violazione, erronea interpretazione e falsa applicazione delle disposizioni di cui all'art. 191, d.lgs n. 152 del 2006;
violazione, erronea interpretazione e falsa applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 1 e 3 della legge n. 241 del 1990 e dei principi desumibili dall'art. 1326 del codice civile, carenza di potere in concreto;
violazione, erronea interpretazione e falsa applicazione delle disposizioni di cui all'art. 41 della Costituzione nonché dei principi di libertà di iniziativa economica privata;
violazione, erronea interpretazione e falsa applicazione delle disposizioni di cui all'art. 97 Cost. (principio buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa);
eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica attributiva del potere di cui all'art. 50 del d.lgs n. 267 del 2000;
eccesso di potere per contraddittorietà fra atti e provvedimenti promanati dalla medesima amministrazione;
eccesso di potere per errore sul presupposto di fatto e di diritto;
perplessità dell'azione amministrativa, malgoverno.

2.2. Con successivi motivi aggiunti, la società integrava il ricorso mediante impugnativa della ordinanza n. 35 del 2014 nei cui confronti deduceva analoghe censure.

2.3. Si costituiva il comune di Mottola per resistere al ricorso.

3. Con la sentenza indicata in epigrafe, il T.a.r. per la Puglia, sezione staccata di Lecce:

a) dichiarava inammissibile per difetto di giurisdizione la parte del ricorso con la quale la società Avvenire srl aveva censurato le note di proroga per il periodo 1 gennaio 2010-30 giugno 2012, in quanto emanate con il consenso della società e, dunque, non dotate di contenuto provvedimentale ed autoritativo;

b) respingeva, per il resto, il ricorso impugnatorio (riferito alle ordinanze contingibili ed urgenti per il periodo 1 luglio 2012 – 31 dicembre 2014) sul rilievo che il Comune aveva fatto ricorso allo strumento dell’ordinanza sindacale “ dopo aver tentato la strada ordinaria dell’indizione di gara, procedura non andata a buon fine perché una volta aggiudicato il servizio alla Avvenire srl, l’ente ha dovuto revocare l’affidamento, per avere accertato la sussistenza in capo all’aggiudicataria di irregolarità contributive;
peraltro, la stessa ricorrente (già precedentemente affidataria del servizio in forza del contratto del 2004), aveva nelle more dichiarato di non essere più disposta a proseguire il servizio mediante proroga, sicché a quel punto l’ente locale, per garantire la continuità del servizio di igiene urbana, non aveva altra alternativa che ricorrere all’ordinanza contingibile e urgente, strumento quindi correttamente utilizzato per far fronte alla straordinaria ed urgente situazione venutasi a creare
”;

c) respingeva, altresì, la domanda di condanna del Comune alla corresponsione di una “ somma maggiore (chiamata in ricorso “risarcimento danno”) rispetto all’importo riconosciutole in questi anni dall’amministrazione e pari alla differenza tra quest’ultimo ed il costo effettivo che la Avvenire srl allega di avere sostenuto per prestare il servizio di cui alle citate ordinanze contingibili e urgenti ”, in quanto il Comune, a fronte del servizio reso dalla Avvenire srl in questi anni, non aveva “ riconosciuto alla stessa il solo importo pattuito tra le parti nel 2004, ma aveva sempre aggiornato detta somma agli indici Istat così da evitare l’erosione del corrispettivo derivante dall’inflazione via via accertata ai danni della ricorrente ”;
oltretutto, “ la stessa Avvenire srl, nell’ambito della procedura di gara indetta dal Comune di Mottola nel 2011 per l’espletamento del medesimo servizio ” aveva presentato un’offerta “ nella quale, a fronte peraltro di servizi aggiuntivi rispetto a quelli garantiti in questi anni, aveva indicato un corrispettivo complessivo inferiore a quello versatole dal Comune in forza delle impugnate ordinanze (canone stabilito nel contratto del 2004 oltre adeguamenti ISTAT), con ciò indirettamente dimostrando la remuneratività e congruità di quest’ultimo ”;

d) compensava, infine, le spese del giudizio.

4. Ha appellato la società, che censura la sentenza per erroneità, sia nella parte in cui ha declinato la giurisdizione sia in quella in cui ha respinto nel merito le censure;
reitera, a tal fine, le doglianze dedotte in primo grado.

4.1. Si sono costituite le Amministrazioni statali e il comune di Mottola. Le prime hanno chiesto l’estromissione dal giudizio per estraneità alla materia del contendere (memoria depositata il 24 ottobre 2022).

4.2. A seguito del fallimento della società, il giudizio è stato proseguito dalla Curatela fallimentare.

4.3. Parte appellante e il comune di Mottola hanno depositato memorie conclusive e di replica.

5. All’udienza del 24 novembre 2022, la causa è stata trattenuta per la decisione.

6. Preliminarmente, il Collegio scrutina il motivo di appello con il quale l’appellante ha censurato il capo di sentenza che ha declinato la giurisdizione del giudice amministrativo, in favore del giudice ordinario, con riguardo alle determinazioni comunali di proroga del servizio per il periodo dal 1 gennaio 2010 al 30 giugno 2012.

6.1. Il T.a.r., muovendo dal presupposto che le note di proroga fossero state emesse dal Comune sulla base del consenso della ricorrente, ha escluso – previo richiamo delle pronunce della Corte costituzionale (sentenza n. 35 del 2010) – la riconducibilità della controversia, in parte qua , ad una delle ipotesi delineate dall’art. 133, comma 1, Cod. proc. amm., segnatamente: lettere c), e) n. 2, p), q).

6.2. La critica svolta in appello è fondata e la sentenza deve essere, in parte qua , riformata.

6.3. L’art. 7, c.p.a., dispone al comma 1 che: “ Sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie, nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi, concernenti l'esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all'esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni ”.

L’art. 133, comma 1, c.p.a., con riguardo alle “ particolari materie ”, attribuisce (v. lettera c) alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo: “ le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo, ovvero ancora relative all'affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore […] ”.

6.4. Nel disporre la prosecuzione del servizio di raccolta e trasporto rifiuti solidi urbani, l’amministrazione comunale ha agito come autorità, avvalendosi cioè dei propri poteri autoritativi, attraverso la spendita di potestà amministrativa esercitata mediante atti unilaterali rispetto ai quali l’eventuale consenso prestato dalla società, sia ove riconducibile indirettamente a moduli consensuali ( id est , art. 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241), sia ove riconoscibile per facta concludentia , non esclude che i medesimi siano stati posti in essere nell’esercizio di un potere pubblico e giammai qualificabili come meri comportamenti materiali avulsi da tale esercizio (in tal caso, devoluti alla giurisdizione del giudice ordinario).

7. Acclarata la giurisdizione del giudice amministrativo sull’intera controversia in esame, il Collegio dà atto che, a seguito della proposizione dell’appello, è riemerso l’intero thema decidendum del giudizio di primo grado – che perimetra necessariamente il processo di appello ex art. 104 c.p.a. – sicchè, per ragioni di economia dei mezzi processuali e semplicità espositiva, secondo la logica affermata dalla decisione della Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 5 del 2015, verranno presi direttamente in esame gli originari motivi posti a sostegno del ricorso introduttivo (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, n. 1137 del 2020).

8. Stante l’infondatezza nel merito del ricorso di prime cure (e, dunque, del presente appello), il Collegio assorbe la questione relativa alla estromissione dal giudizio delle Amministrazioni statali.

9. L’appellante ritiene illegittimo il costante ricorso, da parte del Comune, ai poteri di cui all’art. 50 del T.U. enti locali (d.lgs n. 267 del 2000), poiché la situazione fronteggiata con lo strumento dell’ordinanza contingibile e urgente postula una condizione di emergenza, ovvero di imprevedibilità che nella fattispecie mancherebbe.

9.1. Il Collegio osserva che la questione relativa alla legittimità dell’imposizione della prosecuzione del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani, avvalendosi del precedente gestore, è stata più volte affrontata dal Consiglio di Stato.

9.2. Siffatte pronunce hanno determinato nel tempo il consolidarsi dei principi enucleati dalla giurisprudenza amministrativa.

9.3. Per quanto qui interessa, il Consiglio di Stato ha ritenuto legittimo il ricorso all’istituto della ordinanza contingibile e urgente, finanche nel caso di mancata tempestiva attivazione dell’ente per la indizione della gara per l’affidamento di tale servizio, in quanto la situazione di pericolo per la salute pubblica e l’ambiente connesse alla gestione dei rifiuti, non fronteggiabile adeguatamente con le ordinarie misure, “…legittima comunque il Sindaco all’esercizio dei poteri extra ordinem riconosciutigli dall’ordinamento giuridico e, di fronte all’urgenza di provvedere, non rileva affatto chi o cosa abbia determinato la situazione di pericolo che il provvedimento è rivolto a rimuovere ”.

9.4. Nel caso di specie, non può dubitarsi della sussistenza dei presupposti richiesti, non potendo ammettersi l’interruzione del servizio di igiene urbana per le intuibili gravissime conseguenze dannose che essa comporterebbe sul piano igienico-sanitario, in particolare, e su quello ambientale, in generale, oltre che sulla vita dei cittadini, a prescindere dalla circostanza che l’urgenza sia addebitabile a inerzia o negligenza dell’amministrazione appaltante.

10. Neppure è censurabile, nella fattispecie, la condotta dell’Ente per avere adottato precedenti proroghe sotto il profilo della mancata pianificazione tempestiva dei provvedimenti necessari alla definizione delle procedure di affidamento del servizio.

10.1. Questo per due ordini di rilievi.

10.1.1. In primo luogo, deve tenersi conto della circostanza che il comune di Mottola, alla scadenza del contratto nel 2009, si è attivato per pianificare l’affidamento del nuovo servizio;
a tanto esso ha provveduto con le deliberazioni di giunta comunale nn. 32 e 42 del 2011, nonché la determinazione n. 69/F del 2011, nelle more disponendo, in favore della società “Avvenire”, la prosecuzione del servizio con le determinazioni n. 829/2009 e n. 461/F del 2010, adottate allo scopo di non interrompere il servizio. Da qui, l’adozione delle ulteriori (oggi contestate) proroghe assunte nelle more dell’espletamento della gara.

Gara che veniva aggiudicata nel 2012 proprio alla società “Avvenire” che, tuttavia, veniva dichiarata (nel 2013) decaduta per irregolarità documentali.

La procedura di affidamento subiva, a questo punto, un blocco dovuto alla entrata in vigore della legge regionale Puglia 20 agosto 2012, n. 24 (che all’art. 24 faceva divieto ai Comuni di procedere in autonomia a nuove procedure di gara per l’affidamento del servizio de quo ) e alla contestuale, necessitata adesione del comune di Mottola alla convenzione con altri Comuni per la gestione unitaria del servizio in questione.

Tali circostanze inducevano il Comune, nelle more dell’avvio del servizio a regime a norma della legge regionale n, 24 del 2012, ad avvalersi dello strumento dell’ordinanza contingibile e urgente per sopperire alla situazione di emergenza cui non poteva porsi rimedio in via ordinaria.

Questo primo rilievo è decisivo per giustificare, sul piano dei presupposti inveranti il legittimo esercizio dei poteri extra ordinem , il ricorso all’ordinanza ex art. 50 del T.U. enti locali.

10.1.2. Il secondo rilievo riposa sulla circostanza che la società, per quanto sopra considerato, non può certamente dolersi del fatto di avere fruito della proroga del contratto in essere, senza in prima battuta averne contestato le condizioni.

11. L’appellante ha poi censurato gli impugnati provvedimenti anche sotto il profilo della illegittima previsione di un corrispettivo non ragguagliato ai prezzi di mercato.

11.1. La censura si lega alla domanda risarcitoria con la quale la società chiede la condanna del Comune al risarcimento del danno in ragione delle spese effettivamente sostenute e delle perdite di esercizio (in atti quantificate come da perizia di parte).

12. I motivi sono infondati.

12.1. Occorre, in primo luogo, evidenziare che la società istante non ha mai attivato (se non a fine dell’anno 2013) alcuna interlocuzione con gli uffici comunali funzionale alla rideterminazione del prezzo dei servizi, che non si è mai concretizzata in un nuovo accordo a condizioni mutate.

L’urgenza di provvedere, unitamente alla determinazione del canone indicato nelle ordinanze sindacali (non contestato) e in assenza di qualsiasi richiesta di ricalcolo del prezzo, non poteva andare certo a nocumento del servizio, né impedire o procrastinare il suo affidamento;
anzi, ha giustificato la scelta dell’ente, la cui correttezza nel merito non è mai stata contestata dalla Società.

12.2. Va, tuttavia, considerato che, secondo gli insegnamenti giurisprudenziali, l’esecuzione del servizio disposta in forza di ordinanza contingibile e urgente non può essere imposta a condizioni non remunerative, determinandosi altrimenti un contrasto con l’esigenza del giusto compenso e con il principio secondo il quale l’esercizio del potere di ordinanza - pur sussistente - deve limitarsi in linea di massima ad imporre misure tali da comportare il minore sacrificio possibile per il destinatario.

12.3. Sennonché, per poter contestare tale imposizione la società avrebbe dovuto tempestivamente impugnare le ordinanze nel tempo succedutesi (almeno fino alla adozione dell’ordinanza sindacale 8 luglio 2013, n. 53) e non dolersi successivamente degli effetti della loro applicazione. Ciò che avrebbe potuto fare richiedendo, ad esempio, la revisione del prezzo (disciplinata - ratione temporis - per gli appalti di servizi o forniture dall’art. 115 del d.lgs. n. 163 del 2006 che ha recepito la disposizione di cui all’art. 6 della legge 24 dicembre 1993, n. 537).

12.4. E invero, con la previsione dell’obbligo di revisione del prezzo i contratti di forniture e servizi sono stati muniti di un meccanismo che, a cadenze determinate, comporta la definizione di un “nuovo” corrispettivo per le prestazioni oggetto degli stessi, con beneficio per entrambi i contraenti: per l’appaltatore, che vede ridotta, anche se non eliminata, l’alea propria dei contratti di durata;
per la stazione appaltante, che vede diminuito il pericolo di un peggioramento della qualità o quantità di una prestazione, divenuta per l’appaltatore eccessivamente onerosa o, comunque, non remunerativa.

13. La dedotta circostanza rileva per escludere qualsiasi responsabilità del Comune da inadempimento.

13.1. Non essendo stati pattuiti dei nuovi compensi, non sussiste neppure l’oggetto di un obbligo rimasto inadempiuto.

13.2. La cristallizzazione degli effetti delle ordinanze sindacali, siccome non impugnate tempestivamente (il rilievo della tardività verrà ripreso più avanti), ne esclude definitivamente l’avvenuta insorgenza.

13.3. E’ evidente, pertanto, che nessun inadempimento contrattuale può essere addebitato al Comune per l’evidente ragione che nessun obbligo contrattuale era stato convenuto.

14. Neppure è ravvisabile la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale, in quanto manca non tanto e non solo (come sopra chiarito) la colpevolezza nell’agire dell’Amministrazione, ma prima ancora una condotta non jure causativa di danno, non potendo la stessa essere identificata nell’adozione di ordinanze resesi necessarie per evitare interruzioni del servizio e non tempestivamente impugnate.

15. Per quanto riguarda, invece, il divisato corrispettivo determinato dal Comune, che l’appellante censura siccome asseritamente inferiore al prezzo di mercato e, pertanto, iniquo, il Collegio, ribadita la legittimità dei provvedimenti per le ragioni sin qui esposte, ritiene che il corrispettivo di cui al contratto di appalto stipulato nel 2004, cioè l’ultimo compenso concordato, sia stato correttamente maggiorato dall’amministrazione, per il periodo corrispondente, di un importo parametrato agli indici ISTAT.

15.1. Tale criterio è idoneo, sul piano lato sensu indennitario, a individuare il giusto compenso per il servizio prestato nel periodo citato.

Esso consente, da un lato, di conservare inalterato l’originario equilibrio contrattuale, sicché deve senz’altro ritenersi ammesso;
dall’altro, di impedire il verificarsi di una inaccettabile compromissione dei diritti economici dell’impresa, poichè il corrispettivo originariamente pattuito ( recte , liberamente offerto dall’impresa nell’ambito di una gara pubblica) viene pienamente attualizzato nel suo valore economico in occasione della adozione di ciascuna, singola ordinanza extra ordinem .

15.2. Tale conclusione è vieppiù suffragata dalle seguenti circostanze fattuali, idonee a confutare le criticità rappresentate dall’appellante:

a) il canone corrisposto dal comune alla società nel corso degli anni in questione (2011-2012-2013), attualizzato periodicamente secondo gli indici Istat, è risultato essere superiore (vedi quanto rappresentato a pag. 11 e 12 della memoria difensiva del Comune depositata in primo grado) al canone annuo stabilito nella gara d’appalto aggiudicata alla medesima società Avvenire nel 2012 (il cui contratto è poi incorso nella decadenza dell’aggiudicazione);

b) la continuità del servizio, ininterrottamente proseguito dal 2004 al 2014, ha certamente consentito all’impresa di conseguire consistenti economie di scala nonché di svolgere il servizio sulla base di una pianificazione organizzativa ed economica che, se anche caratterizzata da ordinanze periodiche, si fondava sulla prevedibile prosecuzione del rapporto in attesa che si individuasse, previo esperimento di gara consortile, il nuovo affidatario;

c) la condotta dell’appellante che, almeno fino a tutto il mese di giugno del 2013, non ha contestato il prezzo stabilito dalle determinazioni dirigenziali.

16. Ferma l’infondatezza dirimente del gravame, il collegio osserva, per completezza espositiva e motivazionale, avuto anche riguardo al contestato obbligo asseritamente rimasto inadempiuto (v. sopra, par. 13.1-13.2.), che il ricorso palesa anche profili di inammissibilità per tardività, avuto riguardo alla impugnativa di tutti i provvedimenti che si sono succeduti tra il 2009 e il 2013. Segnatamente, si fa riferimento ai seguenti provvedimenti, non tempestivamente impugnati nel termine decadenziale decorrente dalla loro piena conoscenza legale, che ne aveva inverato anche la lesività attualizzando, conseguentemente, già illo tempore l’interesse ad agire: i) note responsabile comunale nn. 10369/2010, 19078/2010, 19128/2010, 9297/2011, 18225/2011;
ii) ordinanze sindacali nn. 45-57-89 del 2012;
iii) ordinanze sindacali nn. 11 e 53 del 2013;
iv) determinazioni comunali n. 829 del 2010, n. 461/F del 2010, n. 248/T del 2011.

16.1. Si tratta dei provvedimenti autoritativi mediante i quali il Comune ha disposto, unilateralmente, la prosecuzione del servizio e che la società non ha a suo tempo impugnato, così consolidandosene la legittimità quanto al loro contenuto motivazionale, prestazionale e dispositivo per avervi l’appellante prestato acquiescenza.

16.2. La circostanza, dedotta solo in atti, secondo cui il servizio sarebbe stato proseguito per doverosa ottemperanza all’ordine dell’autorità (così da in incorrere in responsabilità), non esimeva la società dall’onere di tempestivamente gravare i menzionati atti. L’osservanza ai medesimi, infatti, riposa sul principio di presunzione di legittimità che assiste il provvedimento amministrativo, che si presume legittimo (e quindi valido) fino a quando esso non venga rimosso dall’ordinamento giuridico;
ma affinchè esso sia rimosso, occorre che venga impugnato dall’interessato nelle forme e nei modi previsti dall’ordinamento giuridico. Diversamente opinando, si esporrebbero i provvedimenti amministrativi a un regime di incertezza giuridica, con pregiudizio per la stabilità dei rapporti e dell’interesse pubblico perseguito.

17. Ai sensi di quanto sin qui argomentato, l’appello in esame è infondato e va, pertanto, respinto.

18. Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

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