Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-06-15, n. 201602637

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-06-15, n. 201602637
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201602637
Data del deposito : 15 giugno 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08395/2011 REG.RIC.

N. 02637/2016REG.PROV.COLL.

N. 08395/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8395 del 2011, proposto dalla società Rc Service s.n.c. di Catalano Carmelo &
Co., in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dall'avv. P S R, con domicilio eletto presso P S R in Roma, viale Giuseppe Mazzini, 11;

contro

G S e L Z, rappresentati e difesi dall'avv. N C, con domicilio eletto presso N C in Roma, via Germanico 172;

nei confronti di

Comune di Reggio di C, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dall'avv. Mario De Tommasi, con domicilio eletto presso Studio Alfredo E Giuseppe Placidi in Roma, via Cosseria 2;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la CALABRIA – Sezione Staccata di REGGIO CALABRIA - n. 605 dell’8 luglio 2011;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di G S e di L Z nonché del Comune di Reggio di C;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 maggio 2016 il consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli avvocati Giacomo Valla (per delega De Tommasi), Pasquale Di Rienzo (per delega Stella Richter) e Carbone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe impugnata n. 605/2011 il Tribunale amministrativo regionale per la C – Sede di Reggio C – ha accolto in parte il ricorso (corredato da motivi aggiunti) proposto dalla odierna parte appellata volto ad ottenere l’annullamento del provvedimento n. 139/2009 rilasciato dal Comune di Reggio C il 30.11.2009 costituente variante in corso d'opera al permesso a costruire n. 81/2008;
del permesso a costruire n. 81/2008, rilasciato al Comune di Reggio C il 2.7.2008;
della nota prot. n. 33284 del 10.2.2010 di revoca dell’ordinanza n.227654 del 30.12.2009 di sospensione dei lavori n.227654 del 30.12.2009, precedentemente disposta.

2. In punto di fatto i coniugi Zappone – Sammarco (originarii ricorrenti), dopo avere fatto presente di essere proprietari di un immobile a tre elevazioni fuori terra, destinato ad abitazione, sito in Reggio C alla via Demetrio Tripepi n. 101 ed adiacente al sito dove si svolgeva il contestato intervento edilizio di pertinenza della Ditta RC Service s.n.c. di Catalano Carmelo &
C. avevano dedotto che:

a) in detta area insisteva un vecchio edificio a due elevazioni, composto da due corpi di fabbrica con tetto a falda posti in collegamento tra loro;

b) la società odierna appellante principale in data 02.07.2008, aveva ottenuto permesso di costruire n. 81/2008, per la realizzazione di un corpo di fabbrica in c.a. da destinare alle attività di Bed &
Breakfast;

c) l’intervento edilizio realizzando veniva qualificato, nella relazione tecnica recepita dall’atto abilitativo, quale l’intervento di demolizione e successiva ricostruzione a vecchia sagoma del precedente fabbricato con aumento di volumetria entro i limiti massimi del 20% (aumento consentito dalle NTA del Comune di Reggio C);

d) ritenendo che i lavori realizzandi fossero difformi rispetto al titolo abilitativo gli originarii ricorrenti avevano instaurato un giudizio per denuncia di nuova opera dinanzi al Tribunale civile di Reggio C al fine di ottenere l’inibitoria dell’attività posta in essere dalla Società RC Service;

e) il 30.11.2009 la Società RC Service aveva ottenuto una variante all’originario permesso a costruire che prevedeva un’ulteriore sopraelevazione per altri tre piani in aderenza alla terrazza dell’immobile di proprietà degli originarii ricorrenti su via Tripepi con copertura piana.

2.1 Essi erano quindi insorti, sostenendo che il fabbricato erigendo, per le sue caratteristiche di sagoma e volumetria, era in realtà una nuova costruzione, attesa la radicale difformità da quello demolito, sicché non vi era possibilità alcuna di considerare l’intervento come demolizione e successiva ricostruzione a vecchia sagoma del precedente fabbricato con aumento di volumetria entro i limiti massimi del 20% (aumento consentito dall’art. 19 NTA del Comune di Reggio C);
la società odierna appellante non poteva giovarsi di un permesso di costruire fondato e giustificato sulla base delle natura ricostruttiva invece che innovativa del nuovo edificio.

3. La società odierna appellante (anche con ricorsi incidentale) ed il Comune si erano costituiti in giudizio, eccependo in primo luogo la tardività del ricorso e contestandone la fondatezza nel merito.

4. Il T.ar. con la sentenza gravata ha:

a) dichiarato irricevibili per tardività le censure contro il primo permesso di costruire n. 81/2008: il ricorso era stato, infatti, notificato il 27 gennaio 2010 ma gli originarii ricorrenti avevano proposto ricorso per denuncia di nuova opera il 15.10.2009 e ancora prima avevano ottenuto l’ostensione degli atti, ivi compresi gli elaborati progettuali relativi al primo permesso di costruire, a seguito di istanza di accesso;

b) rilevato che le censure mosse, in realtà, si appuntavano essenzialmente sulla consistenza dell’opera risultante dalla variante n.139/2009 (rilasciata il 30.11.2009) e che rispetto a quest’ultima il ricorso risultava tempestivo, essendo stato notificato il 27.1.2010;

c) rilevato la discrepanza tra la consistenza dell’opera assentita con il permesso di costruire in variante, rispetto alla consistenza dell’edificio preesistente, (il precedente fabbricato a due piani era stato sostituito da un edificio a sei piani, che supera abbondantemente in altezza tutti gli edifici circostanti);

d) affermato la ingiustificabilità “tecnica” di tale modificazione della realtà in quanto la rilevante diversità tra il corpo di fabbrica preesistente e quello in fase di costruzione, nonché l’estraneità di quest’ultimo a qualsivoglia esigenza di adeguamento ai preesistenti fili di gronda (tutti sottodimensionati rispetto al nuovo edificio che era più alto di svariati metri rispetto alle costruzioni già esistenti nel centro storico della città)escludeva la qualificabilità dell’intervento edilizio come demolizione e ricostruzione;

e) annullato quindi la variante n.139/2009 facendo presente che restava consentito, alla società odierna appellante di costruire secondo il progetto di cui al permesso di costruire n. 81/2008, stante dichiarata la tardività dell’impugnazione avverso tale atto;

f) annullato conseguentemente l’atto di revoca dell’ordine di sospensione dei lavori;

g) accolto la domanda di risarcimento anche in forma specifica mediante demolizione del fabbricato, ritenendo che ciò costituisse anche effetto conformativo della decisione;

h) respinto per carenza di prova la domanda risarcitoria per equivalente (tale capo non è stato impugnato ed è coperto dalla forza del giudicato interno).

5. La società originaria parte controinteressata ha impugnato la detta decisione criticandola sotto ogni angolo prospettico.

Ripercorso il frastagliato contenzioso e l’iter procedimentale – anche sotto il profilo cronologico – ha censurato i passaggi salienti della decisione di primo grado deducendo in particolare che:

a) gli originarii ricorrenti non avevano impugnato l’art. 19 delle n.t.a. al Pr.g, da cui discendeva la asserita ammissibilità dell’originario permesso di costruire n. 81/2008 e della variante n.139/2009 a questa accessiva: l’intero ricorso di primo grado pertanto doveva essere dichiarato inammissibile;

b) la variante la variante n.139/2009 non aveva autonomia, rispetto al permesso di costruire: essa si era resa necessaria a cagione della circostanza che durante i lavori di demolizione era stata riscontrata la presenza di un muro di contenimento: non ci si trovava al cospetto di una c.d. “variante essenziale”;

c) già con l’originario permesso di costruire n. 81/2008 era stato permesso un incremento volumetrico consistente nella sopraelevazione di un intero corpo di fabbrica per una altezza pari a mt. 18,30: era evidente che la variante non aveva, ex se considerata, apportato alcun incremento;

d) ha poi riproposto le censure già contenute nel proprio ricorso incidentale di primo grado, ed assorbite dal T.a.r. facendo presente che:

I) la nota prot. n. 33284 del 10.2.2010 era illegittima nella parte in cui, autorizzando la prosecuzione dei lavori, aveva imposto una ingiusta limitazione al titolo concessorio originario, nell’erroneo presupposto che gli odierni appellati vantassero una servitù di veduta sul fondo finitimo;

II) anche la prescrizione di cui al punto II della citata nota era illegittima laddove ridimensionava le porte-finestre originariamente assentite con il permesso di costruire.

6. In data 10.11.2011 il Comune di Reggio C si è costituito in giudizio depositando una breve memoria e chiedendo di accogliere il ricorso in appello principale e di respingere l’appello incidentale proposto dalla parte appellata, facendo presente che l’intervento realizzato era ascrivibile nel novero delle “ricostruzioni”, e pertanto non trovava applicazione l’art. 19 delle n.t.a. del p.r.g. di Reggio C

7. In data 11.11.2011 la originaria parte ricorrente ha depositato una memoria contenente un appello incidentale.

Ivi in particolare, dopo avere analiticamente ripercorso le principali tappe del risalente contenzioso (pagg. 1-11), ha chiesto di respingere il ricorso in appello principale, in quanto infondato posto che:

a) il T.a.r. aveva correttamente colto che la variante aveva dato definitivo assetto all’opera erigenda;
l’iniziale progetto prevedeva un fabbricato a due piani, mentre l’attuale manufatto aveva una consistenza di sei piani e si differenziava, per sagoma e volume, da quello demolito;

b) quanto al secondo motivo dell’appello principale, esso era infondato in quanto in sede di acquisto dell’immobile nel 1995, erano state trasferite in favore di parte appellata tutte le servitù attive e passive riferibili all’immobile.

7.1. In via incidentale:

a) ha impugnato il capo della sentenza che aveva affermato la tardività del ricorso avverso l’originario permesso di costruire n. 81/2008 (sostenendo che la impugnazione della variante dovesse estendersi al detto permesso di costruire perché la variante aveva introdotto modifiche essenziali);

b) ha conseguentemente riproposto tutti i motivi di censura contenuti nel ricorso di primo grado avverso il primo permesso di costruitrere;

c) ha contestato la statuizione di inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti proposto avverso la nota prot. n. 33284 del 10.2.2010.

8. Alla camera di consiglio del 15 novembre 2011 fissata per la delibazione della domanda di sospensione della esecutività della impugnata decisione la Sezione, con la ordinanza n. 5001/2011 ha respinto la domanda cautelare alla stregua delle seguenti considerazioni “considerato che, nei limiti della sommaria cognizione cautelare, la sentenza gravata non pare afflitta dai vizi evidenziati in appello, in relazione alla ricostruzione della situazione di fatto e della tipologia di intervento effettivamente realizzato;

considerato che il danno evidenziato appare non attuale in quanto l’eventuale demolizione dovrà essere disposta a seguito di ottemperanza alla sentenza da parte dell’amministrazione e salvi i poteri spettanti alla parte pubblica, che non vengono incisi dall’obiter dictum contenuto nella decisione gravata sulle conseguenze necessariamente derivanti dall’annullamento dei titoli abilitativi; ”.

9. In data 13.1.2012 parte appellante ha depositato una memoria puntualizzando e ribadendo le proprie tesi difensive e chiedendo che l’appello incidentale proposto dagli originarii ricorrenti di primo grado venisse dichiarato inammissibile o infondato.

10. In data 2.3.2016 parte appellante ha depositato copia conforme del permesso di costruire n. 10 rilasciato il 13 febbraio 2014.

11. In data 22.3.2016 la società appellante principale ha depositato una memoria, nell’ambito della quale ha fatto presente che:

a) il permesso di costruire n. 10 rilasciato il 13 febbraio 2014 costituiva atto confermativo (e non meramente confermativo) rispetto al provvedimento n. 139/2009 rilasciato dal Comune di Reggio C il 30.11.2009 (siccome ivi espressamente esposto) e, necessariamente, anche del permesso a costruire n. 81/2008;

b) parte appellata non aveva impugnato il detto sopravvenuto provvedimento confermativo, adottato a seguito di una nuova istruttoria, e sulla scorta delle norme sopravvenute di cui al c.d. “piano casa”;

c) era quindi cessata la materia del contendere e tale statuizione si imponeva, con conseguente riforma della sentenza impugnata nella parte in cui essa aveva annullato provvedimento n. 139/2009;

d) in via subordinata doveva affermarsi che gli immobili non si fronteggiavano affatto, e tenere conto della circostanza che il nuovo permesso di costruire era stato rilasciato sulla scorta di una normativa sopravvenuta.

12. In data 19.4.2016 il Comune di Reggio C ha depositato una ulteriore memoria ed ha chiesto di accogliere l’appello principale e di respingere l’appello incidentale evidenziando che:

a)il ricorso di primo grado era tardivo anche con riferimento alla impugnazione della variante;

b) la sentenza non aveva colto il collegamento sostanziale tra il primo titolo rilasciato (pdc n. 81/2008) e la variante del 2009: la tardività dell’impugnazione del primo titolo, impediva di considerare tempestiva l’impugnazione della variante, che comunque era infondata.

13. In data 22.4.2016 l’odierna parte appellata ha depositato una ulteriore memoria deducendo che:

a) il permesso di costruire n. 10 rilasciato il 13 febbraio 2014 era affetto dai medesimi vizi rispetto a quelli impugnati nel ricorso di primo grado;
era stato rilasciato a soggetto non più titolare dell’immobile;
aveva validità pari a 12 mesi, e non essendo iniziati i lavori nel detto termine era decaduto;

b) la società appellante aveva quindi –avendo ceduto il terreno- perduto la qualità di parte del giudizio e la legittimazione ad agire e contraddire in seno al medesimo, né la società nuova proprietaria del lotto si era costituita;

c) nel merito l’appello reiterava considerazioni infondate già disattese dal T, e doveva essere respinto.

14. Alla odierna pubblica udienza del 26 maggio 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. L’originario ricorso di primo grado e i correlati motivi aggiunti di primo grado sono divenuti improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse, dal che consegue l’improcedibilità di entrambi gli appelli proposti (principale e incidentale).

2. Come a più riprese rammentato da consolidata giurisprudenza amministrativa ( ex aliis Consiglio di Stato, Ad. plen., n. 9 del 2014) “l'azione di annullamento davanti al giudice amministrativo è soggetta, sulla falsariga del processo civile, a tre condizioni fondamentali (titolo, interesse ad agire, legittimazione attiva/passiva) che, valutate in astratto con riferimento alla causa petendi della domanda e non secundum eventum litis, devono sussistere al momento della proposizione della domanda e permanere fino al momento della decisione finale, e allo stesso principio soggiacciono i mezzi d'impugnazione” ;
laverifica del persistere di tali condizioni va svolta anche ex officio.

3. Va a tale proposito rammentato che:

a) la società appellante principale, nella memoria difensiva in ultimo depositata il 22.3.2016, come prospettato che è sopravvenuta la emissione del permesso di costruire n. 10 rilasciato il 13 febbraio 2014;

b) tutti gli argomenti “soggettivi” prospettati dalla parte originaria ricorrente a sostegno della tesi della irrilevanza di tale circostanza, e/o fondati sul soggetto latore del detto nuovo titolo abilitativo sono inaccoglibili, in quanto è incontestato che esso attenga proprio al complesso immobiliare per cui è causa (e, per quanto di seguito si dirà, gli eventuali asseriti vizii di legittimità del sopravvenuto provvedimento andrebbero fatti valere nella competente sede propria, innanzi al T) ed opera nel processo amministrativo l’ istituto di cui all’art. 111 comma 1 c.p.c. ( ex aliis di recente Consiglio i Stato, sez. VI, 28/07/2015, n. 3727);

c) sebbene la società odierna appellante sostenga che da tale emergenza processuale discenda la cessazione della materia del contendere nell’odierno giudizio, il Collegio, da un lato evidenzia la inaccoglibilità della richiesta (invero quanto alla posizione della originaria parte ricorrente in primo grado il sopravvenuto titolo abilitativo non è affatto satisfattorio), mentre dall’altro ritiene che il detto atto sopravvenuto determini la sopravvenuta carenza di interesse alla proposizione del ricorso di primo grado, e la traslazione dell’interesse di parte originaria ricorrente verso la contestazione di detto sopravvenuto titolo abilitativo (peraltro dalla stessa già impugnato in primo grado innanzi al T.a.r.);

d) è noto, allorchè la vicenda processuale risenta della successiva emissione da parte dell’Amministrazione di un nuovo atto (in ipotesi parimenti lesivo per il cittadino), che costante giurisprudenza impone che si debba fare svolgere un accertamento in ordine alla natura del medesimo;
ove infatti si accerti che si tratti di un atto amministrativo meramente confermativo del precedente, non v’è onere (né financo possibilità) di impugnazione, e l’atto medesimo non incide sull’originario interesse al ricorso e non esplica effetti estintivi sulla controversia pendente;
ove invece si tratti di un atto di conferma in senso proprio esso è autonomamente lesivo e va impugnato nei termini, in quanto produce un effetto estintivo dell’originario interesse ad impugnare il precedente provvedimento “confermato”;
il cittadino non ha infatti alcun interesse a coltivare il giudizio avverso l’atto “originario”, perché, ove non impugni l’atto di “conferma in senso proprio” rimarrà irrimediabilmente leso da quest’ultimo stante l’incontestabilità dell’assetto di interessi ivi delineato dall’Amministrazione;
per dirla in altri termini, l’interesse a contestare l’azione amministrativa si “sposta” tutto sul nuovo provvedimento;
tali approdi costituiscono jus receptum, in quanto costantemente predicati sin da tempo risalente ( ex aliis Consiglio di Stato sez. IV, 17 giugno 2003 n. 3449: “ l'omessa impugnazione dei provvedimenti successivi a quello impugnato, aventi effetti analoghi ed incidenti sulla medesima pretesa del ricorrente, determina l'improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.” ;
Consiglio di Stato sez. V, 16 ottobre 1997 n. 1137: “la omessa impugnazione dell’atto meramente confermativo non implica la sopravvenuta improcedibilità del ricorso proposto avverso il provvedimento confermato, mentre la sua impugnazione è sempre inammissibile se non è stata preceduta da quella contro l'atto confermato“ );

e) secondo consolidata giurisprudenza ( ex aliis , Consiglio di Stato sez. VI, 27 luglio 2015 n. 3667), il criterio distintivo tra atto meramente confermativo e conferma in senso proprio riposa nella sussistenza – o meno- di una nuova ponderazione ed una nuova istruttoria;
si è detto pertanto che “allo scopo di stabilire se un atto amministrativo sia meramente confermativo (e perciò non impugnabile) ovvero di conferma in senso proprio (e, quindi, autonomamente lesivo e da impugnarsi nei termini), occorre verificare se l'atto successivo sia stato adottato o meno senza una nuova istruttoria e una nuova ponderazione degli interessi. In particolare, non può considerarsi meramente confermativo rispetto ad un atto precedente l'atto la cui adozione sia stata preceduta da un riesame della situazione che aveva condotto al precedente provvedimento, giacché solo l'esperimento di un ulteriore adempimento istruttorio, sia pure mediante la rivalutazione degli interessi in gioco e un nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto che caratterizzano la fattispecie considerata, può dare luogo a un atto propriamente confermativo in grado, come tale, di dare vita ad un provvedimento diverso dal precedente e quindi suscettibile di autonoma impugnazione. Ricorre invece l'atto meramente confermativo quando l'amministrazione, a fronte di un'istanza di riesame si limita a dichiarare l'esistenza di un suo precedente provvedimento senza compiere alcuna nuova istruttoria e senza una nuova motivazione .”.

4. Facendo applicazione dei su esposti principi al caso di specie:

a) risulta per tabulas che il permesso di costruire n. 10 rilasciato il 13 febbraio 2014 è fondato su una rinnovata istruttoria, su una diversa e rinnovata ponderazione di interessi, e discende dall’applicazione di una norma di legge sopravvenuta: è quindi escluso che si possa ravvisare il paradigma dell’atto “meramente confermativo”;

b) tale nuovo titolo edilizio determina l’improcedibilità del ricorso di primo grado, ed impone alla parte originaria ricorrente di contestarlo tempestivamente (il che è peraltro già avvenuto, in quanto il difensore di parte appellata ha fatto presente che innanzi al competente T della C è stato incardinato il ricorso n. 338/2016 ): è evidente però che, ai fini del presente giudizio, il ricorso di primo grado da essa proposto non è più assistito dal alcun interesse in quanto l’assetto di interessi contenuto nei provvedimenti originariamente impugnati è stato sostituito da quello cristallizzato nel nuovo provvedimento (si veda, di recente, in fattispecie analoga caratterizzata dalla sopravvenienza di un nuovo titolo edilizio, Consiglio di Stato Sezione V, 27 maggio 2014, n. 2724);

c) la statuizione di improcedibilità non trova ostacoli neppure nella norma sancita dall’art. 34, comma 3, cod. proc. amm., non essendo stata proposta la relativa domanda di accertamento o comunque una pertinente istanza che manifesti l’interesse della parte per un tale tipo di pronuncia (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., n. 4 del 2015;
Sez. IV, 28 dicembre 2012, n. 6703, 7 novembre 2012, n. 5674 cui si rinvia a mente dell’art. 88, co. 2, lett. d), cod. proc. amm.);
peraltro la parte originaria ricorrente non ha impugnato incidentalmente la sentenza di primo grado nella parte in cui ha respinto il petitum risarcitorio per equivalente proposto in primo grado, ed il relativo capo di decisione è quindi incontestabile;

d) al riguardo va quindi rilevato che nell'odierno grado del giudizio, la originaria parte ricorrente non ha evidenziato alcun diverso e ulteriore interesse rispetto a quello attivato di natura meramente caducatoria e, tantomeno, ha avanzato una specifica ed accessiva istanza;

e) né, sotto altro profilo, la originaria parte ricorrente ha contestato con specifiche e comprovate - anche sotto il profilo tecnico - argomentazioni la circostanza evidenziata dal comune e dalla società odierna appellante per cui l’originaria concessione edilizia oggetto del contendere, non sia stata effettivamente superata dal permesso di costruire n. 10 rilasciato il 13 febbraio 2014;
titolo che, peraltro, come più volte evidenziato in precedenza, è stato fatto oggetto di ulteriore e diverso gravame e sul cui annullamento, pertanto, è venuto ad incentrarsi il concreto interesse dell'originario ricorrente;

f) in sede di nuova impugnazione di quest’ultimo, l’originaria ricorrente potrà eventualmente dedurre (oltre ai vizi “intrinseci già prospettati vittoriosamente innanzi al T in primo grado) che lo stesso sia viziato di illegittimità in quanto contrastante con una sentenza (quella del T oggetto dell’odierno giudizio), provvisoriamente esecutiva e non sospesa, ma tale vizio di legittimità dovrà essere, appunto, dedotto nella impugnazione proposta avverso il sopravvenuto provvedimento.

5. Conclusivamente, in parziale riforma della impugnata decisione deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso di primo grado ed il correlato atto di motivi aggiunti dal che consegue l’improcedibilità dell’appello principale e dell’appello incidentale.

5.1. Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis , per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663).

5.2. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

5.3. Le spese del doppio grado di giudizio devono essere integralmente compensate tra tutte le parti processuali mentre le spese del contributo unificato di ciascun grado di giudizio restano a carico delle parti che lo hanno anticipato.

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