Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-01-08, n. 202400260

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-01-08, n. 202400260
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202400260
Data del deposito : 8 gennaio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/01/2024

N. 00260/2024REG.PROV.COLL.

N. 04789/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4789 del 2023, proposto da
Gosis Consorzio Stabile Soc. Cons. a r.l. in proprio e n.q. di capogruppo del r.t.i. costituendo con Maturo Costruzioni S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati A A, B D D, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio A A in Roma, via degli Avignonesi n. 5;

contro

Ministero della Cultura, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Agenzia Nazionale per l'attrazione degli Investimenti e lo sviluppo d'Impresa S.p.A. – Invitalia S.P.A, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Marco Martinelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Società Cooperativa Archeologia, in proprio e nella qualità di mandataria del r.t.i. con De Marco S.r.l. e Minerva Restauri S.r.l. quali mandanti, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Paolo Clarizia, Maria Ida Leonardo, Giovanni La Fauci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la revocazione della sentenza del CONSIGLIO DI STATO - SEZ. V n. 01987/2023, resa tra le parti.


Visti il ricorso per revocazione e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Cultura, dell’Agenzia Nazionale per l'attrazione degli Investimenti e lo Sviluppo d'Impresa S.p.A. – Invitalia S.P.A, nonché della Società Cooperativa Archeologia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 novembre 2023 il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e uditi per le parti gli avvocati Abbamonte, Martinelli e Leonardo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.Con la sentenza n. 1987 del 27 febbraio 2023, indicata in epigrafe, questa Sezione ha accolto l’appello proposto dalla Cooperativa Archeologia, in proprio e nella qualità di capogruppo mandataria del costituendo r.t.i. con De Marco s.r.l. e Minerva Restauri s.r.l. (mandanti),

contro

Gosis Consorzio Stabile soc. cons. a r.l. e nei confronti del Ministero della Cultura e dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa – Invitalia s.p.a., in qualità di centrale di committenza per conto del Ministero – Parco Archeologico di Pompei, contro la sentenza del T.a.r. per la Campania n. 4731/2022, resa tra le parti.

1.1. Con quest’ultima decisione era stato accolto il ricorso proposto dal r.t.i. Consorzio Gosis, già primo nella graduatoria della procedura di gara aperta per l’affidamento dei lavori di “ Messa in sicurezza, consolidamento e restauro dell’insula meridionalis, dal Tempio di Venere al foro triangolare di Pompei scavi regio VIII, insulae 1, 2 e 7 ”, avverso il provvedimento di esclusione del 4 aprile 2022.

Questa era stata disposta ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c-bis) del d.lgs. n. 50 del 2016 e dell’art. 18.1 del disciplinare, perché la consorziata V M s.r.l. (designata esecutrice dal Consorzio Gosis unitamente ad altre due imprese consorziate) era stata destinataria di un provvedimento di risoluzione contrattuale da parte del Parco Archeologico di Ercolano.

Il ricorso era stato accolto nella sola parte deducente l’obbligo per la stazione appaltante di invitare il raggruppamento capeggiato da Gosis a procedere alla sostituzione della consorziata designata esecutrice, colpita dalla causa di esclusione.

1.2. Con la sentenza di primo grado era stato invece respinto il ricorso incidentale, integrato da motivi aggiunti, proposto dal r.t.i. Cooperativa Archeologia, dichiarata aggiudicataria con provvedimento prot. n. 945554 dell’11 aprile 2022, già impugnato col ricorso principale.

1.2. La società Cooperativa Archeologia in proprio e nella qualità di capogruppo mandataria del costituendo r.t.i. sopra detto, appellava la sentenza con quattro motivi.

1.3. Il collegio d’appello - dopo aver illustrato tutti e quattro i motivi di gravame e respinto l’eccezione di improcedibilità dell’appello sollevata dalla difesa del Consorzio Gosis - ha esaminato preventivamente il quarto motivo, ritenendo la questione ivi dedotta (concernente la sostituzione della consorziata colpita da causa di esclusione) “ strettamente connessa alle argomentazioni contenute nel primo motivo ”.

1.3.1. Ha quindi ritenuto errata la decisione di primo grado di consentire, nella procedura de qua , la sostituzione della consorziata designata esecutrice, colpita da causa di esclusione, perché in contrasto sia con la sentenza dell’Adunanza plenaria n. 2/2022 sia con l’art. 10.5.1 del disciplinare di gara, in quanto “ era pacifica l’impossibilità di ricorrere ad un soggetto estraneo alla compagine che si è presentata per la valutazione ”.

1.4. A completamento di tale conclusione ed “ a dimostrazione della specificità della controversia sottoposta al Collegio ”, la sentenza ha richiamato i principi espressi dalla sentenza della stessa V Sezione, 7 marzo 2022, n. 1615, a proposito dell’interpretazione dell’art. 146, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016 per l’esecuzione dei lavori nel settore dei beni culturali, come nel caso di specie.

1.5. L’appello è stato perciò accolto (con assorbimento delle ulteriori censure dedotte dall’appellante) e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, è stato respinto il ricorso di primo grado.

1.5.1. Le spese processuali dei due gradi sono state compensate per giusti motivi.

2. Gosis Consorzio Stabile soc. cons. a r.l., in proprio e nella qualità di capogruppo del r.t.i. costituendo con l’impresa Maturo Costruzioni s.r.l., ha proposto ricorso per revocazione, ai sensi degli artt. 106 c.p.a. e 395 n. 4 c.p.c., sulla base di due motivi per la fase rescindente.

Il Ministero della Cultura, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa s.p.a. – Invitalia e la società Cooperativa Archeologia, in proprio e nella qualità anzidetta, si sono costituiti per resistere al ricorso.

2.1. All’udienza del 23 novembre 2023 la causa è stata discussa e assegnata a sentenza, previo deposito di memorie e repliche.

3. Col primo motivo si denuncia l’errore di fatto che sarebbe contenuto nel seguente passaggio motivazionale della sentenza impugnata:

<<18.2.2. Nel provvedimento di esclusione di Invitalia si legge che:

a) “ ai sensi dell’articolo 48, co.

7-bis del Codice dei Contratti «È consentito, per le ragioni indicate ai successivi commi 17, 18 e 19 o per fatti o atti sopravvenuti, ai soggetti di cui all'articolo 45, comma 2, lettere b) e c), designare ai fini dell'esecuzione dei lavori o dei servizi, un'impresa consorziata diversa da quella indicata in sede di gara, a condizione che la modifica soggettiva non sia finalizzata ad eludere in tale sede la mancanza di un requisito di partecipazione in capo all'impresa consorziata»
”;

b) ai sensi dell’art. 10.5.1 del disciplinare di Gara, “ In caso di partecipazione in forme aggregate, i requisiti di ordine generale dovranno essere, a pena di esclusione, posseduti: […] ii) in caso di consorzi stabili, […] dal consorzio e dalle consorziate designate quali esecutrici ”;
- “ la carenza dei requisiti generali in capo ad una delle consorziate comporta l’esclusione del consorzio intero dall’intera procedura di gara ”.>>.

Il Consorzio ricorrente evidenzia che l’art. 10.5.1 non contiene tale ultimo periodo, sicché nella sentenza sarebbe stata effettuata una crasi tra disciplinare di gara e provvedimento di Invitalia del 4 aprile 2022, oggetto dell’impugnativa, il quale, dopo avere correttamente richiamato l’art. 10.5.1 del disciplinare, aveva precisato che la giurisprudenza prevalente ( ex multis Consiglio di Stato Sez. V 02.02.2021 n. 964) era costante nel ritenere che “ la carenza dei requisiti generali in capo ad una delle consorziate comporta l’esclusione del consorzio intero dall’intera procedura di gara ”.

L’errore di fatto sarebbe allora consistito nell’avere fatto riferimento ad un preteso testo del disciplinare di gara che in realtà disponeva in senso diverso.

3.1. Secondo il ricorrente, si sarebbe trattato di errore decisivo nel percorso logico della decisione, perché il Consiglio di Stato avrebbe ritenuto che i principi della sentenza dell’Adunanza plenaria n. 2/2022 in tema di sostituibilità delle imprese designate esecutrici dal consorzio stabile non trovassero applicazione in quanto vi sarebbe stato di ostacolo il testo dell’art. 10.5.1.

3.1.1. Inoltre, sul testo di tale ultimo articolo del disciplinare non vi sarebbe stata contestazione di sorta tra le parti nel corso del giudizio di I e II grado, né esso sarebbe mai stato posto a fondamento dei motivi di appello.

4. Il motivo non merita favorevole apprezzamento.

4.1. L’errore revocatorio denunciato dal ricorrente non è manifesto perché, nella parte in contestazione, la sentenza non riporta il testo dell’art. 10.5.1 del disciplinare di gara, ma, come notato dalle resistenti ed esplicitato nell’ incipit del relativo paragrafo della motivazione (18.2.2), riporta il testo del provvedimento di Invitalia oggetto di impugnazione.

4.2. Anche a voler ritenere che vi sia stato effettivamente un fraintendimento sul testo dell’art. 10.5.1, l’errore non sarebbe comunque decisivo.

Invero, la clausola della legge di gara è riportata a completamento della motivazione sulla ritenuta impraticabilità, nel caso di specie, della sostituzione dell’impresa consorziata colpita da causa di esclusione. Per come si desume chiaramente dalla sentenza, la ratio decidendi si fonda in primo luogo sui principi espressi dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato con la sentenza n. 2 del 2022, estesi ai consorzi stabili. Al punto 18.3, lett. a), della motivazione è detto expressis verbis che la conclusione cui è giunto il T.a.r. (vale a dire la possibilità di sostituire la consorziata V M con altra impresa esecutrice) “[…] collide:

a) con le conclusioni cui è giunta l’Adunanza plenaria nella più volte citata sentenza 2/2022 per cui non è ammessa qualunque sostituzione ma è ammessa la sostituzione in quanto, come ben rammenta l’appellante, i membri superstiti del raggruppamento interessato dalla modifica soggettiva possiedano comunque le qualificazioni richieste per la partecipazione alla gara (vanno richiamati i principi affermati dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria10/2021); […]”.

In definitiva, il collegio ha ritenuto operante nel caso di specie il divieto della c.d. sostituzione per addizione, che presuppone, appunto, che le altre consorziate indicate come esecutrici possano colmare la carenza di qualificazione determinata dalla fuoriuscita dell’esecutrice colpita da causa di esclusione, senza che possa farsi ricorso ad operatori economici, pur consorziati, ma diversi da quelli originariamente indicati.

Dato ciò – da ritenersi incontrovertibile nel giudizio per revocazione, attenendo all’individuazione dei principi di diritto da applicare alla fattispecie, ovviamente estranea all’ambito di operatività dell’errore revocatorio – il prosieguo della motivazione corrobora la conclusione raggiunta, mediante il riferimento alla clausola 10.5.1 del disciplinare, nonché mediante il riferimento all’art. 146 del d.lgs. n. 50 del 2016, di cui si dirà trattando del secondo motivo.

4.3. La ritenuta impraticabilità della sostituzione c.d. additiva nel settore dei beni culturali anche rispetto alle imprese indicate come esecutrici dai consorzi stabili è una ragione della decisione che, oltre a sorreggere autonomamente l’accoglimento dell’appello, rendendo già perciò inammissibile la revocazione, rende manifesta comunque siffatta inammissibilità, sia per la mancanza di un errore revocatorio manifesto nella lettura del disciplinare di gara, sia, a tutto voler concedere, per la mancanza di decisività di quello sostenuto dalla ricorrente.

4.4. Il primo motivo di revocazione è quindi inammissibile.

5. Col secondo motivo si denuncia l’errore di fatto che sarebbe consistito:

- per un verso, nell’avere deciso sul primo motivo di gravame, che sarebbe stato inammissibile;

- per altro verso, nell’avere travisato le previsioni del disciplinare di gara in tema di dichiarazione sulle quote di esecuzione dei lavori da rendere distintamente da parte del consorzio stabile e delle consorziate esecutrici.

5.1. Il ricorrente riferisce che, a fronte del motivo di ricorso incidentale col quale era stato dedotto sia che ciascuna consorziata avrebbe dovuto possedere l’intera qualificazione per ciascuna categoria e classifica di lavori sia che l’a.t.i. aveva omesso la dichiarazione delle quote di esecuzione dei lavori da parte di ciascuna impresa componente, ed a fronte delle difese svolte da parte del Consorzio Gosis sull’una e sull’altra censura (riportate nel ricorso per revocazione), il tribunale aveva respinto il motivo, decidendo come segue:

- quanto al primo profilo, ritenendo che non si potesse affermare l’obbligo di ciascuna consorziata di qualificarsi per l’intero importo delle lavorazioni previste;

- quanto al secondo profilo, ritenendo che il disciplinare non imponesse alcuna dichiarazione circa il riparto delle quote di esecuzione tra le consorziate dei consorzi stabili.

5.2. Secondo il ricorrente, il primo motivo di appello si sarebbe dovuto qualificare come “intruso” perché contenente censure riguardanti indistintamente sia i requisiti generali, sia quelli economico/tecnico-professionali, sia il subappalto delle prestazioni oggetto di gara da parte della capogruppo Gosis, sia infine l’indeterminatezza della proposta di Gosis relativamente alle quote di esecuzione dei lavori, con conseguente applicazione dell’art. 146 del d.lgs. n. 50 del 2016.

5.3. Il ricorrente critica poi il seguente passaggio motivazionale della sentenza n. 1987/2023:

<<18.5.1. Questa Sezione ha avuto modo di approfondire, di recente, la complessa questione degli appalti nel settore dei beni culturali con una sentenza, correttamente richiamata dalla difesa dell’appellante (Consiglio di Stato, Sez. V, 7 marzo 2022, n. 1615) e, in effetti, non considerata in alcun modo dal TAR.

18.5.2. Nella sentenza appena citata si afferma:

a) che il secondo comma dell’art. 146 del d.lgs. 50 del 2016 pone un ineliminabile rapporto tra effettiva esecuzione dei lavori e relativa qualificazione, “ che si traduce nella regola, simmetrica, che soltanto l’operatore effettivamente qualificato per lavori di una determinata categoria e di un determinato importo, è abilitato all’esecuzione ”.

c) che “ Quest’ultima regola è esplicitamente posta, d’altronde, dal comma 1 dello stesso art. 146 che richiede “il possesso di requisiti specifici e adeguati ad assicurare la tutela del bene oggetto di intervento ”;

c) che “ Si tratta di norme che, non prevedendo l’art. 146 alcuna eccezione in ragione della qualificazione soggettiva dell’operatore economico concorrente, si applicano anche ai consorzi stabili ”;

d) che “ La specifica qualificazione richiesta da un bando di gara per l’esecuzione di lavori nel settore dei beni culturali, potendo essere utilizzata soltanto dal soggetto che quei lavori abbia eseguito e che sia in possesso dei requisiti corrispondenti, comporta che, nel caso di partecipazione di un consorzio stabile a una procedura di gara, a prescindere dalla qualificazione del consorzio e/o di altre consorziate, la qualificazione richiesta debba essere comunque posseduta da ciascuna delle imprese designate per l’esecuzione del contratto.

La regola è da intendersi riferita non solo alla categoria dei lavori, ma anche al loro importo, cioè alla classifica, di modo che, quando un’impresa consorziata sia qualificata per eseguire lavori sino ad un importo massimo (incrementato di un quinto ex art. 61 del d.P.R. n. 207 del 2010), non può, nel settore dei beni culturali, eseguire lavori eccedenti tale importo, anche se facente parte di un consorzio stabile. Ne consegue che, al fine di consentire alla stazione appaltante la verifica del rispetto della disposizione, è necessario che anche le imprese esecutrici designate da un consorzio stabile, oltre ad essere qualificate per l’esecuzione dei lavori, possedendo in proprio la relativa categoria, indichino la quota di esecuzione dei lavori corrispondente alla classifica ”;

e) che la violazione dell’art. 146 si traduce in una causa di esclusione che, in quanto prevista dalla legge, non deve essere riprodotta anche nella lex specialis .>>.

5.4. Il ricorrente precisa che il disciplinare di gara nulla disponeva in tema di indicazione delle quote di esecuzione dei lavori e che il Consorzio Stabile Gosis era in possesso di tutte le qualificazioni richieste dal disciplinare Invitalia e le consorziate designate erano a loro volta in possesso, in parte qua , di quanto richiesto dal medesimo disciplinare in ordine all’esecuzione dei lavori ai sensi dell’art. 146, per come avvalorato dalla successiva previsione dell’art. 18.1 del medesimo disciplinare.

5.5. Dato quanto sopra, il Consorzio chiede la revocazione della sentenza perché:

- in primo luogo, il primo motivo del ricorso incidentale si sarebbe dovuto reputare inammissibile, in quanto avrebbe finito per dimostrare soprattutto l’illegittimità della situazione giuridica in cui versava la stessa ricorrente;

- in secondo luogo, la corretta e completa lettura complessiva del disciplinare di gara avrebbe reso evidente la volontà di Invitalia di fare affidamento sull’operatore economico unitario Consorzio Stabile, richiedendo unicamente le qualificazioni per le consorziate relative alle lavorazioni di ciascuna, senza necessità di una distinta dichiarazione, che era prevista per le a.t.i. ma non per i consorzi stabili.

6. Il motivo è inammissibile sotto entrambi i profili.

6.1. Va premesso che la sentenza non ha deciso sul primo motivo di appello, avendo assunto la decisione sulla base del quarto, pur avvalendosi di argomentazioni tratte dal primo. Tale iter logico-giuridico della decisione è esplicitato nell’ incipit del punto 17 della motivazione, secondo cui “ Esigenze di ordine logico sistematico inducono ad esaminare preventivamente il quarto motivo d’appello. In particolare, l’attenzione si deve rivolgere alla questione della erroneità della sentenza di primo grado che ha ammesso la sostituzione della consorziata colpita da causa di esclusione. E’ peraltro da osservare che la questione dedotta nel quarto motivo di appello è centrale ma che essa è strettamente connessa alle argomentazioni contenute nel primo motivo che si sostanziano nel fatto che la “motivazione del Tar va comunque – e soprattutto – censurata poiché non considera affatto che si verte nel settore dei beni culturali” (pagina 10 dell’atto di appello). […]>>.

Avendo la sentenza esaminato le censure di cui al quarto motivo, ne è risultato assorbito il primo, come da statuizione conclusiva (punto 19).

6.2. Peraltro, anche a voler ritenere diversamente, non è chiaro il senso della dedotta inammissibilità del primo motivo di appello, riferita ad una sorta di abuso del processo da parte di Cooperativa Archeologia.

In disparte la novità della censura, eccepita dalle parti resistenti, è sufficiente osservare che, se anche il giudice a quo avesse deciso nel merito di un motivo inammissibile, si sarebbe trattato tutt’al più di error in procedendo estraneo alle previsioni degli artt. 106 c.p.a. e 395, n. 4 c.p.c.

6.3. Analogamente estraneo all’ambito applicativo di queste ultime è il secondo profilo di censura, che, anche ove fosse corrispondente al tenore della decisione, riguarderebbe, a tutto voler concedere, un error in iudicando , non certo un errore revocatorio.

Il Consorzio ricorrente non ha infatti denunciato – diversamente da quanto fatto col primo motivo di revocazione – un errore nella lettura del testo del disciplinare di gara, bensì un errore interpretativo circa l’obbligo, fissato o meno nella legge di gara, di rendere una dichiarazione separata riguardante le quote di esecuzione dei lavori da parte delle imprese consorziate indicate come esecutrici da un consorzio stabile.

6.3.1. Peraltro, la sentenza è pervenuta alla decisione di accoglimento dell’appello, prescindendo dalla questione posta dal Consorzio ricorrente, circa la portata del disciplinare di gara, ma avvalendosi, oltre che del già detto divieto della sostituzione c.d. additiva applicato ai consorzi stabili, della peculiarità della disciplina dettata dal Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50 del 2016 per gli appalti nei settori dei beni culturali.

In proposito il Consiglio di Stato ha richiamato il proprio precedente (n. 1615/2022) in merito agli obblighi gravanti sulle consorziate dei consorzi stabili nel settore dei beni culturali, al fine di evidenziare la peculiarità dell’appalto de quo , anche in ordine alla ritenuta differenziazione di quest’ultimo rispetto a quelli oggetto dei precedenti di cui alle sentenze dello stesso Consiglio di Stato, V, 7 novembre 2022, n. 9762 e 11 novembre 2022, n.9923 (sulle quali la sentenza si è intrattenuta ai punti 17.2 e 17.3, osservando che “ le sentenze appena citate sono del tutto inconferenti rispetto al caso qui esaminato ”). Uno dei tratti essenziali di differenza è stata ritenuta l’appartenenza al settore dei beni culturali.

Tant’è che, come si legge al punto 18.5 della sentenza, “ Un altro elemento è da sottolineare, a dimostrazione della specificità della controversia sottoposta al Collegio ”, vale a dire la circostanza che la sentenza del T.a.r. non aveva tenuto in considerazione la detta sentenza n. 1615/2022, con la quale era stata approfondita la “ complessa questione degli appalti nel settore dei beni culturali ”, disciplinati dall’art, 146 del d.lgs. n. 50 del 2016.

Richiamando i principi espressi da quest’ultima sentenza, il collegio decidente ha inteso, non tanto (o non solo) affermare la necessaria indicazione delle quote di esecuzione dei lavori da parte delle consorziate indicate come esecutrici, quanto ribadire come, vertendosi in tema di beni culturali con previsione specifica (punto 10.5.2. del disciplinare) sull’obbligo di qualificazione anche delle consorziate esecutrici nelle categorie e classifiche attinenti a tali beni culturali, la qualificazione delle consorziate esecutrici costituisse elemento strutturale della complessiva qualificazione richiesta al concorrente.

Pertanto - come ridetto - ha, in sintesi, ritenuto che, venendo a mancare una di dette imprese, perché colpita da causa di esclusione, la consorziata esecutrice non avrebbe potuto essere sostituita da altra, pur se appartenente al medesimo consorzio stabile, ma non indicata come esecutrice.

Anche ammesso che si tratti di questione controversa (in specie se si considera l’ulteriore aspetto della sostituibilità da parte dello stesso consorzio), essa non ha nulla a che vedere con l’errore revocatorio.

6.4. Il sostanziale, evidente riferimento delle censure del ricorrente per revocazione ad una decisione di puro diritto rende nel suo complesso inammissibile anche il secondo motivo.

7. In conclusione, la revocazione va dichiarata inammissibile.

7.1. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, salvo che nei confronti del Ministero della Cultura, sussistendo giusti motivi di compensazione per la posizione processuale marginale e la sostanziale mancanza di attività difensiva.

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