Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-08-04, n. 202307534

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-08-04, n. 202307534
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202307534
Data del deposito : 4 agosto 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/08/2023

N. 07534/2023REG.PROV.COLL.

N. 08154/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8154 del 2020, proposto da
V G, rappresentato e difeso dall'avvocato G D B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del difensore in Roma, via Sistina n. 121;

contro

Comune di Cesenatico, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati B G, G G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia Romagna (sezione prima) n. 49/2020;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Cesenatico;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 giugno 2023 il consigliere P M e uditi per le parti gli avvocati, come da verbale;

Viste le conclusioni delle parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’odierno appellante ha impugnato la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, sezione I^, ha respinto la domanda di annullamento del provvedimento del Comune di Cesenatico prot. n. 30283 del 12 settembre 2013 (pratica edilizia n. 42 – anno 2006), recante diniego di rilascio del permesso di costruire relativo alla “ costruzione di edificio di civile abitazione del tipo “sparso” in Via Campone Sala ”, nonché la connessa domanda di risarcimento del danno in forma specifica o per equivalente;
il giudice di primo grado ha condannato il ricorrente al pagamento in favore del Comune di Cesenatico delle spese di giudizio, liquidate in € 3.000,00.

1.2. La parte appellante premette quanto segue:

- Con ricorso proposto al T.a.r. per l’Emilia Romagna (R.G. n. 1059/2013) i signori G S e M A hanno impugnato:

a) il diniego di permesso di costruire prot. n. 29074 in data 9 settembre 2013 (pratica edilizia n. 41- anno 2006) del Comune di Cesenatico, relativo alla “ costruzione di edificio di civile abitazione del tipo «sparso» in Via Campone Sala ”;

b) il diniego di permesso di costruire prot. n. 30283 in data 12 settembre 2013 (pratica edilizia n. 42 anno 2006) sempre del Comune di Cesenatico.

- A seguito del decesso della signora M A e della rinuncia all’eredità degli altri eredi (signori G S, Gssi Giuseppe e Gssi Marco) e di atti di compravendita (depositati in giudizio), l’odierno appellante (signor Gssi Vinicio) è divenuto proprietario esclusivo dei beni immobili oggetto dei provvedimenti comunali impugnati e, pertanto, legittimato alla prosecuzione del processo.

- Con sentenza non definitiva n. 776/2019 il T.a.r. per l’Emilia Romagna ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso nella parte relativa all’impugnativa del diniego di permesso di costruire prot. n. 29074 del 9 settembre 2013 – pratica edilizia n. 41/2006 (stante l’intervenuto annullamento, in autotutela, del diniego impugnato), mentre ha disposto alcuni incombenti istruttori in relazione alla seconda pratica edilizia (provvedimento del Comune di Cesenatico prot. n. 30283 del 12 settembre 2013 di reiezione della domanda di permesso di costruire di cui alla pratica edilizia n. 42 anno 2006).

- Infine, con la sentenza n. 49/2020, il Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna ha respinto la domanda di annullamento del provvedimento del Comune di Cesenatico prot. n. 30283 del 12 settembre 2013 (di reiezione della domanda di permesso di costruire di cui alla pratica edilizia n. 42 anno 2006), relativo alla “ costruzione di edificio di civile abitazione del tipo “sparso” in Via Campone Sala ”, nonché la connessa domanda di risarcimento del danno, in forma specifica o per equivalente;
il giudice di prime cure ha condannato la parte ricorrente anche al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in € 3.000,00.

2. Tanto premesso, l’appellante ha contestato la sentenza da ultimo richiamata con i motivi di seguito indicati.

2.1. Con il primo motivo, l’appellante deduce: erroneità e contraddittorietà della motivazione;
eccesso di potere, per falso ed erroneo presupposto di fatto e di diritto.

In sintesi, l’appellante censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto il secondo motivo del ricorso introduttivo del giudizio, sostenendo che sulla richiesta di rilascio del titolo abilitativo si sarebbe formato il silenzio - assenso, con la conseguenza che il Comune di Cesenatico non avrebbe potuto procedere alla reiezione della istanza di permesso di costruire, senza prima aver annullato in autotutela il provvedimento implicito di assenso.

Il giudice di prime cure ha respinto la censura, ritenendo che non possa formarsi il silenzio-assenso su una domanda relativa al rilascio di un titolo abilitativo, ove l’intervento edilizio non sia rispondente e conforme alla strumentazione urbanistica.

La parte appellante contesta le conclusioni del giudice di primo grado, evidenziando che in questo modo si priverebbe di qualsivoglia rilievo il silenzio-assenso previsto dall’ordinamento giuridico in materia edilizia.

2.2. Con il secondo motivo, l’appellante deduce: erroneità di motivazione;
violazione ed erronea applicazione dell’art. 6 l. 7 agosto 1990 n. 241 e della l. 11 febbraio 2005 n. 15;
violazione dei principi generali in materia di partecipazione al procedimento e di contraddittorio;
violazione del principio di imparzialità dell’attività amministrativa;
violazione del giusto procedimento;
sviamento di potere.

L’appellante ribadisce l’illegittimità del provvedimento impugnato sotto il profilo esplicitato nel primo motivo del ricorso introduttivo del giudizio.

Sostiene che il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo, in quanto sottoscritto dallo stesso soggetto che ha proceduto alla istruttoria e alla adozione della comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza.

Evidenzia che il responsabile del procedimento e il responsabile del servizio sono due figure professionali differenti con competenze distinte e che, nel caso di specie, il responsabile del servizio ha eseguito anche adempimenti di competenza del responsabile del procedimento.

2.3. Con l’ultimo motivo di gravame, l’appellante deduce: difetto ed erroneità di motivazione;
eccesso di potere per falso ed erroneo presupposto di fatto e di diritto, per difetto di istruttoria, per illogicità, per contraddittorietà, per travisamento e per irrazionalità;
violazione ed erronea applicazione degli artt. 140 e 148 delle n.t.a. del piano regolatore.

L’appellante si duole della reiezione del terzo motivo del ricorso introduttivo del giudizio, con il quale si era contestata la determinazione del Comune di ritenere non applicabili alla istanza dell’appellante le disposizioni di cui agli artt. 140 e 148 delle n.t.a. del piano regolatore vigenti nel periodo intercorrente tra il 3 settembre 1998 e il 13 marzo 2006 (nell’ambito del quale è stata presentata l’istanza di permesso di costruire di cui alla pratica edilizia n. 42/2006).

Il giudice di primo grado si sarebbe conformato pedissequamente alle conclusioni della amministrazione comunale, ritenendo che il frazionamento dell’area di intervento avesse fatto venire meno i presupposti per l’applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 140 e 148 delle n.t.a. del piano regolatore.

A giudizio dell’appellante, il Comune di Cesenatico non avrebbe fatto corretta applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 140 e 148 delle n.t.a. del piano regolatore, avendo i danti causa dell’odierno appellante semplicemente richiesto di traslare la volumetria di cui al fabbricato da demolire per la realizzazione di un’altra costruzione.

La parte appellante ripropone l’istanza risarcitoria, evidenziando che l’intervenuta abrogazione delle disposizioni di piano regolatore comunale che consentivano all’epoca l’accoglimento della domanda edificatoria ne impedisce l’accoglimento, in sede di riedizione del potere (residuando quindi il risarcimento del danno).

2.4. In via istruttoria, l’appellante ha chiesto che venga disposta, ai sensi e per gli effetti degli artt. 63, 4^ co., 66 e 67 c.p.a., verificazione o consulenza tecnica d’ufficio, al fine di accertare la tipologia di intervento richiesto e la corretta applicazione delle n.t.a. del piano regolatore (nel testo vigente ratione temporis ).

3. Si è costituito in giudizio il Comune di Cesenatico, eccependo l’inammissibilità della relazione tecnica depositata dall’appellante in data 19 aprile 2023, per violazione dell’art. 104, comma 2, c.p.a.;
nel merito, ha contestato la fondatezza delle deduzioni di parte appellante e ne ha chiesto la reiezione.

4. All’udienza pubblica dell’1 giugno 2023, su richiesta dei difensori delle parti costituite, come da verbale, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

5. In via preliminare, deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità (sollevata dalla amministrazione resistente) in ordine alla relazione tecnica depositata dall’appellante in data 19 aprile 2023.

5.1. L’eccezione è fondata.

5.2. L’art. 104, comma 2, del c.p.a., con riguardo al giudizio di appello, dispone: “ 2. Non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che il collegio li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa, ovvero che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile ”.

5.3. Orbene, con riguardo alla relazione tecnica depositata nel giudizio di appello, la parte appellante non ha indicato le ragioni per le quali non ha potuto produrre la predetta relazione nel giudizio di primo grado, con la conseguenza che detto mezzo di prova deve ritenersi inammissibile.

5.4. Con riguardo alla istanza verificazione o di consulenza tecnica d’ufficio, formulata dalla parte appellante ai fini dell’accertamento dei fatti di causa, ritiene il Collegio che la causa sia matura per la decisione, senza necessità di disporre ulteriori approfondimenti istruttori.

6. L’oggetto del presente giudizio concerne la verifica della legittimità, in relazione ai censurati profili, del provvedimento del 12 settembre 2013 (protocollo 30283), con il quale il dirigente del Comune di Cesenatico ha respinto la istanza di permesso di costruire (pratica edilizia n. 42/2006), presentata in data 22 febbraio 2006 dai signori G S e M A (danti causa dell’odierno appellante) per la demolizione e la ricostruzione di una casa sparsa in zona agricola nel territorio del Comune di Cesenatico.

6.1. La predetta istanza è stata presentata ai sensi dell’art. 148 delle n.t.a. del piano regolatore del Comune di Cesenatico (nel testo vigente ratione temporis ), al fine di usufruire della volumetria di un fabbricato da demolire per la realizzazione di una costruzione in altra area del territorio comunale.

6.2. In estrema sintesi, nel respingere l’istanza, il Comune di Cesenatico ha ritenuto che l’unità agricola di intervento di nuova formazione non fosse conforme alle previsioni di cui agli artt. 140 e 148 delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale e, pertanto, gli istanti (cui è subentrato l’odierno appellante) non potessero usufruire della volumetria del fabbricato da demolire.

7. Nell’esame delle dedotte censure, ritiene il Collegio di dover partire dalle censure formulate nel secondo motivo di appello, concernendo esse la competenza degli organi che si sono espressi nel corso del procedimento che ha portato alla adozione del provvedimento impugnato.

7.1. Costituisce ius receptum nella giurisprudenza amministrativa il principio secondo il quale nel processo amministrativo il vizio formale d’incompetenza deve essere sempre scrutinato per primo poiché, se fosse fondato, la valutazione nel merito della controversia alla stregua delle altre censure sostanziali proposte sarebbe impedita, risolvendosi in un giudizio meramente ipotetico sull’ulteriore attività amministrativa dell’organo competente, cui spetta l’effettiva valutazione della vicenda e che potrebbe emanare, o meno, l’atto in questione e, comunque, provvedere con un contenuto diverso;
la decisione di accoglimento del ricorso, fondata sul vizio d'incompetenza, esaurisce l’oggetto stesso del giudizio e rende obbligatorio l’assorbimento delle eventuali censure sostanziali, dato che in tutte le situazioni di incompetenza e di carenza di proposta o di parere obbligatorio si versa nella situazione in cui il potere amministrativo non è stato ancora esercitato, sicché il giudice, anche ai sensi ex art. 34, comma 2 c.p.a., non può fare altro che rilevare il relativo vizio e assorbire tutte le altre censure, non potendo ritenersi vincolato dalla prospettazione del ricorrente e dalla eventuale graduazione dei motivi da quest’ultimo effettuata (cfr. ex multis , Consiglio di Stato, sez. IV, 1 marzo 2017 n. 941).

8. Le censure formulate nel secondo motivo di appello sono infondate.

8.1. La figura del responsabile del procedimento è prevista e disciplinata dall’art. 5 della l. n. 241/1990 che, nel testo vigente al momento della adozione del provvedimento impugnato, disponeva testualmente:

“1 . Il dirigente di ciascuna unità organizzativa provvede ad assegnare a sé o ad altro dipendente addetto all'unità la responsabilità della istruttoria e di ogni altro adempimento inerente il singolo procedimento nonché, eventualmente, dell'adozione del provvedimento finale.

2. Fino a quando non sia effettuata l'assegnazione di cui al comma 1, è considerato responsabile del singolo procedimento il funzionario preposto alla unità organizzativa determinata a norma del comma 1 dell'articolo 4.

3. L'unità organizzativa competente e il nominativo del responsabile del procedimento sono comunicati ai soggetti di cui all'articolo 7 e, a richiesta, a chiunque vi abbia interesse ”.

La norma sopra richiamata assegna dunque al responsabile del procedimento il compimento della istruttoria preordinata all’adozione del provvedimento conclusivo del procedimento.

8.2. Orbene, in primo luogo, il Collegio rileva che, diversamente da quanto rappresentato dall’appellante, il provvedimento impugnato del 12 settembre 2013 prot. 30283 è stato sottoscritto dal dirigente del Settore Sviluppo del Territorio del Comune di Cesenatico (arch. Vittorio Foschi);
nel provvedimento impugnato è indicato come responsabile del procedimento il dott. Pietro Sirri.

8.3. In ogni caso, le deduzioni di parte appellante sono infondate anche sul piano giuridico.

8.4. Ancorché il provvedimento finale del procedimento sia di regola adottato da un soggetto diverso da quello che ha curato la istruttoria procedimentale, non vi è alcuna preclusione sul piano giuridico in merito al fatto che le funzioni di responsabile del procedimento possano essere svolte dallo stesso soggetto giuridico legittimato alla adozione del provvedimento finale (dirigente o responsabile del servizio), essendo tale eventualità prevista espressamente dal legislatore (art. 5, comma 1, l. n. 241/1990);
la norma infatti prevede espressamente che il dirigente, ossia l’organo legittimato a rappresentare all’esterno la volontà dell’ente, possa assegnare a sé la responsabilità della istruttoria.

9. Debbono ritenersi fondate invece le censure formulate nel primo motivo di appello, in ordine alla formazione del silenzio assenso sulla istanza di permesso di costruire presentata.

9.1. L’art. 20 del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (rubricato “ Procedimento per il rilascio del permesso di costruire ”), nel testo vigente al momento della adozione del provvedimento impugnato, disponeva (per la parte di interesse):

- “ Entro sessanta giorni dalla presentazione della domanda, il responsabile del procedimento cura l'istruttoria, acquisisce, avvalendosi dello sportello unico, secondo quanto previsto all'articolo 5, comma 3, i prescritti pareri e gli atti di assenso eventualmente necessari e, valutata la conformità del progetto alla normativa vigente, formula una proposta di provvedimento, corredata da una dettagliata relazione, con la qualificazione tecnico-giuridica dell'intervento richiesto ” (comma 3).

- “ Il responsabile del procedimento, qualora ritenga che ai fini del rilascio del permesso di costruire sia necessario apportare modifiche di modesta entità rispetto al progetto originario, può, nello stesso termine di cui al comma 3, richiedere tali modifiche, illustrandone le ragioni. L'interessato si pronuncia sulla richiesta di modifica entro il termine fissato e, in caso di adesione, è tenuto ad integrare la documentazione nei successivi quindici giorni. La richiesta di cui al presente comma sospende, fino al relativo esito, il decorso del termine di cui al comma 3 ” (comma 4).

- “ Il termine di cui al comma 3 può essere interrotto una sola volta dal responsabile del procedimento, entro trenta giorni dalla presentazione della domanda, esclusivamente per la motivata richiesta di documenti che integrino o completino la documentazione presentata e che non siano già nella disponibilità dell'amministrazione o che questa non possa acquisire autonomamente. In tal caso, il termine ricomincia a decorrere dalla data di ricezione della documentazione integrativa” (comma 5).

- “Il provvedimento finale, che lo sportello unico provvede a notificare all'interessato, è adottato dal dirigente o dal responsabile dell'ufficio, entro il termine di trenta giorni dalla proposta di cui al comma 3….. ” (comma 6).

- “ I termini di cui ai commi 3 e 5 sono raddoppiati per i comuni con più di 100.000 abitanti, nonché per i progetti particolarmente complessi secondo la motivata risoluzione del responsabile del procedimento ” (comma 7).

- “ Decorso inutilmente il termine per l'adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell'ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-assenso, fatti salvi i casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali, per i quali si applicano le disposizioni di cui al comma 9 ” (comma 8).

9.2. Orbene, nel provvedimento impugnato si dà atto che l’istanza di permesso di costruire è stata presentata dai signori G S e M A il 22 febbraio 2006, registrata al protocollo del Comune di Cesenatico al n. 4800, per la “ costruzione edificio di civile abitazione del tipo «sparso» in Via Campone Sala ” (la relativa pratica edilizia è stata registrata al Comune di Cesenatico al n. 42 del 2006).

L’istanza è stata presentata ai sensi dell’art. 148, comma 3, delle n.t.a. del piano regolatore che (nel testo vigente ratione temporis ) consentiva alle aziende agricole di formazione anteriore al 3 settembre 1998 di recuperare edifici agricoli dismessi e trasporne il volume per dotarsi di un “aggregato abitativo”.

Nel provvedimento impugnato si dà altresì atto che “ l’istanza è stata integrata dagli interessati, in data 21.12.2009, prot. 37341, e in data 29.10.2012, al fine di poter determinare con esattezza sia l’esatta consistenza dell’azienda agricola (in stretta connessione con le aziende dei figli Gssi Marco e Vinicio), sia la reale consistenza edificatoria del fabbricato da demolirsi in via Pisciatello (Fg. 44 part. 7) da cui trarre appunto la possibilità di traslazione volumetrica all’interno della azienda dei richiedenti (Sig.ri G S e M A) posta in via Campone Sala ”.

Il responsabile del procedimento ha espresso parere negativo in data 29 luglio 2013 prot. 25213;
il provvedimento finale di reiezione dell’istanza presentata è stato adottato in data 12 settembre 2013 (prot. 30283);
nel provvedimento impugnato non vengono rappresentate come causa del diniego problematiche relative a vincoli ambientali, paesaggistici o culturali, ma questioni attinenti alla proprietà dell’area (con rogito a notar D’Ausilio del 27.8.2009, rep. n. 134202, i coniugi Gssi-Muccioli avrebbero venduto alla società “Due Più” s.r.l. circa 4.200 mq del terreno della propria Azienda, frazionando il mappale 96, diviso nei mappali 96 e 108, facendo meno i presupposti per l’applicazione di cui agli artt. 140 e 148 delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore per l’utilizzazione della volumetria del fabbricato da demolire al fine di realizzare una costruzione su altra area).

Non risulta presentata nell’arco temporale intercorrente tra la data della seconda integrazione documentale (del 29 ottobre 2012) e la data di adozione del provvedimento conclusivo del procedimento alcuna richiesta istruttoria ulteriore da parte del Comune di Cesenatico.

9.3. Tanto premesso, anche facendo decorrere il termine previsto dal legislatore per l’esercizio del potere sulla istanza edilizia presentata dalla seconda integrazione documentale (ossia dal 29 ottobre 2012), risulta evidente che il provvedimento conclusivo del procedimento è stato adottato oltre il termine previsto dal legislatore, con la conseguenza che, al momento della emanazione del provvedimento di reiezione, il titolo abilitativo doveva ritenersi formato per silentium ;
ne consegue che l’amministrazione comunale non avrebbe potuto legittimamente respingere la istanza di permesso di costruire relativa alla pratica edilizia n. 42/2006, senza aver prima annullato in autotutela il provvedimento implicito di accoglimento della istanza, formatosi per effetto del decorso del tempo.

9.4. Non è condiviso dal Collegio quanto sostenuto nella sentenza impugnata, secondo la quale, nel caso di specie, non poteva dirsi formato il silenzio - assenso, dal momento che l’intervento edilizio proposto si poneva in contrasto con la normativa urbanistica comunale (artt. 140 – 148 delle n.t.a. del piano regolatore).

A tale riguardo, il Collegio ritiene di dare continuità all’orientamento giurisprudenziale secondo il quale l’istituto del “silenzio - assenso” risponde ad una valutazione legale tipica in forza della quale l'inerzia è equiparata dall’ordinamento giuridico ( quoad effectum ) al provvedimento di accoglimento della istanza;
tale equivalenza non significa altro che gli effetti promananti dalla fattispecie sono sottoposti al medesimo regime dell'atto amministrativo;
con il corollario che, ove sussistono i requisiti di formazione del silenzio - assenso, il titolo abilitativo può perfezionarsi anche con riguardo ad una domanda non pienamente conforme a legge (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 8 luglio 2022 n. 5746).

L’adesione del Collegio al predetto orientamento giurisprudenziale si fonda sulla dirimente considerazione della espressa previsione normativa, contenuta nell’art. 21 – nonies della l. n. 241/1990 e s.m.i., della annullabilità d’ufficio anche nel caso in cui il “ provvedimento si sia formato ai sensi dell’art. 20 ” (ossia nelle ipotesi di silenzio – assenso);
il che induce a ritenere che la violazione di legge non incida sul perfezionamento della fattispecie, ma rilevi solo sotto il profilo della legittimità dell’atto.

Diversamente opinando, sarebbe privo di alcun significato il riferimento ai fini della annullabilità dell’atto per vizi di legittimità al provvedimento (implicito) formatosi per effetto del silenzio assenso.

10. Sono conseguentemente improcedibili, per difetto di interesse, le censure dirette a contestare sotto il profilo sostanziale il provvedimento impugnato (avendo ritenuto l’amministrazione comunale che i signori G S e M A non potessero avvalersi delle previsioni di cui agli artt. 140 e 148 delle n.t.a. del piano regolatore e quindi della possibilità di traslare la volumetria del fabbricato da demolire, per aver trasferito a soggetto terzo una parte del complesso aziendale).

11. Inammissibile per genericità e, comunque, infondata è la domanda risarcitoria formulata dal ricorrente (odierno appellante).

11.1. Secondo principi giurisprudenziali consolidati, cui questa sezione ha già prestato adesione, in materia di responsabilità aquiliana della p.a. da provvedimento amministrativo illegittimo, la responsabilità non consegue automaticamente all’annullamento del provvedimento amministrativo (ovvero all’accertamento della sua illegittimità), in sede giurisdizionale, occorrendo la prova che dalla colpevole condotta amministrativa sia derivato, secondo un giudizio di regolarità causale, un pregiudizio direttamente riferibile all’assunzione o all’esecuzione della determinazione contra ius , lesiva del bene della vita spettante alla parte ricorrente (cfr., ex multis , Consiglio di Stato, sez. IV, 19 marzo 2018, n. 1709;
id., 14 marzo 2018, n. 1615).

11.2. Sotto il profilo dell’elemento soggettivo, l’illegittimità del provvedimento amministrativo è solo uno degli indici presuntivi della colpevolezza della p.a., da considerare unitamente ad altri, quali il grado di chiarezza della normativa applicabile, la semplicità degli elementi di fatto, il carattere più o meno vincolato (e, quindi, l’ambito più o meno ampio della discrezionalità) della statuizione amministrativa (cfr., ex multis , Consiglio di Stato, Sez. IV, 4 febbraio 2020 n. 909;
id., 18 ottobre 2019, n. 7082).

11.3. Non avendo l’appellante fornito la prova della sussistenza di tutti i presupposti della responsabilità aquiliana della p.a. da atto illegittimo (sotto il profilo oggettivo e soggettivo), la relativa domanda deve essere respinta.

12. In conclusione, il ricorso in appello va accolto nei termini sopra indicati e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere accolto in parte il ricorso di primo grado, con il conseguente annullamento del provvedimento impugnato;
è respinta ogni altra domanda.

13. In ragione della parziale fondatezza delle domande azionate, le spese del doppio grado di giudizio debbono essere compensate tra le parti.

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