Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-02-28, n. 201801247
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Pubblicato il 28/02/2018
N. 01247/2018REG.PROV.COLL.
N. 03087/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3087 del 2007, proposto dal signor S A, rappresentato e difeso dagli avvocati M E V e F Z, con domicilio eletto presso lo studio M E V in Roma, via Barnaba Tortolini, n. 13;
contro
Comune di Galzignano Terme, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati S D P e L M, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via Federico Confalonieri, n. 5;
nei confronti di
G F, rappresentato e difeso dagli avvocati F M e A M, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via Federico Confalonieri, n. 5;Ente Parco Regionale dei Colli Euganei, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per il Veneto – Sezione II - n. 535 del 26 febbraio 2007, resa tra le parti, concernente concessione edilizia per realizzazione di un fabbricato.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Galzignano Terme e del signor Franco Giacomin;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2018 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati M E V, F Z, Paolo Caruso su delega di L M, e A M anche per delega dell’avvocato F M;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso proposto dinanzi al TAR per il Veneto, integrato da motivi aggiunti, l’odierno appellante invocava l’annullamento:
a) del permesso di costruire n. 39/2006 (registro permessi del 21.12.2006), rilasciato in data 22.12.2006, a firma del Responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Galzignano Terme, con il quale era stata autorizzata, in favore del signor Franco Giacomin, “la costruzione di un fabbricato ad uso annessi rustici in Z.T.O. E3, ai sensi dell’art. 6 della L.R. 24/85”;
b) della nota prot. n. 3516 del 7.4.2006 di avvio del procedimento ai sensi degli artt. 7 e 8 della Legge 241/90 per la verifica della possibilità di rimozione dei vizi delle procedure amministrative o l’eventuale riduzione in pristino;
c) del provvedimento prot. 5071 del 23.5.2006, avente ad oggetto: “provvedimenti conseguenti l’annullamento del permesso di costruzione n. 3/05. Riscontro alla nota dell’8/05/06 prot. n. 4583. Adempimenti relativi alla porzione rustica”, a firma del Responsabile dell’Area Tecnica;
d) della nota, a firma del Tecnico incaricato, pervenuta agli atti in data 25.7.06, prot. n. 7261 di integrazione e richiesta di emissione di nuovo titolo autorizzativo specifico;
e) del parere favorevole, espresso dalla Commissione Edilizia del Comune di Galzignano Terme (PD) in data 14.9.06 e dell’integrazione alla pratica edilizia P204/024, allegata alla domanda stessa.
2. Il primo giudice respingeva ogni richiesta avanzata dall’odierno appellante.
3. Avverso la sentenza indicata in epigrafe l’originario ricorrente ha proposto appello dolendosi del fatto che:
a) la sentenza n. 780/2006 di questo Consiglio, avrebbe annullato in toto il permesso di costruire n. 3/2005 sia per lo parte relativa al fabbricato ad uso abitativo, sia per quella concernente gli annessi rustici. Dalla disamina della detta decisione emergerebbe, in primis, che l’intera costruzione andrebbe considerata, sotto il profilo edilizio, come un bene inscindibile. Con lo conseguenza che, venuto meno il titolo edilizio, essa andrebbe demolita in toto senza poter scomporre lo porzione abitativa da quella ad annesso rustico. Pertanto, il contrasto dell'intero corpo di fabbrica con le prescrizioni urbanistiche, che hanno reso illegittimo il rilascio dell'unico - omnicomprensivo - permesso di costruire (n.3/2005) renderebbe doverosa l’eliminazione del compendio abusivo. Ossia sarebbe necessario prima demolire l’immobile e poi eventualmente valutare nuove soluzioni progettuali. Diversamente opinando si ammetterebbe una via non voluta dal detto giudicato, che partendo dalla conservazione e autonoma sanabilità dell'annesso rustico mira a preservare anche l'abitazione, in base al principio dell'inscindibilità strutturale e funzionale dell'abitazione e dell'annesso rustico. Si sarebbe realizzato in questo modo una elusione del giudicato con conseguente nullità degli atti amministrativi impugnati;
b) il primo giudice non si sarebbe pronunciato sulla violazione dell’art. 38, d.P.R. n. 380/2001, che impone la demolizione di ciò che è stato eretto abusivamente con lo possibilità di commutare lo demolizione nel pagamento di una sanzione pecuniaria pari al valore di quanto eretto abusivamente, allorquando per ragioni tecniche la demolizione non sia effettuabile, previa compromissione di quanto legittimamente costruito. Sennonché, nella specie, essendo l'intero compendio abusivo, perché edificato con un unico titolo ritenuto illegittimo, stante l’inscindibilità delle strutture, l'unica strada da seguire sarebbe stata quella demolitoria. Né si sarebbe potuto congelare il procedimento demolitorio in attesa della definizione del procedimento avente ad oggetto un nuovo permesso di costruire, atteso che il citato art. 38, ammetterebbe la rinnovazione del titolo solo in presenza di un vizio formale, consentendo in alternativa alla demolizione il solo pagamento di un onere pecuniario, anche in ragione del fatto che la riedificazione dell’annesso rustico sarebbe potuta avvenire solo in forza di un autonomo e distinto progetto;
c) l’art. 36, d.P.R. n. 380/2001, impedirebbe in tutto o in parte la sanabilità del compendio abusivo in difetto del requisito della doppia conformità;
d) sulla nuova domanda non sarebbe stata acquisito il parere ambientale dell’Ente parco dei Colli Euganei, non potendo valere quello precedente stante la diversità del compendio da realizzare, in forza di quanto disposto dal comma 12, dell’art. 146, d.lgs. n. 42/2004;
e) vi sarebbe stata violazione dell’art. 9, l. n. 241/90, dal momento che l’amministrazione non avrebbe avvisato l’appellante dei nuovi provvedimenti assunti all’indomani della parentesi giurisprudenziale chiusasi con la pronuncia n. 780/2006 di questo Consiglio;
f) il permesso di costruire n. 39/2006, sarebbe stato rilasciato in modo irrituale, difettando apposita domanda, ovvero tempestiva domanda, risalendo quest’ultima al più al 25 luglio 2006, a fronte del termine del 30 giugno 2006, previsto dall’art. 48 comma 7 bis della l.r. Veneto n. 11/2004. Né potrebbe qualificarsi come domanda l’osservazione presentata dall’originario controinteressato in data 23 maggio 2006.
4. Costituitasi in giudizio, l’amministrazione comunale ha contestato le argomentazioni dell’appellante, sostenendo che:
a) non vi sarebbe stata alcuna elusione del giudicato, in quanto il Consiglio di Stato non avrebbe affatto riconosciuto il contrasto dell'intero corpo di fabbrica con le prescrizioni urbanistiche. Infatti, secondo la pronuncia del Consiglio di Stato soltanto la porzione di fabbricato avente destinazione residenziale sarebbe stata assentita in violazione delle prescrizioni urbanistiche e l'annullamento integrale del permesso di costruire rappresenterebbe la mera conseguenza del fatto che detto provvedimento è inscindibile. Pertanto, l’avvio del procedimento ex art. 38, d.P.R. n. 380/2001 sarebbe atto dovuto, poiché la regolarizzazione dell'immobile realizzato in base a permesso di costruire annullato, nella parte in cui è regolarizzabile mediante il rilascio di un nuovo permesso di costruire, conforme alla disciplina urbanistica vigente, risponderebbe al principio generale in base al quale l'interesse pubblico dev'essere perseguito in modo da arrecare il minor pregiudizio possibile al privato. Né il detto principio sarebbe applicabile soltanto qualora sia possibile regolarizzare l'opera nel suo complesso, e non anche quando sia consentita una regolarizzazione parziale;
b) destituita di fondamento sarebbe anche l'ulteriore censura con cui l'appellante ha contestato la violazione dell'art. 146 del d.lgs. n. 152/2006, in base all' assunto che detto provvedimento avrebbe dovuto essere preceduto dalla acquisizione di un nuovo parere dell'Ente Parco dei Colli Euganei. Invero, dal momento che in caso di annullamento di un permesso di costruire restano in vita la originaria istanza del privato e tutta l’attività compiuta dalla pubblica amministrazione prima di giungere alla relativa adozione, il parere favorevole già espresso dall'Ente Parco dei Colli Euganei sarebbe valido ed efficace, essendo riferito alla medesima pratica edilizia. Alle stesse conclusioni si perverrebbe, peraltro, anche considerando come nuova domanda di permesso di costruire la nota di osservazioni con cui il signor Giacomin, a seguito dell'avvio del procedimento di cui all'art. 38 del d.P.R. n. 380/2001, avrebbe tra l'altro manifestato la propria disponibilità a fornire la documentazione ritenuta necessaria per regolarizzare la porzione di immobile destinata ad annesso rustico.
4.1. Nelle successive difese, l’amministrazione comunale ha evidenziato il sopravvenuto difetto di interesse all’odierno gravame dal momento che relativamente alla parte rustica cui si riferisce il provvedimento impugnato in primo grado sarebbe stato rilasciato certificato di agibilità parziale n. 23/2007, non impugnato ed in relazione alla parte abitativa ritenuta abusiva sarebbe stato rilasciato permesso di costruire n. 24/2009, anch’esso non impugnato, successivamente anche certificato di agibilità parziale ed ulteriore permesso di costruire n. 45/2010 e successivo certificato di agibilità. Ancora sarebbe stato rilasciato ulteriore permesso di costruire n. 18/2012 e correlato certificato di agibilità. Nessuno di questi provvedimenti sarebbe stato impugnato. Pertanto, l’immobile in questione non potrebbe essere demolito in caso di accoglimento dell’appello.
5. Costituitosi in giudizio, l’originario controinteressato ha insistito per la conferma della sentenza di prime cure, evidenziando dapprima l’infondatezza dell’odierno gravame, ed in seguito, l’improcedibilità a cagione dei provvedimenti medio tempore sopravvenuti.
6. Nelle successive difese l’appellante ha sostenuto di aver conosciuto i detti provvedimenti soltanto a seguito di deposito in giudizio degli stessi e che, pertanto, il termine per la loro impugnazione scadrebbe solo il 3 luglio 2017, sicché manifesta la volontà di impugnarli. Inoltre, sostiene che la caducazione del provvedimento impugnato comporterebbe a cascata la caducazione di tutti i successivi atti.
6.1. In vista dell’odierna udienza pubblica, l’appellante ha depositato ricorso promosso dinanzi al TAR per il Veneto avente ad oggetto l’annullamento degli atti indicati supra sub 4 e argomenta in ordine alla portata caducante dell’annullamento dell’atto impugnato in prime cure rispetto agli atti portati all’attenzione del TAR Veneto con il ricorso n. 762/2017. Atti quest’ultimi che in ogni caso sarebbero nulli in quanto elusivi e/o violativi del giudicato, rappresentato dalla sentenza n. 780/2006 del Consiglio di Stato.
6.2. Dal canto suo l’amministrazione comunale ha insistito per la presa d’atto del venir meno dell’interesse al ricorso dal momento che, a fronte dei citati provvedimenti, anche nell’ipotesi di accoglimento dell’appello, non potrebbe comunque procedersi alla demolizione integrale del fabbricato. Né tali provvedimenti potrebbero ritenersi in una relazione di consequenzialità con il permesso di costruire impugnato tale da determinarne l’automatica caducazione per il caso di annullamento del permesso di costruire.
7. L’odierno appello è improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse.
8. Preliminarmente, è necessario chiarire la portata della sentenza n. 780/2006 di questo Consiglio, che - nel confermare la sentenza del TAR per il Veneto di annullamento del permesso di costruire n. 3/2005, rilasciato dall’amministrazione appellata a favore dell’originario controinteressato – ha respinto l’appello principale di quest’ultimo.
8.1. Nella specie il Consiglio:
a) conveniva con le conclusioni raggiunte dal primo giudice in relazione al fatto che la superficie relativa alla sottozona E3, ricompresa nel fondo rustico dell’odierno appellato, su cui insisteva l’intervento, fosse inferiore ai minimi prescritti dalla disciplina regionale;
b) rilevava come l’annullamento del permesso di costruire n. 3/2005, non potesse non travolgere l’intero provvedimento, stante la sua inscindibilità formale e la unitarietà strutturale e funzionale dell’intervento edilizio;
c) aggiungeva, però, che restava: “…salva la potestà del Comune di valutare, in diverso contesto procedimentale, l'ammissibilità di interventi edificatori concernenti esclusivamente annessi rustici per attività aziendale” .
8.2. Tanto evidenziato, ritiene il Collegio che la pronuncia in questione non abbia concluso per la obbligatorietà della demolizione di tutto quanto edificato dall’odierno appellato.
La sopra riportata precisazione contenuta nel giudicato, infatti, ha legittimato l’amministrazione comunale ad adottare ulteriori provvedimenti salvaguardando gli annessi rustici.
Dall’esame degli eventi e delle iniziative procedimentali successivi al giudicato, risulta che all’indomani dell’adozione del permesso di costruire n. 39/2006, avente ad oggetto “la costruzione di un fabbricato ad uso annessi rustici in Z.T.O. E3, ai sensi dell’art. 6 della L.R. 24/85”, quivi impugnato, l’amministrazione comunale ha emanato:
a) in data 26 settembre 2009 un provvedimento sanzionatorio ex art. 38, d.P.R. 380/2001, in relazione alla porzione abitativa dell’immobile;
b) in data 17 novembre 2009 un permesso di costruire avente ad oggetto l’annesso rustico ed il suo ampliamento con rilascio del certificato di agibilità del 6 giugno 2010;
c) in data 26 dicembre 2010 è stato rilasciato permesso di costruire con il quale è stato autorizzato l’ampliamento della superficie con destinazione agricolo-produttiva, utilizzando porzioni in precedenza previste ad uso residenziale, con rilascio del certificato di agibilità del 7 luglio 2011;
d) in data 24 maggio 2012 è stato rilasciato permesso di costruire n. 18/2012, in forza del quale è stato autorizzato l’ampliamento della casa di abitazione con utilizzo di porzione rustica del fabbricato in questione.
In particolare, dall’esame di quest’ultimo titolo edilizio - che ha ad oggetto “ ampliamento di casa di abitazione in zona agricola mediante utilizzo di porzione rustica di fabbricato esistente ” - emerge che lo stesso è stato adottato anche in forza delle ll.rr. Veneto n. 14/2009 e 13/2011, ossia in forza di una disciplina che modifica sensibilmente la materia de qua e che spezza del tutto ogni possibile collegamento tra l’esercizio del potere edilizio cristallizzatosi con il provvedimento impugnato in prime cure con quello esercitato successivamente dall’amministrazione e culminato con il citato permesso n. 18/2012.
8.3. A questo punto occorre chiarire che l’eventuale annullamento del permesso di costruire n. 39/2006, non avrebbe portata caducante rispetto ai successivi provvedimenti autorizzatori rilasciati dall’amministrazione comunale.
Questo Consiglio (cfr. ex plurimis , Cons. St., Sez. IV, 21 settembre 2015, n. 4404) ha a più riprese chiarito che nell’ambito del procedimento amministrativo, occorre distinguere tra invalidità ad effetto caducante e invalidità ad effetto viziante;per la prima forma di vizio, di natura più dirompente, occorrono due elementi precisi:
a) il primo dato dall’appartenenza, sia dell’atto annullato direttamente come di quello caducato per conseguenza, alla medesima serie procedimentale;
b) il secondo individuato nel rapporto di necessaria derivazione del secondo dal primo, come sua inevitabile ed ineluttabile conseguenza e senza necessità di nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, con particolare riguardo al coinvolgimento di soggetti terzi.
Pertanto, qualora almeno uno dei due detti presupposti sia inesistente, è inapplicabile lo schema concettuale della caducazione e debbono ritenersi utilizzabili unicamente le usuali impugnative tipiche del diritto amministrativo.
8.4. Nella fattispecie non si rinviene tra il permesso di costruire impugnato ed i successivi provvedimenti sopra elencati un rapporto di consequenzialità necessaria, in quanto quest’ultimi non eseguono il provvedimento oggi impugnato, ma costituiscono autonomo esercizio del potere discrezionale dell’amministrazione.
Tali permessi, inoltre, non sono meramente confermativi dei precedenti e sono stati rilasciati in accoglimento di altrettanto autonome istanze, ed all’esito di un originale percorso istruttorio fondato su diverse basi normative.
Da ciò deriva che l’eventuale caducazione del permesso di costruire n. 39/2006, non farebbe venire meno i plurimi titoli autorizzatori sui quali fonda la costruzione avversata dall’odierno appellante. Conseguentemente, quest’ultimo non potrebbe ottenere il soddisfacimento del bene della vita sotteso al suo interesse legittimo e rappresentato dalla demolizione dell’immobile in questione con conseguente riduzione in pristino (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. IV, n. 2637 del 2016).
8.5. La statuizione di improcedibilità non trova ostacoli neppure nella norma sancita dall’art. 34, comma 3, cod. proc. amm., non essendo stata proposta la relativa domanda di accertamento o comunque una pertinente istanza che manifesti l’interesse della parte per un tale tipo di pronuncia (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 15 giugno 2016, n. 2637;Ad. plen., n. 4 del 2015;Sez. IV, 28 dicembre 2012, n. 6703, 7 novembre 2012, n. 5674 cui si rinvia a mente dell’art. 88, co. 2, lett. d), cod. proc. amm.).
9. L’odierno appello deve, quindi, essere dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse.
Nella complessità in fatto ed in diritto delle questioni trattate si ravvisano eccezionali motivi per compensare le spese dell’odierno grado di giudizio ad eccezione del pagamento del contributo unificato che resta a carico dell’originario ricorrente, da considerarsi a tali fini soccombente, in ragione dell’erronea lettura operata dallo stesso di quanto statuito dalla sentenza di questo Consiglio n. 780/2006.