Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-01-18, n. 202400605
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Testo completo
Pubblicato il 18/01/2024
N. 00605/2024REG.PROV.COLL.
N. 07717/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 7717 del 2023, proposto da
Sirio S.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, in relazione alla procedura CIG 9176982D1B, rappresentato e difeso dall'avvocato L T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Toledo n. 323;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
nei confronti
Ditta Domenico V S.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato Riccardo Satta Flores, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Generale Orsini n. 5;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto (Sezione Seconda), 27 luglio 2023, n. 1134, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia e di Ditta Domenico V S.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 gennaio 2024 il Cons. G M e uditi per le parti gli avvocati Fortunato su delega di Tozzi, Migliarotti su delega di Satta Flores e l’avvocato dello Stato De Vergori;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La società Sirio s.r.l. ha partecipato alla procedura di gara indetta dal Ministero della Giustizia per l’affidamento del servizio di fornitura di generi alimentari necessari per il confezionamento del vitto per i detenuti negli Istituti Penitenziari della regione Veneto, relativamente al Lotto di gara n. 34 (C.C. Padova - C.R. Padova). All’esito delle operazioni di gara, la società si è classificata al secondo posto della graduatoria, preceduta dalla Ditta Domenico V s.r.l.
2. Sirio ha impugnato il provvedimento di aggiudicazione alla Ditta Domenico V del Lotto n. 34, con ricorso innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto che – con sentenza 27 luglio 2023, n. 1134 – lo ha accolto in parte, annullando l’aggiudicazione per difetto di istruttoria e di motivazione in punto di verifica dell’anomalia dell’offerta dell’aggiudicataria, con specifico riferimento alla conformità tra il costo del personale e le tabelle ministeriali aggiornate, e alla mancata considerazione dei costi delle figure professionali offerte dalla Ditta Domenico V in affiancamento al personale impiegato nell’appalto (ovvero il Responsabile della Gestione Qualità (RGQ), il Responsabile della Gestione Sicurezza Alimentare (RGSA), il Responsabile della Sicurezza Prevenzione e Protezione (RSPP), il Data Protection Officer (DPO), figura esterna, il Responsabile dei Sistemi Informatici, il Responsabile delle Manutenzioni), nonché in relazione agli oneri di trasporto dei generi alimentari dal magazzino centrale di Nola;e disponendo, per l’effetto, il rinnovo della verifica di congruità.
3. La società, benché il provvedimento di aggiudicazione sia stato annullato, ha proposto appello sull’assunto che l'interesse azionato in primo grado non è risultato integralmente soddisfatto, sia perché in primo grado aveva chiesto, in via principale, l'immediata esclusione dell'aggiudicataria, sia perché il Tribunale non avrebbe rilevato adeguatamente tutte le incongruità e insostenibilità dell'offerta dell’aggiudicataria, circostanza che potrebbe condurre a nuovi errori da parte della stazione appaltante durante la rinnovata fase di verifica dell'anomalia.
Con l’appello ripropone i motivi del ricorso di primo grado non accolti o assorbiti dal primo giudice, previa critica della sentenza di cui chiede la riforma.
4. Resistono in giudizio il Ministero della Giustizia e la Ditta Domenico V s.r.l. , eccependo l’inammissibilità dell’appello per difetto di interesse e, nel merito, concludendo per la sua reiezione.
5. All’udienza dell’11 gennaio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
6. Come concordemente riferiscono le parti, dopo l’annullamento parziale del provvedimento di aggiudicazione del 24 gennaio 2023, n. 3745, la stazione appaltante - in esecuzione della sentenza - ha rinnovato la verifica di congruità dell’offerta aggiudicataria e ha adottato un nuovo decreto di aggiudicazione (n. 361 del 20 settembre 2023) sempre in favore della Ditta Domenico V . Il decreto è stato impugnato da Sirio con ricorso innanzi al T.a.r. per il Veneto (RG n. 1125/2023).
L’interesse all’appello, pertanto, contrariamente a quanto eccepito dalle appellate, persiste.
7. Con il primo motivo, la società appellante censura la sentenza per aver ingiustamente respinto la dedotta violazione dell’art. 80, comma 5, lett c) e c- bis ) del d.lgs. n. 50 del 2016, per l’omessa dichiarazione dell’aggiudicataria circa l’avvio di una istruttoria dell’AGCM nei confronti della Ditta Domenico V , per accertare l’esistenza di violazioni dell’articolo 101 del TFUE. Il primo giudice, inoltre, sostituendosi all'Amministrazione nella valutazione dell'affidabilità di un operatore economico avrebbe violato anche l'art. 34, comma 2, del codice del processo amministrativo.
Con un secondo profilo ribadisce, infine, anche il profilo della falsità e reticenza per l’omessa dichiarazione della pendenza del procedimento dell’AGCM, che rileverebbe in via autonoma ai sensi delle lettere c- bis ) e f- bis ) dell’art. 80, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016. In tal senso richiama l’indirizzo della giurisprudenza secondo cui sussiste, in capo ai partecipanti alle procedure d’appalto, l’obbligo di comunicare alla stazione appaltante, nel corso della gara, tutte le vicende, anche sopravvenute, attinenti allo svolgimento della propria attività professionale, al fine di consentire alla stazione appaltante di valutare l’eventuale incidenza di tali precedenti sulla reale affidabilità, morale e professionale, dei concorrenti. Ne consegue che anche l’avvio dell’istruttoria doveva essere comunicata.
7.1. Le censure sono infondate.
7.2. Con essi sono poste essenzialmente due questioni: se - per i partecipanti alla procedura di gara - sussista l’obbligo di dichiarare o comunicare alla stazione appaltante tutti quei fatti, anche verificatisi nel corso della procedura di gara, che potrebbero assumere rilevanza ai fini della valutazione di affidabilità dell’operatore economico e della sua eventuale esclusione dalla gara;se nell’ambito di tali obblighi rientri anche quello di comunicare l’avvio di un procedimento per illeciti antitrust, da parte dell’Autorità garante della concorrenza, anche se il procedimento non sia stato definito con un provvedimento sanzionatorio nei confronti dell’impresa partecipante alla procedura di gara.
7.2.1. Quanto alla prima questione, la rilevanza dell’omissione dichiarativa deve essere vagliata, come accennato, alla luce dell’art. 80, comma 5, lettere c) e c- bis ), del d.lgs. n. 50 del 2016 (secondo cui «Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico qualora: […] c) [dimostrino] con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità;c-bis) […] l'operatore economico […] abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione» ) e del costante indirizzo giurisprudenziale (in tal senso impostato fin dall’ordinanza di questa Sezione, 9 aprile 2020, n. 2332, ed ivi ulteriori riferimenti) secondo cui la norma in questione, quanto agli obblighi dichiarativi posti a carico del partecipante alla procedura di gara, ha un carattere aperto, in grado di comprendere tutti quei fatti riguardanti l’operatore economico, di cui sia accertata la contrarietà a un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa, qualificabili come gravi illeciti professionali e quindi possibili oggetti della valutazione di incidenza sulla sua affidabilità professionale. La enucleazione (dalla originaria formulazione dell’art. 80, comma 5, lett. c), per l’intervento dell’art. 5, comma 1, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12) delle autonome fattispecie attualmente descritte dalle lettere c- bis ), c- ter ) e c- quater ), dell’art. 80, comma 5, comporta come conseguenza che la norma di cui alla lett. c) assume la funzione di norma di chiusura o residuale, in cui rientrano, per l’appunto, tutte le condotte ascrivibili all’operatore economico suscettibili di incidere sulla sua affidabilità professionale. Il carattere aperto del catalogo di illeciti professionali rilevanti trova un bilanciamento nell’esigenza di uno specifico apprezzamento della stazione appaltante circa il valore dei fatti, che deve investire, in prima battuta, la qualifica di gravità dell’illecito professionale e successivamente la sua incidenza sull’affidabilità professionale dell’operatore economico. Sviluppando quanto affermato dalla sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, 28 agosto 2020, n. 16 [cfr. §§ 12 e 18 del diritto, anche se la fattispecie esaminata dalla Plenaria ha riguardato l’art. 80, comma 5, lett. c), nel testo vigente prima delle modifiche introdotte col decreto-legge n. 135 del 2018 cit.) deve ritenersi che la valutazione riservata alla stazione appaltante sui due profili richiamati rappresenti l’elemento specializzante della causa di esclusione in esame rispetto alla causa di esclusione descritta nella lett. f- bis ) (introdotta dall’art. 49 del decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56, che impone l’automatica esclusione dell’operatore economico il quale abbia presentato in gara «documentazione o dichiarazioni non veritiere» ). I rapporti tra le due norme configurano, in effetti, un caso di specialità reciproca. La fattispecie di cui alla lett. c) è speciale, per aggiunta, rispetto alla fattispecie di cui alla lett. f- bis ), perché oltre agli elementi di quest’ultima contempla l’elemento ulteriore della valutazione riservata alla stazione appaltante della incidenza sulla affidabilità dell’operatore economico. La fattispecie di cui alla lett. f- bis ) è a sua volta speciale, per specificazione, perché in essa non rientrano tutti i gravi illeciti professionali dell’operatore economico ma solo quelli costituiti dall’aver presentato in gara documentazione o dichiarazioni non veritiere.
7.2.2. Si conferma, quindi, per un verso, che la causa di esclusione di cui alla lett. c) è una norma residuale perché idonea a ricomprendere nello spettro valutativo dell’affidabilità professionale qualsiasi fatto o condotta violativa di norme civili, penali o amministrative, se connotato in termini di grave illecito professionale. Per altro verso, l’omessa dichiarazione di fatti che potrebbero assurgere a gravi illeciti professionali (o la dichiarazione reticente su tali fatti) non è mai [nell’art. 80, comma 5, lett. c)] autonoma causa di esclusione [né lo è ai sensi della lett. f- bis )], la quale condiziona l’esclusione alla dichiarazione non veritiera (ossia alla dichiarazione di fatti che non trovano corrispondenza nella realtà), non alla dichiarazione reticente o alla omissione della dichiarazione;e quindi si applica alle sole ipotesi in cui - come affermato dall’Adunanza Plenaria n. 16 del 2020, al § 18 del diritto - «le dichiarazioni rese o la documentazione presentata in sede di gara siano obiettivamente false, senza alcun margine di opinabilità […] » ].
In linea generale, dunque, la previsione di cui all’art. 80, comma 5, lettera c), non configura un autonomo onere dichiarativo in capo all’operatore economico che partecipi alla procedura di gara la cui violazione costituisca una autonoma causa di esclusione.
7.2.3. Una conclusione in tal senso non è autorizzata nemmeno ai sensi dell’art. 80, comma 5, lettera c- bis ) (il quale prevede l’esclusione dalla procedura di gara dell’operatore economico che «abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione» ). Sul punto va rilevato che, secondo il condivisibile indirizzo della giurisprudenza, anche in questa ipotesi, la sola omissione dichiarativa non configura un’autonoma causa di esclusione, posto che la norma richiede anche una valutazione in concreto della stazione appaltante, che «dovrà pertanto stabilire se l’informazione è effettivamente falsa o fuorviante;se inoltre la stessa era in grado di sviare le proprie valutazioni […] » (cfr. Ad. Plen. 28 agosto 2020, n. 16;in senso conforme Sez. V, 14 luglio 2022, n. 5990;V, 15 giugno 2021, n. 4641;V, 14 giugno 2021, n. 4574;V, 22 febbraio 2021, n. 1542).
L’omissione dichiarativa, dunque, non è equiparabile alla falsità e non costituisce autonoma causa escludente, sufficiente a condurre all’estromissione del concorrente a prescindere dalla concreta rilevanza dell’informazione taciuta secondo i modelli normativi sopra richiamati.
7.2.4. Quale notazione conclusiva, è appena il caso di precisare che eventuali obblighi informativi a carico dell’operatore economico possono trovare la loro fonte legittima solo nelle disposizioni del codice dei contratti pubblici o della lex specialis di gara che imponga di portare a conoscenza della stazione appaltante quelle notizie astrattamente idonee a incidere sull’integrità o l’affidabilità del concorrente (in tal senso la citata Ad. plen. n. 16 del 2020, nonché Cons. Stato, sez. V, 6 luglio 2020, n. 4316;id., 5 agosto 2020, n. 4937;id., 28 dicembre 2020, n. 8406;id., 11 marzo 2021, n. 2350);tuttavia, anche in queste ipotesi, la rilevanza quale autonoma causa di esclusione va misurata alla stregua delle varie fattispecie di cui all’art. 80, comma 5, cit., salva diversa disposizione di legge;mentre non sarebbe sufficiente la previsione del bando di gara che attribuisca valenza espulsiva alla mera violazione degli obblighi dichiarativi, perché la clausola incorrerebbe nella sanzione della nullità per contrasto col principio di tassatività delle cause di esclusione.
7.2.5. Le anzidette acquisizioni giurisprudenziali trovano applicazione – per quel che rileva nel caso di specie – non solo con riguardo all’obbligo dell’impresa di portare a conoscenza della stazione appaltante la pendenza presso l’Autorità antitrust di un procedimento avente per oggetto fatti astrattamente idonei a integrare un grave illecito professionale, ma anche con riferimento all’obbligo di comunicare l’emanazione del provvedimento dell’AGCM.
7.3. Sulla seconda questione, è bene anzitutto precisare che secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato non è revocabile in dubbio l’assunto secondo cui, in linea di principio, rientra nell’ambito dei gravi illeciti professionali valutabili ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016, anche la condotta costituente illecito anticoncorrenziale, accertata e sanzionata mediante il provvedimento dell’AGCM (in termini cfr. Cons. Stato, V, 29 ottobre 2020, n. 6635 e da ultimo Sez. V, 7 febbraio 2022, n. 845;va rammentato, peraltro, che in precedenza la giurisprudenza aveva escluso la rilevanza del provvedimento sanzionatorio antitrust quale grave errore professionale non perché ritenesse necessario il previo accertamento dell’illecito da parte dell’Autorità o il previo vaglio giurisdizionale ma perché – interpretando l’allora vigente art. 38, comma 1, lettera f), del d.lgs. n. 163 del 2006 – i fatti rilevanti erano esclusivamente quelli relativi alla fase esecutiva dell’appalto, e non quei fatti commessi nel corso della procedura di affidamento del contratto: cfr. Consiglio di Stato, V, 4 dicembre 2017, n. 5704 e 5 febbraio 2018, n. 722, richiamate anche nell’ordinanza del T.a.r. per il Piemonte che ha disposto il rinvio pregiudiziale deciso con l’ordinanza della Corte di giustizia U.E., XI sez., 4 giugno 2019, nella causa C-425/18).
7.3.1. Per completezza va rilevato che proprio nella citata ordinanza della Corte di giustizia dell’Unione europea nella causa C-425/18, al punto 32 della motivazione è stato precisato, in termini generali, che «l’accertamento di un tale errore [professionale] non richiede una sentenza passata in giudicato (sentenza del 13 dicembre 2012, Forposta e ABC Direct Contact, C-465/11, EU:C:2012:801, punto 28)» , sottolineando come «la decisione di un’autorità nazionale garante della concorrenza, che stabilisca che un operatore ha violato le norme in materia di concorrenza, può senz’altro costituire indizio dell’esistenza di un errore grave commesso da tale operatore»;e al punto 33 conclude affermando che «la commissione di un’infrazione alle norme in materia di concorrenza, in particolare quando tale infrazione è stata sanzionata con un’ammenda, costituisce una causa di esclusione […] » .
7.3.2. Né si può fondatamente sostenere che il passo della motivazione sopra riferito (punti 32 e 33 dell’ordinanza) costituisca un mero obiter , sganciato dai fatti di causa e quindi non rappresentativo della effettiva ratio decidendi . Conclusione che va esclusa sia perché la Corte di giustizia non si limita a esternare una mera argomentazione incidentale ma richiama puntualmente un precedente specifico sulla questione (Corte di giustizia dell’U.E., sentenza del 13 dicembre 2012, Forposta e ABC Direct Contact , C-465/11, punto 28), che si era già espresso nel senso che il fatto rilevante come errore professionale non deve essere necessariamente accertato con sentenza passata in giudicato;sia per ragioni di ordine generale riguardanti l’interpretazione delle sentenze degli organi giurisdizionali superiori che giudicano sulla legittimità di atti normativi, per le quali la stessa distinzione tra ratio decidendi e obiter dictum perde di significato, giacché le affermazioni di principio contenute nelle motivazioni di quelle pronunce, da considerare sempre nella loro totalità, hanno di mira la tutela di norme e di valori che travalicano la stretta connessione con la concreta fattispecie oggetto di controversia (connessione, invece, di cui occorre tenere conto nel valutare l’efficacia di precedente della sentenza di un giudice comune).
7.3.3. L’ordinanza della Corte di giustizia, pertanto, va correttamente intesa nel senso che la nozione di grave illecito professionale (o di errore grave nell’esercizio della propria attività professionale) comprende qualsiasi comportamento scorretto che incida sulla affidabilità e integrità professionale dell’operatore economico, che - con riferimento alle condotte costituenti illeciti antitrust – assumono rilevanza quando siano oggetto di un provvedimento emesso dall’autorità nazionale in materia (conformemente alle già citate Cons. Stato, V, 29 ottobre 2020, n. 6635;V, 7 febbraio 2022, n. 845).
La medesima pronuncia della Corte di giustizia ha inoltre ribadito (al punto 34) che la decisione dell’autorità garante della concorrenza «non può comportare l’esclusione automatica di un operatore economico da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico. Infatti, conformemente al principio di proporzionalità, l’accertamento della sussistenza di un “errore grave” necessita, in linea di principio, dello svolgimento di una valutazione specifica e concreta del comportamento dell’operatore economico interessato» . Il che, peraltro, corrisponde a un principio costantemente affermato dalla giurisprudenza nazionale (basti il richiamo alla sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 16 del 2020), nonché al requisito di fattispecie testualmente richiesto dall’art. 80, comma 5, lettera c).
7.3.4. In maniera ancora più decisa, la Corte di giustizia dell’U.E., già con la decisione 24 ottobre 2018, in causa C-124/17, aveva precisato che l’illecito antitrust può assumere rilevanza quale causa di esclusione dalla gara solo se sia stato oggetto di una decisione dell’Autorità che abbia sanzionato il comportamento dell’impresa (una decisione, si precisa ai punti 38 e 39 della sentenza da ultimo citata, «pronunciata nell’ambito di una procedura disciplinata dal diritto dell’Unione o dal diritto nazionale e intesa a constatare un comportamento che viola una norma di diritto» , posto che «l’esistenza di comportamenti restrittivi della concorrenza può essere dimostrata solo dopo una decisione che qualifichi giuridicamente i fatti in tal senso» ). La pronuncia si riferisce specificamente al motivo di esclusione di cui all’art. 57, par. 4, della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici (lettera d): aver partecipato ad accordi diretti a falsare la concorrenza), ma la ratio , sottesa alla necessità che la condotta che configura un illecito antitrust scaturisca da un processo di qualificazione del fatto da parte dell’Autorità antitrust, si deve estendere anche agli altri motivi di esclusione per i quali rilevi il medesimo fatto di illecito antitrust.
7.3.5. Ciò posto in termini generali, applicando gli enunciati principi al caso di specie, risulta che il procedimento per illecito antitrust era stato avviato nei confronti della Ditta Domenico V ma non concluso con un provvedimento sanzionatorio dell’Autorità.
Ne deriva che la vicenda che ha portato all’avvio del procedimento non assume rilevanza ai fini della esclusione dell’operatore economico dalla gara.
8. Con il secondo motivo, l’appellante critica la sentenza per non aver accolto anche le ulteriori censure in ordine alla inattendibilità dell’offerta aggiudicataria e alla conseguente violazione dell’art. 95, comma 10, e dell’art. 97 del d.lgs. n. 50 del 2016.
Reitera quindi le doglianze in punto di:
- illegittimo inquadramento dei magazzinieri nel livello V, mentre il CCNL applicabile li classificherebbe nel superiore livello IV;
- sottostima delle spese generali, non avendo l'aggiudicataria considerato rilevanti costi da affrontare, tra i quali i costi del trasporto (sottostimato nelle giustificazioni presentate dall’aggiudicataria), il costo per la consulenza del nutrizionista (anch’esso sottostimato dall’aggiudicataria), l’incidenza delle imposte, le utenze, i materiali di pulizia, i costi per analisi di laboratorio e altre voci;
- erronea valutazione delle giustificazioni presentate dalla Ditta Domenico V, le quali sarebbero insufficienti dato che non computerebbe i costi da sostenere per retribuire il personale aggiuntivo offerto dall’aggiudicataria per lo svolgimento del servizio (i cui costi, anche se si tratta di personale già operante nell’impresa, dovrebbero essere indicati - quantomeno pro quota - tra i costi dell’appalto per il quale si concorre.
8.1. Il motivo è infondato.
8.2. In premessa, vanno richiamati i consolidati principi giurisprudenziali in materia di verifica di congruità dell’offerta in base ai quali, per un verso, la relativa valutazione della stazione appaltante ha natura globale e sintetica, riguardando l’attendibilità e la serietà dell’offerta economica nel suo complesso, e non singole voci o componenti della medesima;per altro verso, siffatta valutazione costituisce espressione ed esercizio di poteri tecnico discrezionali riservati all’amministrazione, sottratti al sindacato giurisdizionale salvo i casi di manifesta o macroscopica illogicità o di evidente irragionevolezza (ex multis: Cons. Stato, V, 12 settembre 2019, n. 6161;V, 30 ottobre 2017, n. 4978;Cons. di Stato, III, 13 marzo 2018, n. 1069).
8.3. Sulla scorta di tali principi, la decisione del primo giudice non appare censurabile, considerata la genericità di alcune delle censure dedotte dall’appellante, inidonee a dare conto di quale sia la loro incidenza sulla complessiva affidabilità dell’offerta, ove accolte.
8.4. Ciò va affermato in particolare con riferimento alla questione del “personale aggiuntivo” che l’aggiudicataria avrebbe indicato quale elemento dell’offerta tecnica senza stimare i costi gravanti sull’appalto (sull’assunto che l’impiego, seppure eventuale, di ulteriore personale, anche già operante nella struttura aziendale, dovrebbe trovare copertura nel conto economico dell’appalto in cui lo stesso sarà utilizzato, in modo da non alterare la concorrenza tra gli operatori).
Secondo le allegazioni dell’appellante, per l’impiego delle figure professionali indicate dovrebbe stimarsi un costo annuo pari a € 15.955,30 che - moltiplicato per la durata dell’affidamento – corrisponderebbe a € 55.843,55, non computato dall’aggiudicataria e idoneo a erodere totalmente l’utile d’impresa dichiarato.
Tuttavia, l’argomentazione si basa su presupposti non dimostrati, mere supposizioni che non considerano la circostanza per cui l’effettiva incidenza economica dei costi di questo personale appare effettivamente scarsa in una organizzazione aziendale di medie o grandi dimensioni. Inoltre, e ciò appare dirimente, nelle giustificazioni dell’aggiudicataria (nota del 28 dicembre 2022, al punto 3.4, pag. 7) si sostiene che il costo di tale personale amministrativo è incluso nelle spese generali ( «Per quanto concerne il personale amministrativo si è proceduto a calcolare l’incidenza del costo del lavoro del personale che svolge compiti di amministrazione per l’Azienda [e che potrebbe] svolgere anche, sia pure in minima parte, attività di amministrazione dello specifico appalto. Non essendo possibile procedere ad un calcolo analitico delle ore che vengono a tal fine destinate dal personale impiegato presso gli uffici della Società si è proceduto calcolando la retribuzione delle persone che, sia pure in via marginale, hanno l’onere di gestire gli aspetti amministrativo-contabili del servizio» ). Le deduzioni dell’aggiudicataria sul punto in esame non sono efficacemente contrastate dalle censure dell’appellante.
8.5. Né appare probante la circostanza secondo la quale l’inattendibilità dell’offerta aggiudicataria dovrebbe desumersi dal fatto che in altro contenzioso la Ditta Domenico V ha sostenuto che l’importo a base d’asta fissato per la diaria in euro 3,24 non era sufficientemente capiente. È del tutto evidente che il vaglio di attendibilità e di affidabilità delle offerte va condotto in concreto, con specifico riferimento alle condizioni contrattuali previste per lo specifico servizio appaltato.
8.6. Anche per quanto riguarda la mancata indicazione di diverse voci di costo nell’ambito delle spese generali, le giustificazioni presentate dalla Ditta Domenico V appaiono adeguate e complete, precisando come «nell’importo totale delle “Spese Generali” rientrano le seguenti voci: spese per pulizia, igienizzazione e sanificazione, utenze, costi per il Responsabile del servizio e per le Figure Ispettive, Costi per la connessione al ns. software applicativo per singolo Istituto. Pertanto il costo totale delle spese generali sopra descritte ammonta ad € 0,0659 [sulla diaria offerta] per presenza […] » , comprensivo dei “costi polizze assicurative” e dei “costi connessione istituti al software applicativo”. Rispetto a queste indicazioni, le deduzioni dell’appellante sono del tutto generiche.
8.7. Anche il rilievo concernente il costo della figura del nutrizionista appare infondato nei presupposti (ipotizzandosi una presenza continua del professionista che non si desume dai contenuti dell’offerta tecnica della Ditta V) e quindi nella determinazione del costo. Nelle giustificazioni del 28 dicembre 2022 ragionevolmente si precisa un «impiego semestrale del nutrizionista» , i cui costi sono calcolati complessivamente con altri costi indiretti della commessa (al punto 3.3: «Certificazioni, HACCP e Tracciabilità generi alimentari, nutrizionista» ) «in ragione dell’incidenza del singolo appalto rispetto ai fatturati globali della ditta, e portano ad un costo per singola presenza di €.0,0091» .
8.8. Le medesime considerazioni potrebbero valere anche per il rilievo concernente l’inquadramento professionale dei magazzinieri, ritenuto non conforme alle norme del contratto collettivo applicato dall’impresa aggiudicataria, tenuto conto che anche in questo caso l’appellante non spiega quale sia l’incidenza sulla complessiva affidabilità dell’offerta, in termini di maggiori costi, dell’inquadramento di detto personale nel livello IV del CCNL. Si osservi, inoltre, che nel rinnovare la verifica di congruità a seguito dell’annullamento parziale disposto con la sentenza impugnata, l’amministrazione ha appurato anche l’esistenza di margini di utile economico che potrebbe essere impiegato per far fronte a eventuali spese non previste.
Peraltro, data la delicatezza della materia relativa al rispetto dei trattamenti retributivi, e quindi della correttezza degli inquadramenti del personale nei livelli contrattuali, non è superfluo osservare che – in assenza di specifiche indicazioni sulla qualificazione e sull’inquadramento del personale impiegato nel servizio, che potrebbero essere contenute nel bando di gara (inserite come criteri di valutazione dell’offerta tecnica: si veda in tale prospettiva Cons. Stato, V, 20 ottobre 2021, n. 7053) e in assenza di riflessi sulla congruità dell’offerta, come nel caso di specie – le relative questioni possono eventualmente rilevare unicamente nel contesto del rapporto tra lavoratore e datore di lavoro.
9. Con il terzo motivo, l’appellante deduce l’ingiustizia della sentenza per aver respinto la dedotta violazione dell’art. 1, commi 52 e 53, della legge n. 190 del 2012, perché la Ditta Domenico V non sarebbe iscritta alla cosiddetta white list delle imprese che operano nei settori della ristorazione, gestione delle mense e catering . Secondo il T.a.r. l’oggetto dell’appalto in esame non sarebbe riconducibile a uno di questi settori, posto che si tratterebbe della fornitura di materie prime per la successiva preparazione dei pasti, non assimilabile al servizio di mensa o catering e non riconducibile al Comunicato del Presidente Anac del 17 gennaio 2023.
L’appellante critica tali affermazioni, rilevando come l’appalto di cui trattasi riguarda il «servizio per il Vitto dei detenuti e internati da svolgersi mediante l’approvvigionamento e la fornitura, previa programmazione, delle derrate alimentari necessarie - nel rispetto dei principi stabiliti dall’art. 9 dell’Ordinamento penitenziario - al confezionamento dei pasti giornalieri completi (colazione, pranzo e cena) […] » (pag. 4 del capitolato speciale d’appalto). Poiché per poter cucinare i pasti è necessario provvedere all’approvvigionamento delle derrate alimentari, la relativa fornitura è una delle componenti del servizio di ristorazione.
9.1. L’assunto è infondato.
9.2. Secondo l’art. 1, comma 53, della legge n. 190 del 2012, l’iscrizione nell’ «elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa» di cui al comma 52 della medesima legge, è richiesta – tra l’altro – per le imprese che svolgono attività di «ristorazione, gestione delle mense e catering» [lettera i- ter ) del comma 53 cit.].
Come si evince dalla descrizione dell’oggetto dell’appalto sopra riferita (di cui all’art. 3 del capitolato prestazionale), il servizio di cui trattasi ha per oggetto unicamente l’approvvigionamento e la fornitura delle derrate alimentari necessarie al confezionamento dei pasti giornalieri per i detenuti;non, dunque, la preparazione dei pasti (che rientrerebbe nella ristorazione o nel catering) né il servizio mensa.
9.3. La norma, comportando - secondo la dominante giurisprudenza (ex multis Consiglio di Stato, sez. III, 30 settembre 2022, n. 8432) - la configurazione di una speciale causa di esclusione, applicabile anche in mancanza di una specifica menzione nella lex specialis di gara e non contrastante col principio di tassatività delle cause di esclusione, impone comunque una interpretazione legata allo stretto significato letterale della prescrizione. Per cui non è ammissibile estendere il riferimento alle attività di «ristorazione, gestione delle mense e catering» fino a comprendervi anche le attività meramente preparatorie (quali sono l’approvvigionamento e la fornitura delle derrate alimentari che dovranno essere utilizzate nelle successive fasi di preparazione dei pasti).
10. Con il quarto motivo, la società appellante deduce l’ingiustizia della sentenza nella parte in cui ha ritenuto di respingere il motivo con il quale, seppure in via subordinata, l’appellante aveva censurato l’intera procedura di gara perché viziata a monte dalla previsione dell’assegnazione del punteggio tecnico secondo il sistema tabellare on/off , ritenendo che la stazione appaltante goda di ampia discrezionalità nel formulare i criteri di valutazione delle offerte e rimarcando come il criterio on/off riguardava l’assegnazione di meno della metà del punteggio tecnico (29 su 70 punti), circostanza idonea – secondo il primo giudice - a comprovare l’irrilevanza di una siffatta modalità di assegnazione del punteggio.
Reitera, pertanto, le censure sul punto, sottolineando inoltre – in critica alla sentenza - come i criteri per l’assegnazione dei 29 punti, sui 70 complessivi riservati all’offerta tecnica, erano poco selettivi, e quindi non avrebbero garantito un confronto concorrenziale effettivo, in violazione dell’art. 95 del d.lgs. n. 50 del 2016, tant’è vero che tutti gli operatori economici concorrenti li hanno conseguiti. Sarebbe mancata, quindi, una effettiva concorrenza, che si sarebbe trasferita esclusivamente sul piano economico, trasformando la gara in una procedura al massimo ribasso. non sembra condivisibile.
10.1. Non può convenirsi sulla correttezza di tali assunti.
10.2. Secondo la condivisibile giurisprudenza, la valutazione on/off prevista dalla lex specialis non si pone in contrasto con l’art. 95, comma 10- bis , cit. , posto che, relativamente alla valutazione della qualità tecnica dell’offerta, la stazione appaltante ben poteva, nella sua discrezionalità, privilegiare parametri di valutazione di tipo oggettivo, non essendo incompatibile tale scelta discrezionale con la disciplina in tema di offerta economicamente più vantaggiosa (in tal senso si vedano Cons. Stato, sez. V, 26 marzo 2020, n. 2094 e 7 giugno 2021, n. 4301;anche sez. III, 2 novembre 2023, n. 9400). In sostanza, manca un’apposita previsione normativa che imponga alla stazione appaltante di definire criteri caratterizzati dal punteggio graduabile, implicante l’esercizio di un potere discrezionale in fase di valutazione delle singole offerte acquisite alla procedura di gara, in luogo del dato oggettivo della presenza ( on ) o meno ( off ) di alcuni elementi.
11. In conclusione, l’appello va integralmente rigettato.
12. La disciplina delle spese di lite per il grado di appello segue la regola della soccombenza, nei termini di cui al dispositivo.