Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-12-14, n. 202310802
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Testo completo
Pubblicato il 14/12/2023
N. 10802/2023REG.PROV.COLL.
N. 00205/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 205 del 2021, proposto da PE AN e IA RC, rappresentati e difesi dagli avvocati Vito Petrarota e (giusta nuova procura) Alfonso Celotto, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia;
contro
Comune di OS, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avv. Donato Mennuti, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia;
Consorzio Edilizio AR Comparto S1, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avv.ti NI Coscia e Pietro Pesacane, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avv. Massimo Camaldo, sito in Roma, via Velletri n. 21;
NI CA, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per la Basilicata (Sezione prima) n. 545/2020.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di OS e del Consorzio Edilizio AR Comparto S1;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di ulteriore procuratore della parte appellante;
Viste le memorie delle parti;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore il cons. PE La Greca;
Uditi nell’udienza pubblica del 19 ottobre 2023 per le parti gli avvocati Alfonso Celotto e Pietro Pesacane, anche in sostituzione degli avvocati NI Coscia e Donato Mennuti;
Rilevato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.1.- Con una prima domanda di annullamento veicolata con il ricorso introduttivo di primo grado gli originari ricorrenti (e odierni appellanti) impugnavano la nota n. 13483 del 23 luglio 2019, con la quale il Comune di OS comunicava l’inizio di lavori di realizzazione di opera pubblica da parte del Consorzio Edilizio A.R. Comparto S1 su area, ivi meglio specificata, abusivamente occupata dagli stessi appellanti.
1.2.- A sostegno delle proprie pretese deducevano i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere stante il pregresso intervenuto annullamento giurisdizionale (con sentenza del T.a.r. per la Basilicata n. 1023/2015) dell’ordinanza di ripristino n. 6 del 2016 in precedenza emanata (con ciò concretandosi, in tesi, una asserita violazione del giudicato formatosi su detta sentenza), oltre che il vizio di incompetenza dell’organo in ragione dell’adozione del provvedimento di sgombero con atto del dirigente comunale in luogo del Consorzio, unico titolato ad esperire le azioni a tutela della proprietà. I ricorrenti deducevano anche la violazione dell’art. 374 c.p. e il difetto di motivazione dell’atto impugnato.
1.3.- Con il primo ricorso per motivi aggiunti i ricorrenti impugnavano, con richiesta di annullamento, le ordinanze di ripristino dello stato dei luoghi n. 50 del 30 agosto 2019 e n. 52 del 5 settembre 2019 (quest’ultima di rettifica della prima), avverso le quali deducevano l’omessa comunicazione di avvio del procedimento, il difetto di istruttoria, la mancata destinazione dell’area interessata a opere e spazi pubblici (con conseguente, asserita, impossibilità di realizzazione dell’intervento programmato), l’omessa sottoscrizione della prodromica convenzione urbanistica da parte del Consorzio interessato, la riconducibilità degli interventi alle c.d. attività di « edilizia libera » (art. 6, d.P.R. n. 380 del 2001). I ricorrenti reiteravano, quindi, le doglianze proposte con il ricorso introduttivo.
1.4.- Oggetto di un secondo ricorso per motivi aggiunti era la domanda di annullamento dell’ordinanza sindacale n. 31 del 27 settembre 2019, con la quale il Sindaco del Comune di OS – nell’esercizio dei poteri di ufficiale di Governo – disponeva la rimozione d’ufficio, mediante personale comunale in cooperazione con la « Forza pubblica » ai sensi dell’art. 54 d. lgs. n. 267 del 2000, delle opere già indicate nell’ordinanza n. 50 del 2019.
Gli originari ricorrenti deducevano, dunque, la violazione del predetto art. 54 TUEL sotto il profilo dell’asserito disfunzionale impiego dei poteri contingibili e urgenti per far fronte a esigenze di tutela di beni pubblici – e, quindi, asseritamente diverse da quelle riconducibili all’ordine pubblico e alla sicurezza pubblica – per le quali l’ordinamento predisporrebbe e disciplinerebbe strumenti di diversa natura (quale l’autotutela possessoria). Il predetto ricorso per motivi aggiunti riproponeva, anch’esso, le doglianze dedotte con il ricorso introduttivo.
2.1.- Il T.a.r. per la Basilicata, con sentenza n. 545 del 2020, dichiarava improcedibili il ricorso introduttivo e il secondo ricorso per motivi aggiunti:
- quanto al ricorso introduttivo, col quale era stata impugnata la nota prot. n. 13483 del 23 luglio 2019, di diffida alla rimozione delle opere abusive realizzate sulla particella 1336, foglio 48, del catasto urbano del Comune di OS, poiché quest’ultimo aveva, successivamente, emanato le ordinanze nn. 50 e 52 del 2020 di ripristino dello stato dei luoghi (oggetto del primo atto di motivi aggiunti), provvedimenti che davano luogo ad una sopravvenuta carenza di interesse;
- quanto al secondo ricorso per motivi aggiunti, in ragione della avvenuta rimozione delle opere oggetto dell’ordinanza del sindaco impugnata con gli stessi motivi aggiunti.
2.2.- Il T.a.r. dichiarava inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo la censura secondo cui l’attuazione dell’ordine di demolizione avrebbe integrato il reato di cui art. 374 c.p.
2.3.- Nel merito, in relazione al primo atto di motivi aggiunti, il T.a.r. ne pronunciava la complessiva infondatezza sul rilievo che:
- irrilevante sarebbe stata l’omessa comunicazione di avvio del procedimento, considerato che – ove pur garantito l’apporto partecipativo – il contenuto degli atti impugnati non avrebbe potuto essere diverso;
- sarebbe rimasto incontestato che le opere realizzate da parte ricorrente si frapponessero alla realizzazione della strada e del marciapiede previsti dalla « scheda S1 »;
- la previsione urbanistica posta a base della destinazione dell’area a opere e spazi pubblici sarebbe rimasta inoppugnata;
- la sentenza del medesimo T.a.r. n. 769 del 2018 avrebbe dato atto dell’intervenuta estinzione automatica del diritto di superficie dei ricorrenti sulla particella n. 1336 (estinzione automatica che avrebbe privato di legittimazione i ricorrenti a seguito di cessione volontaria dell’area al consorzio edilizio del comparto S1);
- destituita di fondamento sarebbe stata la tesi secondo cui il Comune, avendo ceduto volontariamente la proprietà del suolo al consorzio edilizio del comparto S1, si sarebbe privato di ogni potere ad adottare provvedimenti autoritativi;
- infondata sarebbe la censura di difetto di motivazione dei provvedimenti impugnati.
3.- Avverso la predetta sentenza ha interposto appello la parte privata la quale ne ha chiesto la riforma.
3.1.- Con un primo