Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-06-28, n. 202306342
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Pubblicato il 28/06/2023
N. 06342/2023REG.PROV.COLL.
N. 08240/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8240 del 2020, proposto dalla società -OMISSIS-, con sede legale in Milano, Viale Piceno n. 8, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, signor -OMISSIS-, rappresentato, assistito e difeso dall’Avv. F E S del Foro di Pavia, con studio in 27029 Vigevano (PV), Via Mulini n. 11, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Ministero dell’Interno - Prefettura di Milano, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso
ex lege
dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per l’annullamento e/o la riforma
della sentenza emessa dal TAR per la Lombardia Sez. I n. -OMISSIS- reg. prov. col. n. -OMISSIS- reg. ric. emessa in data 29.01.2020 e pubblicata in data 24.03.2020 e non notificata, con cui è stata respinta la domanda cautelare ed il ricorso di primo grado R.G. -OMISSIS- avente ad oggetto l’impugnazione del decreto del Prefetto di Milano prot. n. -OMISSIS- del 9 luglio 2019, notificato in pari data, con il quale è stata disposta sia l’interdittiva antimafia, ai sensi degli artt. 67, comma 8, 84, comma 4, e 91, comma 6, del D.Lgs. 159/2011 sia il diniego di iscrizione nell’elenco fornitori di beni e prestatori di servizi previsto dal D.PCM 18 aprile 2013.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ufficio Territoriale del Governo Milano e di Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 giugno 2023 il Cons. Paolo Carpentieri e viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con il ricorso in esame, notificato il 1° ottobre 2020, la società -OMISSIS- ha proposto appello avverso la sentenza n. -OMISSIS- del 24 marzo 2020 con la quale il Tar della Lombardia, Milano, sez. I, ha respinto il ricorso (rubricato al R.G. n. -OMISSIS-) proposto per l’annullamento del decreto del Prefetto di Milano prot. n. -OMISSIS- del 9 luglio 2019, con il quale è stata disposta nei confronti della società esponente sia l’interdittiva antimafia, ai sensi degli artt. 67, comma 8, 84, comma 4, e 91, comma 6, del d.lgs. n. 159 del 2011, sia il diniego di iscrizione nell’elenco di fornitori di beni e prestatori di servizi previsto dal d.P.C.M. 18 aprile 2013.
2. A sostegno del proposto appello la società ricorrente ha articolato due motivi di censura, entrambi rubricati “ Error in iudicando: erroneità della sentenza per intrinseca illogicità della motivazione. Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione dell’art. 67, comma 8, 84, comma 4 e 91, comma 6 del D.LGS. n. 159/2011 ”.
3. Si è costituito in giudizio per resistere al proposto appello il Ministero dell’interno.
4. Con l’ordinanza n. -OMISSIS- del 20 novembre 2020 la Sezione ha respinto la domanda di sospensione cautelare dell’efficacia della sentenza appellata ritenendo non sussistente il necessario fumus boni juris (perché “ con la sentenza appellata il TAR sembra aver esattamente considerato sia i plurimi rapporti di ordine personale ed economico intercorsi tra la società appellante ed altra società già destinataria di interdittiva antimafia, sia l’esistenza di vicende penali afferenti il delitto – spia di traffico illecito di rifiuti speciali ”), nonché prevalenti, sotto il profilo del danno, “ le superiori esigenze di tutela degli operatori economici da possibili tentativi di infiltrazioni della criminalità organizzata ”.
5. Con il decreto -OMISSIS- il Presidente della Sezione, sulla considerazione che all’udienza del 6 maggio 2021 era stato disposto il rinvio dell’udienza su documentata istanza del difensore della società appellante e ritenendo di dover acquisire dall’appellante “ elementi da cui si possa desumere se ci siano state sopravvenienze e se abbia un perdurante interesse alla definizione del giudizio ”, ha assegnato alla predetta parte appellante il termine, “ per il deposito dei relativi atti ”, di venti giorni dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente ordinanza. Nulla risulta essere pervenuto e l’ultima produzione di parte ricorrente consiste nella predetta istanza di differimento dell’udienza, depositata in data 3 maggio 2021, per impedimento del difensore.
5. Alla pubblica udienza dell’8 giugno 2023 la causa è stata chiamata e assegnata in decisione.
DIRITTO
1. L’appello è infondato e non può pertanto trovare accoglimento.
2. Con il provvedimento oggetto di lite – che nasce dalla domanda di iscrizione nell’elenco dei fornitori di beni e prestatori di servizi, istituito con d.P.C.M. del 18 aprile 2013 (c.d. White List ) presentata in data 12 aprile 2018 dalla società ricorrente, da poco costituita (in data 28 marzo 2018), per operare nel settore delle costruzioni edili sia civili che industriali, stradali, autostradali, delle demolizioni, degli scavi, del movimento terra e dei lavori di impermeabilizzazione – il Prefetto di Milano ha ritenuto sussistenti elementi sintomatici di tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi dell’impresa essendo emerso dagli accertamenti espletati “ un quadro circostanziato sui collegamenti e sui possibili rischi di tentativi di infiltrazione e di condizionamenti nelle scelte e negli indirizzi gestionali della società in questione da parte della criminalità organizzata ”, in particolare “ connessioni oggettive . . . tra l’impresa e la società -OMISSIS-, già colpita da informazione interdittiva antimafia, che inducono ragionevolmente ritenere che la -OMISSIS- ne costituisca una sostanziale prosecuzione ”.
2.1. La società -OMISSIS- era stata interdetta a seguito di accertamenti che avevano fatto emergere il suo coinvolgimento in un’illecita attività di smaltimento di rifiuti e rapporti economici continuativi tra -OMISSIS-, gestore di fatto dell'impresa, con soggetti contigui alla criminalità organizzata, alcuni dei quali titolari di società interdette (in particolare con tale -OMISSIS- soggetto contiguo alla criminalità organizzata, in particolare alla ‘ndrangheta calabrese, legale rappresentante della società -OMISSIS-, interdetta dalla Prefettura di Milano con provvedimento del 16 maggio 2013, nonché socio della -OMISSIS- interdetta con provvedimento del 10 giugno 2013);il -OMISSIS- risultava condannato con sentenza definitiva della Corte di Appello di Milano n. -OMISSIS-a 3 anni di reclusione per il reato di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, di cui all’art. 260 del d.lgs. n. 152 del 2006;la società -OMISSIS- risultava tra i destinatari fittizi dello smaltimento dei rifiuti, falsamente declassificati in terra e roccia da scavo, che venivano dirottati, senza alcun trattamento, verso le cave di destinazione finale, attraverso operazioni di “c.d. giro bolla”, ossia tramite illecita alterazione dei codici CER di identificazione del rifiuto.
2.2. Il giudizio prefettizio di sostanziale continuità gestionale ed operativa dell'attività imprenditoriale interdetta nella neo costituita società -OMISSIS--è fondato dal Prefetto su plurimi e univoci elementi di valutazione: l’odierna appellante è stata costituita nello stesso giorno, il 28 marzo 2018, in cui la -OMISSIS- è stata posta in stato di liquidazione volontaria, mediante atti notarili redatti dallo stesso ufficiale rogante a Pavia, con numeri di repertorio progressivi;la odierna appellante ha un’unità operativa in -OMISSIS- allo stesso indirizzo ove è ubicata la sede legale della società -OMISSIS-, trasferita in data 1 aprile 2018;-OMISSIS-, socio amministratore della -OMISSIS- e già dipendente della -OMISSIS- dal 1998 al 2017, è coniugato con -OMISSIS- sorella di -OMISSIS-, con cui ha due figli, -OMISSIS-, socio di maggioranza e amministratore della -OMISSIS-, convivente, e -OMISSIS-;infine, -OMISSIS- e il fratello -OMISSIS- lavorano alle dipendenze della -OMISSIS- dal 2018 e tutti gli impiegati della -OMISSIS- sono ex dipendenti della -OMISSIS-
3. Il Tar della Lombardia, con la sentenza qui appellata, ha giudicato il provvedimento impugnato coerente con i principi della materia elaborati dalla giurisprudenza, “ in quanto il provvedimento impugnato si basa su elementi di diversa natura, che, nella loro complessiva articolazione, supportano la valutazione di attuale e concreto pericolo di infiltrazione mafiosa ”. Dopo aver ripercorso gli elementi fattuali e indiziari addotti nel provvedimento impugnato, il Tar si è espresso nel senso che “ il provvedimento impugnato si sottrae alle censure di carenza motivazionale e difetto di istruttoria ed, anzi, riflette le coordinate normative e giurisprudenziali che consentono l’adozione dell’interdittiva secondo quanto già precisato ”, aggiungendo che “ In tale contesto la determinazione impugnata risulta del tutto coerente con le coordinate ermeneutiche giurisprudenziali già richiamate e la valutazione dell’amministrazione riflette il richiamato criterio del “più probabile che non ” e che “ Anche sul piano motivazionale non sussistono le carenze lamentate dalla ricorrente”, poiché “il provvedimento reca, oltre ad un puntuale richiamo agli atti istruttori, l’esplicita enucleazione delle ragioni dell’interdittiva, riferendosi in modo dettagliato ai legami esistenti sul piano della costituzione, dell’organizzazione, della gestione e dell’attività tra -OMISSIS- e -OMISSIS-, già destinataria di una specifica interdittiva antimafia, di cui vengono pure richiamati i fondamenti fattuali ”. Il Tar ha infine respinto anche “ l’obiezione secondo la quale mancherebbe l’attualità del pericolo di infiltrazione ”, atteso che, al contrario, “ l’attualità del pericolo emerge dalla perdurante esistenza di una situazione tale da evidenziare, nel contesto complessivo di riferimento e al di là di ogni strumentale parcellizzazione, la probabilità di infiltrazione criminale ”.
4. I motivi di appello qui proposti, come già anticipato nella sede cautelare, non espongono ragioni di critica della sentenza appellata che ne possano giustificare il chiesto annullamento.
5. Con i due motivi di appello – che, nella loro analogia, possono essere trattati congiuntamente – la società appellante ripropone in sostanza le censure dedotte in primo grado e svolge le seguenti critiche alla decisione gravata: sarebbe errata l’affermazione, contenuta nella sentenza appellata, secondo la quale i sigg.ri -OMISSIS-, titolare del 40% del capitale della società appellante, coniugato con -OMISSIS- e -OMISSIS-, titolare del 60% del predetto capitale, figlio di -OMISSIS- e -OMISSIS-, conviverebbero nello stesso nucleo familiare, non essendo più così da tempo, poiché il sig. -OMISSIS- risulta abitare a Milano e convive con la sua fidanzata e non fa più parte della compagine societaria;attualmente amministratore unico della società -OMISSIS- e titolare del 100% del capitale sociale è -OMISSIS-;il -OMISSIS-, inoltre, ha risolto ogni rapporto lavorativo con la società ricorrente, essendo stato licenziato per giustificato motivo soggettivo in data 15 novembre 2019;l’unico contatto con l’ambiente mafioso poteva essere costituito dal sig. -OMISSIS-, condannato a 3 anni per traffico illecito di rifiuti, sentenza peraltro interamente scontata e, comunque, licenziato dalla società -OMISSIS-
5.1. Le considerazioni di parte appellante, ora in sintesi richiamate, non scalfiscono la tenuta logico-giuridica né della sentenza appellata, né del provvedimento amministrativo impugnato. La dedotta circostanza che il sig. -OMISSIS-, titolare del 60% del capitale della società appellante, figlio di -OMISSIS- e -OMISSIS-, non conviva più con questi ultimi all’interno dello stesso nucleo familiare e non sia più dipendente della società ricorrente dal 15 novembre 2019, non risulta tale da poter inficiare la validità dell’interdittiva impugnata (e del conseguente giudizio di non illegittimità su di essa formulato dal Tar), costituendo una circostanza non essenziale rispetto al complessivo quadro fattuale e indiziario sul quale la misura interdittiva avversata ha fondato il giudizio di esposizione al rischio di permeabilità dell’impresa ricorrente.
5.2. Sotto un diverso profilo la società appellante critica la valutazione svolta dal Tar circa la rilevanza della collocazione del complessivo oggetto sociale della società Geomovi nell’area di intervento tipico della criminalità organizzata, quasi facendo da ciò scaturire la ritenuta sussistenza di “ oggettivi elementi per individuare un pericolo di infiltrazione criminale, anche in ragione della presenza del sig. -OMISSIS-, condannato per traffico illecito di rifiuti ”. Il Tar, inoltre, non avrebbe considerato che il licenziamento del sig. -OMISSIS-, “ unico possibile e probabile contatto (se così si vuol immaginare) con ambienti di tipo mafioso ”, avrebbe fatto cadere ogni ragione di sospetto.
5.2.1. In realtà il primo Giudice ha richiamato l’ampio oggetto sociale della società appellante non già (e non solo) per evidenziare come le attività da essa svolte siano tra quelle oggettivamente più esposte alla penetrazione di forme di condizionamento malavitoso, quanto (e soprattutto) per rimarcare la parziale sovrapponibilità di tale area di attività con quella della società Carpineto, già interdetta, a riprova ulteriore della ritenuta continuità tra le due società, continuità invero del tutto evidente e non impedita o resa meno significativa dal licenziamento del sig. C A, già condannato per traffico illecito di rifiuti.
5.3. La linea di evidente continuità tra la odierna appellante e la società Caripneto Costruzioni s.r.l. rinviene plurimi riscontri oggettivi nelle circostanze già sopra richiamate, nel paragrafo 2.2 della presente motivazione (l’odierna appellante è stata costituita nello stesso giorno, il 28 marzo 2018, in cui la -OMISSIS- è stata posta in stato di liquidazione volontaria, mediante atti notarili redatti dallo stesso ufficiale rogante a Pavia, con numeri di repertorio progressivi;la odierna appellante ha un’unità operativa in -OMISSIS- allo stesso indirizzo ove è ubicata la sede legale della società -OMISSIS-, trasferita in data 1 aprile 2018;-OMISSIS-, socio amministratore della -OMISSIS- e già dipendente della -OMISSIS- dal 1998 al 2017, è coniugato con -OMISSIS- sorella di -OMISSIS-, con cui ha due figli, -OMISSIS-, socio di maggioranza e amministratore della -OMISSIS-, convivente, e -OMISSIS-;infine, -OMISSIS- e il fratello -OMISSIS- lavorano alle dipendenze della -OMISSIS- dal 2018 e tutti gli impiegati della -OMISSIS- sono ex dipendenti della -OMISSIS-);circostanze tutte non confutate dai motivi di appello.
5.4. Parte appellante ha in proposito rilevato che i soggetti che lavorano all’interno della società -OMISSIS- sono, sì parenti e affini del sig. -OMISSIS-, ma non hanno alcun tipo di contatto con quest’ultimo e, soprattutto non sono mai stati neanche accusati di traffico illecito di rifiuti;i dipendenti che lavoravano nella società Carpineto s.r.l. e che oggi lavorano presso la società -OMISSIS- sono tutti dipendenti che sono risultati negativi alla Banca Dati SDI e agli archivi DIA;-OMISSIS- più volte menzionato nella sentenza di primo grado come l’unico “contatto” con gli ambienti della criminalità organizzata per il sig. -OMISSIS-, è deceduto;non vi sono altri contatti che possano far presumere infiltrazioni di stampo mafioso.
5.4.1. Ritiene il Collegio che anche riguardo alle testé riferite rimostranze, come già rilevato a proposito della dedotta circostanza del cambio di residenza il sig. -OMISSIS-, emerga una sostanziale ininfluenza agli effetti di ribaltare il giudizio prognostico di permeabilità formulato dall’Autorità prefettizia, atteso che, anche in questo caso, si tratta di aspetti non risolutivi, privi di un’efficacia determinante sul predetto giudizio probabilistico e, soprattutto, non infirmano la valutazione fondamentale secondo la quale la odierna ricorrente è nata e si è posta in diretta e immediata continuazione delle attività imprenditoriale della società -OMISSIS- posta in liquidazione.
6. Conclusivamente, ritiene il Collegio che la lettura degli atti di causa e la disamina del ricorso in appello, nel suo complesso e nei singoli motivi di censura, nei termini sopra esposti, inducano d esprimere un giudizio di non accoglibilità del proposto gravame, alla stregua dei noti, consolidati canoni di giudizio elaborati in subiecta materia dalla giurisprudenza costituzionale e amministrativa, appieno condivisa dal Collegio (Corte cost., sentenze 27 febbraio 2019, n. 24, 24 luglio 2019, n. 195 e 26 marzo 2020, n. 57;Cons. Stato, sez. III, sentenze del 3 maggio 2016, n. 1743, 5 settembre 2019, n. 6105, 23 dicembre 2022, n. 11265, 24 aprile 2020, n. 2651 e 4 maggio 2018, n. 2655, nonché, della Sez. I, parere n. 487/2023 del 20 marzo 2023), anche avuto riguardo al modo del sindacato giurisdizionale logicamente esercitabile sull’ampia discrezionalità di apprezzamento riservata al Prefetto nell'adozione dell'interdittiva antimafia, sindacato che, pur pieno e profondo, non può spingersi fino a sostituire alle non illogiche deduzioni e valutazioni della competente Autorità amministrativa quelle dell’organo giudicante.
7. L’appello, in conclusione, deve essere respinto.
8. Sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti le spese del presente giudizio.