Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2017-12-07, n. 201705770

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2017-12-07, n. 201705770
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201705770
Data del deposito : 7 dicembre 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/12/2017

N. 05770/2017REG.PROV.COLL.

N. 06976/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6976 del 2014, proposto da:
A F, rappresentato e difeso dall'avvocato S S D, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Bdl in Roma, via Bocca di Leone, 78;

contro

Comune di Lecce, in persona del Sindaco pro-tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato E C, con domicilio eletto presso lo studio Francesco Baldassarre in Roma, via della Scrofa 64;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. Puglia, Sezione Staccata di Lecce, Sez. II n. 885/2014, resa tra le parti, concernente non ammissione alla prova orale del concorso pubblico per titoli ed esami a 32 posti di istruttore di vigilanza cat.c;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Lecce;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 novembre 2017 il Cons. R P e uditi per le parti gli avvocati Sticchi Damiani, Dalli Cardillo su delega di Ciulla;


Vista la partecipazione di Italo A F al concorso pubblico per titoli ed esami per la copertura di n. 32 posti di "Istruttore di Vigilanza" cat. C, a tempo indeterminato e parziale pari a 23 ore settimanali, Settore Polizia Locale indetto dal Comune di Lecce ed in cui non è stato ammesso a sostenere le prove orali per aver conseguito nelle prove scritte un punteggio inferiore (18/30) a quello minimo (21/30) richiesto dal bando per l’ammissione agli orali;

Visto il ricorso proposto dinanzi alla Sezione Staccata di Lecce del T.A.R. della Puglia con cui l’interessato impugnava gli atti della procedura concorsuale, ritenendoli affetti dai vizi di violazione di legge ed eccesso di potere, con particolare riferimento al difetto di motivazione per insufficienza del voto numerico ed alla violazione del principio dell’autovincolo;

Vista la costituzione in giudizio del Comune di Lecce, il quale sosteneva l’infondatezza del ricorso;

Vista la sentenza n. 885 del 31 marzo 2014, con la quale il Tribunale amministrativo ha respinto il ricorso, con l’affermazione che non vi era stata alcuna violazione del principio dell’autovincolo da parte della commissione esaminatrice che aveva evidenziato mediante appositi segni grafici gli errori commessi dal ricorrente e che comunque i motivi di ricorso erano limitati a censurare la mera non condivisibilità della valutazione tecnico-discrezionale dell’operato della commissione che può essere fisiologicamente opinabile, non riportando applicazioni di scienze esatte, ma non ne aveva dimostrato una palese inattendibilità, una pretestuosità o ancor più irrazionalità e che, in conclusione, la Corte Costituzionale ha reputato il criterio del punteggio numerico idoneo ad esprimere un giudizio sufficientemente motivato, in ragione del buon andamento dell’azione amministrativa che rende non esigibile una dettagliata esposizione delle ragioni del giudizio di non idoneità, avuto riguardo della complessità delle operazioni concorsuali (Corte Cost., 8 giugno 2011 n. 175);

Visto l’appello in Consiglio di Stato proposto il 22 luglio 2014 da Italo A F con il quale si sostiene che la sentenza di primo grado non avrebbe esercitato quel controllo sull’esercizio della discrezionalità tecnica che deve rispondere a dati concreti e ciò tanto delle modalità del controllo quanto nelle sue conclusioni e dunque non può omettere un controllo di tipo intrinseco per verificare realmente quanto espresso dalla P.A. rimanendo altrimenti esclusa un’autentica tutela giurisdizionale;
ciò ancor più ove la commissione di concorso si era autovincolata alla verifica del rigore dell’esposizione e della sua chiarezza, al controllo della correttezza di contenuti e di riferimenti giuridici, operazione in realtà non compiuta come dimostrato dalla perizia di parte versata in causa tanto che difettano segni grafici molte specifiche che dimostrino le inesattezze e gli errori attribuiti al candidato, né possono esserlo tre mere sottolineature che si vengono nel testo corretto, soprattutto a fronte della compiuta perizia di cui sopra dalla cui emerge o ingiusta valutazione dell’elaborato del concorrente anche in merito ai vari contenuti e riferimenti giuridici e rispetto ad una serie di incongruenze rinvenibili ad esempio nell’elaborato di altro concorrente risultato vincitore e collocato all’ottavo posto nella graduatoria finale;

Vista la costituzione anche in questa fase di giudizio del Comune di Lecce, il quale ha concluso per la correttezza della sentenza impugnata e per il rigetto dell’appello;

Considerato che il Collegio non intravede nelle censure sollevate ragioni per distaccarsi tanto dalla sentenza del tribunale amministrativo, quanto da una giurisprudenza pacifica, poiché il voto espresso dalla commissione esaminatrice ed insufficiente per l’ammissione alla prova orale appare, anche nel caso in esame, una pura espressione della discrezionalità tecnica da sempre riconosciuta alle commissioni, in quanto il voto numerico esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale della commissione, contenendo in sé stesso la motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni o chiarimenti cui non può essere opposta una perizia esterna, poiché ciò dovrebbe tradursi nell’applicazione di norme tecniche contenute in una legge scientifica universale sulla discrezionalità tecnica della commissione, che nel caso dovrebbe esprimersi tramite principi giuridici assoluti ed incontrastati, allorché è rimesso invece alla commissione la fissazione di criteri generali e la modulazione di quanto scritto nei singoli elaborati rispetto a detti criteri (Cons. Stato, V, 5 dicembre 2016 n. 5086;
cfr., da ultimo, Cons. Stato, Ad Plen, 20 settembre 2017, n. 7, secondo cui i giudizi delle commissioni sulle prove scritte d’esame vanno di per sé considerati adeguatamente motivati anche quando si fondano su voti numerici, attribuiti in base ai criteri da essa predeterminati, senza necessità di ulteriori spiegazioni e chiarimenti, valendo comunque il voto a garantire la trasparenza della valutazione);

Ritenuto che i giudizi formulati dalla commissione sono l’espressione di una discrezionalità tecnica non sindacabile sulla base di opinioni tecniche difformi, a meno che non venga prospettata con precisione e giustificazione probatoria la sussistenza delle note figure dell’illogicità, dell’irrazionalità e del radicale travisamento dei fatti, non comunque sufficientemente desumibili dal contenuto dell’appello e di conseguenza la pretesa disparità di trattamento nella correzione degli elaborati non permette quello che viene definito un sindacato “forte” del giudice amministrativo sulla medesima discrezionalità tecnica (Cons. Stato, v, n. 5085/16 cit.);

Considerato, inoltre, che l’apposizione sull’elaborato di segni o glosse era connessa all’evidenziazione di errori o inesattezze e non valeva come giudizio specifico negativo dell’elaborato medesimo, che l’attribuzione di un voto numerico o di un giudizio sintetico rientrava nei poteri della commissione che non era vincolata al secondo di questi e che la durata dei tempi di correzione non può autonomamente giustificare un trattamento deteriore di un singolo candidato;

Ritenuto pertanto su tali basi che l’appello vada respinto e che le spese seguano la soccombenza;

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