Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2024-07-02, n. 202405857
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Testo completo
Pubblicato il 02/07/2024
N. 05857/2024REG.PROV.COLL.
N. 08383/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8383 del 2023, proposto da G R, D B, rappresentate e difese dagli avvocati R C, G A D M, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Vicenza, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati L C, F L, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;
S D L, rappresentata e difesa dagli avvocati E B, E B, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;
per la revocazione
della sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV n. 7277/2023.
Visti il ricorso per revocazione e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Vicenza e di S D L;
Visti gli artt. 35, comma 1, 38 e 85, comma 9, cod. proc. amm.;
Visto l’art. 106 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 marzo 2024 il consigliere P M e uditi per le parti gli avvocati, come da verbale;
Viste le conclusioni delle parti.
FATTO e DIRITTO
1. Le signore G R e D B, avvalendosi della normativa di cui alla legge regionale 8 luglio 2009 n. 14 sul c.d. “piano casa”, hanno presentato una DIA per la realizzazione di una nuova costruzione ad un piano addossata alla parte della parete condominiale contigua all’unità abitativa delle richiedenti, da adibire ad autorimessa (il piano terra) e a studio (il primo piano), quest’ultimo sovrastato da una terrazza accessibile da una scala esterna, sulla quale era prevista la collocazione di pannelli solari.
1.1. Con il ricorso in esame hanno chiesto la revocazione avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale questa Sezione ha respinto l’appello principale proposto dalle odierne ricorrenti per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto (sezione seconda) n. 323/2020, respingendo nel contempo anche gli appelli incidentali proposti dal Comune di Vicenza e dalla signora D L S.
1.2. Con la sentenza n. 323/2020, il T.a.r. per il Veneto, previa loro riunione, si era pronunciato su tre differenti ricorsi proposti dalle signore R G e B D (R.G. n. 1107/2018;n. 92/2019;269/2017), respingendo il ricorso n. 269/2017 e accogliendo i ricorsi n. 1107/2018 e n. 92/2018 (con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati).
1.2.1. Con il ricorso R.G. n. 1107/2018 era stato impugnato il provvedimento del 24 settembre 2018 del Direttore dello Sportello Unico, Settore Edilizia Privata Attività Produttive e Commercio del Comune di Vicenza, avente ad oggetto: “ Ordinanza di sgombero su immobile sito in Strada di Casale 240 di proprietà della ricorrente, catastalmente censito al foglio 20, mappale 145, per la parte di ampliamento relativa al garage al piano terra ed ai locali adibiti a studiolo e libreria ”.
1.2.2. Con il ricorso R.G. n. 92/2019, era stato impugnato il provvedimento del 26 novembre 2018 del Direttore dello Sportello Unico, Settore Edilizia Privata Attività Produttive e Commercio del Comune di Vicenza, avente ad oggetto: “ Ordinanza di demolizione immobile sito in Strada Casale n. 240 catastalmente censito al foglio 20, mappale 145, per la parte di ampliamento relativa al garage al piano terra ed ai locali adibiti a studiolo e libreria – Sig.ra R G ”.
1.2.3. Con il ricorso n. 269/2017 era stato impugnato il provvedimento del 10 gennaio 2017, a firma del Direttore dello Sportello Unico, Settore Edilizia Privata Attività Produttive e Commercio del Comune di Vicenza, avente ad oggetto: “ Annullamento in autotutela della Denuncia di inizio Attività NUT 0448/15 – P.G. n. 19895/15 e successive istanze – Proprietà R G ”.
1.3. In particolare, nel ricorso R.G. n. 269/2019 (come integrato dai motivi aggiunti), le signore R G e B D avevano censurato il provvedimento con il quale il Comune di Vicenza aveva annullato in autotutela la denuncia di inizio attività presentata dalle ricorrenti, formulando tre specifiche censure in sede di ricorso introduttivo del giudizio (e due censure in sede di motivi aggiunti).
1.3.1. Il giudice di primo grado ha respinto il ricorso di primo grado, evidenziando che il provvedimento adottato in autotutela dalla amministrazione comunale si fondava su due autonome motivazioni:
a) la violazione della disciplina recata dallo strumento urbanistico sulle distanze dai confini, ritenuta non derogabile per effetto della l.r. 14/2009 e come conseguenza del decisum di cui alla sentenza n. 1128/2016 del T.a.r. per il Veneto, sezione II^;
b) la carenza di legittimazione in capo alle signore R e B all’esecuzione di opere sul muro condominiale, in mancanza dell’assenso della controinteressata (signora D L S).
1.3.2. Il primo motivo di ricorso era vòlto a contestare l’interpretazione delle disposizioni di cui agli articoli 2 e 9 della legge regionale del Veneto n. 14/2009 (c.d. legge sul Piano casa), anche alla luce della entrata in vigore – sopravvenuta rispetto alla pubblicazione della sentenza del T.a.r. per il Venero n. 1128/2016 – della norma di interpretazione autentica di cui all’art. 64 della legge regionale del Veneto n. 30/2016.
Il giudice di primo grado - dopo aver dato atto che su tale norma regionale pendeva il giudizio di legittimità costituzionale, sollevato dal medesimo T.a.r. con ordinanza collegiale n. 1166/2018 del 12 dicembre 2018 - ha ritenuto di non dover scrutinare (e, quindi, ha assorbito tale motivo, poi riproposto in sede di appello), reputando infondate le diverse e ulteriori censure sollevate (con il secondo motivo del ricorso principale e del ricorso per motivi aggiunti) sull’altra motivazione posta a fondamento del provvedimento di autotutela (i.e. l’assenza di legittimazione delle ricorrenti all’esecuzione di opere sul muro condominiale in assenza del consenso della signora D L S).
1.3.3. Il giudice di primo grado ha respinto anche il terzo motivo del ricorso introduttivo del giudizio, con cui le ricorrenti avevano lamentato la violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990 e dell’art. 21 - nonies l. 241/1990 sotto diversi profili.
1.3.4. In conclusione, con la sentenza n. 323/2020, il T.a.r. per il Veneto ha integralmente respinto il ricorso di primo grado R.G. n. 269/2017, mentre ha accolto i ricorsi R.G. n. 1107/2018 e 92/2018 (sopra richiamati).
1.4. La sentenza del T.a.r. Veneto n. 323/2020 è stata impugnata, in via principale, dalle signore R G e B D (per la parte di interesse) e in via incidentale (con autonome impugnative) dal Comune di Vicenza e dalla signora D L S.
1.5. Questa Sezione, con sentenza n. 7277/2023, ha respinto tutti gli appelli, principale e incidentali, come sopra richiamati;in particolare, ha confermato il rigetto del ricorso R.G. n. 269/2017 proposto davanti al T.a.r. per il Veneto, sul rilievo della infondatezza del secondo motivo e del terzo motivo, dedotti in primo grado dalle signore R a B, ritenendo che non vi fosse stata alcuna violazione dell’art. 21 - nonies l. 241/90 (dedotta con il terzo motivo) e che l’intervento edilizio proposto dalle ricorrenti richiedeva il consenso della sig.ra D L S (come ritenuto dal provvedimento comunale impugnato e contrariamente a quanto dedotto nel secondo motivo).
1.6. Con il ricorso in esame, le signore R G e B D chiedono la revocazione della sentenza n. 7277/2023.
1.7. Sulla base di un articolato ragionamento, le odierne ricorrenti evidenziano il loro interesse al giudizio di revocazione, facendo rilevare che l’eventuale accoglimento del previo ricorso per revocazione avverso la sentenza del Consiglio di Stato n. 7275/2023, con la riforma integrale della sentenza n. 1128/2016 del T.a.r. per il Veneto, sezione II^, determinerebbe;
a) la necessità di conferma, in sede di revocazione, della sentenza n. 323/2023, ma con una diversa motivazione con riferimento al primo motivo di appello (che coincide con il secondo motivo del ricorso introduttivo di primo grado e dei motivi aggiunti);
b) ovvero (nella ipotesi auspicata dalle ricorrenti) l’accertamento della insussistenza dell’obbligo delle odierne ricorrenti di dover richiedere e ottenere il consenso da parte della signora D L S per la realizzazione dell’intervento edilizio proposto, con conseguente integrale riforma della sentenza del T.a.r. per il Veneto, n. 323/2020 (in relazione ai capi di sentenza contestati) e accoglimento del ricorso di primo grado (R.G. n. 269/2017).
1.8. Fatta questa premessa, in termini di interesse, evidenziano che il capo di sentenza oggetto di revocazione è il seguente:
“ 8.4 Ciò posto, va invece confermata la reiezione del secondo motivo articolato in primo grado. L’intervento in progetto, sia pure per una parte limitata, ha infatti comportato l’appropriazione di una parete comune, inibendone l’uso agli altri condomini. In tal senso il primo giudice ha correttamente sottolineato che l’intervento esula da quelle fattispecie enucleate dalla giurisprudenza nelle quali si ritiene possibile per il singolo condomino apportare modificazioni senza necessità del consenso degli altri partecipanti alla comunione. In quei casi si tratta di interventi volti a trarre dal bene comune una particolare utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condomini, e si ammette anche l’installazione sul muro di elementi ad esso estranei posti al servizio esclusivo di una singola unità immobiliare, ma alla duplice condizione che non venga precluso agli altri condomini l’uso del muro comune e non si alteri la normale destinazione con interventi di eccessiva vastità. Nella fattispecie, al contrario, la parete condominiale viene inglobata nella nuova costruzione con la stabile modificazione del prospetto della facciata condominiale. Per potere realizzare l’intervento di cui trattasi era quindi necessario l’assenso della signora D L. Va soggiunto che la legge regionale sul Piano casa consente di derogare ai regolamenti locali nella parte in cui gli stessi costituiscono espressione dell’esercizio dei poteri amministrativi in materia di governo del territorio, ma non già nella parte in cui gli stessi si limitano a riprodurre od applicare norme civilistiche che regolano i rapporti intersoggettivi. In tal senso, depongono i precedenti giurisprudenziali puntualmente citati dalla controinteressata, secondo cui, a norma dell'articolo 1102, comma 1, c.c., applicabile al condominio negli edifici in virtù del rinvio operato dall’art. 1139 c.c., ciascun condomino può apportare a sue spese le “modificazioni” necessarie per il migliore godimento delle cose comuni, sempre che osservi il duplice limite di non alterare la destinazione e di non impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso, secondo il loro diritto. Entro questi limiti, perciò, senza bisogno del consenso degli altri partecipanti, ciascun condomino può servirsi altresì dei muri perimetrali comuni dell'edificio e appoggiarvi tubi, fili, condutture, targhe, tende e altri manufatti analoghi. Alle “modificazioni” consentite al singolo si applica altresì il divieto di alterare il decoro architettonico del fabbricato, statuito espressamente dall’art. 1120 c.c. in tema di innovazioni (Cass. civ., sez. II, 13 novembre 2020, n. 25790;cfr. anche Cass. civ., sez. II, 18 luglio 2022, n. 22541) ”.
1.9. Le odierne ricorrenti sostengono che la sentenza di questa Sezione n. 7277/2023 si fondi su errori di percezione del fatto, sussumibili nel vizio revocatorio di cui all’articolo 106 c.p.a. e di cui all’articolo 395, n. 4) c.p.c.
Dopo una breve premessa sull’istituto della revocazione, le odierne ricorrenti fanno rilevare che il “tema” essenziale dell’intero contenzioso concerne la necessità o meno per le signore R e B di richiedere ed ottenere il consenso della Sig.ra D L al fine di eseguire l’intervento edilizio di cui sopra.
Le ricorrenti ritengono che questo consenso non fosse necessario, in quanto:
a) l’intervento edilizio in questione aggetta sulla porzione di muro condominiale che delimita le unità abitative di proprietà delle signore R e B;
b) la signora D L non ha diritto di raggiungere tale parte del fabbricato condominiale;
c) l’intervento impegna una parte modesta di muro condominiale (meno del 3% della superficie complessiva dell’intero muro perimetrale dell’edificio);
d) l’intervento edilizio non è qualificabile giuridicamente come una innovazione (non consentita dall’articolo 1120, ultimo comma, del codice civile);
f) per il principio del “pari uso”, la signora D L può fare altrettanto sulla parte di muro condominiale che delimita la sua proprietà.
1.10. Dopo aver richiamato copiosa giurisprudenza relativa alla interpretazione dell’art. 1102 c.c., le ricorrenti evidenziano che “ Il muro perimetrale non è stato alterato nella propria funzione;esso è e rimane muro con la sua specifica funzione di impedire l’ingresso agli agenti atmosferici esterni….. Nella concreta fattispecie, peraltro, la Sig.ra D L mai avrebbe e mai potrà utilizzare il muro perimetrale che aggetta sullo scoperto (sud) di proprietà ESCLUSIVA delle Sig.re R e B;infatti, in relazione a tale scoperto la Sig.ra D L non ha alcun diritto di accesso, ad esempio, tramite servitù…… Quindi, nella fattispecie concreta, il principio del “pari uso” deve essere inteso nel preciso significato che la Sig.ra D L può eseguire un ampliamento dell’immobile di proprietà, e quindi fare altrettanto rispetto a quanto fatto dalle Signore R e B, però nella porzione di muro perimetrale che aggetta sulla sua esclusiva proprietà (ossia sul Mappale n. 147 N.C.T. Comune di Vicenza – scoperto nord). Là dove le Signore R e B non possono, a loro volta, accedere ”.
Le ricorrenti evidenziano inoltre: “ La sentenza impugnata per revocazione si contraddice, peraltro, su altro punto decisivo e rilevante. Essa riconosce, al punto 8.4), la modestia dell’intervento – che, infatti, come ha sostenuto e anche comprovato lo scrivente patrocinio difensivo impegna una parte modestissima di muro ossia meno del 3% della superficie complessiva dell’intero muro perimetrale dell’edificio – ma applica il divieto “….di alterare il decoro architettonico del fabbricato, statuito espressamente dall’art. 1120 c.c. in tema di innovazioni ”.
1.11. A giudizio delle ricorrenti, la non esatta percezione della realtà fattuale avrebbe indotto questo Consiglio ad operare una qualificazione giuridica errata. Infatti, se l’intervento è modesto (come sostenuto in sentenza), esso non potrebbe essere qualificato come “innovazione”, non consentita dall’articolo 1120, ultimo comma, del codice civile.
Nel caso di specie non si potrebbe parlare nemmeno di attrazione o usurpazione di spazi o vani condominiali, in quanto alcun ambiente condominiale (ballatoio, vano scale, andito, sottotetto etc.) sarebbe stato attratto nella esclusiva disponibilità delle ricorrenti.
Richiamano alcune pronunce giurisprudenziali in materia di alterazione del decoro estetico degli edifici, per escluderne nel caso di specie la sussistenza, concludendo nel senso di ritenere che esse non avevano giuridicamente necessità di richiedere e di ottenere il consenso alla signora S D L, la quale, per il principio del pari uso, estensivamente applicato e considerata la particolare divisione dell’immobile in oggetto, potrebbe con le stesse modalità e secondo i propri diritti utilizzare il medesimo bene comune (muro perimetrale) in pari o maggiore porzione, aggettante sui beni di sua proprietà.
1.12. L’errata percezione della realtà effettiva avrebbe indotto in errore l’organo giudicante, facendolo pervenire a conclusioni sfavorevoli alle odierne ricorrenti, mentre il corretto inquadramento della fattispecie concreta avrebbe portato a ritenere che il consenso della condomina (ossia, della signora D L S) non fosse necessario;conseguentemente il ricorso in appello avrebbe dovuto essere accolto, con conseguente riforma ( in parte qua ) della sentenza del T.a.r. per il Veneto, sezione II^, n. 323/2020.
2. Si è costituita in giudizio la signora D L S, eccependo, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso per revocazione.
2.1. A tale riguardo, evidenzia che tutta l’esposizione delle ricorrenti è diretta a dimostrare che il consenso della deducente non sarebbe stato necessario, in base ad un “migliore” apprezzamento del materiale istruttorio.
Evidenzia che, in realtà, il ricorso per revocazione non individua alcun errore revocatorio nella sentenza del Consiglio di Stato e che detta sentenza è immune anche da vizi giuridici, ancorché non invocabili in questa sede.
2.2. In punto di fatto, fa rilevare che, per effetto dell’intervento edilizio proposto dalle ricorrenti, la parete condominiale viene inglobata nella nuova costruzione con la stabile modificazione del prospetto della facciata condominiale;tale circostanza sarebbe rilevabile della documentazione in atti e segnatamente dalle tavole di progetto della d.i.a. depositate (quali docc. 1 e 1 bis) con l’atto di appello delle ricorrenti.
Fa rilevare inoltre che sarebbe del tutto irrilevante che le due unità abitative messe in collegamento tra i due fabbricati appartengano entrambe alla proprietà esclusiva delle dirette interessate.
3. Si è costituito in giudizio anche il Comune di Vicenza, chiedendo la declaratoria di inammissibilità o il rigetto del ricorso per revocazione.
4. Con memorie difensive e di replica le parti costituite hanno avuto modo di rappresentare compiutamente le rispettive tesi difensive.
5. All’udienza pubblica del 7 marzo 2024 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
6. Il ricorso per revocazione è inammissibile.
6.1. Secondo principi giurisprudenziali consolidati, ribaditi di recente anche da questa Sezione (sentenza 7 dicembre 2022 n. 10712), l’errore di fatto - che consente di rimettere in discussione il decisum del giudice con il rimedio straordinario del ricorso per revocazione - è solo quello che non coinvolge l’attività valutativa dell'organo decidente, ma tende ad eliminare l’ostacolo materiale frapposto fra la realtà del processo e la percezione che di questa abbia avuto il giudice, in quanto promanante, l’ostacolo, da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto materiale degli atti del giudizio, sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza per revocazione abbia pronunciato;il giudizio revocatorio, invero, in quanto rimedio dal carattere eccezionale, non può mai trasformarsi in un ulteriore grado di giudizio.
6.2. La questione dedotta in giudizio, decisa con la sentenza di cui si chiede la revocazione, concerne la possibilità da parte di due condomine (le signore R e B) di realizzare un intervento edilizio comportante l’inglobamento di una parte del muro condominiale per la realizzazione di un nuovo corpo di fabbrica (piano terra e primo piano), da adibire ad autorimessa (piano terra) e a studio (primo piano), senza il consenso dell’altra condomina (signora D L).
6.3. Il Consiglio di Stato con la sentenza oggetto di ricorso per revocazione ha respinto l’appello proposto dalle signore R – B con la seguente motivazione:
“ 8.4. Ciò posto, va invece confermata la reiezione del secondo motivo articolato in primo grado. L’intervento in progetto, sia pure per una parte limitata, ha infatti comportato l’appropriazione di una parete comune, inibendone l’uso agli altri condomini. In tal senso il primo giudice ha correttamente sottolineato che l’intervento esula da quelle fattispecie enucleate dalla giurisprudenza nelle quali si ritiene possibile per il singolo condomino apportare modificazioni senza necessità del consenso degli altri partecipanti alla comunione. In quei casi si tratta di interventi volti a trarre dal bene comune una particolare utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condomini, e si ammette anche l’installazione sul muro di elementi ad esso estranei posti al servizio esclusivo di una singola unità immobiliare, ma alla duplice condizione che non venga precluso agli altri condomini l’uso del muro comune e non si alteri la normale destinazione con interventi di eccessiva vastità.
Nella fattispecie, al contrario, la parete condominiale viene inglobata nella nuova costruzione con la stabile modificazione del prospetto della facciata condominiale.
Per potere realizzare l’intervento di cui trattasi era quindi necessario l’assenso della signora D L. Va soggiunto che la legge regionale sul Piano casa consente di derogare ai regolamenti locali nella parte in cui gli stessi costituiscono espressione dell’esercizio dei poteri amministrativi in materia di governo del territorio, ma non già nella parte in cui gli stessi si limitano a riprodurre od applicare norme civilistiche che regolano i rapporti intersoggettivi. In tal senso, depongono anche i precedenti giurisprudenziali puntualmente citati dalla controinteressata, secondo cui, a norma dell'articolo 1102, comma 1, c.c., applicabile al condominio negli edifici in virtù del rinvio operato dall’art. 1139 c.c., ciascun condomino può apportare a sue spese le “modificazioni” necessarie per il migliore godimento delle cose comuni, sempre che osservi il duplice limite di non alterare la destinazione e di non impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso, secondo il loro diritto. Entro questi limiti, perciò, senza bisogno del consenso degli altri partecipanti, ciascun condomino può servirsi altresì dei muri perimetrali comuni dell’edificio e appoggiarvi tubi, fili, condutture, targhe, tende e altri manufatti analoghi. Alle “modificazioni” consentite al singolo si applica altresì il divieto di alterare il decoro architettonico del fabbricato, statuito espressamente dall’art. 1120 c.c. in tema di innovazioni (Cass. civ., sez. II, 13 novembre 2020, n. 25790;cfr. anche Cass. civ., sez. II, 18 luglio 2022, n. 22541) ”.
6.4. Le odierne ricorrenti sostengono che il Consiglio di Stato sia pervenuto alla decisione di respingere l’appello (principale) in base ad una erronea ricostruzione della fattispecie concreta.
A tale riguardo evidenziano quanto segue:
“ Infatti, come è stato dimostrato in atti e come emergente dalla documentazione tutta, il muro perimetrale dell’edificio, in merito al cui uso la Sig.ra D L ritiene necessitasse il consenso, con rilievo fatto proprio dalla sentenza impugnata:
1) aggetta sulla porzione di pertinenza in esclusiva proprietà delle Sig.re R - B;
2) la Sig.ra D L non ha diritto di raggiungere tale porzione;
3) non esistono servitù di accesso;
4) l’intervento impegna una parte modestissima di muro (meno del 3% della superficie complessiva dell’intero muro perimetrale dell’edificio);
5) come tale esso intervento non è giuridicamente qualificazione come una innovazione, non consentita dall’Articolo 1120, ultimo comma, del codice civile;
6) per il principio del “pari uso” la Sig.ra D L può fare altrettanto nella porzione di muro che aggetta sulla sua esclusiva proprietà (ossia sul Mappale n. 147 N.C.T. Comune di Vicenza) ”.
6.5. O, come sopra evidenziato, ritiene il Collegio che non sussista il presupposto per la revocazione della sentenza n. 7277/2023, in quanto non è ravvisabile alcun “abbaglio dei sensi” nella ricostruzione della fattispecie concreta dedotta in giudizio e, conseguentemente, non viene in rilievo l’errore revocatorio denunciato dalle ricorrenti.
6.6. Le odierne ricorrenti non individuano alcun elemento fattuale nella ricostruzione della fattispecie concreta effettuata dall’organo giudicante che possa aver falsato il suo giudizio, facendolo pervenire a conclusioni erronee, ma, in realtà, invocano una diversa interpretazione delle norme di diritto rilevanti ai fini della decisione, al fine di ottenere una decisione ad esse favorevole.
6.7. Rispetto alla fattispecie dedotta in giudizio vengono in rilievo i seguenti articoli del codice civile.
L’art. 1102 del c.c. “ Uso della cosa comune ”, che, in materia di comunione, dispone quanto segue:
“ Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa.
Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso ”.
L’art. 1120 del c.c. “ Innovazioni ”, che, in materia di condominio degli edifici, all’ultimo comma dispone quanto segue:
“ Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino ”.
6.8. Questo Consiglio ha ritenuto che l’intervento edilizio proposto dalle signore R – B, comportando una stabile alterazione del prospetto della facciata condominiale, non potesse essere realizzato senza il consenso dell’altra condomina (D L) e si ponesse in contrasto con l’art. 1120 c.c., che vieta nei condomini di alterare il decoro architettonico del fabbricato.
6.9. Il fatto che l’intervento edilizio in questione concerne la parte dell’edificio condominiale contigua alle unità abitative di proprietà delle ricorrenti, alla quale la signora D L non può accedere, non è dirimente, atteso che comunque viene alterato il prospetto della facciata condominiale senza il consenso di tutti i condomini;né è dirimente il fatto che le ricorrenti riconoscano anche alla signora D L la possibilità di realizzare un intervento analogo nella parte del fabbricato condominiale contigua alla abitazione di sua pertinenza, in quanto questa possibilità che esse sembrano voler riconoscere alla signora D L non fa venire meno la necessità del consenso di quest’ultima alla realizzazione dell’intervento edilizio proposto dalle ricorrenti.
7. In conclusione, il ricorso per revocazione è inammissibile.
8. Le spese del presente giudizio di revocazione, liquidate nel dispositivo, sono poste a carico delle parti ricorrenti;le spese di lite sono compensate nei confronti del Comune di Vicenza, in ragione della costituzione meramente formale.