Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-02-09, n. 202301433

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-02-09, n. 202301433
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202301433
Data del deposito : 9 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/02/2023

N. 01433/2023REG.PROV.COLL.

N. 05107/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5107 del 2017, proposto da
Fca Italy Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati E A R, P T e F E, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato E A R in Roma, via dei Due Macelli, n. 47;
Fca Res Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati E A R, P T e F E, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato E A R in Roma, via dei Due Macelli, n. 47;
Fca Partecipazioni Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato A P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Comune di Arese, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati Riccardo D'Ippolito e Carmelo Mendolia, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Lazzaretti in Roma, largo di Torre Argentina, n. 11;
Comune di Rho, Regione Lombardia, Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta) n. 672/2017.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 23 gennaio 2023 il Cons. Giordano Lamberti e uditi per le parti gli avvocati E A R, A P, Riccardo D' Ippolito e Danilo Del Gaizo in collegamento da remoto attraverso videoconferenza, con l'utilizzo della piattaforma "Microsoft Teams”;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 - Fiat Group Automobiles Real Estate Services S.p.A. (già Fiat Partecipazioni S.p.A.) è proprietaria del compendio immobiliare denominato Centro Direzionale Alfa Romeo, porzione adibita a Museo Storico ed annessi, ubicata in Viale Alfa Romeo, del Comune di Rho, mentre la società Fca Italy S.p.A. (già Fiat Group Automobiles S.p.A.) è proprietaria dell’Archivio Storico Alfa Romeo e della Raccolta Museo Storico Alfa Romeo, contenuti nel suddetto Centro Direzionale Alfa Romeo.

2 - La Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia, con provvedimento prot. n. 982 datato 31 gennaio 2011, ha:

A) dichiarato di interesse storico particolarmente importante, ai sensi degli artt. 10, comma 3, lett. d), e 13 del Codice per i beni culturali, di cui al d.lgs. 20 gennaio 2004, n. 42, la porzione di compendio immobiliare denominata Centro direzionale Alfa Romeo, porzione adibita a Museo storico e annessi, ovvero, autofficina, Centro documentazione – Archivio storico, uffici direzionali;

B) dichiarato di interesse storico particolarmente importante, ai sensi degli artt. 10, comma 3, lett. d) ed e), e 13 del Codice dei beni culturali, la raccolta del Museo storico Alfa Romeo, costituita da varie collezioni;

C) dichiarato di interesse storico particolarmente importante, ai sensi degli artt. 128, comma 3, 10, comma 3, lett. b), e 13 del Codice dei beni culturali, l’archivio denominato Centro documentazione – Archivio storico Alfa Romeo, costituito da varie sezioni.

2.1 - Più in dettaglio, il vincolo è stato apposto testualmente:

1. sulla la porzione di compendio immobiliare denominata Centro Direzionale Alfa Romeo: porzione adibita a Museo Storico ed annessi, ovvero autofficina, Centro Documentazione — Archivio Storico, Uffici Direzionali, così come nelle planimetrie catastali allegate al provvedimento e nella Relazione Storica;

2. sulla raccolta del Museo Storico Alfa Romeo costituita dalle seguenti collezioni: A. automobili, in numero di 245 di cui 130 esposte nel percorso museale, 119 conservate nel deposito, 7 nella reception al piano primo del corpo di fabbrica B del compendio immobiliare;
B. motori d’automobili, in numero di 39 pezzi, di cui 35 esposti nel percorso museale, 1 nella reception al piano primo del corpo di fabbrica B del compendio immobiliare e 3 (2 ad uso didattico) nel vestibolo al piano primo del corpo C del compendio immobiliare;
C. motori avio e aereo, in numero di 17 pezzi, esposti nel percorso museale;
D. altri oggetti in numero di 7 pezzi di cui 6 (due compressori, una trattrice, una cucina economica, il motoscafo da corsa Popoli, una motopompa) esposti nel percorso museale e 1 (l’insegna Alfa Romeo della metà degli anni ’60 sul Silos della fabbrica) nel deposito;
E. modellini in scala in numero di 954 pezzi esposti nel percorso museale;
F. trofei d’autore dedicati ai campioni nel mondo in numero di 24 pezzi esposti nel percorso museale;
G. targhe, premi e trofei vari in numero di 165 pezzi esposti nel percorso museale;
H. modelli e maquelle realizzati dal Centro Stile, in numero di 77, di cui 6 esposti nel percorso museale e 71 in collocazione non ancora definita, per un totale complessivo di 1539 pezzi, analiticamente individuata e descritta nell’allegata Relazione Storica, capitolo 3. La predetta raccolta è dichiarata di interesse storico particolarmente importante ai sensi degli artt. 10, comma 3, lett. d) ed e) e 13 del Codice dei Beni Culturali, e come tale è sottoposta a tutte le normative in esso contenute. Il provvedimento specifica, da un lato, che la suddetta raccolta costituisce un insieme unitario ed inscindibile dall’immobile contenitore, dall’altro, che la raccolta del Museo Storico Alfa Romeo è pertinenza della porzione immobiliare denominata Centro Direzionale Alfa Romeo: porzione adibita a Museo Storico ed annessi, ovvero autofficina, Centro Documentazione - Archivio Storico, uffici direzionali e, come tale, è inscindibile e inamovibile dalla sua sede.

Quanto all’archivio, il provvedimento precisa che è sottoposto a vincolo l’archivio denominato Centro Documentazione - Archivio Storico Alfa Romeo composto dalle seguenti sezioni:

1. sezione fotografica in numero di 50.000 pezzi fra negativi, lastre originali e stampe;

2. sezione documenti in numero di 26.074 pezzi cartacei (faldoni, registri e fascicoli) e 100.000 disegni;

3. sezione biblioteca: in numero di oltre 750 titoli;

4. sezione pubblicazioni tecnico-assistenziali in numero di oltre 5.000 pubblicazioni;

5. cineteca;

6. dipinti (acquarelli) in numero di 4;

7. documentazione proveniente dall’ex Centro Stile in numero di 2.460 pezzi (disegni, bozzetti, fotografie, ecc.), archivio individuato nelle premesse del provvedimento e descritto nell’allegata Relazione Storico Archivistica. Inoltre, la determinazione impugnata specifica di annullare e sostituire il decreto di dichiarazione di notevole interesse storico emanato dal Soprintendente Archivistico per la Lombardia in data 17 marzo 1981 ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. 30 settembre 1963, n. 1409 recante “ norme relative all’ordinamento ed al personale degli Archivi di Stato ”.

Sempre in relazione all’archivio, si specifica che esso costituisce un insieme unitario ed inscindibile dall’immobile contenitore: ossia la sopracitata porzione immobiliare denominata Centro Direzionale Alfa Romeo, adibita a Museo Storico ed annessi, ovvero autofficina, Centro Documentazione - Archivio Storico, uffici direzionali. Quindi, l’archivio denominato Centro Documentazione - Archivio Storico Alfa Romeo è dichiarato pertinenza della sopracitata porzione immobiliare denominata Centro Direzionale Alfa Romeo.

3 - Fca Real Estate Services S.p.A. (già Fiat Partecipazioni S.p.A.) e Fca Italy S.p.A. (già Fiat Group Automobiles S.p.A.), con separati ricorsi, hanno impugnato tale provvedimento avanti il TAR per la Lombardia.

3.1 - A sostegno del ricorso le società ricorrenti hanno contestato:

- il procedimento sotteso all’applicazione del vincolo, lamentando il difetto di istruttoria, la scarsa trasparenza dell’azione amministrativa e la mancanza di chiarezza in ordine all’effettiva estensione del Vincolo (I° motivo di ricorso);

- la circostanza per la quale l’immobile sottoposto a vincolo sarebbe del tutto privo di interesse storico - industriale, in quanto non attinente all’attività produttiva dell’azienda Alfa Romeo, per avere svolto solo la funzione di ospitare il centro direzionale, la collezione e l’archivio: per gli effetti, difetterebbero i presupposti per l’apposizione del Vincolo, ai sensi degli artt. 10 e 13 del Codice dei beni culturali (II° motivo di ricorso);

- la non ricorrenza dei presupposti di cui al combinato disposto degli artt. 10 e 13 del Codice dei beni culturali (oltre che la violazione della legge n. 241/1990), necessari al fine di considerare esistente una collezione sottoponibile a vincolo: in particolare, i beni che ne fanno parte non sarebbero “ opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquant’anni ”, né sarebbero avvinti, tra loro, da alcun legame necessario (III° motivo di ricorso);

- l’indebita creazione di un vincolo pertinenziale, dunque di un complesso unitario ed inscindibile, tra immobile “ contenitore ”, raccolta del Museo storico e archivio, con conseguente limitazione della fruibilità complessiva del Centro Direzionale di cui trattasi (IV° motivo di ricorso).

4 - Successivamente, l’area Alfa Romeo, ove sono ubicati i beni assoggettati a vincolo, è stata presa in esame dalla Regione Lombardia, da Expo 2015 S.p.A. e dal Comune di Rho, al fine di promuovere e sviluppare un progetto di riqualificazione e valorizzazione dell’area con la partecipazione delle società ricorrenti.

4.1 - Con atto del 17 gennaio 2014, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia ha espresso il proprio parere in ordine allo studio di fattibilità intitolato Progetto Arese/Expo 2015 finalizzato a riqualificare l’area in vista dell’evento.

4.2 - Con ricorso per motivi aggiunti le società hanno impugnato anche tale provvedimento.

5 - Con la sentenza indicata in epigrafe, previa riunione dei ricorsi, il TAR adito li ha respinti e ha dichiarato inammissibili i motivi aggiunti.

6 - Avverso tale pronuncia hanno proposto appello le società originariamente ricorrenti.

7 - Preliminarmente, non può trovare accoglimento l’eccezione di inammissibilità sollevata dal Comune di Arese - secondo il quale l’appello sarebbe volto a sollecitare un sindacato del Giudice amministrativo al di fuori del perimetro del potere giurisdizionale che, in materia di discrezionalità tecnica, dovrebbe limitarsi alla valutazione della manifesta illogicità del provvedimento, del travisamento dei fatti, dell’assenza di istruttoria o della motivazione - dal momento che tale questione risulta intimamente connessa con il merito dell’appello, sicché spetta al giudice la pronuncia sulla fondatezza (o infondatezza) delle censure sollevate, pur nel rispetto dei limiti del sindacato che gli compete, come di seguito meglio precisato, non potendosi, pertanto, addivenire ad una radicale pronuncia in rito nel senso prospettato dal Comune.

7.1 - Sempre preliminarmente, va disattesa la richiesta depositata da parte appellante in data 12 dicembre 2022 di discussione della causa in presenza, tenuto conto che la cd. modalità da remoto è prevista dall’art. 87, comma 4bis, del c.p.a (“ Le udienze straordinarie dedicate allo smaltimento dell'arretrato sono svolte in camera di consiglio da remoto ”) e la risalenza al 2017 del presente ricorso ne ha implicato la calendarizzazione come udienza straordinaria.

7.2 – Prima di esaminare l’appello, va infine rilevata la tardività della memoria depositata dal Ministero in data 23 dicembre 2022 ore 23:37, e della replica deposita dal Comune in data 2 gennaio 2023 ore 15:24, ai sensi dell’art. 73, comma 1, e dell’art. 4, comma 4, all. 2 del d. lgs n. 104/10.

Il richiamato art. 4 comma 2 all. 2 prevede che: “ È assicurata la possibilità di depositare con modalità telematica gli atti in scadenza fino alle ore 24:00 dell'ultimo giorno consentito. Il deposito è tempestivo se entro le ore 24:00 del giorno di scadenza è generata la ricevuta di avvenuta accettazione, ove il deposito risulti, anche successivamente, andato a buon fine. Agli effetti dei termini a difesa e della fissazione delle udienze camerali e pubbliche il deposito degli atti e dei documenti in scadenza effettuato oltre le ore 12:00 dell'ultimo giorno consentito si considera effettuato il giorno successivo ”.

L’interpretazione preferibile di tale norma è nel senso che il deposito con il processo amministrativo telematico (PAT) è possibile fino alle ore 24:00, ma, se effettuato l’ultimo giorno utile rispetto ai termini previsti dalla legge (art. 73, comma 1, c.p.a.), ove avvenga oltre le ore 12:00, si considera - ai soli fini della garanzia dei termini a difesa e della fissazione delle udienze camerali e pubbliche - effettuato il giorno successivo, ed è dunque tardivo ( cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 18/05/2020 n. 3149;
Sez. VI, 2/10/2019, n. 6621).

Non sussistono inoltre i presupposti per la rimessione in termini, essendo quest’ultimo un istituto di stretta interpretazione, dal momento che un uso eccessivamente ampio della discrezionalità giudiziaria, che esso presuppone, lungi dal rafforzare l’effettività della tutela giurisdizionale, potrebbe comportare un grave vulnus del pariordinato principio di parità delle parti relativamente al rispetto dei termini perentori stabiliti dalla legge processuale ( cfr . Cons. St. n. 2864/2019).

8 - Passando all’esame del merito, con il primo motivo, parte appellante:

i) insiste nel contestare la violazione degli artt. 10 e 13 del Codice dei beni culturali, in quanto gli immobili considerati sarebbero del tutto privi di un intrinseco valore in riferimento alla “ storia dell’industria ”, per non essere destinati a tale scopo (industriale, per l’appunto), essendo adibiti a Centro Direzionale;

ii) nello specifico, contesta il passaggio della sentenza di primo grado che richiama la peculiarità del potere discrezionale esercitato dalla Soprintendenza, “ sicché in sede giurisdizionale se ne deve sindacare la corrispondenza con criteri di coerenza e ragionevolezza ”;

iii) contesta inoltre la parte della sentenza dove si afferma che il Vincolo non dipenderebbe da caratteristiche oggettive del compendio immobiliare, ma dall’interesse che lo connota, rinvenibile nell’importanza che Alfa Romeo e la sua storia hanno avuto per l’industria automobilistica. Così ragionando, secondo parte appellante, qualunque immobile (di ogni casa automobilistica italiana) potrebbe essere di interesse storico-industriale, essendo trasmessa tale qualità dal fatto di essere “ testimonianza tangibile della storia dell’impresa ”, in contrasto con il combinato disposto degli artt. 10 e 13 del Codice dei beni culturali. Viceversa, secondo l’appellante, il compendio immobiliare in esame non presenta alcun particolare interesse di carattere storico sotto il profilo industriale, in quanto esso ha sempre avuto una funzione di Centro Direzionale e di immobile adibito ad ospitare la collezione e l’archivio, oltre che per il fatto che, in passato, ospitava anche gli uffici (e non gli stabilimenti) dell’Alfa Romeo.

8.1 - Sotto altro profilo, parte appellante deduce che:

iv) il Vincolo ha permeato l’intero Centro Direzionale - non solo la porzione “ospitante” - con conseguente sproporzione degli effetti, anche considerato che la natura stessa di mero “ contenitore ” varrebbe ad escludere ulteriormente il rilievo (storico e) industriale dell’immobile;

v) il compendio immobiliare in parola non appare neppure ottimale a garantire la valorizzazione dei (diversi) beni della collezione e dell’archivio, tanto che - come si legge nella Relazione Storica dell’Amministrazione - un numero consistente di beni della collezione non è esposto, in quanto non vi sarebbero spazi idonei a contenerli;

vi) l’immobile è collocato in un’area del tutto periferica e di difficile accessibilità;

vii) il compendio immobiliare non rivestirebbe alcun interesse e rilievo specifico neppure sotto il profilo meramente architettonico, tale da far anche solo ipotizzare una progettazione inziale quale museo.

8.2 - Sempre a proposito del fabbricato, parte appellante contesta la sentenza di primo grado laddove, a chiusura del par. 2.2, ritiene che il Vincolo non si estenderebbe all’intero immobile, a tale scopo richiamando le risultanze dei mappali agli atti di causa.

L’appellante sostiene al riguardo che:

viii) non si tratta, in realtà, di misurare l’area effettivamente vincolata, quanto di ponderare gli effetti che ne derivano ai fini della complessiva funzionalità del Centro Direzionale: è la natura onnicomprensiva del Vincolo, che, seppure considerato parzialmente, comporta comunque consistenti limitazioni all’esercizio dell’intero diritto di proprietà, escludendo la commerciabilità dell’immobile, in violazione del principio di proporzionalità di cui all’art. 1, comma 1, l. n. 241/1990;

ix) il provvedimento di Vincolo sarebbe frutto di un difetto di istruttoria, sfociato poi in una errata rappresentazione della situazione di fatto, ove si afferma (p. 16) che “ …il Museo Storico … è una realtà complessa costituita non solo delle aree espositive, ma anche di quelle necessarie al suo funzionamento, vale a dire degli spazi di deposito, di movimentazione, di manutenzione e restauro dei beni, così come quelli atti all’espletamento delle attività di servizio al pubblico, quali accoglienza, merchandising, caffetteria, guardaroba, biglietteria, ecc… ”. Al riguardo, parte appellante rileva che non sono presenti spazi destinati “ all’attività di servizio al pubblico quali accoglienza, merchandising, caffetteria, guardaroba, biglietteria, ecc.. .” e, perciò, insiste per la necessità di una CTU, finalizzata ad evidenziare quali aree dell’immobile fossero effettivamente utilizzate per la collezione e l’archivio.

9 - Le censure sono infondate.

Come noto, la scelta di porre un vincolo esercitata dall’amministrazione costituisce espressione di discrezionalità tecnica, suscettibile di sindacato giurisdizionale di legittimità solo in ipotesi di illogicità manifesta, di difetto di motivazione, ovvero di conclamato errore di fatto ( ex multis Cons. St., sez. VI, 3/07/2012, n. 3893).

Atteso il limite dell’insindacabilità di ciò che è opinabile, ma pur sempre attendibile, il provvedimento impugnato appare adeguatamente motivato sulla base di una nutrita ed approfondita attività istruttoria che, peraltro, si è svolta anche nel contraddittorio e con il pieno coinvolgimento di parte appellante (vedasi punto 15 della presente sentenza).

9.1 - Al riguardo, occorre richiamare le parti del provvedimento e della relazione storica allegata che smentiscono le deduzioni degli appellanti e attestano la completezza delle motivazioni, nonché la ragionevolezza e proporzionalità delle misure imposte.

Il vincolo, apposto ai sensi dell’art. 10, comma 3, lett. d) del Codice dei beni culturali, non tutela il valore intrinseco della cosa, bensì un interesse fondato sulla valenza testimoniale che la cosa indagata possiede in relazione alla “ storia politica, militare, della letteratura, dell’arte, della scienza, della tecnica, dell’industria e della cultura in genere ”. In sintonia con tale precisazione, il provvedimento si basa sulla constatazione che “ il compendio immobiliare di cui trattasi (così come la raccolta museale e l’archivio in esso contenuti) riveste particolare importanza per la storia di Alfa Romeo e quindi per la storia nazionale e internazionale dell’industria, della tecnica, dell’innovazione, dell’economia, del design, dello sport, dei rapporti sindacali, dello sviluppo sociale ”.

La giurisprudenza (Cons. St. n. 8393/2012) ha confermato che, secondo la sopraricordata previsione normativa, l’oggetto della tutela “ non è come per gli altri beni culturali la cosa per le sue caratteristiche intrinseche, ma la cosa in quanto è stata sede o reca la testimonianza di fatti o situazioni storici ”.

Nello specifico, l’amministrazione, nell’esercizio della discrezionalità tecnica che le è propria, ha spiegato:

- che “ il compendio immobiliare non può essere certamente considerato sede di una attività terziaria qualunque: si trattava infatti del centro di controllo di Alfa Romeo, uno dei più importanti gruppi industriali dell’epoca che a metà degli anni settanta contava circa 40 mila dipendenti, la metà dei quali proprio operanti ad Arese ”;

- il triplice interesse rappresentato dal compendio immobiliare: “ 1. come spazio nel quale è raccolta, conservata e rappresentata la storia aziendale (raccolta museale e archivio), 2. come ultimo luogo autentico sopravvissuto nell’area milanese dell’industria Alfa Romeo (…) 3. come testimonianza tangibile della storia dell’impresa, conservatasi integra così come era stata pensata a partire dalla fine degli anni Cinquanta dal presidente e principale promotore dell’iniziativa Giuseppe Luraghi ”;

- che il Museo Storico e gli spazi funzionali ad esso connessi rappresentano “ trasmissione di sapere imprenditoriale e consulenza tecnico-scientifica, il permanere in vita della valenza storico-identitaria della cultura di impresa Alfa Romeo ”;

In altri termini, il decreto di vincolo non ha dichiarato di interesse particolarmente importante l’immobile “ in sé ” o “ di per sé ”, né per le sole collezioni che esso ospita, ma ne ha riconosciuto l’interesse culturale per il “ riferimento ” e quale “ testimonianza ” dell’importanza che l’industria Alfa Romeo e la sua storia hanno avuto, e che il compendio immobiliare ed i mobili che contiene testimoniano.

Non può darsi seguito alla tesi degli appellanti secondo cui, accogliendo il ragionamento dell’ente appellato, qualunque immobile di ogni casa automobilistica italiana rileverebbe da un punto di vista storico-industriale, essendo trasmessa, tale qualità, dal fatto di essere “ testimonianza tangibile della storia dell’impresa ”. Al contrario, tale caratteristica del compendio della Alfa Romeo è di interesse per ciò che tale casa automobilistica, e non altre, ha rappresentato e rappresenta, in ragione del particolare successo del modello imprenditoriale in questione, rispetto alle altre realtà imprenditoriali, e che giustifica l’interesse culturale tutelato con il Vincolo in discussione nel presente giudizio.

Il riconoscimento di un interesse culturale con riferimento alla storia dell’industria non presuppone, come pretenderebbe parte appellante, la destinazione prettamente industriale dei beni immobili, dovendosi ritenere sufficiente la sussistenza di una relazione tra gli immobili considerati e la storia della casa automobilistica;
in tal senso, non appare censurabile l’assunto che il Centro Direzionale Alfa Romeo sia testimonianza dello sviluppo dell’industria automobilistica italiana, nonché dell’industrializzazione del territorio nel quale è insediato.

Nello specifico, nella relazione storica allegata al provvedimento si legge che il Centro Direzionale di Arese è “ un complesso architettonico nato da un progetto unitario, la cui originalità consiste nella voluta integrazione tra attività manageriale, sviluppo dei nuovi prodotti e salvaguardia della memoria aziendale. Un luogo che, dopo la chiusura dello stabilimento di Arese, e la demolizione del Portello, rimane l’ultima testimonianza materiale oggi esistente nell’area milanese dell’Anonima Lombarda Fabbrica Automobili intesa come industria e non come mero brand ”.

9.2 - In ordine alla supposta inidoneità del complesso immobiliare ed alla insufficienza dello spazio utilizzabile, la motivazione del provvedimento esplica in maniera approfondita e ragionevole: da un lato, che la raccolta museale e il blocco architettonico trovano la loro ragion d’essere l’uno nell’altro, giacché il contenitore esiste nella sua conformazione attuale solo in funzione dello specifico contenuto, e la raccolta esiste nell’odierna consistenza e configurazione solo perché allocata in quel determinato spazio;
dall’altro, che la circostanza che non tutti i pezzi della raccolta museale siano attualmente esposti è irrilevante e non rende per ciò solo inidoneo il complesso immobiliare, tenuto che “ Tutti i musei del mondo hanno beni che non rientrano nei percorsi di visita aperti al pubblico e beni custoditi nei depositi. Se da un lato dunque non si può che condividere l’auspicio di poter mostrare in futuro anche parte delle automobili attualmente conservate nel deposito;
dall’altro non si può consentire circa l’eliminazione dalla raccolta di modelli ritenuti consimili, i cosiddetti “doppioni”, che uguali non sono e che anzi presentano caratteristiche proprie uniche
”.

In ogni caso, indipendentemente da ogni considerazione di ordine pratico, ivi compresa la concreta sussistenza di spazi per accogliere il pubblico, richiamando la peculiarità del vincolo in questione come innanzi delineata, lo stretto legame tra l’edificio e ciò che di pregio contiene non è stata neppure il frutto della scelta dell’amministrazione contestata in questa sede, bensì la presa d’atto di quanto storicamente si era già in tal senso consolidato, ad opera della stessa proprietà, e che, proprio per tale ragione, rappresenta un valore in sé nella storia dell’Alfa Romeo.

Al riguardo, nella relazione storica si legge che “ L’idea di realizzare un Museo come parte integrante del Centro Direzionale è legata a un preciso progetto culturale e imprenditoriale del presidente Giuseppe Luraghi . (…) Il progetto rileva la perfetta coincidenza tra contenitore architettonico e percorso espositivo: la posizione delle automobili, le pedane di supporto, i pannelli infomativi, la grafica, la schermatura acustica, l’illuminazione nascono da un progetto unitario, confermato dai disegni conservati nell’Archivio Latis. Di fatto gli spazi sono designati su misura della raccolta museale ”. Dalla medesima relazione emerge anche il profondo legame intercorrente tra le modalità di fare impresa di Alfa Romeo e l’interesse culturale, che fa da contesto alla nascita del Museo Storico Alfa Romeo, attesa l’attenzione rivolta alle tematiche letterarie e artistiche testimoniate dalla nascita del trimestrale “ Il Quadrifoglio ”, che la relazione definisce “ più vicino a uno strumento di marketing, ma aperto a un’intensa collaborazione con scrittori, artisti e designer ”.

Appare invece inconferente il rilievo circa la collocazione periferica del compendio, non essendo presupposto per la dichiarazione di interesse culturale di un bene la sua facile accessibilità al pubblico né, comunque, potendo questa essere esclusa dalla semplice collocazione del compendio in zona periferica rispetto al centro cittadino.

9.3 - In ordine alla censura facente leva sulla violazione del principio di proporzionalità, deve in primo luogo precisarsi che il provvedimento, come correttamente rilevato dal TAR, ha limitato il riconoscimento dell’interesse culturale alla sola porzione del compendio immobiliare contenente il Museo e i suoi annessi, denominato “ Centro Direzionale Alfa Romeo: porzione adibita a Museo Storico ed annesso, ovvero autofficina, Centro Documentazione – Archivio Storico, uffici direzionali ” e individuato catastalmente al NCT/NCEU del Comune di Rho, foglio 1, mappare 11 parte .

Si è già detto dello stretto legame storico tra la predetta porzione dell’immobile e quanto in esso contenuto, sicché non appare possibile, proprio in applicazione del principio di proporzionalità – sintetizzabile nell’adeguatezza dei mezzi rispetto al fine da perseguire – ipotizzare di sottoporre a vincolo una porzione più limitata del compendio immobiliare.

9.4 – Gli ulteriori rilievi di parte appellante si risolvono in una critica all’operato della Sovraintendenza e attengono al merito della valutazione, che però non può essere sindacato da questo Giudice, il cui controllo, come già evidenziato, è limitato al vaglio di ragionevolezza e logicità della motivazione ( cfr . Cons. St., sez. VI, 28/12/2015, n. 5844;
Cons. St., sez. VI, 28/10/2015, n. 4925;
Cons. St., sez. VI, 04/06/2015, n. 2751).

Per le stesse ragioni, il pur autorevole parere richiamato da parte appellante non appare idoneo a portare ad un diverso esito, né, stante la completezza dell’istruttoria svoltasi durante la fase procedimentale, è necessario svolgere approfondimenti a mezzo CTU.

10 - Con il secondo motivo, parte appellante sottopone a critica la parte di sentenza che ha rigettato le contestazioni relative alla caratterizzazione del Vincolo apposto ai beni mobili che compongono la raccolta museale, in eccepita violazione degli artt. 10, c. 5, lett. d) ed e), e 13 del Codice dei beni culturali, nonché della l. n. 241/1990.

Nello specifico:

i) secondo parte appellante, l’Amministrazione ha sempre fatto riferimento alla volontà di vincolare quella che è stata qualificata come “ collezione ”;
tuttavia, per pervenire a tale esito, la stessa doveva essere di esecuzione ultracinquantennale ed opera di un autore non più vivente (c. 5 dell’art. 10 del Codice dei beni culturali), mentre la collezione in parola era stata creata solo nel 1976, non potendo dunque rientrare tra quelle vincolabili;

ii) parte appellante contesta l’assunto del TAR per cui l’amministrazione avrebbe applicato l’art. 10, c. 3, lett. d) del Codice dei beni culturali ai singoli pezzi, qualificandoli come “ categoria di beni ”, e la lettera e), in via meramente residuale, ai soli pezzi della collezione eseguiti da oltre 50 anni;
ciò sarebbe smentito per tabulas dalla qualificazione che del complesso dei beni fa l’amministrazione, anche nella Relazione Storica di accompagnamento al provvedimento impugnato.

10.1 - Parte appellante deduce inoltre che:

iii) l’esistenza di una collezione rilevante ai fini del Codice dei Beni Culturali sarebbe esclusa anche dall’assenza di omogeneità tra i beni che la compongono;

iv) la giurisprudenza (T.A.R. Lazio, sez. II, 29/05/2000, n. 4412), nel richiamare i requisiti di omogeneità e affinità che i beni oggetto di una collezione storicamente e culturalmente rilevante devono soddisfare, ha escluso che integrino tali caratteri due o più beni che siano l’uno il “ doppione ” dell’altro, in quanto, in tale caso, viene meno l’unicità che deve caratterizzare ciascun bene della collezione;

v) nella fattispecie i “ doppioni ” vincolati sarebbero innumerevoli e i beni neppure sarebbero caratterizzati da un comune contenuto tematico, trattandosi di un aggregato di veicoli non omogeneo;

vi) l’unico denominatore comune ai beni della raccolta museale, come individuata dall’amministrazione, parrebbe essere la loro riconducibilità al marchio Alfa Romeo, laddove tuttavia risulta del tutto illogica la creazione di un aggregato di beni per il solo fatto di essere genericamente riferibili ad una casa automobilistica;

vii) i beni presenti presso l’immobile sottoposto a Vincolo cambiavano spesso, a seconda delle diverse esigenze proprietarie, essendo temporaneamente custoditi per ragioni diverse, quali, a titolo esemplificativo, di futuro investimento, di future esposizioni (anche in luoghi differenti), di mero deposito temporaneo;

viii) l’amministrazione avrebbe fondato il provvedimento sul solo requisito soggettivo della titolarità dei beni e su quello della loro localizzazione, nonostante tali unici requisiti non possano ritenersi sufficienti a giustificare l’apposizione di un vincolo.

10.2 - Sotto altro profilo, parte appellante rileva che anche a voler ritenere che il richiamo della lett. e) dell’art. 10, comma 3, del Codice dei beni culturali sia finalizzato a qualificare singoli beni, come sembra ipotizzare il TAR per la Lombardia, si sarebbe comunque dovuto prendere in esame ciascun bene della collezione, al fine di valutarne l’interesse - particolarmente importante - richiesto dall’art. 10, comma 3, lett. d) e verificare la ricorrenza dei predetti requisiti dell’ ultracinquantennalità e dell’essere opera di autore non più vivente;
l’amministrazione, invece, non ha distinto tra le varie categorie di autovetture, mettendo sullo stesso piano esemplari quasi unici del valore di mercato di oltre un milione di Euro, con alcuni esemplari di normalissima reperibilità.

11 - La censura è infondata.

Il vincolo si giustifica, tra l’altro, ai sensi dell’art. 10, comma 3, lett. d) del Codice dei beni culturali.

Come già ricordato, il comma 3 dell’art. 10 dispone che sono “ altresì beni culturali ”, a condizione che “ sia intervenuta la dichiarazione prevista dall’articolo 13 ”, ossia la dichiarazione di interesse culturale, “ d) le cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse, particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte, della scienza, della tecnica, dell’industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose ”.

Il comma 5 dell’art. 10 precisa che “ salvo quanto disposto dagli articoli 64 e 178, non sono soggette alla disciplina del presente Titolo le cose indicate al comma 1 che siano opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni, se mobili, o ad oltre settanta anni, se immobili, nonché le cose indicate al comma 3, lettere a) ed e), che siano opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni ”.

Nel caso di specie, il vincolo è stato apposto richiamando l’art. 10, comma 3, lett. d), pertanto, l’esistenza di un rilevante interesse culturale rispetto ai beni in esame non è esclusa per il fatto che siano “ opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquant’anni ”, atteso che tali requisiti attengono ad altre categorie di beni comprese nella formulazione dell’art. 10 cit.

Richiamando le osservazioni già svolte innanzi, deve ribadirsi che il vincolo in questione trova ragione nella dimensione oggettiva ed ambientale che la raccolta costituisce e che assume la fondamentale capacità testimoniale della storia dell’industria Alfa Romeo.

In questo senso, a prescindere dall’eterogeneità della raccolta, dal pregio dei singoli pezzi e dalla supposta presenza di doppioni, l’insieme dei beni globalmente considerato, oltre che costituire testimonianza della storia industriale dell’Alfa Romeno, assume, nel caso concreto, una peculiare valenza anche in ragione dei legami storici con lo specifico sito nel quale è conservata, come emerge dalla relazione allegata al provvedimento impugnato e già citata in precedenza (“ Il progetto rileva la perfetta coincidenza tra contenitore architettonico e percorso espositivo: la posizione delle automobili, le pedane di supporto, i pannelli informativi, la grafica, la schermatura acustica, l’illuminazione nascono da un progetto unitario, confermato dai disegni conservati nell’Archivio Latis ”).

In definitiva, ricordato che ai sensi del testo della lett. d) non è richiesta una valutazione sui singoli beni, l’apposizione del vincolo in esame è giustificata da una valutazione globale dei legami che li caratterizzano, anche in rapporto al luogo nel quale sono collocati, e che trova adeguato riscontro nell’analisi storico-culturale posta a base della scelta dell’amministrazione, la quale, pertanto, non pare aver esorbitato dall’ambito riservato che le è proprio.

Nello specifico, deve in ogni caso rilevarsi che nella Relazione tecnica si legge che la raccolta del Museo storico Alfa Romeo non ha vetture fungibili, anche se appartenenti a modelli o famiglie di modelli uguali o similari, dovendosi dunque dubitare dell’effettiva presenza di “doppioni” nel senso prospettato da parte appellante.

Al riguardo, risultano inoltre condivisibili le considerazioni svolte dal TAR, secondo cui:

- il provvedimento impugnato non ha ad oggetto una collezione di automobili d’epoca, ma una raccolta museale propria di un museo d’impresa, che, come tale, può ragionevolmente comprendere pezzi di valore diverso e anche modelli similari;

- la raccolta museale si è formata nel tempo, in concomitanza con lo sviluppo e la crescita dell’azienda, lasciando memoria sia di vicende agonistiche, sia della diffusione dell’auto nel tessuto sociale nazionale e ciò rende conto delle ragioni per cui la raccolta affianchi a pezzi unici anche pezzi reperibili sul mercato.

12 - Con il terzo motivo di appello, si sottopone a critica il rigetto del motivo di ricorso concernente la contestata creazione di un vincolo tra raccolta del Museo storico, archivio del Centro documentazione - Archivio storico ed immobile “ contenitore ” di detti beni.

Al riguardo, il TAR ha affermato che il legame tra i beni considerati sussisterebbe in quanto sarebbero “… manifestazioni dell’interesse culturale, storico ed identitario che connota l’Alfa Romeo e, muovendo da tale presupposto ”.

Secondo parte appellante:

i) l’intero impianto normativo considerato (in specie, artt. 10 e 13 del Codice dei beni culturali) impone una valutazione dei beni rilevanti nella loro individualità, alla luce delle caratteristiche ontologiche che li connotano;
la mera esistenza di un nesso tra beni di natura diversa, alcuni dei quali di rilievo storico-industriale, altri privi di tale caratterizzazione, non estenderebbe a questi ultimi il pregio dei primi, con la conseguenza che non potrebbero essere sottoposti ad alcun vincolo;

ii) il vincolo non si è limitato ad attribuire la qualifica di bene di interesse storico al Centro Direzionale, da un lato, ed alla raccolta museale e all’archivio storico, dall’altro, ma ha proceduto ad un’ulteriore qualificazione giuridica, individuando la collezione di automobili anche come pertinenza del compendio immobiliare;
sicché il Vincolo ha chiarito che sia la raccolta del museo storico Alfa Romeo, che l’archivio denominato Centro di documentazione sono inamovibili dalla sede;

iii) tenuto conto dei presupposti per la legittimità di un vincolo pertinenziale iure publico nonché dei rapporti con la figura della pertinenza di diritto privato, la legittima apposizione del primo presuppone comunque e necessariamente l’esistenza della seconda;
ne deriverebbe che, nel caso in esame, nessun vincolo pertinenziale potrebbe venire in essere tra “ contenitore ” e “ contenuto ”, anche poiché gli stessi appartengono a soggetti giuridicamente distinti (rispettivamente, all’epoca dei fatti, Fiat Partecipazioni S.p.A. e Fiat Group Automobile S.p.A.).

12.1 - Da un altro punto di vista, parte appellante contesta l’eccesso di potere in cui sarebbe incorsa l’amministrazione, nel momento in cui il vincolo ha quale conseguenza quella della inamovibilità delle collezioni dalla sede in cui attualmente si trovano.

13 - La censura è infondata.

In primo luogo, deve precisarsi che in materia di tutela dei beni culturali, il concetto di pertinenza ha finalità e sostanza giuridica diverse da quelle proprie della pertinenza civilistica, dovendo la prima essere valutata, non in ragione del regime dominicale dei beni interessati, ma alla luce delle finalità di tutela e del legame che sussistono tra i beni sotto il profilo dell’interesse culturale.

In altri termini, il rapporto di connessione fra beni non va ricondotto, ai fini della verifica della legittimità della costituzione del vincolo, al concetto privatistico di “pertinenza” che si enuclea dall’art. 817 c.c., ma trae giustificazione nella finalità pubblicistica di tutela dei beni in questione, che può ben estendersi a ritenere non scindibile la relazione fra beni, ove essi, come nel caso in esame, concorrano unitariamente ad esprimere il valore culturale di cui è espressione il vincolo, indipendentemente da ogni aspetto proprietario.

Nella fattispecie, diversamente da quanto supposto da parte appellante, non si è trattato di estendere il rilievo storico-industriale, ravvisabile nella raccolta museale e nell’archivio, al compendio immobiliare che ne sarebbe privo, bensì di riconoscere, in funzione dell’inscindibile legame tra i beni mobili e l’immobile che li contiene, l’interesso storico-industriale del compendio immobiliare e del suo contenuto, valorizzando anche l’origine storica della relazione tra i predetti beni, impressa dall’allora proprietà.

Come già riferito, il Museo storico e il Centro documentazione – Archivio storico vennero ideati, progettati e realizzati sin dall’origine quali parti integranti del Centro direzionale che l’Alfa Romeo aveva deciso di costruire ad Arese vicino allo stabilimento. Il rapporto di “pertinenzialità” tra il compendio immobiliare e la raccolta e l’archivio fu dunque istituito dalla stessa dirigenza dell’Alfa Romeo ed è stato mantenuto inalterato anche dopo l’acquisizione da parte del gruppo Fiat, che non ha modificato la collocazione del Museo storico e del Centro di documentazione nei locali che erano stati progettati e realizzati per ospitarli.

Il provvedimento impugnato si è quindi limitato a prendere atto di tale relazione - tra il compendio immobiliare, la raccolta e l’archivio - così come originariamente istituita e poi mantenuta sino al momento dell’apposizione del vincolo, ed a mettere in luce, secondo un ragionamento logico ed attendibile, il valore culturale dell’insieme di tali beni, costituito anche dalla specifica collocazione dei beni mobili all’interno di una precisa porzione del compendio immobiliare.

Quale precipitato dei principi innanzi ricordati risulta irrilevante la diversa proprietà dei beni vincolati, giacché la normativa di riferimento non presuppone, ai fini di dare concreta attuazione alla tutela dei beni di interesse culturale, l’identità proprietaria per i beni sottoposti a vincolo.

13.1 - In riferimento alla tematica sottesa alla censura di parte appellante, la giurisprudenza (C.G.A. 15/05/2006, n. 220) ha già avuto modo di esprimersi nel senso che “ per impostare correttamente sul piano giuridico la questione, bisogna affrancarsi sia dalle categorie tecniche della amovibilità/inamovibilità dei beni, sia da quelle civilistiche relative alla complementarietà delle cose e alla loro destinazione per volontà dei proprietari. Occorre invece assumere come unico criterio-guida la ratio della normativa pubblicistica sui beni culturali, che - specie nella sua più recente evoluzione - non è certamente quella di incentivare lo “smontaggio” delle opere d’arte…e l’improprio inserimento di esse in ambienti alieni, ma al contrario di mantenere il più possibile la integrità materiale e funzionale delle medesime e la loro ubicazione originaria ”.

Tale pronuncia prosegue rilevando che proprio questa nuova filosofia di tutela giustifica vincoli (“ su antiche caffetterie, farmacie, altri luoghi di incontro ”) con i quali si cerca di conservare e tramandare “ l’integrità materiale e funzionale di certi luoghi significativi per la memoria collettiva: attività, immobile, arredi (come ad es. tavoli, ceramiche, strumenti musicali, ecc.), considerati come un tutt’uno inscindibile ”.

13.2 - Non merita di essere accolta la richiesta di rimessione all’Adunanza Plenaria attesa l’insussistenza di un contrasto giurisprudenziale al riguardo e la pacifica ammissibilità del vincolo oggetto di causa.

Al riguardo, deve precisarsi che il caso in esame non risulta sovrapponibile a quello oggetto dell’ordinanza della Sezione n. 5357/2022, dove veniva in considerazione l’imposizione esplicita di un vincolo di destinazione d’uso (ristorante) dell’immobile, dal momento che con il provvedimento impugnato nel presente giudizio non viene imposto lo svolgimento di alcuna attività nella porzione di immobile vincolato. Invero, nel caso in esame si controverte, esclusivamente, sulla legittimità dell’apposizione del vincolo di interesse culturale su di un compendio immobiliare e un insieme di beni che, unitariamente considerati, contribuiscono ad esternare i valori e l’identità della casa automobilistica Alfa Romeo.

13.1 – Da un altro punto di vista, deve osservarsi che i limiti all’utilizzo del bene vincolato discendono direttamente dalla legge e rispondo alla logica stessa alla base del compendio di misure volte a preservare quei beni reputati di interesse culturale ( cfr. art. 20 D. Lgs. n. 42/04: “ I beni culturali non possono essere distrutti, deteriorati, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione ”).

Per altro, deve precisarsi che la dichiarazione di interesse culturale consente comunque la fruizione, gestione e valorizzazione del bene, compatibilmente con i suoi caratteri storici ed identitari, e non impedisce che possa subire trasformazioni, previa autorizzazione dell’autorità competente.

Vale un discorso sostanzialmente analogo in riferimento alla contestata inamovibilità delle collezioni e al suo asserito contrasto con il regime di cui agli artt. 20 e 21 del Codice dei beni culturali.

L’effetto della inamovibilità è previsto dalla stessa disposizione normativa (l’art. 20 cit. prevede che “ Gli archivi pubblici e gli archivi privati per i quali sia intervenuta la dichiarazione ai sensi dell’articolo 13 non possono essere smembrati ”), per altro, a norma dell’art. 21, non è esclusa tassativamente la possibilità di spostamento, anche temporaneo, dei beni culturali mobili, o lo “smembramento di collezioni, serie e raccolte”, subordinando tali atti alla previa autorizzazione dell’autorità competente.

14 - Con il quarto motivo, parte appellante critica la statuizione di primo grado nella parte in cui ha ritenuto corretto il procedimento che ha condotto al provvedimento contestato.

Nello specifico, parte appellante evidenzia che, nell’ambito di una complessa interlocuzione, i soggetti interessati, al fine di poter efficacemente apportare il loro contributo, devono essere messi a conoscenza immediatamente dell’estensione e delle caratteristiche del vincolo, mentre è irrilevante conoscere dette informazioni solo al momento dell’adozione del provvedimento finale.

Tanto premesso, parte appellante contesta quanto sostenuto dal TAR - secondo cui la “Relazione Storica” e la “Relazione Storico Archivistica”, acquisite agli atti del procedimento, escluderebbero le carenze che ha invece contestato FCA – insistendo sul fatto che:

i) gli immobili sottoposti a vincolo - contrariamente a quanto si rileva nella Relazione Storica - sono assolutamente privi di valore architettonico e/o storico-industriale;

ii) quanto alla collezione museale, gran parte delle automobili è persino priva del requisito della rarità ed è di dubbio valore collezionistico;

iii) la Relazione Storica, che include anche la disamina del “ parco auto ”, è stata redatta da un funzionario della Soprintendenza archivistica, non necessariamente esperto di automobilismo storico;

iv) per supportare la necessità del Museo Alfa Romeo e dei vincoli annessi, si è affermata l’inesistenza di un museo storico della (allora) Fiat e la mancanza di ogni iniziativa del Gruppo Fiat per il centenario Alfa Romeo nel 2010;
tali asserzioni, secondo parte appellante, non hanno rilievo procedimentale e non risponderebbero al vero.

Per tali ragione, parte appellante sostiene che il dedotto vizio si sarebbe riverberato sul corretto svolgimento del procedimento, che ne sarebbe risultato alterato, atteso che non si sarebbe consentita a FCA una piena e completa esplicazione delle facoltà partecipative previste dagli artt. 7 e 9 della l. n. 241/1990.

Parte appellante contesta altresì che anche i sopralluoghi condotti al fine di verificare la consistenza dell’immobile “ contenitore ”, della raccolta museale e dell’archivio sono stati caratterizzati da una marcata “ de-procedimentalizzazione ”, nonostante dagli stessi dipendessero tanto la conoscenza della consistenza dei beni mobili considerati, quanto il ritenuto nesso (la dedotta pertinenzialità) con gli immobili che li ospitavano.

15 - Anche tale censura è infondata.

Come correttamente rilevato dal TAR, nel caso di specie, parte appellante si è limitata a contestare in modo formale la violazione della trasparenza e delle garanzie partecipative, senza allegare concreti elementi in ordine alla rilevanza sostanziale delle lacune asserite e senza addurre profili concretamente pregiudicati dalle ritenute violazioni ( cfr . Consiglio di Stato, sez. V, 2 febbraio 2010, n. 431;
Consiglio di Stato, sez. VI, 29 luglio 2008, n. 3786).

La pertinenza ed esaustività della considerazione che precede è dimostrata dall’integrale rigetto dei precedenti motivi di appello, che includono anche la gran parte dei rilievi fatti valere da parte appellante a sostegno del motivo di appello ed innanzi sinteticamente richiamati.

In ogni caso, dall’esame degli atti emerge che, in realtà, le società hanno regolarmente partecipato al procedimento, presentando memorie, che sono state poi prese in considerazione dall’amministrazione.

Il fatto che l’amministrazione abbia valutato il contributo partecipativo dalle società, in ottica di leale confronto, è confermato dalla circostanza che, proprio in parziale accoglimento delle deduzioni difensive, l’amministrazione ha individuato ex novo il perimetro dell’area sottoposta a tutela (mentre in sede di avvio del procedimento l’area riconosciuta di interesse culturale si estendeva ai mappali 11, 31, 32 del Foglio N.C.E.U. 1 del Comune di Rho, nonché ai mappali 121 e 141, del Foglio N.C.E.U. 13 del Comune di Lainate, vale a dire all’intero ambito “c2” come individuato dall’accordo programma approvato nel 2010, il provvedimento finale limita la tutela diretta alle sole porzioni del compendio immobiliare che ospitano la raccolta, l’archivio, il deposito, l’officina e i relativi uffici, identificabili catastalmente, come già evidenziato, con il mappale 11/parte del Foglio N.C.E.U. 1 del Comune di Rho).

La non perfetta coincidenza tra la comunicazione di avvio ed il provvedimento finale, peraltro in senso favorevole alle appellanti, non appare di per sé censurabile, rispondendo infatti alla logica del confronto procedimentale, quale conseguenza e scopo dell’apporto partecipativo del privato.

Anche i sopralluoghi sono stati preventivamente comunicati e risultano incontri diretti tra le amministrazioni e i rappresentanti delle società;
inoltre, parte appellante non specifica di quali documenti sarebbe stata tenuta all’oscuro, dovendosi per l’effetto ritenere ininfluenti le doglianze espresse al riguardo dalle appellanti.

16 – Per le ragioni esposte, l’appello deve essere respinto e va confermata la sentenza di primo grado.

Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Collegio, senza la necessità degli approfondimenti istruttori chiesti da parte appellante, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato ( cfr . Cons. di Stato, n. 3110/2019). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

16.1 – Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

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