Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-03-31, n. 201501689

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-03-31, n. 201501689
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201501689
Data del deposito : 31 marzo 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06899/2014 REG.RIC.

N. 01689/2015REG.PROV.COLL.

N. 06899/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello n. 6899 del 2014, proposto dal
Ministero dell’economia e delle finanze - Comando generale della Guardia di finanza, in persona del ministro legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi n.12;

contro

A R M, rappresentato e difeso dall’avv. A F T, ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma, viale delle Medaglie d’oro n. 266, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione seconda, n. 677 del giorno 8 maggio 2014, resa tra le parti e concernente la perdita del grado per rimozione


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di R A Maresca;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2014 il Cons. D S e uditi per le parti l’avvocato Tartaglia e l'avvocato dello Stato Noviello;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso iscritto al n. 6899 del 2014, il Ministero dell’economia e delle finanze - Comando generale della Guardia di finanza propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione seconda, n. 677 del giorno 8 maggio 2014 con la quale è stato accolto il ricorso proposto A R M per l'annullamento della determinazione di perdita del grado disposta dalla Guardia di Finanza - Comando Interregionale dell'Italia Sud Occidentale a firma del Comandante interregionale dell'Italia Sud-Occidentale Guardia di Finanza di Palermo (pervenuta per il tramite del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Crotone, con nota n. 211542/13 del 17.07.2013), notificata al ricorrente in data 18.07.2013, ad integrazione del messaggio n. 351079/13 datato 24.06.2013, notificato al ricorrente in data 24 giugno 2013, con il quale il Comandante del Comando Interregionale dell'Italia Sud - Occidentale di Palermo, in esito al procedimento disciplinare di stato instaurato nei confronti del ricorrente, aveva adottato nei suoi confronti il provvedimento di "Perdita del grado per rimozione", con decorrenza a far data dal 24.06.2013;
della nota n. 211542/13 del 17.07.2013 del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Crotone;
del messaggio n. 351079/13 datato 24.06.2013, notificato al ricorrente in data 24 giugno 2013, con il quale il Comandante del Comando interregionale dell'Italia Sud - Occidentale di Palermo, in esito al procedimento disciplinare di stato instaurato nei confronti del ricorrente, ha adottato il provvedimento di "Perdita del grado per rimozione", con decorrenza a far data dal 24.06.2013;
la nota avente protocollo n. MDE24385/8692/Cod.id.CM0 Ind.C1.10.3.4.3 datata 10.05.2013 del Dipartimento Militare di Medicina Legale Commissione Medica Ospedaliera avente ad oggetto "Commissione di disciplina a carico dell'Appuntato Scelto MARISCA R A "843383X", in servizio presso la .Compagnia di Crotone", con il quale è stato comunicato al ricorrente che in data 20.05.2013 (data di scadenza della temporanea non idoneità concessa dalla C.1\LO.) sarebbe stato sottoposto a visita sia per la valutazione dell'idoneità al S.M.1., sia per esprimere parere, come richiesto dalla Commissione di Disciplina, se "la patologia è di natura temporanea e tale da impedire o comunque diminuire la cosciente e consapevole partecipazione dell'interessato al. procedimento disciplinare con particolare riferimento alla produzione di memorie difensive in ordine agli addebiti mossi";
della nota prot. n. 0382909/13 del 9.7.2013 con la quale la Guardia di Finanza - Comando interregionale dell'Italia Sud - Occidentale - Ufficio Personale ed AA.GG. - Sezione Contenzioso ha rigettato l'istanza di accesso ai documenti presentata dal ricorrente;
dell'atto prot. n. 0097474/13 del 29.03.2013, notificato al ricorrente in data 06.04.2013, con il quale il Comando Regionale Calabria della Guardia di Finanza ha annullato "l'ordine di deferimento e di nomina e convocazione di una Commissione di Disciplina" n. 13777 datato 15 gennaio 2011 del Comandante Regionale Calabria e tutti gli atti successivi e conseguenti;
del foglio n. 85623/13/148/4 del 20 marzo 2013, con il quale il Comando Generale ha sottolineato la necessità. dí ricorrere all'istituto della rinnovazione, nei termini di cui all'art. 1373 del Decreto Legislativo n. 66/2010;
dell'atto prot. n. 0097505/13 del 29.03.2013, con il quale il Comando Regionale Calabria della Guardia di Finanza ha comunicato al ricorrente di averlo deferito al giudizio di un organo collegiale per i fatti che hanno formato oggetto dell'inchiesta formale disciplinare esperita a suo carico;
dell'atto prot. n. 0097482/13 del 29.03.2013, con il quale il Comando Regionale Calabria della Guardia di Finanza ha nominato e convocato la Commissione di disciplina al fine di dichiarare se, a suo giudizio, l'Appuntato Scelto in servizio Maresca R A sia meritevole di conservare il grado;
dell'atto prot. n. M DE24385/8599 Cod.Id.CM01 1nd.C1.10.3.4.3 del 10.05.2013, con il quale il Dipartimento Militare di Medicina Legale Commissione Medica Ospedaliera 1 di Messina ha comunicato che, in data 20.05.2013, il ricorrente verrà sottoposto a visita sia per la valutazione dell'idoneità al S.M.I., sia per esprimere parere, come richiesto dalla Commissione di Disciplina, se la patologia è di natura temporanea;
dell'atto prot. n. 0138603/13 del 10.05.2013, con il quale il Gruppo Reggio Calabria della Guardia di Finanza ha comunicato al ricorrente che la riunione della Commissione di Disciplina avrà luogo in data 04.06.2013, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale ed in particolare tutti gli atti del procedimento disciplinare e per la conseguente condanna dell'Amministrazione a riammettere immediatamente in servizio il ricorrente con relativa corresponsione in suo favore di tutti gli stipendi arretrati, con interessi e rivalutazione monetaria, dalla data di sospensione dal servizio fino a quella dell'effettiva riammissione.

Dinanzi al giudice di prime cure, con atto notificato in data 29/07/2013, l’originario ricorrente, già appuntato scelto della Guardia di Finanza, in servizio presso la Compagnia di Crotone, premetteva che, in data 17/10/2002, mentre si trovava detenuto, era stato raggiunto dall’ordinanza di custodia cautelare del G.I.P. presso il Tribunale di Milano, emessa in accoglimento della richiesta della Procura della Repubblica, nell’ambito del procedimento penale R.G.N.R. nr. 9276/99 Mod. 21, instaurato a seguito di un’indagine condotta dalla Compagnia mobile della Guardia di finanza di Milano, nei confronti di una consorteria dedita al contrabbando di tabacchi lavorati esteri.

Esponeva che anche il G.I.P. presso il Tribunale di Bari, il successivo 31/10/2002, rinnovava, con le medesime motivazioni e per le identiche ipotesi di reato, la precitata ordinanza di custodia cautelare e che, in data 7/11/2002, mentre si trovava ancora sotto custodia cautelare, veniva sottoposto ad un ulteriore interrogatorio presso il G.I.P. presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, nel corso del quale riferiva di conoscere soltanto due dei coindagati, che gli erano noti quali commercianti di calzature.

Precisava che, in data 8/11/2002, gli veniva commutata la pena nella misura più mite degli arresti domiciliari e che, con provvedimento del G.I.P. del Tribunale di Bari del 23/01/2003, gli venivano disposte la revoca della misura cautelare e l’immediata scarcerazione, cui seguiva immediatamente un provvedimento amministrativo con cui veniva riammesso in servizio e destinato ai servizi generali della caserma.

Esponeva che, nei suoi confronti, non veniva assunto alcun provvedimento neanche a seguito dell’avviso della Procura della Repubblica di Bari del 14/10/2008, di conclusione delle indagini e della richiesta di rinvio a giudizio del 22/05/2009, fino alla comunicazione della sentenza del G.I.P. presso il Tribunale di Bari n. 44 del 18/01/2010, con cui veniva dichiarato il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione dei reati ascritti.

Esponeva che, con Determinazione prot. 0013777/11 del 15/01/2011, il Comandante Regionale Calabria, all’esito dell’inchiesta formale disciplinare, disponeva il suo deferimento alla Commissione di Disciplina.

Precisava che, con nota del 24/01/2011, faceva pervenire al Presidente della Commissione di Disciplina la nomina del proprio difensore nella persona di un Tenente Colonnello nominativamente indicato, che, però, veniva ritenuto incompatibile, con nota prot 0030503/11 del 28/01/2011, per violazione della norma che impone che il difensore non debba essere di grado superiore rispetto al Presidente.

Evidenziava che, dopo aver provveduto alla nomina di altro difensore, la Commissione di Disciplina concludeva i lavori con il verdetto del 17 febbraio 2011, di “non meritevolezza” a conservare il grado, poi recepito nel provvedimento del Comando Interregionale della Guardia di Finanza del 19 aprile 2011, con cui, nel contempo, veniva disposta la rimozione del grado del ricorrente nonché la destituzione dal servizio con decorrenza 19 aprile 2011.

Esponeva che, avverso i precitati atti e provvedimenti disciplinari aveva proposto, presso il T.A.R., il ricorso RG 644 del 2011, che era stato definito con sentenza di rigetto n. 670 del 03/07/2012.

Precisava che, avverso la precitata sentenza aveva proposto appello, che veniva accolto con sentenza Cons. Stato Sez. IV n. 1114 del 25/02/2013, in relazione alla doglianza con cui si deduceva la non sussistenza per “l’ufficiale indicato dal Maresca” di “alcuna incompatibilità ad assumerne la difesa”. In particolare, la sentenza precisava che “ La violazione del relativo diritto, che ne è derivata, è palese e, in ragione del suo carattere anche formale, rileva di per sé, al di là di quella dimostrazione di un concreto pregiudizio di cui la sentenza impugnata vorrebbe invece onerare l’appellante”.

Tutti gli altri profili del gravame in appello venivano “assorbiti”.

Esponeva che, successivamente, veniva rinnovato il procedimento disciplinare ai sensi dell’art. 1373 del D. Lg. n. 66 del 2010, a partire dalla nomina della Commissione di Disciplina.

Avverso l’operato della P.A. in sede di riesercizio del potere, , deduceva:

1) illegittimità per violazione dell'art. 21 scpties della Legge n. 241/1990;
violazione e/o elusione del giudicato per disapplicazione della sentenza n. 1114/2013 dell'Ecc" Consiglio di Stato. Illegittimità per violazione del principio del ne bis in idem. Illegittimità per violazione dell'art. 1370 D. Lgs. n. 66/2010. Illegittimità per violazione dell'art. 24 della Costituzione Italiana: violazione del diritto di difesa. Illegittimità per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 113. Legge n. 241/1990. Eccesso di potere per errore sul presupposto, travisamento e/o erronea valutazione della situazione di fatto sviamento dell'azione amministrativa.Irragionevolezza, ingiustizia manifesta;
eccesso di potere per carenza, illogicità e/o apodititticità e genericità della motivazione;

Ad avviso dell’esponente, la P.A. non avrebbe potuto rinnovare il procedimento disciplinare, poiché sarebbe decaduta dalla relativa potestà, per effetto della sentenza n. 1114/2013 del Consiglio di Stato. Gli atti impugnati sarebbero stati assunti in violazione e/o elusione del giudicato formatosi in relazione alla suddetta sentenza.

2) illegittimità per violazione dell'art. 21 septies della Legge n. 241/1990: violazione e/o elusione del giudicato per disapplicazione della sentenza n. 1114/2013 dell'Ecc.mo Consiglio di Stato.

Eccesso di potere per errore sul presupposto, travisamento ed erronea valutazione della situazione di. fatto, sviamento dell'azione amministrativa. Eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà, incongruenza, irragionevolezza, ingiustizia manifesta. Eccesso di_potere per carenza, illogicità , apoditticità e genericità della motivazione. Eccesso di potere per erroneità dell’impugnata sentenza, carenza ed illogicità della motivazione in ordine alla necessità di_raggiungere la piena prova della. colpevolezza dell’inquisito secondo il canone dell’accertamento “oltre ogni ragionevole dubbio” valido anche in materia disciplinare, in assenza di una sentenza penale di condanna;

Le contestazioni svolte nei confronti del ricorrente non sarebbero fondate e la massima sanzione disciplinare irrogata sarebbe del tutto carente dei necessari presupposti, per insussistenza dell’accertamento dei fatti.

3) illegittimità per violazione dell'art. 1392, comma 1, del D. Lgs. n. 66/2010 (“Codice dell'Ordinamento Militare”) perenzione dell'azione disciplinare. Eccesso di potere per errore sul presupposto, incongruità, illogicità ed irragionevolezza.

Il procedimento disciplinare di stato sarebbe stato avviato nei confronti del ricorrente in data 04.11.2010, cioè oltre il termine di novanta giorni previsto dalla legge per l'avvio del procedimento.

4) illegittimità per violazione dell'art. 1392, comma 3, del D.Lgs. n. 66/2010 (Codice dell'Ordinamento Militare), violazione dell'art. 648 c.p.p., violazione dell'art. 21 bis della L. n. 241/1990, perenzione dell'azione disciplinare. Eccesso di potere per errore sul presupposto, incongruità, irragionevolezza.

Il procedimento disciplinare sarebbe perento, in quanto sarebbe ampiamente decorso il termine di 270 giorni previsti dal Codice dell'Ordinamento Militare per la conclusione del procedimento amministrativo di stato della perdita del grado.

Concludeva per l’accoglimento del ricorso, con vittoria di spese.

Con memoria depositata in data 04/10/13, si costituiva la difesa erariale per le amministrazioni intimate.

Con memoria depositata in data 27/02/14, il ricorrente insisteva nelle già prese conclusioni.

Con memoria depositata in data 28/02/14, la P.A. insisteva per la legittimità del proprio operato.

Alla pubblica udienza del giorno 4 aprile 2014, il ricorso veniva discusso e deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva fondate le censure proposte, sottolineando l’illegittimità dell’operato della pubblica amministrazione, in relazione all’elusione della sentenza d’appello, evidenziando come fosse stato impedito al militare per la seconda volta di avvalersi della difesa dell’ufficiale prescelto.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto ed in diritto operata dal giudice di prime cure, in relazione alla mancata valutazione della promozione al grado superiore, medio tempore, dell’ufficiale difensore.

Nel giudizio di appello, si è costituito A R M, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso, riproponendo altresì le doglianze assorbite dal primo giudice e proponendo appello incidentale.

All’udienza del 16 settembre 2014, l’istanza cautelare veniva accolta, mediante fissazione dell’udienza di trattazione, con ordinanza n. 4120/2014.

Alla pubblica udienza del 2 dicembre 2014, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.

DIRITTO

1. - L’appello è fondato e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati.

2. - Con l’unico motivo di appello, la difesa appellante lamenta falsa applicazione del contenuto della sentenza n. 1114 del 2013 del Consiglio di Stato;
violazione dell’art. 21 della legge n. 241 del 1990;
violazione dell’art. 1380 del D.Lgs. n. 66 del 2013;
erronea valutazione degli atti del giudizio. La censura evidenzia come il primo giudice abbia errato affermando che l’amministrazione avesse impedito al militare di fruire della difesa da parte dell’ufficiale prescelto, attesa l’esistenza di un cogente obbligo normativo in merito alle modalità di formazione della commissione di disciplina in questione.

2.1. - La doglianza va accolta.

In via preliminare, va evidenziato che la sentenza della quale si deduce la violazione del giudicato (ossia la decisione di questa Sezione n. 1114 del 25 febbraio 2013, con cui è stato accolto l’appello proposto dal ricorrente avverso la sentenza del T.A.R. n. 670 del 3 luglio 2012 con riferimento all’unico motivo con cui si è dedotto che non è stato consentito l’espletamento del compito defensionale da parte del “l’ufficiale indicato dal Maresca”, non sussistendo “alcuna incompatibilità ad assumerne la difesa”) ha evidenziato una particolarità nella fattispecie in esame.

Ha affermato, infatti, la detta pronuncia che non sussisteva per l’ufficiale indicato dal Maresca, alcuna incompatibilità ad assumerne la difesa, in quanto “il divieto di ricorrere all’assistenza di un difensore rivestito di un grado più elevato di quello del presidente della commissione non può essere forzato sino a ricomprendere nell’ambito del divieto i militari che, sebbene appartenenti allo stesso grado, abbiano una anzianità maggiore nel grado medesimo.”

Infatti, argomenta la sentenza seguendo l’art. 854, comma 1, del codice dell’ordinamento militare, “l'anzianità di grado, salvo diverse disposizioni, determina la precedenza di un militare rispetto ai pari grado. La precedenza si intende riferita agli atti del servizio o della disciplina militare, secondo quanto stabilito dal presente codice e dal regolamento”.

Per cui, superiorità di grado e anzianità di grado si muovono su piani diversi, l’una escludendo l’altra: l’anzianità di grado presuppone la parità nell’ambito del grado nel quale si fa il raffronto e non può dunque essere invocata nel caso di assistenza del difensore, là dove, lungi dal venire in gioco questioni di precedenza, il fatto impeditivo è costruito dal legislatore in termini di diversità di posizioni nella gerarchia militare, quale si determina in funzione del grado rivestito.

Conclusivamente, la sentenza in esame ha evidenziato l’illegittimo comportamento dell’amministrazione nel momento in cui ha impedito all’ufficiale prescelto dall’attuale appellato, e di grado pari a quello del presidente della commissione, di partecipare all’attività difensiva.

Sulla scorta di tale valutazione, va così pianamente notato come il primo giudice abbia tratto argomenti del tutto incongrui dalla decisione, trasportando su piani diversi i temi dell’efficacia del giudicato.

In particolare, il T.A.R. ha ritenuto illegittima la riedizione dell’esercizio del potere disciplinare, poiché “l'Amministrazione ha rinnovato la composizione della Commissione di Disciplina, senza indicare eventuali ragioni ostative alla nomina dei medesimi soggetti già individuati ed ha nominato, quale Presidente della Commissione, un Tenente Colonnello di grado inferiore rispetto a “l’ufficiale indicato dal Maresca” ( nel frattempo è avanzato al grado di Colonnello) nel primo procedimento disciplinare, in relazione al quale si era pronunciata la sentenza del Consiglio di Stato.”

Tuttavia, la sentenza di questo Consiglio non ha svolto alcuna considerazione sulla composizione della commissione di disciplina e, soprattutto, non ha mai affermato che il presidente dovesse essere nominato tenendo presente il grado del difensore nominato, in modo che fosse illegittima la nomina di un ufficiale di grado inferiore a quello prescelto dall’incolpato. Una tale affermazione, che non si rinviene nella sentenza ma è frutto di una elaborazione del primo giudice, cozza contro la lettera della legge, atteso che l’art. 1370 del Codice dell’ordinamento militare, recante “Contestazione degli addebiti e diritto di difesa”, al comma 3 lett. a) prevede espressamente che il difensore prescelto “non può essere di grado superiore a quello del presidente della commissione”, evidenziando così una chiara successione temporale per cui la scelta del difensore segue ed è condizionata dalla nomina del presidente.

Nel caso in esame, la scelta di avvalersi di un ufficiale del grado di colonnello, operata dall’appellato, veniva a collidere con la previsione normativa e non è coperta dal giudicato della sentenza di questa Sezione.

Il motivo di appello è quindi fondato e va accolto.

3. - L’accoglimento della censura proposta dalla difesa erariale, comportando l’elisione dell’unica ragione sostenuta dal primo giudice, impone ora di superare l’assorbimento dei motivi da questo dichiarato e procedere alla valutazione delle ulteriori ragioni di doglianza svolti dal ricorrente in prime cure e qui successivamente riproposti.

Tutte le dette censure possono quindi qui essere sinteticamente esaminate e respinte, stante la loro evidente infondatezza.

3.1. - Con il secondo motivo dell’appello incidentale, l’appellante lamenta che l’amministrazione avrebbe fondato illegittimamente il proprio giudizio di colpevolezza sulla sentenza di prescrizione, emessa non già in sede dibattimentale, ma in sede di udienza preliminare e, quindi, prima del rinvio a giudizio. Evidenzia inoltre come sarebbe stato travisato il senso di varie telefonate intercettate, delle quali il ricorrente avrebbe fornito gli opportuni chiarimenti.

La doglianza non ha pregio.

Occorre in generale rammentare che, qualora il procedimento penale si sia concluso con una sentenza di proscioglimento per prescrizione, i fatti in questioni ben possono essere successivamente assunti a presupposto di un'azione disciplinare, in modo che all’amministrazione è ben consentito utilizzare, per le proprie decisioni, sia gli indizi di colpevolezza raccolti al fine di esercitare in giudizio l'azione penale come anche gli elementi emersi nel corso delle altre fasi del procedimento, quando questi possano assumere una loro valenza probatoria.

Pertanto, non sussiste, né è ragionevolmente esigibile, un obbligo per l’amministrazione di svolgere una particolare e diversa attività istruttoria al fine di acquisire ulteriori mezzi di prova nel caso in cui gli elementi fattuali accertati nel corso del procedimento penale siano sufficienti a fondare una base di giudizio valida anche per la diversa autonoma e discrezionale pronuncia disciplinare.

Correttamente, quindi, i fatti compiutamente accertati nella sede penale vengono così in rilievo nel procedimento disciplinare, specie nel caso in cui assumano una valenza oggettiva chiara e inequivocabile, dovendo quindi essere solo oggetto di una diversa valutazione soltanto in merito alla loro rilevanza sotto il profilo disciplinare.

Da questo, poi, scaturisce l’eventuale decisione disciplinare, che può consistere nella grave sanzione espulsiva qualora gli eventi accertati siano di gravità tale, siano o meno astrattamente riconducibili a fattispecie criminose, da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro tra l’amministrazione e il dipendente incolpato.

Nel caso in esame, anche ad un vaglio attento delle allegazioni difensive, che riportano ampi stralci delle comunicazioni telefoniche oggetto di intercettazione, non si rinvengono elementi atti a far ritenere errata la valutazione dell’amministrazione, né sotto il profilo della oggettiva esistenza di elementi tali da sostenere le responsabilità disciplinare del dipendente, sia anche, e in modo più netto, per evidenziare una possibile sproporzione della sanzione applicata. Infatti, dalla ricostruzione dei comportamenti complessivi, emerge una obiettiva situazione di inaccettabile conflitto fra interessi privati ed attività pubblica, di strumentalizzazione della propria posizione nel contesto dell’attività della forza di polizia, ben suscettibile di poter essere considerata in contrasto con i fini istituzionali e quindi non tollerabile da parte della Guardia di finanza, senza che si possa affermare che le valutazioni svolte a livello di responsabilità disciplinare corrispondano a canoni e parametri contrastanti con gli accertamenti emersi in sede penale.

Ciò che emerge dalla valutazione istruttoria compiuta nel corso del processo è l’esistenza di condotte molto gravi, anche già a livello penalistico (tanto da giustificare una mera dichiarazione di prescrizione) e parimenti rilevanti dal punto di vista disciplinare, a palese dimostrazione del venir meno del rapporto fiduciario tra amministrazione e dipendente, a causa di comportamenti molto difficilmente inquadrabili nel novero degli obblighi e dei doveri che un militare, nell'esercizio di una pubblica funzione di particolare delicatezza, dovrebbe mantenere.

Conseguentemente, la Sezione ritiene del tutto condivisibile l’operato della pubblica amministrazione, escludendo che sussistano i profili di macroscopica illegittimità denunziati.

3.2. - Con il terzo motivo dell’appello incidentale e con il terzo motivo della memoria di costituzione, viene evidenziata la perenzione dell’azione disciplinare e quindi la violazione dell’art. 1392 comma 1 del Codice dell’ordinamento militare. In particolare, l’appellante, premesso di non conoscere la data in cui il Comando della Guardia di Finanza avrebbe acquisito conoscenza integrale della sentenza del Tribunale di Bari n. 44 del 18 gennaio 2010, con la quale è stato dichiarato il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione dei reati ascritti, evidenzia come il notevole lasso di tempo intercorso tra la data del 18 gennaio 2010, di emanazione della sentenza, e quella di contestazione degli addebiti, sarebbe elemento di prova della la violazione dei termini perentori imposti dalla norma evocata.

Il motivo è poi ulteriormente sviluppato nel quarto motivo dell’appello incidentale, in relazione al superamento dei termini massimi dello svolgimento della fase procedimentale.

Entrambe le questioni sono infondate.

La norma invocata, il citato art. 1392 del D. Lgs. n. 66/2010, prevede:

“1. Il procedimento disciplinare di stato a seguito di giudizio penale, deve essere instaurato con la contestazione degli addebiti all'incolpato, entro 90 giorni dalla data in cui l'amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale irrevocabili, che lo concludono, ovvero del provvedimento di archiviazione.

2. Il procedimento disciplinare di stato a seguito di infrazione disciplinare deve essere instaurato con la contestazione degli addebiti all'incolpato, entro 60 giorni dalla conclusione degli accertamenti preliminari, espletati dall'autorità competente, nei termini previsti dagli articoli 1040, comma 1, lettera d), numero 19 e 1041, comma 1, lettera s), numero 6 del regolamento.

3. Il procedimento disciplinare di stato, instaurato a seguito di giudizio penale, deve concludersi entro 270 giorni dalla data in cui l'amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale, divenuti irrevocabili, ovvero del provvedimento di archiviazione.

4. In ogni caso, il procedimento disciplinare si estingue se sono decorsi novanta giorni dall'ultimo atto di procedura senza che nessuna ulteriore attività è stata compiuta.”

Il complesso normativo è completato dall'art. 653, comma 1 del c.p.p., nel testo applicabile ratione temporis, che prevede che "la sentenza penale irrevocabile di assoluzione ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o non costituisce illecito penale ovvero che l'imputato non lo ha commesso."

Le disposizioni evocate dimostrano che un procedimento disciplinare non può essere promosso nel solo caso in cui i fatti oggetto di contestazione siano stati vagliati in sede penale e vi sia stato un proscioglimento con formula ampia, cioè quando i fatti esaminati nella sentenza penale risultino definiti come storicamente inesistenti. Al contrario, il proscioglimento o l'archiviazione in sede penale non impediscono l'avvio del procedimento disciplinare e non pongono vincoli sull'esito dello stesso qualora persistano elementi fattuali con profili rilevanti sotto il profilo disciplinare.

Pertanto, le sentenze assolutorie con formule diverse da quelle citate dalle norme in esame non hanno efficacia vincolante nel procedimento disciplinare, in quanto in tali ipotesi se anche il fatto commesso dal dipendente non integra gli estremi di un illecito penale, ben può avere una autonoma valenza quale illecito disciplinare, stante la diversità di criteri ed i parametri di valutazione dell’una fattispecie rispetto all’altra, in quanto il giudizio disciplinare concerne la trasgressione di norme deontologiche giuridicamente rilevanti e non la violazione di fattispecie penali.

Nel caso in esame, e facendo riferimento alla prima fase procedimentale, la sentenza del Tribunale di Bari n. 44 del 18 gennaio 2010, con la quale è stato dichiarato il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione dei reati ascritti, è divenuta irrevocabile in data 6 maggio 2010 e risulta acquisita formalmente dall’amministrazione unicamente in data 13 agosto 2010. Ad essa è seguita la contestazione degli addebiti, posta in essere con il foglio n. 37/RE del 4 novembre 2010 e notificata in pari data.

Successivamente, con determinazione del Comandante regionale Calabria prot. 0013777/11 del 15 gennaio 2011, all’esito dell’inchiesta formale disciplinare, è stato disposto il deferimento del ricorrente alla commissione di disciplina, che ha infine deliberato in data 17 febbraio 2011, definendo infine, con il provvedimento originariamente gravato, ossia quello del Comando interregionale della Guardia di Finanza del 19 aprile 2011, il procedimento disciplinare.

Conseguentemente, è palese dal mero raffronto dei dati temporali come, nel caso di specie, non abbia avuto luogo alcuna violazione dei termini previsti dall’art. 1392 del Codice dell’ordinamento militare.

Peraltro, anche in relazione alla seconda fase della procedura, quella susseguente alla riedizione dell’attività amministrativa, l’appellante non evidenzia elementi concreti di violazione della scansione temporale normativa, lamentando una generica illegittimità nel ricorso all’istituto della rinnovazione che, come visto in relazione alle fondate doglianze della difesa erariale, era del tutto compatibile con il quadro ordinamentale esistente.

La censura è, quindi, infondata e da respingere.

4. - Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

5. - L’appello va quindi accolto. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalla novità della questione decisa.

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