Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-05-28, n. 201903522
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Pubblicato il 28/05/2019
N. 03522/2019REG.PROV.COLL.
N. 00121/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 121 del 2012, proposto dal Comune di Vallo della Lucania, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati N F e P S, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato R B in Roma, via Giuseppe Cerbara, n. 64;
contro
Signori A T, R T e G T, rappresentati e difesi dall'avvocato A T, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Cicerone, n. 49;
per la riforma
della sentenza del T.a.r per la Campania – Sez. di Salerno, n. 770 del 2011, resa tra le parti, concernente un diniego di permesso di costruire un ampliamento di un fabbricato per civile abitazione;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dei signori A T, R T e G T;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 marzo 2019 il Cons. Giuseppa Carluccio e uditi per le parti l’avvocato Mario Verino, su delega dell’avvocato P S e l’avvocato A T.
FATTO e DIRITTO
1. La presente controversia concerne una abitazione - sita nel Comune di Vallo della Lucania (in catasto f. 18, p. lle 274 e 479, derivanti dal frazionamento della p.lla 7) e già oggetto di una concessione edilizia conseguita con silenzio assenso - per la quale è stata richiesta una concessione edilizia di variante in corso d’opera, con ampliamento dell’esistente (sulla particella 479 con due porticati;sulla particella 274, dove esiste un fabbricato, con ingresso, scale e disimpegno ai vari piani sul lato nord est).
1.1. Il Comune di Vallo della Lucania ha respinto (con il provvedimento n. 10222 del 1° luglio 1999) l’istanza, di concessione di variante in corso d’opera, avanzata dai coniugi Carminantonio Troncone e C M, nella qualità di comproprietari del terreno facente parte di un compendio ereditario: a) per carenza di prova della qualità di proprietari dell’area interessata dall’ampliamento;b) perchè la stessa area ricade in zona territoriale omogenea E-agricola e non B.
1.2. Il suddetto provvedimento è stato impugnato (con ricorso n. 3532 del 1999) dinanzi al T.a.r. per la Campania – sez. di Salerno, dai coniugi Troncone.
1.3. In esito ad una ordinanza del T.a.r. (n. 281 del 2001), la quale, in accoglimento dell’istanza cautelare, ha disposto una più approfondita istruttoria e la rideterminazione dell’Amministrazione, il Comune ha confermato il diniego, con il con provvedimento dell’8 febbraio 2002, che ha ribadito la ricomprensione dell’ampliamento nella zona E ed ha precisato che l’area interessata dall’ampliamento non era stata oggetto della sentenza emessa dal Pretore di Vallo della Lucania (n. 96 del 1994), favorevole agli istanti in riferimento al possesso, perché questa riguardava solo una parte dell’originaria p.lla 7 del foglio 18, divenuta la n. 481, e non la 479.
1.3.1. Il suddetto provvedimento del 2002 è stato impugnato con motivi aggiunti solo dalla signora M, essendo nelle more deceduto il marito.
1.4. Il T.a.r. (ordinanza n. 77 del 30 maggio 2002) ha disposto una verificazione al fine di stabilire la destinazione urbanistica dell’area interessata dal progetto di ampliamento e l’attuale appartenenza della particella 479. In esito al deposito della relazione, con ordinanza n. 410 del 2003, il T.a.r. ha accolto la ulteriore istanza di sospensiva.
1.5. Il Comune ha respinto (con provvedimento n. 15771 del 10 ottobre 2003) l’originaria istanza per mancato rispetto della distanza minima di m.l. 5 dal confine con la particella 304, di proprietà di terzi.
1.5.1. Avverso il suddetto provvedimento del 2003, la signora M ha proposto ulteriori motivi aggiunti, deducendo il rispetto della distanza a partire dalla recinzione esistente.
1.6. Il T.a.r., con sentenza non definitiva del 4 novembre 2005, ha chiesto alla ricorrente chiarimenti in ordine ai titoli in base ai quali risultava inglobata nella sua proprietà della particella 274 una porzione della particella 304, che dalle certificazioni catastali risultava essere di proprietà di un terzo.
2. Il T.a.r., con la sentenza definitiva n. 770 del 27 aprile 2011:
a) ha dichiarato improcedibile il ricorso principale avverso il provvedimento del 1999, per essere stato emesso il provvedimento del 2002, con conseguente sopravvenuto difetto di interesse;
b) ha accolto entrambi i ricorsi con motivi aggiunti ed ha annullato i provvedimenti impugnati;
c) ha rigettato la domanda di risarcimento del danno.
3. Il Comune ha proposto appello avverso la suddetta sentenza, affidato a due motivi, esplicati da memorie.
3.1. La signora Mainenti si è costituita in giudizio.
3.2. Con ordinanza collegiale n. 3338 del 7 luglio 2017, questo Consiglio ha dato atto dell’interruzione del processo per decesso dell’appellata.
3.3. Il Comune ha riassunto tempestivamente il processo con atto notificato il 2 novembre 2017 ai tre eredi collettivamente e impersonalmente, all’indirizzo dell’ultimo domicilio della defunta. In esito, si è costituita solo l’erede signora A T.
3.4. Con sentenza non definitiva n. 6150 del 29 ottobre 2018, questo Consiglio: - ha respinto l’eccezione di estinzione del giudizio formulata dall’erede costituita;- ha fissato il termine di giorni 60 per l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri due eredi.
3.5. Il contraddittorio è stato ritualmente integrato e i signori R T e G T si sono costituiti nella qualità di eredi della signora M, facendo propri tutti i precedenti scritti difensivi, comprensivi di memorie.
3.6. All’udienza pubblica del 21 marzo 2019, la causa è stata discussa ed è stata trattenuta dal Collegio in decisione.
4. Il T.a.r. ha così argomentato l’accoglimento:
a) dalla consulenza tecnica espletata dall’ing. O risulta accertato, sulla base di rilievi topografici, della documentazione catastale e del PRG, che l’area di completamento delle opere ricade in zona B1 di completamento ed è urbanisticamente suscettibile di edificazione;
b) dai titoli esibiti dalla ricorrente, il tecnico ha tratto l’appartenenza della situazione dominicale in capo alla ricorrente;in particolare: dai tre atti notarili (del 1815, del gennaio e del giugno 1870) e dalle successive trasmissioni ereditarie in favore dei germani M, tra i quali C (secondo il consulente, in tali atti i confini individuano in tutti i casi una vasta area in cui è compresa anche la part. 479 ex part. 7 del foglio 18);dalla sentenza del Pretore di Vallo della Lucania del 1994, che ha riconosciuto in capo alla ricorrente il possesso della part. n. 479 ex 7 del foglio 18;mentre lo stesso tecnico ha rilevato che il Comune non ha prodotto alcun titolo da cui potesse emergere l’appartenenza al Comune della stessa particella;
c) la tesi della ricorrente in ordine alla distanza dal confine inferiore a 5 ml. risulta fondata;a suo favore depongono le risultanze istruttorie acquisite in esito alla sentenza n. 2419 del 2005, in combinazione con le conclusioni della consulenza tecnica;la documentazione acquisita consente di desumere, con sufficienti margini di verosimiglianza, una sostanziale dissonanza tra le risultanze catastali e quelle di fatto in ordine alla linea di confine tra le particelle n. 274 e n. 304 del foglio 8, in maniera da poter inferire che la distanza di ml. 5,00 delle fabbriche dal confine deve essere misurata assumendo come parametro di riferimento la recinzione già da tempo esistente sull’area;
c1) in disparte ogni apprezzamento circa la effettiva sussistenza dei requisiti richiesti per il possesso ad usucapionem ai sensi dell’art. 1158 c.c., che involge una specifica indagine di competenza del giudice civile in contraddittorio con l’intestatario catastale, rileva in particolare: - l’esistenza, da oltre 30 anni, di una recinzione con paletti e rete metallica (fotografie risalenti al 1991, epoca delle fondazioni dell’erigenda costruzione del signor Troncone;dichiarazioni sostitutive di atto notorio, note tecniche a firma dell’ing. Daniele Laudonio) situata nella fascia di terreno catastalmente n. 304, di proprietà della signora Pasqualina Stifano, per averla acquistata nel 2004 dal signor Giulio Cataldo, al quale il cespite era pervenuto con atto di donazione del 1994;- l’essere stato quest’ultimo cespite sempre trasferito "nello stato in cui si trova”, quindi con quel confine.
5. Con il primo motivo di appello, il Comune deduce l’erroneità della sentenza in riferimento: a) alla destinazione urbanistica dell’area;b) alla sussistenza del titolo a richiedere la concessione in capo alla signora M.
5.1. Logicamente prioritario è lo scrutinio del secondo profilo di censura.
L’appellante sostiene che l’istante non ha fornito prova certa della propria legittimazione a chiedere il titolo abilitativo, quale titolare di un diritto reale o personale che gli consenta di poter disporre del suolo.
A tal fine, il Comune mette in rilievo che: - la sentenza del Pretore di Vallo della Lucania, la quale ha riconosciuto in suo favore la tutela possessoria, non rileva nella presente controversia, poiché riguarda un’area della ex particella n. 7 circoscritta, che non comprende quella parte divenuta particella n. 479, di cui si discute rispetto all’ampliamento, distante da quella interessata dai lavori che avevano dato luogo alla tutela possessoria;- le consulenze (dott. Agr. G R) espletate nel giudizio civile, proposto dalla signora M per l’accertamento del diritto di proprietà proprio sulla part. 479, smentiscono le conclusioni della consulenza espletata dinanzi al T.a.r., affermando che soggetto titolare di diritti reali sulla particella 479 deve ritenersi il Comune, con la conseguenza che la sentenza del Tribunale di Vallo della Lucania n. 301 del 2014 resa in quel giudizio ha rigettato la domanda;giudizio ora pendente in appello.
5.1.1. Le appellate, a sostegno della propria legittimazione ad ottenere il titolo edilizio, insistono sulla diretta valenza della sentenza del Pretore di Vallo della Lucania e degli atti notarili esaminati dal consulente del T.a.r., rispetto alla particella n. 479;poi, richiamano una serie di atti, già prodotti in primo grado (dall’accatastamento, alla richiesta del Comune di assenso del confinante (la signora M per la part. 479) ai fini del rilascio della concessione originaria sulla part. 274;dai pagamenti dell’ICI anche per la part. 479, alla sentenza penale del 2005, passata in giudicato, di assoluzione della signora M dall’accusa di aver occupato terreni comunali;dall’accoglimento dell’azione a difesa del possesso promossa dalla signora M nei confronti del signor Giovanni M, titolare di altra concessione edilizia su altro terreno, alla sentenza del 2015, confermata nel 2016, che ha negato la presenza di usi civici, ipotizzati, invece, insieme alla demanialità dell’area, dal consulente del Tribunale di Vallo della Lucania) .
5.1.2. Da tutta la documentazione suddetta, certamente non emerge un quadro di sicura riconducibilità di un diritto, quantomeno di godimento, in capo alle appellate. Tuttavia, la questione della titolarità del bene in ordine al quale viene chiesto un titolo abilitativo al Comune, è questione incidentale che non può farsi coincidere con l’accertamento della titolarità reale, la quale non compete funditus , né alla amministrazione competente in materia edilizia, né al giudice amministrativo in sede di controllo di legittimità, ma al giudice ordinario.
6.1.2.1. Come evidenziato dalla giurisprudenza consolidata ( ex multis Cons. Stato, sez. IV, n. 2397 del 2018 e n. 2116 del 2016;sez. V, n. 1990 del 2012), ai fini del rilascio del titolo, l'amministrazione è onerata del solo accertamento della sussistenza del titolo astrattamente idoneo alla disponibilità dell'area oggetto dell'intervento edilizio, desunta dagli atti pubblici prodotti ed, in via residuale, dalle risultanze catastali.
L’attività istruttoria che l’amministrazione deve svolgere, essendo finalizzata alla verifica dell’esistenza, in capo al richiedente, di un idoneo titolo di godimento sull'immobile interessato dal progetto di trasformazione urbanistica, non è diretta a risolvere i conflitti di interesse tra le parti in ordine all'assetto proprietario degli immobili interessati e, pertanto, non deve effettuare complesse indagini e ricognizioni giuridico-documentali sul titolo di proprietà.
In definitiva, se il Comune, e poi il giudice in sede di controllo di legittimità, non può esimersi dal verificare il rispetto dei limiti privatistici sull’intervento proposto, condizione è che questi siano realmente conosciuti o immediatamente conoscibili e non contestati, così che il controllo da parte del Comune (e del giudice amministrativo) si traduce in una mera presa d’atto, senza necessità di procedere a un’accurata e approfondita disamina dei rapporti tra privati. D’altra parte, gli effetti dei titoli edilizi sono confinati sul solo versante pubblicistico, non interferendo sui rapporti di natura privata connessi o implicati nelle vicende immobiliari che riguardano l’attività urbanistico – edilizia, come è stabilito in modo chiaro, dall’art. 11, comma 3, del testo un. edil., in riferimento al permesso di costruire.
5.1.2.2. Ritiene il Collegio che, nella fattispecie, il giudizio incidentale sulla astratta attribuibilità alle appellate del diritto di disporre del bene – peraltro riferito unicamente all’ampliamento del fabbricato esistente mediante due porticati sulla sola particella 479 - possa concludersi in senso favorevole alle appellate. Anche a prescindere dalla sentenza del Pretore richiamata, dalla quale non emerge con certezza la ricomprensione della particella n. 479 nell’area oggetto di tutela possessoria, rilevano gli atti notarili in atti, oggetto di contrastanti letture da parte dei consulenti tecnici nei giudizi civili, e tutta l’altra documentazione richiamata dalle appellate, dalla quale emerge, quantomeno, un possesso di fatto dell’area controversa.
Tale situazione, controversa ed ancora sub iudice - per essere all’attenzione del giudice civile, che ha disposto un nuovo accertamento istruttorio, e che è l’unico competente all’accertamento funditus della titolarità dell’area - unitamente alla particolarità della fattispecie, che vede il Comune nella veste di titolare del potere di valutare il titolo legittimante dell’istante ed in quella di contraddittore nei giudizi civili - dove peraltro non ha svolto domanda riconvenzionale, né eccepito l’usucapione - rende opportuno che, ferme restando le future statuizioni in sede civile, la valutazione a valenza pubblicistica del titolo legittimante si fermi alla astratta possibilità che esso sia individuabile in capo alle appellate.
Il profilo di censura in esame va, pertanto, rigettato.
5.2. Il Comune, con il primo profilo del primo motivo di appello, si limita a dedurre che la destinazione ad E- agricola dell’area per il completamento della costruzione è stata accertata, con atto facente fede sino a querela di falso, dal geom. comunale Maurizio De Cesare.
Tale documento, che risulta prodotto dinanzi al T.a.r. il 16 ottobre 2003, non è conferente.
In esso, peraltro privo di data, il geometra si limita a riferire che, per la parte dell’immobile insistente sulla part. 479, c’è ancora contestazione tra la signora M e il Comune.
5.2.1. Il motivo è palesemente infondato.
Il primo giudice, sulla base della consulenza tecnica espletata dall’ing. O, ha ritenuto accertato che l’area di completamento delle opere ricade in zona B1 di completamento ed è urbanisticamente suscettibile di edificazione, per essere tali conclusioni fondate sui rilievi topografici, sulla documentazione catastale e sul Piano Regolatore Generale del Comune.
Le suddette conclusioni non sono state idoneamente censurate dal Comune.
D’altra parte, l’esigenza della nomina di un consulente era sorta proprio dall’imprecisione dei certificati di destinazione urbanistica rispetto al posizionamento dei fabbricati in aree che, come risulta non contestato, rientrano nella zona di completamento in massima parte.
6. Con il secondo motivo di appello, il Comune censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto fondata la tesi della originaria ricorrente della mancata violazione della distanza dal confine tra la particella dove insite il fabbricato (n. 274) e la confinante particella (n. 304), di proprietà di terzi.
6.1.Il motivo è palesemente infondato.
A fronte del convincimento del primo giudice il quale, dopo aver preso atto di una sostanziale dissonanza tra le risultanze catastali e quelle di fatto, ha ravvisato esistenti sufficienti margini di verosimiglianza in ordine al confine reale tra le due particelle, costituito da una recinzione già da tempo esistente sull’area, ed ha argomentato sulla base delle risultanze istruttorie e degli accertamenti tecnici, il Comune appellante si limita a rilevare che la situazione di incertezza si sarebbe dovuta superare disponendo il rinnovo della consulenza tecnica, senza peraltro dedurre di aver già, nel processo di primo grado, criticato i risultati della stessa.
In definitiva, le argomentazioni del giudice non sono idoneamente censurate e restano immuni da vizi di legittimità.
7. In conclusione, l’appello deve rigettarsi.
8. In ragione della specificità della controversia, sussistono giusti motivi per la integrale compensazione delle spese processuali del secondo grado del giudizio.