Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2018-01-11, n. 201800111

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2018-01-11, n. 201800111
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201800111
Data del deposito : 11 gennaio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/01/2018

N. 00111/2018REG.PROV.COLL.

N. 02742/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2742 del 2017, proposto da:
Impiantistica Lamedica s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato R I, con domicilio eletto presso lo studio Matteo Barrea in Roma, via Centuripe, 33;

contro

Comune di Torremaggiore, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall' avvocato V A, con domicilio eletto presso lo studio Gigliola Mazza Ricci in Roma, via di Pietralata 320/D/4;

nei confronti di

F P, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA – BARI, SEZIONE I, n. 01462/2016, resa tra le parti, concernente, per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

ANNULLAMENTO DELL’ INCARICO ESTERNO PER LA REDAZIONE DEL PROGETTO ESECUTIVO DA PORRE A BASE DI GARA PER L'AFFIDAMENTO DELLA RIQUALIFICAZIONE E MESSA A NORMA DELL'IMPIANTO DI PUBBLICA ILLUMINAZIONE NEL COMUNE DI TORREMAGGIORE;

Per quanto riguarda il ricorso incidentale presentato dal Comune di Torremaggiore il 20 aprile 2017: appello incidentale PER L'ANNULLAMENTO E/O LA RIFORMA PARZIALE della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia- Bari, Sez. I, n. 1462 del 23.11.2016, depositata il 30.12.2016, resa inter partes , non notificata.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio e l’appello incidentale del Comune di Torremaggiore;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 novembre 2017 il Cons. Angela Rotondano e uditi per le parti gli avvocati Irmici, Di Paolo in dichiarata delega di Antonucci;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Impiantistica La Medica s.r.l (d’ora in avanti, soltanto “Lamedica” ) ha appellato la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia- Bari, I, 23 novembre 2016, n. 1462.

L’appellante ha premesso che, con delibera di indirizzo della Giunta Comunale n. 64 del 13 giugno 2014, il Comune di Torremaggiore aveva deciso di indire, tramite project financing , una gara unica per l’affidamento della concessione avente ad oggetto la gestione, la manutenzione dell’impianto di pubblica illuminazione stradale, ivi compresa la fornitura di energia, nonché la progettazione ed esecuzione degli interventi di messa a norma dell’impianto, con sostituzione di pali e delle armature e di ammodernamento tecnologico e funzionale dello stesso, nonché le attività finalizzate al conseguimento del risparmio energetico ai sensi dell’art. 153 commi 1-19 del D.Lgs. n.163 del 2006.

Con nota protocollata in data 18 agosto 2014, l’odierna appellante presentava al Comune proposta, secondo la procedura di project financing e in conformità con la delibera giuntale su indicata, di progettazione e gestione integrata del servizio di illuminazione pubblica, realizzazione di interventi di efficienza energetica e di adeguamento normativo sugli impianti, presentando un progetto denominato “Progetto Dark Sky Città di Torremaggiore” .

Con atto del 17 settembre 2014 il Responsabile Unico del procedimento comunicava all’impresa la conclusione dell’istruttoria con esito favorevole, nonché di aver provveduto a “trasmettere in data 9 settembre u.s. agli organi comunali sovraordinati la suddetta relazione” .

In assenza di ulteriori sviluppi, soltanto in data 19 gennaio 2016 la ditta Lamedica apprendeva del deposito di altro progetto, e successivamente, della pubblicazione della determina dirigenziale n. 583 del 3 novembre 2015. Dall’esame di tale atto, l’appellante veniva a conoscenza del fatto che l’Ente, nonostante la vigenza della delibera giuntale n. 64 del 2014 e senza provvedere alla revoca di tale atto, con delibera commissariale n. 133 del 2015, aveva approvato il progetto esecutivo predisposto dal perito industriale signor P F, da allegare al bando per l’affidamento della riqualificazione e messa a norma dell’impianto di pubblica illuminazione, e, con delibera n. 136 del 2015, aveva assunto un mutuo di 1.500.000,00 con la Cassa Depositi e Prestiti per il finanziamento del progetto. Inoltre, con determinazione n. 684 del 2015, il Dirigente del terzo Settore deliberava di indire una gara mediante procedura aperta ai sensi dell’art. 55 del D.Lgs. n. 163 del 2006 e di approvare lo schema del bando di gara e il disciplinare. Con la determina n. 583 del 2015, sopra menzionata, il Dirigente del III Settore aveva individuato intuitu personae, ex art. 125, commi 11 e 12 del Codice dei contratti, il perito industriale Pienabarca trattandosi di un corrispettivo inferiore a 20.000 euro, stabilendo unilateralmente il compenso in € 10.000, così ridotto rispetto al maggior corrispettivo di euro 45.000,00, richiesto dal perito per lo svolgimento della propria opera professionale. L’odierna appellante apprendeva che il contratto veniva stipulato a seguito di scambio di mail tra le parti.

Impiantistica Lamedica, con ricorso 289/2016 del 22 febbraio 2016, impugnava dinanzi al T.A.R. le determine dirigenziali su indicate, previa sospensione cautelare dell’efficacia di tali atti. Domandava, altresì, dichiararsi l’inefficacia del contratto stipulato ed il risarcimento di tutti i danni.

Il Comune, costituitosi in giudizio, allegava un parere negativo del 1 dicembre 2014, espresso sulla proposta dal Dirigente del III Settore: l’appellante ha dedotto di aver conosciuto detto parere solo nell’ udienza della Camera di Consiglio, posto che l’Ente non aveva prima di allora provveduto a comunicazione alcuna a riguardo.

L’appellante proponeva ricorso per motivi aggiunti, impugnando detto parere negativo ed anche la delibera del Commissario straordinario n. 42 del 2016 di revoca della delibera 64 del 2014 con cui la Giunta Comunale aveva manifestato la volontà di indire la gara per l’affidamento della concessione in oggetto mediante project financing .

Il Tribunale amministrativo regionale ha accolto il ricorso principale annullando la determina dirigenziale di conferimento di incarico a professionista esterno e i provvedimenti consequenziali;
ha respinto il ricorso per motivi aggiunti;
ha disposto l’invio di copia della sentenza alla Procura presso la Corte dei Conti per le valutazioni di competenza, “stante l’esistenza di plurimi aspetti di scarsa chiarezza nell’operato della Pubblica Amministrazione” . Non ha, però, accordato alla ricorrente né il risarcimento dei danni né l’indennizzo a seguito della revoca della delibera n. 64 del 2014.

Con l’odierno appello, Lamedica censura la sentenza di primo grado in relazione ai capi e alle parti in cui è stata rigettata la domanda di risarcimento dei danni e sono stati respinti i motivi aggiunti, e con esso la domanda di indennizzo a seguito della revoca della delibera giuntale n. 62 del 2014.

L’appellante domanda, pertanto, condannare il Comune al risarcimento dei danni, riportandosi per la liquidazione ai criteri indicati nelle conclusioni del ricorso di primo grado ovvero disponendo una consulenza tecnica d’ufficio;
domanda, anche previa verificazione della convenienza del progetto presentato dall’appellante, accogliere il ricorso per motivi aggiunti e annullare il provvedimento di revoca, condannando il Comune alla corresponsione dell’indennizzo. Inoltre, con l’odierno appello sono state riproposte le censure dichiarate assorbite dal T.a.r. stante la manifesta illegittimità della procedura di affidamento (ed articolate al secondo, quarto, quinto, sesto, settimo motivo del ricorso di primo grado), e in particolare:

-violazione e falsa applicazione di legge, con riferimento agli artt. 48 e 107 del D.lgs. 18.8.2000, n. 267, per incompetenza del Commissario ad approvare il progetto esecutivo predisposto dal perito industriale, spettando la relativa competenza all’adozione dell’atto alla dirigenza, venendo in rilievo mere valutazioni di carattere tecnico;

- violazione e falsa applicazione di legge, con riferimento agli artt. 125 del d.lgs. n.163 del 2006 e 192 del d.lgs. 267 del 2000, in quanto non si ravviserebbero né motivi di urgenza né la necessità di provvedere all’acquisizione in economia di un progetto esecutivo e vista altresì l’impossibilità, affermata dalla pacifica giurisprudenza di legittimità, di concludere contratti pubblici a mezzo di corrispondenza (come avvenuto invece nel caso di specie, tramite scambio di mail );

-violazione dell’art. 33 del d.P.R. n. 207 del 2010: l’elaborato in questione non poteva essere considerato progetto esecutivo e, dunque, non poteva essere approvato, data la non esaustività della documentazione progettuale presentata, non contemplante tutti i documenti previsti dall’art. 33 del d.P.R. 207 del 2010 e non contenendo, inoltre, tale elaborato alcuna voce riguardante la messa a norma e la messa in sicurezza dell’impianto di pubblica illuminazione, nonostante l’oggetto del progetto consistesse nello specifico proprio in siffatta attività;

- eccesso di potere per omessa considerazione dei presupposti, sviamento, contraddittorietà, difetto assoluto di motivazione e di istruttoria, illogicità, ingiustizia manifesta e perplessità: tra le opere pubbliche ricomprese nel piano pluriennale 2016/2018 e nell’elenco annuale 2016 non compare la pubblica illuminazione, pur avendo l’Ente assunto il mutuo per la realizzazione dell’opera ed adottato la relativa variazione di bilancio.

Il Comune di Torremaggiore, costituitosi in giudizio, ha proposto appello incidentale, con cui ha sollevato l’eccezione, già disattesa dal giudice di prime cure, di inammissibilità dell’appello principale per carenza di interesse ad agire, sostenendo che l’appellante non possa ritrarre alcuna utilità dall’eventuale accoglimento del ricorso. Il Comune ha dedotto, altresì, la legittimità del parere negativo e della revoca, evidenziando l’insussistenza di alcun vincolo a dare corso alla proposta di finanza di progetto: la proposta dell’impresa non era stata dichiarata di pubblico interesse nel termine trimestrale dalla Giunta comunale;
di conseguenza il procedimento non era affatto concluso e l’appellante non vantava alcuna aspettativa giuridicamente tutelata, visto che il procedimento ha avuto termine in una fase del tutto iniziale.

All’udienza del 16 novembre 2017, la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.Deve preliminarmente essere esaminata l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa del Comune nell’appello incidentale, per violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c., nonché degli artt. 35 e 39 del Cod.Proc. Amm. e dell’art.153 comma 19 del d.lgs. n. 163 del 2006.

Secondo la difesa del Comune, i giudici di prime cure avrebbero dovuto rilevare e dichiarare il difetto di interesse ad agire dell’odierna appellante ed il difetto di legittimazione alla proposizione del ricorso e dei motivi aggiunti, ai sensi dell’art. 100 c.p.c.: ciò in quanto l’appellante non potrebbe ritrarre alcuna utilità dall’annullamento degli atti impugnati, non essendo stata individuata quale promotore della procedura, in quanto il Comune non aveva mai valutato la proposta presentata entro il termine di tre mesi né dichiarato il progetto di pubblico interesse e non era, di conseguenza, obbligato ad inserirlo nel piano triennale delle opere pubbliche né a porlo a base di gara per la concessione, rientrando nella discrezionalità dell’Ente ogni valutazione sull’opportunità di affidare l’esecuzione del progetto, rinviarne la realizzazione o non procedere affatto. Tanto più che, pur non avendo il Comune adottato un provvedimento esplicito di revoca fino alla delibera commissariale del 2017, a seguito del parere negativo del dicembre 2014 con il quale il progetto non era stato ritenuto meritevole di pubblico interesse sarebbe configurabile un provvedimento implicito di revoca.

L’eccezione è infondata.

Il pacifico orientamento della giurisprudenza amministrativa ritiene la sussistenza di un interesse differenziato e qualificato della società proponente a impugnare gli atti emessi dall’Amministrazione che hanno determinato uno stallo nella procedura di project financing , al fine di rimettere lo stesso in moto e giungere alla stipula della concessione per la realizzazione dell’opera pubblica (in tal senso si veda Consiglio di Stato, V, 6 ottobre 2010, n. 7334).

Sussiste, invero, un interesse attuale, diretto e concreto della proponente ad ottenere l’annullamento degli atti impugnati, con i quali l’Amministrazione ha assunto differenti determinazioni in ordine alla procedura da adottare per l’indizione della gara e per l’affidamento della concessione in oggetto, compreso il provvedimento di revoca della delibera giuntale ove illegittimo, e a conseguire, per l’effetto, la conclusione della procedura di finanza di progetto da parte dell’Amministrazione.

Tale profilo rileva soprattutto ove si tenga conto della domanda di risarcimento del danno o di indennizzo derivante da un provvedimento di revoca, asseritamente illegittimo, proposta dall’odierna appellante.

Né, come acutamente evidenziato nell’impugnata sentenza, può essere dichiarata l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse a seguito della delibera commissariale n. 42 del 2016 con cui è stata revocata la delibera n. 64 del 2014, avente ad oggetto l’indizione della gara per l’affidamento della concessione mediante procedura di project financing , come pure sostenuto dalla difesa dell’Ente: ed invero, tale delibera non determina un mutamento radicale della situazione esistente al momento della proposizione del ricorso e non fa venir meno qualsiasi residua utilità della pronuncia sulla domanda azionata per il ricorrente, tenuto conto dell’efficacia non retroattiva della revoca, che pertanto, non può ritenersi pienamente satisfattiva delle pretese della ricorrente. Ed invero, il Collegio condivide l’affermazione del giudice di prime cure in merito alla inidoneità del provvedimento di revoca a rendere legittima la procedura successivamente adottata, così determinando il venir meno dell’interesse attuale a coltivare il ricorso, anche in considerazione del momento temporale di adozione del provvedimento, successivo alla determina dirigenziale n. 583 del 2015.

Pertanto, sussiste la legittimazione dell’appellante e le eccezioni di inammissibilità dell’appello per difetto di interesse o di improcedibilità dell’impugnativa per sopravvenuta carenza di interesse devono essere respinte perché destituite di fondamento.

2. Parimenti infondata è l’eccezione di inammissibilità del ricorso in appello, formulata nella memoria di costituzione in giudizio del Comune appellato, per formazione del giudicato ex art.39 e 101 del Cod.proc.amm., nonché degli artt.324 c.p.c. e 2909 c.c., stante l’omessa impugnativa dei capi della sentenza circa la legittimità della delibera del Commissario straordinario 42 del 2016 avente ad oggetto la revoca della delibera giuntale 64 del 2014. Ed invero, l’appellante ha domandato, anche previa verificazione della convenienza del progetto presentato dall’appellante, accogliere il ricorso per motivi aggiunti e annullare il provvedimento di revoca, condannando il Comune alla corresponsione dell’indennizzo per violazione dell’art. 21 quinquies della Legge 241 del 1990, articolando plurimi e articolati motivi di illegittimità del provvedimento di revoca in esame, tra i quali l’assenza di un’idonea ed adeguata motivazione sulle ragioni di interesse pubblico e sulla prevalenza del medesimo sull’interesse privato della proponente.

3.Il Collegio ritiene pure che non colga nel segno l’ulteriore eccezione formulata dall’Amministrazione nel terzo motivo della memoria di costituzione in giudizio, in base alla quale l’appellante si sarebbe limitato ad una generica riproposizione degli argomenti dedotti in primo grado, in assenza di specifiche censure avverso la sentenza impugnata. E difatti l’appellante ha chiaramente censurato i capi e le parti della sentenza che hanno respinto le domande risarcitorie e di indennizzo, derivante da un illegittimo provvedimento di revoca, articolando specifiche doglianze in relazione a tali profili e deducendo puntualmente gli errori da cui sarebbe affetta la sentenza gravata nei motivi di appello formulati.

4.Nel merito, l’appello è infondato.

L’appellante censura la sentenza asserendone l’erroneità lì dove ha ritenuto efficace e legittimo il parere negativo del dicembre 2014, ritenendolo ostativo alla realizzazione dell’interesse pretensivo della odierna appellante. Detto parere avrebbe, secondo la tesi accolta dal T.A.R., impedito a monte la realizzazione del progetto della ricorrente tramite procedura di project financing , sicché non poteva configurarsi alcun concreto pregiudizio in danno alla ricorrente. Al contrario, l’appellante sostiene che detto parere sarebbe illegittimo in quanto reso da soggetto non designato quale RUP: il RUP era infatti l’Arch. C (al quale, per espressa previsione della delibera di giunta n. 64 del 2014, era stata rimessa la valutazione delle offerte pervenute) e non l’Ingegnere Z che aveva espresso tale parere negativo sul presupposto -anche questo errato vista l’emanazione del parere favorevole entro il termine trimestrale rispetto alla presentazione del progetto- che fossero scaduti i termini per la dichiarazione di pubblico interesse della proposta (termini che detto parere indicava nel 19 novembre 2014).

Inoltre, il parere negativo del Dirigente del III settore sarebbe affetto da molteplici criticità, evidenziate nei motivi aggiunti che però il T.A.R. non ha esaminato, omettendo di pronunziarsi su un aspetto decisivo della controversia e sulle censure ivi formulate che l’appellante ripropone con il presente appello. In particolare, detto parere avrebbe fatto riferimento a carenze documentali inesistenti e alla carenza di autodichiarazioni, in verità necessarie soltanto nel caso di indizione di gara ai sensi dell’art. 153 comma 19 del d.lgs. n. 163 del 2006;
parimenti, infondata sarebbe la contestazione circa l’omessa asseverazione del piano finanziario, rinvenibile piuttosto nel documento di asseverazione presentato a corredo del progetto. Destituita di fondamento sarebbe poi l’affermazione contenuta in detto atto secondo il quale la ditta avrebbe sovrastimato la potenza dei punti luce, falsando i consumi, come chiaramente si desumerebbe dai contenuti dell’art. 24 dell’allegato CSA-bozza di convenzione. Il parere sarebbe poi illegittimo per carenza di motivazione e istruttoria, avendo ritenuto inidoneo il progetto della Lamedica con argomenti pretestuosi e senza effettivi approfondimenti.

Secondo la tesi dell’appellante, il procedimento, inoltre, poteva dirsi concluso già in virtù del parere favorevole del RUP, peraltro intervenuto nel termine di tre mesi rispetto alla presentazione del progetto, senza necessità di ulteriori indirizzi da parte degli organi politici: con tale parere il RUP avrebbe riconosciuto la pubblica utilità del progetto Dark Sky e a quel punto il procedimento doveva ritenersi concluso, senza necessità di ulteriori indirizzi da parte della Giunta Comunale. Ciò in applicazione del principio di separazione tra attività di indirizzo politico e gestione amministrativa, in base al quale spetta esclusivamente ai dirigenti lo svolgimento di “compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo” (ex art. 107, comma 3, D.Lgs. 267/2000). Rientrerebbe, pertanto, nella competenza del dirigente comunale la valutazione in ordine alla congruità della proposta di project financing , trattandosi di attività di valutazione tecnica e di gestione conseguenziale alla scelta già effettuata, nell’ambito del programma triennale di lavori da offrire ai candidati promotori finanziari. La Giunta aveva, infatti, espressamente stabilito, nella delibera n. 64 del 2014, di demandare al RUP tutti gli atti conseguenziali al fine di consentire alla Stazione appaltante di procedere all’ iter per la realizzazione dell’opera pubblica. Pertanto, secondo tale prospettazione, Lamedica aveva già acquisito, per effetto del parere favorevole del RUP, una posizione di vantaggio, con obbligo per il Comune di procedere alla gara e alla realizzazione dell’opera. Quindi, deduce l’appellante che la sentenza sarebbe errata e meritevole di riforma nella parte in cui ha ritenuto detto parere atto endoprocedimentale, come tale inidoneo a perfezionare l’iter previsto dall’art. 152 comma 19 D.Lgs. n. 163 del 2006.

Inoltre, il T.A.R. avrebbe errato nel ritenere legittimo l’atto di revoca della delibera della Giunta comunale n.62 del 2014, non accogliendo le doglianze della ricorrente nei confronti di detto provvedimento: si tratterebbe, infatti, di atto intervenuto nel corso del giudizio, volto esclusivamente a porre rimedio a situazioni di illegittimità e ad evitare la responsabilità erariale del dirigente, dunque avente mera natura strumentale. Secondo l’appellante, il Comune non avrebbe dovuto peraltro revocare la delibera, bensì annullare tutti gli atti collegati, coevi e successivi, alla determina n. 583 del 2015, con la quale il Dirigente del III Settore aveva individuato intuitu personae il perito industriale per il conferimento dell’incarico di progettazione. Il provvedimento di revoca, infatti, non conterrebbe alcuna adeguata motivazione in punto di interesse pubblico. L’appellante richiama il pacifico orientamento giurisprudenziale, secondo il quale per legittimare il potere di autotutela non è sufficiente un generico ripensamento circa la convenienza dell’emanazione dell’atto originario, bensì un’esplicita indicazione non solo dei contenuti della nuova valutazione dell’interesse pubblico, ma anche della sua prevalenza su quello del privato che aveva ricevuto vantaggio dal provvedimento revocato. Nelle procedure di project finacing , la dichiarazione di pubblica utilità della proposta determina, infatti, il sorgere di una posizione di vantaggio tutelata, la cui revoca richiede un’adeguata motivazione da parte dell’Amministrazione: sicché, in caso di annullamento del provvedimento di revoca illegittimo, vi è obbligo per la predetta di portare a termine la procedura. Nel caso di specie, invece, l’interesse pubblico sarebbe soltanto asserito, e non dimostrato, oltre ad essere enunciato in via esclusivamente strumentale e sulla base di dati erronei. La revoca non conterrebbe neppure alcun riferimento al parere negativo, richiamato dal T.a.r. quale atto che renderebbe insindacabile il provvedimento di revoca e che determinerebbe l’insussistenza di qualsivoglia pregiudizio ad una situazione di interesse pretensivo. Detto parere sarebbe, peraltro, illegittimo sotto plurimi profili. In ogni caso, la decisione di revoca sarebbe fondata esclusivamente sul superamento del termine trimestrale per la valutazione della proposta del promotore e sul maggiore vantaggio economico in termini di risparmio di spesa che il Comune ritrarrebbe dal progetto esecutivo del perito posto a base della gara (11.768.012,25 rispetto a 15.015.444,80). L’appellante lamenta, altresì, che tale importo sarebbe stato erroneamente calcolato posto che la somma esatta sarebbe quella di 13.050.000,00 risultante dalla moltiplicazione dell’importo annuo di 435.000,00, comprensivo anche della manutenzione straordinaria, per la durata della concessione (pari a trenta anni). Inoltre, Lamedica evidenzia come, in realtà, non vi sarebbe alcun vantaggio economico per l’Ente posto che, per finanziare l’esecuzione del progetto in questione, il Comune aveva dovuto ricorrere ad un mutuo, a fronte di oneri di spesa inesistenti in relazione alla finanza di progetto, fatta eccezione per la rata annuale onnicomprensiva alla cui erogazione sarebbe conseguita per il Comune la gestione e la manutenzione ordinaria e straordinaria della pubblica illuminazione per un periodo di trenta anni.

Pertanto, l’accertata illegittimità della procedura di affidamento, unitamente all’inidoneità del parere negativo (richiamato nella sentenza impugnata a giustificazione del rigetto delle pretese risarcitorie) a determinare il venir meno del pregiudizio in capo alla ditta appellante, avrebbero dovuto portare ad una pronunzia di condanna al risarcimento dei danni subiti dall’appellante, quanto meno nella forma della perdita di chance, alla luce del comportamento tenuto dall’Amministrazione lesivo dei doveri di lealtà, buona fede e correttezza. In ogni caso, la sentenza sarebbe viziata per violazione e falsa applicazione di legge, con riferimento all’art. 21 quinquies della Legge 241 del 1990 nella parte in cui ha respinto la domanda di indennizzo a seguito della revoca, ritenendo l’insussistenza di un pregiudizio per la ricorrente in quanto il parere negativo del 1 dicembre 2014 avrebbe impedito a monte la realizzazione del progetto tramite la procedura di project financing .

5. Il Collegio ritiene che le doglianze dell’appellante non colgano nel segno e vadano disattese.

Invero, secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, “sussiste la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione nel caso di mancata conclusione del procedimento di project financing, responsabilità che nasce dal fatto che il soggetto pubblico, pur non adottando provvedimenti illegittimi, tiene un comportamento illecito, in quanto lesivo delle legittime aspettative ingenerate nel contraente privato ovvero della ragionevole convinzione del danneggiato circa il buon esito delle trattative. Tale responsabilità va riconosciuta nel caso in cui una P.A., prima pronunci la dichiarazione di pubblico interesse- approvando il progetto proveniente dal promotore- e successivamente annulli d’ufficio la stessa per una diversa valutazione sulla convenienza economica del ricorso allo strumento della finanza di progetto e, tanto, anche in presenza della legittimità del provvedimento di autotutela” (T.a.r. Lombardia- Brescia, II, 16 marzo 2010, n.1239).

Ne consegue che soltanto con la dichiarazione di pubblico interesse e con la scelta della proposta migliore, preceduta da una valutazione di idoneità tecnica, sorge un vincolo in capo all’amministrazione di procedere alla gara e alla realizzazione dell’opera. L’adozione di tali provvedimenti è connotata da piena discrezionalità amministrativa trattandosi della valutazione di un interesse pubblico che giustifichi l’accoglimento della proposta formulata dal candidato promotore.

Nel caso di specie, difetta dunque proprio l’addotta dichiarazione di pubblico interesse della proposta e l’approvazione del progetto da parte dei competenti organi comunali.

In primo luogo, deve rilevarsi come il parere favorevole del RUP non conteneva né poteva contenere alcuna attestazione di pubblica utilità e di interesse per la collettività amministrata. Esso, infatti, come esattamente ritenuto dal T.A.R. ha natura di mero atto endoprocedimentale, trattandosi di un parere tecnico. La proposta della Lamedica non è stata affatto dichiarata di pubblico interesse nel temine di tre mesi: questa dichiarazione doveva, infatti, provenire dalla Giunta comunale, non potendo ritenersi sufficiente il parere favorevole del Responsabile unico il quale, difatti, si era limitato a trasmettere il parere favorevole alla Giunta in attesa di ulteriori indirizzi di merito, informandone l’impresa proponente. Pertanto, nessuna situazione di vantaggio in termini di interesse pretensivo all’indizione della gara e alla realizzazione dell’opera poteva dirsi acquisita dall’impresa per effetto del parere favorevole adottato al termine dell’istruttoria relativa alla valutazione tecnica della proposta. Al contrario, con il parere negativo del 1 dicembre 2014 l’Ente aveva ritenuto non meritevole di positiva valutazione in relazione al pubblico interesse il progetto proposto dalla Lamedica: e ciò, come correttamente osservato dal Tribunale amministrativo, porta a ritenere non realizzabile l’interesse pretensivo della ricorrente, ostacolandone a monte l’utilizzo ai fini dell’affidamento della concessione, a prescindere dall’intervenuta revoca della delibera n. 64 del 2014.

Nel caso in esame l’ iter procedimentale si è, infatti, arrestato alla fase preliminare alla scelta del promotore: detta fase è connotata da piena discrezionalità, essendo intesa non soltanto alla scelta della migliore tra le offerte presentate, ma alla valutazione stessa della sussistenza di un interesse pubblico che giustifichi l’accoglimento della proposta formulata dall’aspirante promotore.

In relazione alla domanda di indennizzo derivante da revoca illegittima, il Collegio rileva poi come, secondo la giurisprudenza consolidata, anche il progetto di finanza è suscettibile di revoca in autotutela da parte della Stazione appaltante ove questa ravvisi la sussistenza di sopravvenuti motivi di pubblico interesse, anche di natura economica in relazione al risparmio di spesa, a seguito di una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, come avvenuto nel caso di specie.

Infatti, la delibera commissariale di revoca reca una puntuale e adeguata motivazione in relazione all’intensità e consistenza del pubblico interesse. Pertanto, non può condividersi la tesi dell’appellante secondo la quale detta delibera avrebbe mera natura strumentale e sarebbe stata adottata al solo scopo di superare i rilievi formulati dal T.a.r. in sede cautelare, nel tentativo di attribuire legittimità postuma ad atti adottati in palese spregio di norme di legge e dei contenuti della delibera giuntale n. 64 del 2014. Inoltre, contrariamente a quanto dedotto dall’appellante, il provvedimento di revoca commissariale espressamente richiama per relationem , con riguardo alle motivazioni poste a fondamento della decisione di non valutare di pubblico interesse il progetto della ditta Lamedica, il parere negativo del 1 dicembre 2014 del Dirigente del Settore tecnico ed inoltre tutte le ragioni di risparmio di spesa ivi enunciate, evidenziando come lo stesso non presentasse alcun vantaggio o convenienza economica e facendo pertanto riferimento a profili non sindacabili in sede giurisdizionale, in quanto attinenti al merito dell’azione amministrativa: dal raffronto il progetto della ditta appellante e quello posto a base della gara per cui è causa emergeva, infatti, un risparmio di spesa per l’Ente pari a 3.441.432,35. Risulta, quindi, meritevole di condivisione la motivazione della sentenza impugnata lì dove afferma la sufficiente motivazione del provvedimento di revoca “in ragione della nuova valutazione dell’interesse pubblico e della ritenuta mancanza di alcun vantaggio economico per l’amministrazione comunale, peraltro non sindacabili nella presente sede, anche in ragione del precedente parere negativo espresso”.

Pertanto, come già rilevato dalla Sezione in altro precedente (Consiglio di Stato, V, 26 giugno 2015, n.3237), “la dichiarazione di pubblico interesse della proposta di progetto di finanza pubblica, anche se differenzia la posizione giuridica del proponente, riconoscendogli un’aspettativa e una posizione tutelata nei confronti di altri operatori o di proposte concorrenti, assume maggiore consistenza giuridica dando luogo al diritto di prelazione e ai correlati diritti patrimoniali, ove il procedimento si sviluppi nella fase di indizione della gara per l’affidamento della concessione, sicché, al di fuori di tale evenienza, la revoca della dichiarazione di pubblico interesse del progetto, e quindi l’abbandono del progetto da parte dell’Amministrazione, non integra in capo al proponente, tanto più quando, come nel caso, la proposta di progetto sia ad iniziativa privata, alcuna forma risarcitoria e nemmeno indennitaria.”

In particolare, con riguardo alla richiesta di indennizzo, il Collegio rileva che la selezione del promotore, cui è assimilabile la dichiarazione di pubblico interesse nel caso di proposta ad iniziativa privata, assicura al promotore soltanto l’aspettativa che l’Amministrazione dia corso alla procedura di gara, sicché non è ravvisabile a fronte della revoca della dichiarazione di interesse il pregiudizio in danno dell’interessata, cui è correlata ex art. 21 quinquies della legge 241 del 1990 la corresponsione di un indennizzo. Nel caso di specie, poi, non era in concreto configurabile neppure detta aspettativa, posto che l’Amministrazione appellata non aveva mai dichiarato di pubblico interesse il progetto presentato dalla ditta Lamedica.

Per le ragioni esposte, l’appello principale deve essere respinto perché infondato;
ne consegue che non possono trovare accoglimento le domande di condanna al risarcimento dei danni e all’indennizzo derivante dal provvedimento di revoca formulate nei confronti del Comune appellato.

6. Il Collegio ritiene, infine, che siano inammissibili per difetto di interesse le ulteriori censure, articolate nel ricorso di primo grado e riproposte in appello, relative al conferimento di incarico al perito e agli atti consequenziali posto che il T.A.R. ha annullato tali atti accogliendo il ricorso principale, “stante la manifesta illegittimità della procedura di affidamento posta in essere dal Comune” : e le ha, pertanto, ritenute assorbite in ragione dei principi espressi dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nella sentenza 5 del 2015, visto il rapporto di pregiudizialità esistente tra le censure accolte e quelle non esaminate. Peraltro, sulla dedotta insussistenza ragioni di necessità ed urgenza poste a fondamento del conferimento dell’incarico, si è già pronunciato il giudice di prime cure nel senso dell’ accoglimento delle deduzioni formulate dall’odierna appellante, rilevando in particolare che “l’urgenza deve derivare da fatti esterni e non riferibili all’Amministrazione interessata che sceglie la procedura di affidamento” e aggiungendo, in condivisione della tesi della ricorrente, che sicuramente non poteva configurare un’ipotesi di urgenza tale da consentire la procedura negoziata senza pubblicazione del bando con riguardo al conferimento dell’incarico di progettazione “il caso della necessità di ammodernare ed adeguare tecnologicamente e normativamente l’impianto della pubblica illuminazione” . Pertanto, deve rilevarsi l’inammissibilità del motivo in esame, trattandosi di censura già accolta dal giudice di primo grado.

Ad ogni modo le doglianze dell’appellante sono anche infondate per le ragioni di seguito sinteticamente riportate.

Quanto all’illegittimità per incompetenza della delibera commissariale n. 133 del 5 dicembre 2015, con cui è stato approvato il progetto esecutivo del perito industriale Pienabarca, detta doglianza è destituita di fondamento: detta approvazione costituisce, infatti, una mera presa d’atto da parte del Commissario dell’affidamento dell’incarico avvenuto con delibera dirigenziale;
in ogni caso rientra tra le competenze della Giunta, e dunque, del Commissario, ai sensi dell’art. 48 del D.Lgs. 267 del 2000, l’approvazione di un progetto di opera pubblica.

Il progetto posto a base della gara per cui è causa, inoltre, riguardava lavori relativi alla messa a norma dell’impianto di illuminazione, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante.

In relazione all’assunzione del mutuo per il finanziamento dell’intervento, nonostante il mancato inserimento della pubblica illuminazione nel piano pluriennale delle opere pubbliche e nell’elenco annuale, l’art. 128 comma 9 del D.Lgs. n.163 del 2006 stabilisce che “ le opere pubbliche, non inserite nel programma triennale, possono essere realizzate sulla base di autonomo piano finanziario che utilizzi risorse già previste tra i mezzi finanziari dell’amministrazione al momento della formazione dell’elenco”: pertanto, il mancato inserimento dell’opera nel programma triennale non implica l’illegittimità della sua esecuzione quando essa sia finanziata con fondi diversi da quelli previsti in sede di redazione del programma, quale ad esempio un prestito con la Cassa Depositi e prestiti come avvenuto nel caso di specie.

7. L’appello principale deve essere, pertanto, respinto perché in parte infondato, in parte inammissibile (con riguardo alla riproposizione dei motivi formulati in primo grado e non esaminati dal T.a.r. perché ritenuti assorbiti, che sono, nei termini di cui in motivazione, anche infondati).

Parimenti, deve essere respinto, in quanto infondato, l’appello incidentale.

Restano assorbiti i restanti motivi comunque inidonei a fondare una pronunzia di tipo diverso.

Sussistono giusti motivi, per la complessità delle questioni trattate, per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

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