Consiglio di Stato, sez. I, parere definitivo 2023-02-10, n. 202300203

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. I, parere definitivo 2023-02-10, n. 202300203
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202300203
Data del deposito : 10 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

<a data-decision-id="6f317876-3786-5206-8dd3-e453d704891f" href="/decisions/itcs2m53k51elhfjw4">N. 01440/2022</a> AFFARE

Numero 00203/2023 e data 10/02/2023 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 25 gennaio 2023




NUMERO AFFARE

01440/2022

OGGETTO:

Ministero dello sviluppo economico.


Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto da -OMISSIS-. (già -OMISSIS-.) contro la Regione Lazio, Direzione Regionale per lo sviluppo economico e le attività produttive, e Lazio Innova S.p.A. avverso il provvedimento g12807 del 3/11/2016 di revoca dei contributi concessi nell'ambito del POR

FERS

Lazio 2007-2013 - asse ricerca, innovazione e rafforzamento della base produttiva.

LA SEZIONE

Vista la relazione del 28.9.2022 con la quale il Ministero dello sviluppo economico ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere P A A P;


1.- Con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, notificato il 7 marzo 2017, -OMISSIS-. (già -OMISSIS-.) impugna, deducendone l’illegittimità, la determinazione dirigenziale n. -OMISSIS- del 3 novembre 2016, con cui la Direzione regionale Sviluppo economico e attività produttive della Regione Lazio ha disposto la revoca dei contributi concessi con le determinazioni -OMISSIS-del 12.11.2013 (sulla domanda -OMISSIS-- contributo pari a euro 183.429,40) e -OMISSIS- del 21 febbraio 2014 ( sulla domanda -OMISSIS- –contributo pari ad euro 127.906,60) relativamente al POR-

FERS

Lazio 2007/2013- ASSE I - Avviso Pubblico “Insieme X Vincere”, nonché di altri atti antecedenti e consequenziali.

2.- A fondamento della revoca dei contributi concessi è posta la “non conformità” della documentazione, riscontrata in sede di verifica delle autocertificazioni, che comporterebbe la perdita dei requisiti soggettivi di ammissibilità di cui all’art. 6 dell’avviso pubblico.

3.- In particolare, le difformità consistono nella omessa indicazione, nella dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, da parte del -OMISSIS-, amministratore unico di -OMISSIS-., del procedimento penale per i reati di cui agli artt. 483 e 640 bis (falso in atto privato, truffa al fine di usufruire di agevolazioni pubbliche) rilevato dalla verifica del “certificato dei carichi pendenti”;
nella omessa indicazione, nella dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, da parte del -OMISSIS-, legale rappresentante di -OMISSIS-., titolare effettivo dell’operazione, del procedimento penale risultante da “certificato carichi pendenti” per il reato di cui all’art. 629 c.p. (estorsione).

4.- L’art. 6 dell’Avviso pubblico prevedeva, quale requisito di partecipazione, l’essere in regola con la disciplina antiriciclaggio e l’art. 18, comma 2, prevedeva, quale motivo di revoca, le ipotesi di produzione di documenti irregolari o incompleti per fatti insanabili imputabili al beneficiario (lett. c) ed inadempienza del beneficiario agli obblighi previsti nell’atto di impegno (lett. f).

5.- Il modulo di dichiarazione predisposto da Lazio Innova S.p.A., allegato all’Avviso pubblico, richiedeva all’istante di attestare l’insussistenza di iscrizioni risultanti dal registro delle notizie di reato e dalla banca dati del casellario giudiziale, mentre nulla era richiesto in ordine ad eventuali iscrizioni sul diverso registro dei carichi pendenti.

6.- Lazio Innova S.p.A., dopo aver comunicato il preavviso di diniego ex art 10 bis l. 241/1990, cui hanno fatto seguito le osservazioni della ricorrente, ha sottoposto al parere di uno studio legale la questione se le dichiarazioni in questione, pur formalmente conformi alla lettera del modello di dichiarazione allegato all’Avviso pubblico, costituissero nella sostanza dichiarazioni non veritiere e/o “documenti irregolari” tali da determinare la revoca dei contributi.

7.- Il parere legale del 15 luglio 2016 acquisito, esaminate le osservazioni, ha concluso nel senso che debba prevalere un “ criterio di interpretazione che risponda a parametri di ragionevolezza e che tenga conto anche delle finalità delle prescrizioni e dell’interesse che esse tendono a proteggere ”.

In questa prospettiva, la disposizione dell’Avviso che ai fini della disciplina antiriciclaggio (D.lgs. n. 231 del 2007) richiede “ informazioni necessarie e aggiornate per consentire ai soggetti destinatari di adempiere agli obblighi di adeguata verifica ” va intesa come comprensiva dell’obbligo di dichiarare tutte le informazioni relative ai reati contestati, sebbene risultanti dal “registro carichi pendenti” non richiamato nel modello, “in coerenza con un generale principio di trasparenza e buona fede”.

8.- La ricorrente ha anche avanzato istanza di autotutela alla Regione Lazio, rimasta senza riscontro.

9.- Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:

I) violazione o falsa applicazione dell’art. 335 c.p.p., dell’art. 2 del d.P.R. n..313/2000;
violazione o falsa applicazione degli artt. 6 e 18 della lex specialis di gara, Avviso pubblico “Insieme X vincere”;
eccesso di potere per difetto di istruttoria;
travisamento dei fatti;
difetto dei presupposti;
ingiustizia manifesta;
manifesta irragionevolezza.

Il presupposto della revoca sarebbe palesemente infondato: nel modulo di autocertificazione predisposto unilateralmente dall’Ente a corredo della domanda di ammissione al contributo, si chiedeva di dichiarare solo “ che dal registro informatizzato delle “notizie di reato” presso gli uffici della Procura della Repubblica non risulta alcuna iscrizione a proprio carico dalla data di compilazione della dichiarazione, con riferimento a reati contro la P.A., contro l’economia pubblica e contro il patrimonio ”, ma non vi è alcuna menzione di evidenziare le risultanze del registro dei carichi pendenti.

I due registri sono distinti e attengono a posizioni e fasi processuali differenti.

La P.A., nel contesto della sua attività, avrebbe avuto il dovere di informare i richiedenti di quale tipo di “informazioni” aveva interesse a conoscere.

Peraltro, all’epoca della dichiarazione e tuttora, non esiste iscrizione nel registro delle notizie di reato a carico del -OMISSIS-, e così pure nei confronti del -OMISSIS-, a cui favore è intervenuta sentenza irrevocabile di proscioglimento (docc. 12,13,14 – certificato carichi pendenti del Sig. -OMISSIS- ed estratti dal casellario giudiziale per i Sigg. -OMISSIS- e -OMISSIS- del maggio 2016).

II) Eccesso di potere per sviamento;
difetto di istruttoria;
travisamento dei fatti;
difetto dei presupposti;
ingiustizia manifesta;
manifesta irragionevolezza;
violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost.;
violazione e/o falsa applicazione degli artt. 15 e 21 del D.lgs. n. 231/2007;
violazione o falsa applicazione degli art. 6 e 18 della lex specialis di gara.

I ricorrenti hanno agito in buona fede, seguendo in modo rigoroso le indicazioni contenute nel modulo e riportando quanto risultante dai certificati acquisiti, ovvero la mancanza di iscrizioni a loro carico.

Il parere legale acquisito da Lazio Innova S.p.A. dà atto delle differenze tra i tre tipi di registri (relativo alle notizie di reato, relativo ai carichi pendenti e relativo al casellario giudiziario) e della conformità formale delle dichiarazioni rese al modello di dichiarazione fornito dall’Amministrazione, esprimendo un parere eccessivamente prudenziale, in contrasto con i principi di logicità e certezza del diritto, in nome di parametri astratti di ragionevolezza che consentirebbero all’Amministrazione di ampliare a proprio piacimento, sconfinando nell’arbitrio, le modalità di valutazione dei requisiti, anche a distanza di anni, come è avvenuto nella fattispecie.

Peraltro, le risultanze del certificato di carichi pendenti sono informazioni che l’A. avrebbe potuto ottenere senza intervento dell’interessato.

Nel modulo non vi era spazio per effettuare l’indicazione dei carichi pendenti e si deve presumere che fosse immodificabile, pena l’irricevibilità.

III) Eccesso di potere per difetto di istruttoria;
travisamento dei fatti;
difetto dei presupposti;
ingiustizia manifesta;
manifesta irragionevolezza;
violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost.;
violazione del principio del soccorso istruttorio;
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 lett. B) l. 241/1990, degli artt. 38 e 46 del D.lgs. n. 163/2006 e dell’art. 83 del D.lgs. n. 50/2016.

Nell’ipotesi che si ritenesse in astratto che la ricorrente avrebbe dovuto ipotizzare la volontà non espressa della PA di avere notizia anche di eventuali iscrizioni risultanti nel certificato dei carichi pendenti di cui non vi è traccia nel modulo, la sua omissione avrebbe potuto essere sanata in via istruttoria.

La legge di gara non prevede, inoltre, che le iscrizioni riportate nei carichi pendenti possano costituire motivo di esclusione o revoca dei benefici.

La giurisprudenza ha affermato che l’eventuale errore dell’aggiudicatario indotto dall’errata o ambigua formulazione di moduli predisposti dall’Amministrazione non può tradursi in motivo di esclusione dell’aggiudicatario stesso (C.d.S., Sez III., n. 507 del 4.2.2014).

Il principio del soccorso istruttorio è principio generale, costantemente applicato dalla giurisprudenza amministrativa, ed è stato disciplinato dall’art. 6, primo comma, lett. b) della l. 241/1990.

IV) violazione o falsa applicazione degli artt. 6 e 18 della lex specialis;
violazione o falsa applicazione del DPR 445/2000;
eccesso di potere per difetto di istruttoria;
ingiustizia manifesta;
manifesta irragionevolezza;
violazione o falsa applicazione dell’art. 97 Cost.

Le risultanze dei carichi pendenti, anche ove fossero state fornite, non sarebbero ostative alla possibilità di beneficiare dei contributi;
si tratta di ipotesi di reato non attinenti ai reati di riciclaggio e che, comunque, non hanno dato luogo a condanna. Ci si ritrova davanti ad un’anomalia dovuta a negligenza dell’Amministrazione nella redazione del modulo, che non può ricadere sul privato.

V) violazione o falsa applicazione dell’art. 38 del codice dei contratti pubblici;
violazione o falsa applicazione del DPR 445/2000;
eccesso di potere per difetto di istruttoria;
travisamento dei fatti;
difetto dei presupposti;
ingiustizia manifesta;
manifesta irragionevolezza;
violazione o falsa applicazione dell’art. 97 Cost.

Sotto altro profilo, all’epoca della contestata autocertificazione, non era necessario ex art. 38 lett. c) codice dei contratti pubblici richiedere il certificato dei carichi pendenti, ricorrendo la causa di esclusione da gara solo in caso di sentenza di condanna passata in giudicato.

VI) Violazione o falsa applicazione dell’art. 21 quinquies e nonies della l. 241/1990 violazione del principio del legittimo affidamento;
eccesso di potere per difetto di istruttoria;
travisamento dei fatti;
difetto dei presupposti;
ingiustizia manifesta;
manifesta irragionevolezza;
violazione o falsa applicazione dell’art. 97 Cost.;
violazione e/o falsa applicazione degli artt. 15 e 21 del D.lgs. n. 231/2007.

La richiesta dell’A. è illegittima e immotivata posto che i soggetti beneficiari di contributi non sono intermediatori finanziari soggetti alla disciplina di cui al D.lgs. 231/2017.

La revoca è, comunque, in contrasto con i principi dell’autotutela in quanto non si è considerato il legittimo affidamento del privato nel pianificare la propria attività ad una ammissione a benefici venuta meno senza motivazione sul pubblico interesse ulteriore al mero ripristino della legalità.

Sono stati, comunque, superati i termini massimi per disporre la revoca.

10.- Con memoria del 30.3.2022, trasmessa dal Ministero, la ricorrente società ribadisce le proprie argomentazioni.

La ricorrente sottolinea che le ipotesi di reato attribuite ai dichiaranti non riguardano il reato di riciclaggio di cui all’art 6 dell’avviso pubblico, né i procedimenti allora pendenti si sono conclusi con alcuna condanna.

11.- Il Ministero eccepisce, preliminarmente, l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 7, u.c. c.p.a

Nel merito, il Ministero, sulla base di quanto rappresentato dalla regione Lazio e da Lazio Innova S.p.A., eccepisce l’infondatezza del ricorso, incentrato su una lettura formalistica dell’Avviso pubblico, mentre andrebbe privilegiata una lettura che risponda a parametri di ragionevolezza e tenga conto delle finalità che le regole procedurali tendono a proteggere.

La ricorrente, omettendo di indicare le iscrizioni procedimentali nel Casellario dei carichi pendenti ha di fatto contravvenuto all’obbligo di fornire quelle specifiche e più amie informazioni richieste dall’art. 21 del D.lgs. n. 231/2017.

Considerato:

1.- La Sezione ritiene che debba essere respinta, preliminarmente, l’eccezione di inammissibilità del ricorso straordinario, sollevata dal Ministero.

Ad avviso della Sezione, in ossequio al principio distintivo che riconosce la giurisdizione in base alla causa petendi , ovverosia alla situazione soggettiva azionata in rapporto all’attività posta in essere dal privato beneficiario, deve essere ribadita la conclusione cui è pervenuto in più occasioni il Consiglio di Stato ( con riguardo ai contributi in questione, Sez. I, n. 1816/2019, n. 1638/2020 e, in termini simili, Sez. II, n. 1720/2017): in materia di controversie riguardanti la concessione e la revoca di contributi e sovvenzioni pubbliche, il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo deve essere attuato sulla base del generale criterio fondato sulla natura della situazione soggettiva azionata.

Di conseguenza, sussiste sempre la giurisdizione del giudice ordinario: a) qualora il finanziamento è riconosciuto direttamente dalla legge, mentre alla pubblica amministrazione è demandato soltanto il compito di verificare l'effettiva esistenza dei relativi presupposti senza procedere ad alcun apprezzamento discrezionale circa l' an , il quid , il quomodo dell'erogazione;
b) qualora la controversia attenga alla fase di erogazione o di ripetizione del contributo sul presupposto di un addotto inadempimento del beneficiario alle condizioni statuite in sede di erogazione o dall'acclarato sviamento dei fondi acquisiti rispetto al programma finanziato, anche se si faccia questione di atti formalmente intitolati come revoca, decadenza o risoluzione, purché essi si fondino sull'inadempimento alle obbligazioni assunte di fronte alla concessione del contributo (cfr. Ad. Plen., 29 gennaio 2014, n. 6).

Analogamente, la Corte di Cassazione (v. ad es. Cass., S.U. ord. n. 16602/2016) ha ritenuto che, in tema di contributi a titolo di agevolazione all'insediamento di attività produttive e loro successiva revoca e recupero, la giurisdizione spetta all'autorità giudiziaria ordinaria, in applicazione del principio (da lungo tempo consolidato nella giurisprudenza delle Sezioni Unite: ex plurimis , n. 11371 e n. 3057 del 2016;
n. 25211 e n. 15147 del 2015;
n. 22747, n. 198905 e n. 15941 del 2014;
n. 17776 del 2013;
n. 15877 del 2011;
n. 3766 del 2010;
n. 14169 del 2004) secondo cui sussiste la giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria in ordine alle controversie originate dalla revoca di un contributo statale, sia, in generale, quando il finanziamento è riconosciuto direttamente dalla legge ed alla pubblica amministrazione è demandato solo il compito di verificare l’effettiva esistenza dei presupposti per la sua concessione, senza alcuno spazio discrezionale in ordine all’ an , al quid e al quomodo dell’erogazione, sia, in particolare, quando la revoca discenda dall'accertamento di un inadempimento (da parte del fruitore) delle condizioni stabilite in sede di erogazione o comunque dalla legge stessa, nonché nel caso di sviamento dei fondi acquisiti rispetto al programma finanziato;
sussiste, invece, la giurisdizione del giudice amministrativo quando occorra sindacare il corretto esercizio della ponderazione comparativa degli interessi in sede di attribuzione del beneficio o in relazione a mutamenti intervenuti nel prosieguo e, quindi, quando il giudizio riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento discrezionale attributivo del beneficio, oppure quando, successivamente alla concessione, l’atto sia stato annullato o revocato per illegittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse, ma non per inadempienze del beneficiario concernenti la fase esecutiva dell’impegno assunto.

I richiamati principi che fondano il riparto di giurisdizione debbono trovare applicazione anche all’odierno ricorso straordinario.

Il ricorso ha ad oggetto un provvedimento qualificato come “revoca” del finanziamento, fondato sull’accertamento postumo, in sede di verifica della correttezza delle dichiarazioni fornite dai beneficiari, della sussistenza dei requisiti soggettivi per accedere al contributo.

In tale ipotesi, trattandosi di annullamento o revoca per contrasto iniziale col pubblico interesse, o meglio difettando i presupposti del provvedimento favorevole, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo e, pertanto, la competenza del Consiglio di Stato ad esprimere il parere in sede di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica (parere C.d.S., sez. I, n. 1689/2021).

2.- Nel merito, il ricorso è fondato.

3.- La questione concerne la correttezza e completezza della documentazione (dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà) fornita dalla ricorrente società, in osservanza delle prescrizioni dell’Avviso pubblico, e di conseguenza, il potere dell’Amministrazione di escludere dal beneficio il soggetto che non abbia adempiuto a tale obbligo, come previsto dall’art. 18 della lex specialis di gara, nonostante che il modello di autodichiarazione predisposto unilateralmente dalla Regione Lazio e allegato all’Avviso pubblico, nella sua formulazione letterale, non preveda alcuna richiesta di dichiarare le risultanze del Casellario giudiziario concernenti i carichi pendenti.

4.- La ricorrente contesta fondatamente, con il primo motivo di ricorso, l’inesistenza dell’obbligo di dichiarare quanto non richiesto espressamente e addirittura la difficoltà materiale di rendere siffatta dichiarazione se non alterando il contenuto prestampato del modello di dichiarazioni preconfezionato dalla stessa Amministrazione.

E’ onere dell’Amministrazione informare con chiarezza i richiedenti di quale tipo di “informazioni” ha interesse a conoscere.

Rientra nel generale obbligo di lealtà e correttezza che grava su entrambe le parti anche nel rapporto pubblico, la predisposizione della modulistica di gara da parte dell'Amministrazione con sufficiente precisione e in modo non contraddittorio rispetto alla lex specialis, al fine di evitare che ricadano sul candidato le conseguenze di una insufficiente, incompleta o erronea formulazione della stessa.

È ben nota la giurisprudenza, formatasi con specifico riguardo alle gare da appalto, ma invocabile con riferimento ad ogni procedura concorsuale, secondo cui, allorquando un soggetto partecipante alla gara abbia reso una dichiarazione del tutto conforme a quella risultante dal modulo predisposto dall'Amministrazione, l'eventuale omissione di una dichiarazione, anche se prevista dalla lex specialis, ovvero dell'allegazione di ulteriori documenti, non può in ogni caso portare all'esclusione del concorrente incorso nell'omissione, vertendosi in ipotesi di clausole della lex specialis contraddittorie, equivoche ed ambigue, rispetto al contenuto dei moduli, tali da ingenerare confusione ed errore nei concorrenti nel rendere le dichiarazioni richieste dal bando (Cfr. Cons. St., sez. V, 6 agosto 2012 n. 4510;
id., sez. V, 29 aprile 2019 n. 2720. T.A.R. Roma, (Lazio) sez. II, 04/01/2021, n.17;
T.A.R. Salerno, (Campania) sez. I, 04/11/2019, n.1909).

Il modello di dichiarazione precompilato, con la specifica richiesta di alcune risposte a quesiti preformulati, vincola entrambe le parti e merita tutela l’affidamento ingenerato dall’Amministrazione.

5.- Neppure può sostenersi validamente che siffatta lettura del modulo sarebbe rigida e formalistica e che un’interpretazione sostanzialistica, ispirata al criterio di ragionevolezza, consentirebbe, viceversa, all’Amministrazione di ritenere essenziali alla validità della dichiarazione informazioni non richieste espressamente e/o di poter variare l’oggetto delle dichiarazioni richieste o le modalità di valutazione dei requisiti, anche a distanza di anni dalla concessione dei contributi.

L’omissione della dichiarazione non è, infatti, addebitabile al privato nel caso in cui l’Amministrazione non abbia imposto un obbligo in tal senso con chiarezza e in modo inequivocabile.

Tale chiarezza dell’obbligo di dichiarare i carichi pendenti per l’Amministratore e/o legale rappresentante della società, o per il soggetto beneficiario finale dell’operazione, non si ricava dal testo dell’art. 6 dell’avviso pubblico “Insieme X vincere” che si limita a richiedere di “essere in regola con la disciplina dell’antiriciclaggio d.lgs 231/2017” e non indica specificamente il rilascio di dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà attestanti l’eventuale esistenza di iscrizioni di procedimenti nei registri penali.

6.- Fondato è, in ogni caso, anche il terzo motivo di ricorso.

Ove l’Amministrazione avesse ritenuto rilevante acquisire l’informazione (peraltro acquisibile d’ufficio) circa l’esistenza di carichi pendenti e ritenuto incompleta la dichiarazione resa dalla parte, riconoscendo l’ambiguità o erroneità del modulo predisposto, ben avrebbe potuto sanare l’omissione in via istruttoria.

La P.A. ha sempre un ragionevole obbligo, nei limiti di razionale proporzionalità, di verificare la correttezza delle domande di partecipazione alle procedure concorsuali e di attivarsi attraverso il soccorso istruttorio ex art. 6, l. n. 241/1990, ove siano riscontrati meri errori materiali, agevolmente desumibili dai documenti versati in atti dal candidato, errori, dunque, che in quanto tali non possono in alcun modo incidere sulla par condicio dei concorrenti (Consiglio di Stato sez. V, 28/02/2019, n.1413;
T.A.R. Milano, (Lombardia) sez. III, 06/04/2022, n.778;
T.A.R. Salerno, (Campania) sez. I, 04/11/2019, n.1909)

Nella fattispecie, alla stregua di un errore materiale (commesso dall’Amministrazione), in effetti, andava considerata la mancata richiesta delle dichiarazioni concernenti i carichi pendenti, non effettuata perché non chiaramente richiesta.

L’Amministrazione avrebbe potuto supplire al proprio errore tramite esercizio dei poteri istruttori.

Sebbene l’interesse alla speditezza del procedimento - che pure questa Sezione ritiene rilevante sia garantito nelle procedure “di massa” volte alla selezione dei progetti finanziabili - osti ad un uso indiscriminato del “soccorso istruttorio”, specie là dove sul singolo partecipante gravi l’obbligo di correttezza, specificato mediante il richiamo alla clausola generale della buona fede (cfr. da ultimo, parere n. 1912/2022), tuttavia, in ipotesi singolare come quella di specie, in cui l’errore muove dalla stessa Amministrazione, può il privato invocare l’opportuno approfondimento istruttorio finalizzato al rilascio di dichiarazioni e/o alla rettifica di dichiarazioni ritenute “incomplete”, concernenti i presupposti per l’adozione del provvedimento.

7.- Da ultimo, va osservato che la Regione avrebbe potuto, prima di disporre la revoca dei contributi a distanza di tempo, viste le peculiarità del caso, accertare e valutare anche la circostanza della mancanza di condanne a carico dei soggetti dichiaranti e l’asserita sopravvenuta “assoluzione” del sig. -OMISSIS- dal reato di estorsione, considerando nel merito la reale “offensività” dei comportamenti addebitati alla ricorrente, circostanza questa non irrilevante ai fini della motivazione sull’interesse pubblico concreto alla adozione dei provvedimenti di revoca.

8.- In conclusione, il ricorso va accolto.

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