Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2022-01-14, n. 202200255
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Pubblicato il 14/01/2022
N. 00255/2022REG.PROV.COLL.
N. 09870/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 9870 del 2020, proposto da
C s.a.s., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati Domenico D'Alessandro, C T, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
contro
Comune di Fasano, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato O C, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia- Sezione staccata di Lecce (Sezione Prima) n. 01128/2020, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Fasano;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 giugno 2021, tenuta in collegamento da remoto, il consigliere A R, udito per l’appellante, sempre in collegamento da remoto, l’avvocato Testini, preso atto del deposito delle note di passaggio in decisione, ai sensi dell’art. 4, comma 1, ultimo periodo, d. l. n. 28/2020, convertito con modificazioni dalla l. n. 70/2020, e richiamato dall’art. 25 d. l. n. 137/2020, convertito in l. 176/2020, del d.l. 183/2020, convertito in l. 21/2021, e del d.l. 44/2021, e data la presenza dell'avvocato Carparelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. L’appellante C s.a.s. è titolare di un’attività di ristorazione nella frazione di Savelletri del Comune di Fasano in locale commerciale (riportato in Catasto Fabbricati al fg. 109, p.lla 93, sub. 21), comprensivo di dehor realizzato all’esterno su area pubblica, regolarmente autorizzato dal Comune (con provvedimento SUAP n. 1/13 del 9 maggio 2013), per un periodo di cinque anni (dal 1 maggio 2013 fino al 30 aprile 2018), previa acquisizione sul progetto presentato dei pareri favorevoli di tutti gli enti competenti (in particolare, della Commissione Locale per il Paesaggio e della Soprintendenza per i Beni architettonici e Paesaggistici, oltre all’autorizzazione ex art. 55 del Codice della Navigazione della Capitaneria di Porto).
1.1. In data 16 marzo 2018, prima della scadenza del termine di validità della su indicata autorizzazione, la società ne ha domandato il rinnovo al Comune che, dopo aver intimato nelle more della definizione del procedimento la rimozione del dehor (con provvedimento sospeso con ordinanza cautelare del T.a.r. Puglia Lecce, Sez. II, n. 649/2018), ha respinto l’istanza di rinnovo, in quanto in base alla nuova normativa regolamentare per il dehor in questione sarebbe stato necessario “idoneo titolo edilizio corrispondente al permesso di costruire” (non previsto invece al tempo dell’autorizzazione dall’allora vigente Regolamento comunale per l’occupazione di suolo pubblico).
La società interessata ha quindi presentato al SUAP, in data 13 marzo 2019, istanza per la concessione del provvedimento autorizzativo unico- PAU, ai sensi dell’art. 7 del d.P.R. 160/2010;indetta la Conferenza di servizi ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241 per l’acquisizione di tutti i pareri necessari delle amministrazioni coinvolte, con determinazione n. 1022 del 31 maggio 2019 il SUAP ha comunicato alla richiedente ai sensi dell’art. 10 bis della Legge n. 241 del 1990 i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, asserendo che nonostante “ i rilievi espressi dal settore urbanistica consentano comunque il rilascio del provvedimento richiesto con condizioni e prescrizioni” , l’istante avrebbe dovuto acquisire l’autorizzazione della Soprintendenza ex art. 21 del D.Lgs. 42/2004 “ricadendo l’area di intervento in area vincolata ai sensi dell’art. 10, comma 4 lett. g) del D.Lgs. n. 42/2004” .
2. Con ricorso al Tribunale amministrativo per la Puglia Sezione staccata di Lecce la C s.a.s. ha impugnato, oltre alla su indicata determinazione SUAP n. 1022/2019, anche: a) il provvedimento del Comune prot. n. 846 del 8.1.2020 con il quale si comunicava alla detta società che fino all'ottenimento del PAU non vi era titolo per l'occupazione di suolo pubblico con dehors , diffidandola dall'esercizio dell'attività attraverso dehors eventualmente esistenti e ordinandone la rimozione entro 30 giorni; b) il provvedimento del SUAP del Comune, prot. n. 4122 del 28.1.2020, di rigetto delle osservazioni presentate dalla ricorrente in data 12 gennaio 2020; c) la comunicazione dell’8 gennaio 2020, prot. n. 959, inoltrata dal SUAP alla Soprintendenza archeologia Belle Arti e Paesaggio della Provincia di Brindisi Lecce e Taranto con cui si sollecita la richiesta di parere del 14.6.2019 e altresì si comunica che in mancanza di riscontro da parte della Soprintendenza si rigetterà la richiesta di P.A.U. presentata dalla C s.a.s.; d) ogni altro provvedimento presupposto, connesso e consequenziale, ivi inclusa la comunicazione di avvio del procedimento prot. n. 26913 del 19.6.2018.
2.1. Con ordinanza cautelare n. 112/2020 il T.a.r. ha accolto l’istanza di sospensiva dei provvedimenti impugnati, sussistendone i presupposti di fumus e periculum in mora .
3. Il giudizio di primo grado è stato definito dalla sentenza in epigrafe con cui l’adito Tribunale amministrativo ha respinto il ricorso per la ritenuta infondatezza di tutte le censure.
4. La ricorrente di primo grado ha proposto appello contro la sentenza, chiedendone la riforma per i seguenti motivi: “1) Violazione dell’art. 112 c.p.c. Omessa valutazione del ricorso di primo grado. 2) Violazione dell’art. 17 bis Legge n. 241/1990- Violazione e falsa applicazione degli artt. 21, 22 e 25 D.Lgs. 42/2004- Eccesso di potere- erroneità dei presupposti- difetto di istruttoria;3) Violazione dell’art. 15 del nuovo regolamento comunale per l’installazione dei dehors” .
4.1. Con ordinanza cautelare n. 341 del 29 gennaio 2021 la Sezione ha accolto l’istanza di sospensione di esecutività della sentenza appellata ravvisando la sussistenza sia del fumus boni iuris sia del periculum in mora .
4.2. In vista dell’udienza di discussione le parti hanno ulteriormente illustrato le rispettive tesi difensive previo scambio di memorie e repliche.
4.3. In particolare, l’appellante nella propria memoria conclusionale, evidenziato che il Comune ha nelle more del presente giudizio adottato il provvedimento definitivo di diniego dell’istanza di PAU (con determinazione SUAP n. 404/2021 del 25 febbraio 2021, in applicazione delle statuizioni della sentenza di primo grado, anch’esso impugnato innanzi allo stesso T.a.r. con ricorso iscritto al n. R.G. n. 707/2021), ha comunque ribadito il proprio permanente interesse alla decisione dell’odierno appello, graduandone quindi i motivi di gravame ivi proposti nel seguente ordine: “1) Violazione dell’art. 17 bis Legge n. 241/1990- Violazione e falsa applicazione degli artt. 21, 22 e 25 D.Lgs. 42/2004- Eccesso di potere- erroneità dei presupposti- difetto di istruttoria;2) Violazione dell’art. 112 c.p.c. Omessa valutazione del secondo motivo del ricorso di primo grado;3) Violazione dell’art. 15 del nuovo regolamento comunale per l’installazione dei dehors”.
4.4. All’udienza del 17 giugno 2021, tenuta in collegamento da remoto, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
5. La sentenza in epigrafe qui appellata, richiamati i principi affermati dalla giurisprudenza (di cui alla decisione di Cons. Stato, sez. VI, n. 1540/2012), ha respinto il ricorso della società C s.a.s. sul duplice assunto secondo cui, per un verso, la richiesta del titolo edilizio è stata avviata successivamente alla scadenza dell’originaria occupazione e allo stato l’occupazione sarebbe dunque abusiva per carenza del necessario titolo edilizio, e per altro verso non opererebbe nella specie il meccanismo del silenzio-assenso e sarebbe necessario che la Soprintendenza rilasci un parere espresso, non trovando qui applicazione l’art. 17 bis della legge 241/1990, ma, in forza del principio di specialità, l’art. 25 del d.lgs n. 42/2004.
6. L’appello contesta puntualmente entrambe le argomentazioni poste a fondamento del rigetto del ricorso, lamentando in estrema sintesi che il primo giudice avrebbe omesso, in aperta violazione dell’art. 112 c.p.c., di pronunziarsi sul secondo motivo di ricorso con cui si era dedotta l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione dell’art. 15 del Regolamento Comunale per l’occupazione di suolo pubblico (quanto in particolare al regime transitorio previsto dal secondo comma della norma citata per l’adeguamento dei dehors alle previsioni regolamentari sopravvenute) e, inoltre, che la sentenza sarebbe erronea per aver ritenuto che l’autorizzazione all’esecuzione di interventi su beni culturali debba essere resa sempre con provvedimento espresso anche in caso di conferenza di servizi ex art. 25 del D.Lgs. n. 42 del 2004 e quest’ultima sia pertanto esclusa dalla formazione del silenzio-assenso previsto dall’art. 17 bis della legge n. 241/1990.
7. L’appello è fondato.
8. Va anzitutto in punto di fatto rilevato che, nelle more del procedimento per il rilascio del PAU (provvedimento autorizzativo unico), avviato su istanza della società interessata dal marzo 2019, e pendente il termine per l’adeguamento alle prescrizioni del nuovo Regolamento comunale (previsto dal regime transitorio di cui all’art. 15, comma 2), il Comune ha adottato i provvedimenti impugnati che imponevano tra l’altro la rimozione del dehor autorizzato, nonché, nelle more del presente giudizio di appello, il successivo provvedimento di diniego definitivo del PAU (anch’esso impugnato con autonomo ricorso), che si fonda in sostanza unicamente sul rilievo (fatto proprio anche dalla sentenza impugnata) secondo cui, non avendo la Soprintendenza reso il parere espresso di propria competenza per l’esecuzione di interventi su beni culturali, non si applichi qui il meccanismo del silenzio assenso e il parere in parola debba intendersi come non acquisito.
8.1. Va poi anche evidenziato, sempre in punto di fatto, che il SUAP del Comune di Fasano, con pec del 14 giugno 2019, richiese il parere della competente Soprintendenza sospendendo il provvedimento per 180 giorni e che, con successiva nota 846 dell’8 gennaio 2020, inoltrò anche una nota di sollecito per il detto parere alla stessa Soprintendenza, diffidando tuttavia contestualmente la società dall’esercizio dell’attività attraverso dehors eventualmente esistenti in quanto da ritenersi privi di autorizzazione all’occupazione di suolo pubblico e quindi abusivi (reiterando in seguito la richiesta di rimozione della struttura con nota del 28 gennaio 2020). Inoltre, alla data di adozione dei provvedimenti impugnati era in effetti ancora pendente il termine di adeguamento (un anno, entro il 23 giugno 2020) delle strutture esistenti al nuovo Regolamento comunale sui dehors .
8.2. Orbene, tanto premesso, le tesi del Comune, di cui sono espressione i provvedimenti impugnati, non sono ad avviso del Collegio condivisibili.
8.3. È infatti anzitutto suscettibile di favorevole considerazione il secondo motivo (primo nella successiva graduazione indicata dall’appellante nella memoria conclusionale del 17 maggio 2021).
Giova richiamare al riguardo i principi affermati da questo Consiglio di Stato (nella recente decisione della VI Sezione, 14 luglio 2020, n. 4559), che il Collegio condivide e dai quali non si intravede qui ragione alcuna per discostarsi, secondo cui “La formulazione testuale del comma 3 dell’art. 17- bis l. n. 241 del 1990 consente di accogliere la tesi favorevole all’applicabilità del meccanismo di semplificazione anche ai procedimenti di competenza di Amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili, ivi compresi i beni culturali e la salute dei cittadini. Sul punto la formulazione letterale del comma 3 è chiara e non lascia spazio a dubbi interpretativi: le Amministrazioni preposte alla tutela degli interessi sensibili beneficiano di un termine diverso (quello previsto dalla normativa di settore o, in mancanza, del termine di novanta giorni), scaduto il quale sono, tuttavia, sottoposte alla regola generale del silenzio assenso”.
8.4. I su riportati principi sono pienamente applicabili alla presente fattispecie.
8.5. Alla luce delle sopra indicate coordinate ermeneutiche, non sono pertanto condivisibili le statuizioni della sentenza di primo grado secondo cui il combinato disposto degli artt. 22 e 25 del D.Lgs. n. 42/2004 impone che il parere della Soprintendenza all’esecuzione di interventi su beni paesaggistici “debba necessariamente esprimersi mediante un provvedimento espresso” , escludendo pertanto la fattispecie dal meccanismo del silenzio-assenso previsto dall’art. 17 bis della legge n. 241/1990: ciò in quanto, il privato ai sensi dell’art. 22, comma 4, del citato decreto, nel caso in cui la Soprintendenza non renda il parere di propria competenza nel termine di 120 giorni dalla richiesta dell’interessato, può agire in giudizio con il ricorso avverso il silenzio, il che non consentirebbe, sempre ad avviso del primo giudice, l’operatività del meccanismo del silenzio assenso.
8.6. In primo luogo, deve rammentarsi che l’art. 17 bis della Legge n. 241 del 1990:
- prevede testualmente (al comma 1) che “Nei casi in cui è prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici, per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche, le amministrazioni o i gestori competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta entro trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento, corredato della relativa documentazione da parte dell’amministrazione procedente” ;
- aggiunge, al comma 2, che “Decorsi i termini di cui al comma 1 senza che sia stato comunicato l’assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito” ;
- precisa, al comma 3, che: “Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai casi in cui è prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico- territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza delle amministrazioni pubbliche” , specificando altresì (al secondo periodo dello stesso comma) che “In tali casi, ove disposizioni di legge o i provvedimenti di cui all’articolo 2 non prevedano un termine diverso, il termine entro il quale le amministrazioni competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta è di novanta giorni dal ricevimento della richiesta da parte dell’amministrazione procedente” e che anche in tal caso “Decorsi i suddetti termini senza che sia stato comunicato l’assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito” .
Inoltre, rilevano ai fini della decisione dell’odierno appello le seguenti previsioni normative del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 ( Codice dei beni culturali e del paesaggio ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137 ): a) l’art. 21, comma 4 (a mente del quale l’esecuzione di interventi edili su beni culturali e paesaggistici è subordinata all’autorizzazione del Soprintendente); b) l’art. 22, comma 4, in base al quale il privato può diffidare la Soprintendenza a rendere l’autorizzazione e, decorsi trenta giorni, agire verso il silenzio inadempimento; c) l’art. 22, comma 1, che, a chiarimento dell’ambito di applicazione della norma, espressamente prevede che “Fuori dei casi previsti dagli articoli 25 e 26, l’autorizzazione prevista dall’articolo 21, comma 4, relativa ad interventi in materia di edilizia pubblica e privata è rilasciata entro il termine di centoventi giorni dalla ricezione della richiesta da parte della Soprintendenza” ; d) l’art. 25, recante la disciplina delle conferenze di servizi, inclusa la partecipazione alle stesse della Soprintendenza.
8.7. Sulla base della richiamata disciplina normativa, deve allora rilevarsi come, da un lato, in base al citato art. 17 bis , nell’ambito delle conferenze di servizi, gli assensi e nulla osta delle Amministrazioni preposte alla tutela dei beni culturali e paesaggistici si intendono acquisiti favorevolmente decorsi novanta giorni dalla richiesta del parere;dall’altro gli artt. 22 e 25 del D.Lgs. n. 42 del 2004 non si applicano cumulativamente in combinato disposto, la prima norma escludendo anzi espressamente che il procedimento ivi disciplinato (diffida del privato e ricorso avverso il silenzio inadempimento) possa essere applicato agli atti di assenso resi nelle conferenze di servizi.
La disciplina normativa su indicata distingue infatti le diverse (e alternative) fattispecie: a) quella relativa al procedimento in caso di richiesta di autorizzazione di interventi su beni culturali e paesaggistici su richiesta dell’interessato, in cui quest’ultimo può agire in giudizio con il ricorso contro il silenzio inadempimento qualora la Soprintendenza non renda il dovuto parere nel termine di 120 giorni dall’istanza; b) quella di cui al diverso procedimento in sede di conferenza di servizi ( “Fuori dei casi previsti dall’articolo 25 e 26” ) nella quale i pareri delle Amministrazioni preposte alla tutela dei beni si intendono acquisiti favorevolmente decorsi 90 giorni dalla richiesta in applicazione dell’art. 17 bis della legge 241 del 1990.
Invero, la diversa interpretazione delle norme procedimentali fornita dall’appellata sentenza (anche sulla base di un richiamo al citato precedente giurisprudenziale anteriore all’inserimento della norma di cui all’art. 17 bis della legge n. 241 del 1990) comporterebbe che, per un verso, l’inerzia dell’Amministrazione, in caso di silenzio della Soprintendenza in sede di competenza di servizi, si volgerebbe inesorabilmente in danno del privato (dovendo essa condurre, sempre e necessariamente, ad un diniego dell’istanza ovvero ad una sospensione sine die del procedimento amministrativo avviato);dall’altro si pone in aperto contrasto con il dato letterale della norma di cui all’art. 17 bis della legge n. 241 del 1990 sulla formazione del silenzio assenso, che non troverebbe così mai applicazione nell’ambito delle conferenze di servizi relative agli interventi sui beni disciplinati dal d.lgs. 42/20004, dovendo viceversa il privato anche in questa ipotesi sempre impugnare il silenzio-inadempimento.
Al contrario, nella seconda fattispecie su indicata (dell’assenso richiesto nell’ambito delle conferenze di servizi per interventi edilizi su beni culturali e paesaggistici) è sempre applicabile l’art. 17 bis della Legge n. 241/1990, che disciplina il generale meccanismo di formazione del silenzio assenso nell’ottica della semplificazione procedimentale.
Il dato normativo cosi ricostruito, per la sua chiarezza, non consente invece di ricavare, come fatto dall’appellata sentenza, dal mero riferimento contenuto nell’art. 25 del d.lgs. 42/2004 ad una dichiarazione motivata l’inapplicabilità alla fattispecie della generale norma procedimentale sulla formazione del silenzio - assenso e la necessità che il procedimento si concluda sempre con un provvedimento espresso dell’Amministrazione preposta alla tutela del bene, dando al privato la sola possibilità di impugnarne il silenzio- inadempimento.
8.8. Anche le doglianze articolate con il primo (secondo nella successiva graduazione dell’ordine indicata dall’appellante) e terzo motivo, che per la loro connessione possono essere trattati congiuntamente, meritano accoglimento.
Invero, la sentenza impugnata, limitandosi a richiamare incidentalmente la diversa questione della conformità del dehor alle prescrizioni di cui al nuovo Regolamento comunale per escluderne soltanto la rilevanza ai fini della decisione, ha omesso di pronunciarsi sulle censure articolate col secondo motivo di ricorso (con cui si lamentava invece la violazione ad opera dei provvedimenti impugnati dell’art. 15 del nuovo Regolamento comunale per l’occupazione di suolo pubblico recante la disciplina transitoria di adeguamento dei dehors esistenti), che sono anch’esse fondate.
8.9. Infatti, poiché l’art. 15 del citato Regolamento comunale, nel disciplinare il regime transitorio consentiva entro un determinato termine l’adeguamento dei dehors alle previsioni regolamentari sopravvenute (stabilendo espressamente che “I dehors esistenti autorizzati prima dell’emanazione del presente Regolamento dovranno essere adeguati alle presenti disposizioni alla scadenza delle autorizzazioni e/o concessioni di occupazione del suolo pubblico e in ogni caso, entro un anno dall’entrata in vigore del presente regolamento” ) e alla data di adozione del provvedimento impugnato (l’8 gennaio 2020) il detto termine di adeguamento (scadente il 23 giugno 2020) non era ancora decorso, risultava illegittimo e non ragionevole un provvedimento di rimozione del dehor , che non poteva considerarsi abusivo in quanto realizzato in virtù di una precedente valida autorizzazione (rilasciata in base alle previsioni regolamentari del tempo che non richiedevano il permesso di costruire per tali occupazioni), della quale, prima della scadenza temporale (il 30 aprile 2018), la società titolare aveva tempestivamente chiesto il rinnovo.
9. In conclusione l’appello va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere accolto il ricorso di primo grado a ciò conseguendo l’annullamento dei provvedimenti con esso impugnati.
Sussistono giusti motivi per la novità delle questioni decise per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.