Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2022-02-10, n. 202200986
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Pubblicato il 10/02/2022
N. 00986/2022REG.PROV.COLL.
N. 03648/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3648 del 2016, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati G C, C R, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv.to G C in Roma, via Pierluigi da Palestrina, 63;
contro
Università degli Studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima) -OMISSIS-, resa tra le parti, con la quale è stato respinto il ricorso di primo grado;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 gennaio 2022 il Cons. P M;nessuno è comparso per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso in appello, notificato in data 16 – 20 aprile 2016 e depositato in giudizio l’11 maggio 2018, l’odierno appellante, professore ordinario presso l’Università degli Studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro, ha impugnato la sentenza del T.a.r. Piemonte -OMISSIS-, con la quale è stato respinto il ricorso di primo grado, diretto ad ottenere:
a) l’annullamento del provvedimento con il quale l’Ateneo di appartenenza ha respinto la domanda di rimborso delle spese legali sostenute dall’appellante nel giudizio penale conclusosi con sentenza di assoluzione del Tribunale di Bologna del 4 luglio 2011 -OMISSIS-;
b) l’accertamento del diritto dell’appellante al rimborso delle spese legali sostenute nel predetto giudizio penale.
2. Si è costituita in giudizio per resistere al proposto appello l’Università degli Studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro, contestando la fondatezza delle doglianze di parte appellante.
3. Nel corso del giudizio le parti costituite hanno avuto modo di rappresentare compiutamente le rispettive tesi difensive.
4. All’udienza pubblica del 18 gennaio 2022 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
5. La parte appellante premette:
- di essere stato assolto “perché il fatto non sussiste” dal Tribunale di Bologna, con sentenza del 4 luglio 2011 -OMISSIS-, dalla imputazione dei reati di cui agli artt. 323 e 479 del c.p. (secondo la prospettazione accusatoria, in violazione del dovere di astensione, imparzialità e buona efficienza della pubblica amministrazione, nonché delle prescrizioni di valutazione comparativa della disciplina di reclutamento dei professori universitari e di ruolo, avrebbe sostanzialmente alterato l’esito di alcuni concorsi universitari, predeterminandone ab externo i vincitori, pur rimanendo egli stesso estraneo alle commissioni esaminatrici);
- di aver presentato, in data 5 dicembre 2011, all’Ateneo di appartenenza domanda di rimborso delle spese legali sostenute per la difesa nel giudizio, corredata dalla relativa documentazione;
- di aver proposto ricorso al T.a.r. Piemonte avverso il provvedimento di reiezione della domanda, chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato e l’accertamento del suo diritto ad ottenere il rimborso delle spese legali sostenute;
- con la sentenza -OMISSIS-, il T.a.r. Piemonte ha respinto il ricorso di primo grado, disponendo la compensazione delle spese di giudizio.
Tanto premesso, l’odierno appellante ha chiesto la riforma della sentenza impugnata, contestando la sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto, sui quali essa si fonda.
6.1 Con un primo ordine di censure, l’appellante contesta quanto ritenuto dal giudice di primo grado in ordine alla insussistenza di connessione, nel caso di specie, tra i fatti contestati in sede penale e l’espletamento del servizio o l’assolvimento degli obblighi di istituto.
A suo giudizio, vi sarebbe una sorta di interazione tra la comunità scientifica e i commissari di concorso, al fine di assicurare la migliore valutazione dei candidati, “fatta comunque salva la piena autonomia di giudizio dei singoli membri della commissione”.
Secondo la prospettazione difensiva della parte appellante, “Talora vi sono elementi di valutazione che curricula e pubblicazioni non riescono a rappresentare, ma che conoscenza e testimonianza personale da parte di soggetti qualificati possono evidenziare”.
A tale riguardo, richiama le c.d. “lettere di raccomandazione”, che compaiono nei curricula.
L’appellante avrebbe quindi agito “nell’osservanza e nell’adempimento dei suoi doveri di docente universitario, collaborando criticamente alla selezione dei candidati migliori al posto di professore ordinario e associato”.
6.2 La tesi della parte appellante non merita di essere condivisa.
Come correttamente evidenziato dalla difesa erariale, la procedura selettiva finalizzata, attraverso una valutazione comparativa dei candidati, al reclutamento dei professori universitari deve svolgersi nel rispetto delle regole di correttezza e di imparzialità (art. 97 Cost.) che debbono essere sempre osservate nei pubblici concorsi, con la conseguenza che gli unici soggetti legittimati ad esprimere un giudizio di idoneità sui candidati sono in via esclusiva i componenti della Commissione giudicatrice.
Tanto premesso, il Collegio rileva che l’art. 18, comma 1, d.l. 25 marzo 1997 n. 67, convertito con modificazioni nella l. 3 maggio 1997, n. 135, dispone: “Le spese legali relative a giudizi per responsabilità civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità, sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall'Avvocatura dello Stato. Le amministrazioni interessate, sentita l'Avvocatura dello Stato, possono concedere anticipazioni del rimborso, salva la ripetizione nel caso di sentenza definitiva che accerti la responsabilità”.
Ai fini della ammissione del rimborso delle spese legali relative a giudizi per responsabilità civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali, la norma sopra richiamata richiede espressamente la sussistenza di una connessione tra i fatti e gli atti, da cui si origina il giudizio di responsabilità, e l'espletamento del servizio o l'assolvimento di obblighi istituzionali da parte del pubblico funzionario.
Costituisce ius receptum nella giurisprudenza il principio secondo il quale la predetta disposizione “è norma di stretta applicazione e si applica quando il dipendente sia stato coinvolto nel processo per aver svolto il proprio lavoro, e cioè quando si sia trattato dello svolgimento dei suoi obblighi istituzionali e vi sia un nesso di strumentalità tra l'adempimento del dovere ed il compimento dell'atto o del comportamento (e dunque quando l'assolvimento diligente dei compiti specificamente lo richiedeva), e non anche quando la condotta oggetto della contestazione sia stata posta in essere 'in occasione' dell'attività lavorativa”(ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, 4 gennaio 2022 n. 25;11 novembre 2020 n. 6928;28 novembre 2019 n. 8140;Cass., sez. lavoro, n. 28597 del 2018).
Orbene, si deve rilevare che, da un lato, l’appellante non è stato membro di alcuna delle Commissioni giudicatrici delle procedure di valutazione comparativa sottoposte al vaglio del giudice penale, dall’altro, nessuna delle procedure concorsuali contestate è riferibile a posti da professore ordinario/associato messi a concorso dall’Ateneo di appartenenza.
Non vi è dunque ravvisabile alcuna connessione tra le funzioni istituzionali cui l’odierno appellante è preposto, nella sua qualità di docente universitario in servizio presso l’Università degli Studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro, e i fatti in relazione ai quali è stato avviato nei suoi confronti il procedimento penale, poi conclusosi con sentenza di assoluzione.
7.1 Con un altro ordine di censure, la parte appellante contesta la sentenza appellata anche con riguardo al fatto che il giudice di prime cure ha ritenuto che i fatti contestati siano contrari ai propri doveri d’ufficio e compiuti in potenziale conflitto di interessi con l’Amministrazione di appartenenza.
Sostiene che in tutti i reati con la pubblica Amministrazione sia insito un potenziale conflitto di interessi e che la sussistenza o meno di un conflitto di interessi vada accertata ex post, non ex ante.
7.2 La tesi della parte appellante non è condivisibile.
La pronuncia di una sentenza o di un provvedimento del giudice, che abbia escluso definitivamente la responsabilità del dipendente, costituisce solo uno dei presupposti per l’applicazione dell’art. 18 del d.l. n. 67/1997. Con esso debbono concorrere la sussistenza di una connessione tra i fatti e gli atti oggetto del giudizio e l’espletamento del servizio e l’assolvimento degli obblighi istituzionali nonché l’assenza di un conflitto di interessi con l’Amministrazione di appartenenza.
In tema di spese legali sostenute dal dipendente pubblico per la propria difesa in un processo penale, il diritto al rimborso delle stesse da parte dell'amministrazione di appartenenza, presuppone che non vi sia un conflitto d'interesse. È necessario dunque che la condotta addebitata al dipendente non sia frutto di iniziative autonome, contrarie ai doveri funzionali o in contrasto con la volontà dell'ente, secondo una valutazione ex ante che prescinde dall'esito del giudizio penale (cfr. Cassazione civile, sez. I, 31 gennaio 2019 n. 3026).
A tale riguardo, il Collegio ritiene che le condotte contestate all’odierno appellante e poste alla base del procedimento penale avviato nei suoi confronti, ancorché prive di rilevanza penale, denotino un conflitto di interessi (quantomeno potenziale) con l’Amministrazione di appartenenza, proprio in quanto adottate dall’appellante di sua iniziativa, al di fuori dei suoi doveri d’istituto nei confronti dell’Ateneo di appartenenza.
8.1 La parte appellante censura la sentenza impugnata anche nella parte in cui il giudice di prime cure ha ritenuto che l’imputazione criminosa connessa alla qualifica di pubblico ufficiale non possa essere utilizzata per estendere il perimetro applicativo dell’art. 18, comma 1, d.l. 25/3/1997 n. 67.
Ancora una volta, l’appellante sostiene che i fatti in relazione ai quali è stato indagato siano pertinenti al suo servizio e ai compiti istituzionali che competono al suo ruolo di docente universitario.
8.2 La tesi dell’appellante non può essere condivisa.
Il giudice di primo grado ha reputato insufficiente, ai fini della ammissione al rimborso delle spese legali, la mera configurazione del capo di accusa, evidenziando che “l'imputazione basata sulla qualifica di pubblico ufficiale del dipendente muove da giudizi prognostici ed astratti che non possono valere ad indebitamente estendere il perimetro applicativo dell'art. 18 D.L. n. 67 del 1997 modificandone il paradigma legale, il quale richiede che le condotte siano connesse con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali, e dunque rientranti nell'alveo della riferibilità al valore dell'Amministrazione, con esclusione di quelle che siano occasionalmente ricollegabili ad un incarico e non pure al diretto svolgimento delle funzioni istituzionali e i cui effetti non siano imputabili all'Amministrazione, in quanto non ascritte al novero delle incombenze direttamente promananti dalla posizione funzionale ed organizzativa rivestita dall'interessato nell'ambito della struttura dell'Amministrazione di appartenenza”.
Le conclusioni del giudice di prime cure meritano di essere condivise.
I capi di imputazione formulati nei confronti dell’appellante non sono sufficienti a suffragare la richiesta di rimborso delle spese legali sostenute nel procedimento penale, non sussistendo nel caso di specie i presupposti individuati dal legislatore per l’ammissione al rimborso da parte dell’Amministrazione di appartenenza e ritenuti condivisibilmente dalla giurisprudenza sopra richiamata non suscettibili di interpretazione estensiva.
9.1 Da ultimo, l’appellante denuncia disparità di trattamento rispetto ad altri docenti universitari, coimputati nel medesimo procedimento penale, che hanno ricevuto il rimborso delle spese legali ai sensi dell’art. 18 d.l. n. 67/1997.
9.2 Anche queste censure non colgono nel segno.
A prescindere dal fatto che due dei docenti, cui l’appellante fa riferimento, hanno fatto parte della Commissione di concorso (e, quindi, la loro posizione non è assimilabile a quella dell’odierno appellante) e dal fatto che per il terzo docente (cui si fa riferimento) il T.a.r. Piemonte ha ritenuto di dover segnalare la vicenda alla Procura Regionale della Corte dei Conti dell’Emilia Romagna in relazione ai possibili profili di danno erariale, non possono costituire parametro di legittimità (tertium comparationis) del provvedimento adottato dall’Università degli studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro gli atti adottati da altre Amministrazioni, che non costituiscono oggetto del presente giudizio.
10. In conclusione, l’appello è infondato e va respinto.
11. In considerazione della natura e della peculiarità della fattispecie dedotta in giudizio, sussistono eccezionali motivi per disporre l’equa compensazione delle spese di giudizio.