Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2014-07-22, n. 201403897

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2014-07-22, n. 201403897
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201403897
Data del deposito : 22 luglio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 10087/2011 REG.RIC.

N. 03897/2014REG.PROV.COLL.

N. 10087/2011 REG.RIC.

N. 10184/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10087 del 2011, proposto da:
Iper Montebello S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. G F F, M C, con domicilio eletto presso G F F in Roma, via di Ripetta, 142;

contro

Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore;

nei confronti di

Autorita' per le Garanzie nelle Comunicazioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, Antonio F. Bertoni, Dr Motor Company S.p.A. in persona del legale rappresentante pro tempore;



sul ricorso numero di registro generale 10184 del 2011, proposto da:
Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato - Antitrust, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Iper Montebello Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. G F F, M C, con domicilio eletto presso G F F in Roma, via di Ripetta, 142;

per la riforma sia quanto al ricorso n. 10087 del 2011 che quanto al ricorso n. 10184 del 2011 della sentenza del T.a.r. Lazio – Roma, Sezione I n. 7033/2011, resa tra le parti, concernente irrogazione sanzione amministrativa pecuniaria per pratica commerciale scorretta


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Iper Montebello Spa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 luglio 2014 il Cons. S D F e uditi per le parti l’avvocato Ferrari e l’avvocato dello Stato Aiello;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso r.g.n. 3706 del 2009 proposto dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, la società Iper Montebello S.p.a. agiva per l'annullamento del provvedimento adottato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nell’adunanza del 19 febbraio 2009, con cui le era stata irrogata la sanzione amministrativa pecuniaria di € 60.000,00 e le veniva vietata l’ulteriore diffusione della pratica commerciale ivi presa in considerazione per violazione della normativa in materia di pratiche commerciali scorrette, di cui al d.lgs. 206/2005, come modificato dal d.lgs. 146/2007, oltre che degli atti presupposti, connessi e conseguenziali.

La pratica commerciale era consistita in messaggi pubblicitari vari, su stampa, internet, a mezzo volantini, promossi dalla DR Motor Company S.p.a., volti a promuovere l’autoveicolo “SUV DR5”. In particolare, i messaggi proponevano un’autovettura DR5 acquistabile in tutti i punti vendita Iper Montebello con motore italiano powertrain common-rail di ultima generazione, elettronica Bosh e design italiano al prezzo di 15.900 euro, mentre il consumatore, recandosi presso i punti vendita Iper Montebello - essendo in realtà indisponibile l’autovettura reclamizzata al momento del messaggio - poteva acquistare esclusivamente una versione DR5 con motore a benzina prodotto in Cina dalla casa automobilistica “Chery” ad un prezzo pari a 19.900 euro.

L’Autorità aveva avviato il procedimento chiedendo informazioni, sia nei confronti della DR Motor Company s.p.a., professionista operante nel settore della fabbricazione di autoveicoli, che nei confronti di Iper Montebello s.p.a., impresa attiva nel commercio al dettaglio di prodotti. Poiché il messaggio era stato diffuso a mezzo stampa e attraverso internet, veniva acquisito altresì il parere dell’8 febbraio 2009 dell’Autorità per le Garanzie delle Comunicazioni ai sensi dell’art. 27, comma 6 del codice del consumo, che concludeva nel senso della sussistenza della violazione ascritta.

Con il ricorso giurisdizionale la Iper Montebello S:p.a. deduceva le censure di violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili, sostenendo che: 1) in tutti i casi in cui le pratiche commerciali non siano manifestamente scorrette o gravi, l’amministrazione dovrebbe obbligatoriamente avviare il procedimento per negoziare gli impegni utili ad apprestare comunque un’adeguata tutela ai consumatori, mentre, nella fattispecie in esame, difettava ogni motivazione in ordine al mancato esercizio del potere discrezionale;
la Iper, in tale caso, ex ante e spontaneamente, se messa in condizione, si sarebbe astenuta dal continuare la condotta ancor prima di essere notiziata dell’avvio del procedimento;
la sanzione inflitta avrebbe dovuto essere soltanto la extrema ratio per le ipotesi in cui l’attività di negoziazione con le parti si fosse rivelata non appagante per l’interesse pubblico;
la sanzione inoltre sarebbe contraddittoria nella parte in cui vieta una pratica commerciale che ha cessato di essere portata a compimento, in quanto riconosciuta dalla stessa Autorità come di carattere episodico e strettamente contingente;
ad ogni buon conto, venivano impugnati i regolamenti adottati con delibere dell’AGCM nn. 17589/2007 e 17590/2007 laddove fanno carico al solo professionista di assumere l’iniziativa per una soluzione negoziata del procedimento, attesa la difformità rispetto alla legge che, invece, demanderebbe all’AGCM l’interpello del professionista a tale fine;
2) la società sanzionata non avrebbe posto in essere alcuna pratica contraria alla “diligenza professionale” che i consumatori normalmente si attendono da un professionista, atteso che, come accertato dall’Istituto per l’Autodisciplina Pubblicitaria, essa non avrebbe avuto un ruolo diretto nella definizione dei contenuti della campagna pubblicitaria;
l’assenza di responsabilità in capo a Iper Montebello, quanto ai contenuti del messaggio promozionale, risultava altresì dall’accordo di collaborazione commerciale stipulato il 15 novembre 2007 con DR Motor, nel quale era tra l’altro indicato che i due soggetti avevano avuto ruoli e responsabilità distinti e, in particolare, che DR Motor avrebbe dovuto curare gli aspetti operativi della commercializzazione di autovetture DR5;
il provvedimento impugnato conferma che si trattava del “messaggio pubblicitario promosso dalla DR Motor Company S.p.a.”, sicché sarebbe contraddittoria poi la indicazione della società Iper Montebello s.p.a. come committente, al pari di DR Motor, della campagna promozionale del veicolo DR5, in quanto Iper Montebello si era limitata a “mettere a disposizione” la propria rete di punti vendita, mentre era stata la sola DR Motor a gestire in autonomia l’intera parte commerciale dell’operazione;
la condotta di Iper non concretava alcuna pratica commerciale idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico dei consumatori, in quanto la condotta valutata come scorretta consisteva solo nella pubblicazione, sulle edizioni del 27 e del 28 dicembre 2007 del Giornale di Brescia, di un messaggio pubblicitario, nel quale non sarebbero state puntualmente rappresentate le caratteristiche del veicolo DR5 disponibile presso la rete commerciale di Iper Montebello;
inoltre, tale messaggio pubblicitario, non potrebbe considerarsi ingannevole, quantomeno in relazione al prezzo di vendita del veicolo;
3) il provvedimento sarebbe illegittimo anche in relazione alla quantificazione della sanzione, in quanto l’Istituto per l’Autodisciplina Pubblicitaria non ha adottato alcun provvedimento verso Iper Montebello e il Giornale di Brescia sarebbe un giornale a diffusione solo locale;
rileverebbero in senso favorevole la compartecipazione ai fatti del presunto autore ed il comportamento successivo dallo stesso serbato;
inoltre, sia la gravità che la durata della violazione sarebbero nei fatti aspetti di scarsissimo spessore;
ingiustamente, sebbene Iper Montebello non abbia avuto un ruolo diretto nella definizione dei contenuti dei messaggi pubblicitari relativi al veicolo DR5, la Società sarebbe stata sanzionata nella stessa misura di DR Motor.

Il giudice di primo grado respingeva in buona parte il ricorso, accogliendolo soltanto in relazione alle censure proposte sulla quantificazione della sanzione.

La sentenza, pertanto, così provvedeva: 1) rigettava le censure di carattere procedimentale, riguardanti la pretesa di spostare sull’Autorità l’onere di attivare eventuali impegni da parte dell’impresa (comprensive delle censure rivolte avverso i regolamenti in materia);
2) veniva rigettata la censura secondo cui sarebbe contraddittoria la sanzione nella parte in cui vieta una pratica commerciale nel frattempo cessata e riconosciuta dalla stessa Autorità di carattere episodico e strettamente contingente;
3) venivano respinte come infondate le censure relative all’accertamento della responsabilità della Società, avendo il provvedimento dato puntualmente conto del fatto che destinatari del provvedimento dovevano ritenersi sia la Società DR Motor Company S.p.A. che la società Iper Montebello S.p.A. entrambi in qualità di professionisti ex articolo 18 comma 1 lettera b), poichè, dalle risultanze istruttorie e dalla documentazione pervenuta, era emerso che entrambe le Società erano committenti della campagna pubblicitaria di lancio dell’autovettura, realizzata dall’agenzia pubblicitaria Forchets S.r.l., e parimenti responsabili della veridicità ed attendibilità dei contenuti della stessa;
in data 9 gennaio 2008, era stato stipulato con Forchets S.r.l. un accordo avente ad oggetto l’incarico da parte di quest’ultima di studiare, progettare, coordinare e controllare per conto della Iper Montebello S.p.a. una campagna di comunicazione pubblicitaria nazionale a mezzo stampa (quotidiana e periodica) e affissione relativa al lancio del prodotto “DR5”, oltre al restyling del punto vendita, per cui la qualità di committente della ricorrente poteva già in tal modo dirsi oggettivamente accertata;
inoltre, l’autovettura pubblicizzata era disponibile presso i 26 punti vendita della Iper Montebello;
secondo (l’Autorità e) il primo giudice anche la Iper Montebello era committente della campagna pubblicitaria di lancio dell’autovettura, e da ciò si poteva evincere ed individuare la sua responsabilità editoriale;
la circostanza che il modello di autovettura era disponibile presso i 26 punti vendita della Iper Montebello ne dimostrava il suo vantaggio economico e in ogni caso l’obbligo di diligenza;
4) venivano rigettate come infondate le doglianze con cui si sosteneva che non sarebbe stata attuata alcuna pratica commerciale idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico dei consumatori, dovendosi riconoscere, al contrario, che il provvedimento sanzionatorio aveva posto compiutamente in rilievo come le caratteristiche ed il prezzo pubblicizzato nel messaggio diffuso sul quotidiano “Giornale di Brescia” si erano riferite ad una versione con motorizzazione diesel non ancora in produzione, laddove una comunicazione commerciale deve indicare le caratteristiche ed il prezzo del prodotto in maniera idonea a diffondere la consapevolezza nel consumatore della possibilità o meno di acquistare immediatamente a certe condizioni;
non poteva assumere rilievo, al fine di escludere la scorrettezza della pratica commerciale, la circostanza che, come emerso nel corso dell’istruttoria, il prezzo indicato corrispondeva al modello commercializzato presso i centri Iper ovvero 16.900 euro a cui doveva applicarsi uno sconto di 1.000 euro, atteso che l’indicazione nella comunicazione pubblicitaria di un modello di un’autovettura in cui è omessa l’informazione che il modello pubblicizzato, presentato come disponibile, è invece ancora in fase di lancio sul mercato, costituisce comunque una violazione dell’art. 22 d.lgs. 206 del 2005;
come aveva evidenziato il parere reso dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, il messaggio, per i suoi contenuti oggettivi, appariva in grado di orientare indebitamente le scelte economiche dei consumatori che, sulla base di informazioni non veritiere relative ad elementi essenziali della decisione di acquisto di un’autovettura, quale il prezzo e la motorizzazione, erano indotti a recarsi, come nel caso di specie, presso i punti vendita Iper e/o ad entrare in contatto con DR Motor Company per vedersi proporre un prodotto diverso o per vedersi sottoporre una proposta di prenotazione;
non rilevava, inoltre, la durata molto contenuta della pratica illecita, incidendo ciò, al limite, sulla quantificazione della relativa sanzione.

La sentenza di primo grado, invece, accoglieva alcune delle doglianze relative alla quantificazione della sanzione, con cui veniva lamentata la sproporzione in ragione della scarsa durata dell’illecito e della minore gravità dello stesso rispetto a quanto evidenziato nel provvedimento.

L’Autorità aveva fatto riferimento al considerevole impatto sul bacino di utenza nel quale i giornali erano stati diffusi, ovvero nelle province di Milano, Verona, Bergamo, Varese, Brescia e Como;
nelle valutazioni conclusive, l’Autorità aveva evidenziato che i profili di scorrettezza oggetto di contestazione concernevano le caratteristiche ed il prezzo di vendita di un’autovettura pubblicizzata sulle edizioni del Giornale di Brescia di giovedì 27 e venerdì 28 dicembre 2007;
anche nella descrizione della pratica commerciale di cui al punto II del provvedimento e nella comunicazione di avvio del procedimento si era fatto riferimento alla diffusione del messaggio sulle edizioni del Giornale di Brescia del 27 e 28 dicembre 2007;
pertanto, ad opinione del primo giudice, il riferimento, nella quantificazione della sanzione, ad un bacino di utenza individuato nelle province di Milano, Verona, Bergamo, Varese, Brescia e Como, appariva sproporzionato rispetto all’effettiva capacità di penetrazione del messaggio pubblicitario in quanto diffuso per soli due giorni su un quotidiano a carattere essenzialmente locale.

Conseguentemente, nell’esercizio del potere giurisdizionale di merito previsto dall’art. 134, lett. c), del codice del processo amministrativo, il primo giudice quantificava come equa la sanzione per la Iper Montebello s.p.a. nella somma di € 40.000 (quarantamila/00) e, in ragione della perdita di esercizio rilevata nel 2007, la riduceva alla misura di € 30.000 (trentamila/00) in luogo della sanzione di € 60.000 (sessantamila/00 derivante dalla riduzione di ottantamila) irrogata dall’Autorità con il provvedimento impugnato.

Avverso la suddetta sentenza propongono appello sia la società Iper Montebello s.p.a. che l’Autorità Garante per la concorrenza e per il mercato.

Con un primo appello (r.g.n.10087 del 2011) la società Iper Montebello s.p.a., dopo avere ripercorso la vicenda amministrativa e giurisdizionale di primo grado, deduce le seguenti censure, in sostanza riproponendo vari motivi respinti in primo grado: 1) erroneità della sentenza nella parte in cui esclude il potere discrezionale di negoziare le iniziative utili alla cessazione delle pratiche commerciali scorrette da parte dell’Autorità;
trattandosi di fatti non gravi, l’Autorità, con l’avvio del procedimento, avrebbe dovuto dapprima negoziare l’assunzione di eventuali impegni e solo come extrema ratio avrebbe dovuto adottare la sanzione afflittiva 2) erroneità della sentenza nella parte in cui individua una persona giuridica quale autore degli illeciti contestati;
3) erroneità della sentenza nella parte in cui ha riscontrato una responsabilità diretta o comunque un omesso controllo in capo a Iper Montebello, sostenendo che il menzionato contratto pubblicitario con Forchets s.r.l. è successivo (9 gennaio 2008) rispetto ai fatti contestati;
sostiene in ogni caso la propria estraneità al ruolo della società DR Motor;
infatti, la stessa Autorità ha osservato che DR Motor aveva elaborato i contenuti tecnici dei messaggi promozionali;
il messaggio pubblicitario (ingannevole) è stato promosso da DR Motorcompany s.p.a.;
il carattere specialistico della commercializzazione dei veicoli DR5 esclude ogni coinvolgimento di Iper Montebello;
non esistono norme che introducano doveri di protezione in capo a Iper Montebello per fatti di terzi specialisti e autonomi come produttori di auto, quale DR Motor;
4) erroneità della sentenza e violazione dell’art. 18 del codice del consumo nella parte in cui ha statuito che la durata limitata della condotta, invero già cessata, non escludeva il perfezionamento della fattispecie illecita;
5) erroneità della sentenza nella parte in cui non ha differenziato il ruolo di Iper Montebello rispetto a DR Motor e disparità di trattamento, non risultando in alcun modo il coinvolgimento della Iper Montebello nella elaborazione dei messaggi pubblicitari sanzionati.

Con un secondo appello (r.g.n.10184 del 2011) l’Autorità Garante per la concorrenza e per il mercato propone a sua volta appello avverso il capo di sentenza che ha accolto il ricorso parzialmente limitatamente alla quantificazione della sanzione pecuniaria. Fa presente che nel provvedimento si era tenuto conto della dimensione economica dei professionisti (la Iper è società attiva nel commercio al dettaglio di generi vari, ha un fatturato nell’anno 2007 pari a 1.655 milioni di euro e una perdita di esercizio pari a 11,2 milioni di euro), si era sostenuto che nel settore della vendita delle auto, particolare rilievo doveva darsi al fatto che la concorrenza si svolge principalmente intorno alla variabile del prezzo e in rapporto alle caratteristiche della vettura e del luogo di progettazione e fabbricazione della componentistica fondamentale.

L’appello deduce la erroneità del ragionamento del primo giudice, chiedendone la riforma e quindi in accoglimento dell’appello, il rigetto totale del ricorso originario;
si sostiene la erroneità della sentenza appellata, laddove afferma la sproporzione della sanzione rispetto alla effettiva capacità di penetrazione del messaggio pubblicitario, diffuso solo per due giorni su un quotidiano essenzialmente locale, mentre il messaggio oggetto di segnalazione, presente sulle edizioni del Giornale di Brescia del giovedì 27 e del venerdì 28 dicembre 2007, aveva avuto una maggiore ampiezza di campagna pubblicitaria, come risultava dalla istruttoria dell’Autorità (paragrafo III), in quanto, in realtà era stato diffuso anche nelle edizioni del 27 e 28 dicembre 2007 delle testate Arena di Verona (27 dicembre 2007, Corriere della Sera ed. Milano, Eco di Bergamo, La Provincia di Varese e La Provincia di Como e del 29 dicembre 2007 della testata Arena di Verona).

Alla udienza pubblica dell’8 luglio 2014 le due cause sono state trattenute in decisione.

DIRITTO

1. In via preliminare, va disposta la riunione obbligatoria tra i due giudizi, (r.g.n.10087 del 2011 e 10184 del 2011) ai sensi dell’art.96 del codice del processo amministrativo, trattandosi di appelli proposti avverso la stessa sentenza (sentenza n.7033 del 2011).

2.Con un primo appello (r.g.n.10087 del 2011) la società Iper Montebello s.p.a., dopo avere ripercorso la vicenda amministrativa e giurisdizionale di primo grado, deduce le seguenti censure, in sostanza riproponendo vari motivi respinti in primo grado.

Con un primo motivo l’appellante sostiene che l’Autorità sarebbe onerata, in presenza di accertata pratica commerciale scorretta, prima di adottare la sanzione afflittiva, che costituisce l’ extrema ratio , e trattandosi di fatti non gravi, a indicare e proporre all’impresa iniziative utili alla cessazione delle pratiche commerciali, negoziando l’assunzione di possibili impegni.

Secondo l’appello, l’Autorità dovrebbe obbligatoriamente avviare il procedimento per la negoziazione degli impegni o comunque motivare le ragioni di una negoziazione mancata, ma regolarmente avviata;
sarebbe illegittimo il Regolamento sul procedimento adottato, che non prevede un obbligo di informativa, in favore del professionista, sulla opzione che gli è concessa dalla legge di provocare una soluzione “negoziata” della procedura.

La doglianza è infondata.

L’art. 27 comma 7 del codice del consumo prevede che “Ad eccezione dei casi di manifesta scorrettezza e gravita' della pratica commerciale, l'Autorita' puo' ottenere dal professionista responsabile l'assunzione dell'impegno di porre fine all'infrazione, cessando la diffusione della stessa o modificandola in modo da eliminare i profili di illegittimita'. L'Autorita' puo' disporre la pubblicazione della dichiarazione dell'impegno in questione a cura e spese del professionista. In tali ipotesi, l'Autorita', valutata l'idoneita' di tali impegni, puo' renderli obbligatori per il professionista e definire il procedimento senza procedere all'accertamento dell'infrazione”.

Ne deriva che non è necessariamente l’Autorità a dover informare l’impresa della possibilità di presentare e assumere impegni, anche se l’amministrazione procedente può interrompere il procedimento senza accertare l’infrazione ed irrogare la sanzione ove ricorrano i presupposti previsti dalla norma, al fine di invitare all’assunzione di impegni l’impresa scorretta.

Poiché la facoltà di presentare gli impegni è stabilita da una norma di legge, il soggetto interessato, ove lo ritenga, può senz’altro esercitare tale facoltà senza alcuna necessità che l’Autorità debba rammentargli tale possibilità.

In definitiva, l’onere di attivazione del sub-procedimento grava sul soggetto che ha ricevuto la comunicazione di avvio del procedimento, mentre l’Autorità procedente non ha alcun obbligo di richiamare l’attenzione su tale possibilità, ma solo quello di valutare gli impegni eventualmente presentati.

Del resto, la parallela normativa in materia di concorrenza, con dizione sostanzialmente identica al codice del consumo, prevede che l’Autorità, valutati gli impegni, possa, nei limiti dell’ordinamento comunitario, renderli obbligatori e chiudere il procedimento senza accertare l’infrazione.

In materia di intese restrittive della libertà di concorrenza, in cui la ratio dell’istituto è esattamente la stessa, vale a dire il consentire alle imprese attraverso tale strumento di evitare che il procedimento si concluda con l’accertamento dell’illecito ed il conseguente esercito dei poteri interdittivi e sanzionatori, è specificamente previsto, dall’art. 14 ter l. 287 del 1990, che, entro tre mesi dalla notifica dell’apertura di un’istruttoria per l’accertamento della violazione degli artt. 2 o 3 della stessa legge o degli artt. 81 o 82 del Trattato CE, le imprese possano presentare impegni tali da far venire meno i profili anticoncorrenziali oggetto dell’istruttoria nonché, con dizione sostanzialmente identica a quella del codice del consumo;
l’Autorità, valutata l’idoneità di tali impegni, può, nei limiti previsti dall’ordinamento comunitario, renderli obbligatori per le imprese e chiudere il procedimento senza accertare l’infrazione.

In conclusione, l’onere di attivazione del subprocedimento in discorso grava sul soggetto che ha ricevuto la comunicazione di avvio del procedimento, mentre, per l’amministrazione procedente, non vi è alcun obbligo di richiamare l’attenzione su tale possibilità, bensì solo quello di valutare gli impegni eventualmente presentati.

L’art. 27 comma 7 del codice del consumo attribuisce al professionista responsabile la facoltà di presentare impegni, tanto che, nel disciplinare il relativo sub procedimento, non si ritiene che sia imposto all’Autorità alcun dovere di comunicazione preventiva di rigetto, prevalendo la normativa speciale su quella generale di cui all’art. 10 bis.

Né le censure sotto tale profilo sono in grado di far dubitare della legittimità del regolamento che disciplina il procedimento.

Sulla base di quanto detto, il regolamento n.17589 adottato dall’Autorità nella adunanza del 15 novembre 2007, cui rinvia il d.lgs.146 del 2007 per la disciplina del procedimento diretto ad accertare la realizzazione di una pratica scorretta, laddove all’art. 8 prevede che entro e non oltre trenta giorni dalla recezione della comunicazione di avvio del procedimento, il professionista può presentare in forma scritta impegni tali da fare venire meno i profili di illegittimità della pratica commerciale, impegni che poi l’Autorità valuta, è quindi coerente con l’intero impianto normativo.

3. Con altro motivo di appello l’appellante società sostiene l’illegittimità della sanzione, in quanto la personale responsabilità non potrebbe che attagliarsi alla persona fisica, con conseguente in configurabilità, in linea di principio, della attribuzione della addotta responsabilità in capo ad una persona giuridica.

Rispetto a tale motivo di appello la difesa dell’Autorità Antitrust eccepisce il divieto di nova in appello, trattandosi di censura svolta per la prima volta in sede di gravame.

La doglianza, a prescindere dalla sua inammissibilità, è infondata nel merito.

Come noto, la sanzione non è altro che la regola prevista per il caso di inosservanza del precetto, sicchè una volta accertata la responsabilità della pratica scorretta, ne consegue l’adozione delle misure, anche sanzionatorie, a carico anche di persone giuridiche, superandosi il brocardo secondo cui societas delinquere non potest .

Non può dubitarsi che la legge voglia fare riferimento anche alle persone giuridiche, sia al fine di applicare ad esse le regole a tutela dei consumatori, sia nel senso di renderle assoggettabili alle sanzioni, pur essendovi un rinvio ad altre norme che fanno riferimento alla “personalità” dell’autore della violazione.

Sotto il primo profilo, l'art. 18 del codice del consumo stabilisce che per "professionista" si deve intendere qualsiasi persona fisica ma anche giuridica che, nelle pratiche commerciali oggetto della specifica disciplina, agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale e professionale. Ciò che la disposizione richiede ai fini dell'assunzione della qualificazione soggettiva di che trattasi è, dunque, che la pratica commerciale sia posta in essere dal soggetto quale manifestazione della sua ordinaria attività di lavoro, a tale dato oggettivo soltanto essendo correlati gli accresciuti oneri di diligenza e di informazione a protezione di chi opera al contrario (il consumatore) al di fuori dell'esercizio della sua attività professionale (ed è per tale ragione in posizione di tendenziale debolezza contrattuale).

Non par dubbio, pertanto, che le società e in generale le persone giuridiche in senso ampio non possano ritenersi soggetti estranei alla sfera di applicazione del codice del consumo (pacificamente, tra varie, Consiglio di Stato, sez. VI, 4 ottobre 2011, n.5435).

In vero, la nozione di professionista, sin dalla direttiva CEE n.13/1993 (ripresa fedelmente dall’art. 3 lettera c) codice del consumo e prima ancora dall’art. 1469 bis, comma 2 codice civile) annovera anche la persona giuridica, ed è anzi comune convincimento che tale espressione debba essere a sua volta intesa in senso lato e non strettamente tecnico-giuridico, sicchè in essa debbono ritenersi compresi gli enti pubblici e la Pubblica Amministrazione, gli enti privi di soggettività giuridica e così via.

Anche sotto il profilo strettamente sanzionatorio e punitivo, superato il principio secondo cui societas puniri non potest , è pacificamente accertato che l’art. 11 della legge 24 novembre 1981, n.689, cui rinvia implicitamente l’art. 27 comma 13 del codice del consumo, prevede che la determinazione concreta del quantum della sanzione pecuniaria debba tenere conto anche della personalità dell’autore della violazione, ma tale espressione non può farsi intendere come una limitazione alle sole persone fisiche.

L’art. 27 in combinato disposto con l’art. 3 comma 1 lettera c) del codice del consumo configura per tale materia la diretta - e non solidale con chi ha materialmente agito per suo conto – responsabilità della persona giuridica per l’illecito amministrativo (tra tante, Cons. Stato, VI, 27 ottobre 2011, n.5785). Se normalmente si assume che il sistema sanzionatorio di tale genere di illecito, analogamente al sistema penale, debba riguardare soprattutto la personalità dell’autore persona fisica, non può non ritenersi, al fine di evitare disparità di trattamento, che occorra adattare il riferimento che la legge n.689 del 1981 effettua alla personalità dell’autore dell’illecito ai fini della quantificazione della sanzione amministrativa pecuniaria facendo riferimento, ragionevolmente, innanzitutto al comportamento generale, specie pregresso, dell’impresa in relazione al tipo di illeciti di cui si tratta nell’episodio o a fatti analoghi.

4. Con altro motivo di appello la società Iper Montebello s.p.a. deduce l’erroneità della sentenza appellata, in quanto ha individuato una sua responsabilità diretta o quantomeno da omesso controllo, non considerando che: a) il contratto pubblicitario con Forchets s.r.l. menzionato dall’Autorità è successivo (9 gennaio 2008) rispetto ai fatti contestati (dicembre 2007);
b) l’estraneità al ruolo della società DR Motor, che, come osservato dalla stessa Autorità, aveva elaborato i contenuti tecnici dei messaggi promozionali;
c) il messaggio pubblicitario eventualmente ingannevole è stato promosso da DR Motorcompany s.p.a.;
d) il carattere specialistico della commercializzazione dei veicoli DR5 esclude ogni coinvolgimento di Iper Montebello;
e) non esistono norme che introducano doveri di protezione in capo a Iper Montebello per fatti di terzi specialisti e autonomi come produttori di auto, quale DR Motor.

Le doglianze non sono fondate.

Il provvedimento sanzionatorio dà puntualmente conto del fatto che destinatari dello stesso debbono ritenersi sia la società DR Motor Company s.p.a. che la società Iper Montebello s.p.a., entrambe nella qualità di professionisti ai sensi dell’art. 18 comma 1 lettera b), atteso che, dalle risultanze istruttorie e dalla documentazione pervenuta, è emerso che entrambe le società risultano essere state committenti (e ciò è già sufficiente ai fini della imputabilità e responsabilità) della campagna pubblicitaria di lancio dell’autovettura, campagna pubblicitaria realizzata dall’agenzia pubblicitaria Forchets srl e conseguentemente entrambe erano parimenti responsabili della veridicità e della attendibilità dei contenuti della stessa.

La nozione di professionista utilizzata dal codice del consumo deve intendersi in senso ampio, essendo sufficiente che la condotta venga posta in essere nel quadro di una attività di impresa finalizzata alla promozione e/o commercializzazione di un prodotto o servizio.

In tal senso, professionista autore della pratica commerciale è chiunque abbia una qualche cointeressenza diretta ed immediata alla realizzazione della pratica commerciale.

La stessa parte appellante ammette, sia pure con riferimento a date diverse, l’incarico affidato ad altra società, unitamente alla società produttrice degli autoveicoli, diretta alla pubblicizzazione delle auto.

Né può rilevare che risulti una data successiva di formalizzazione del contratto, non potendosi escludere, ed anzi traendosi argomenti proprio in tal senso, una esistenza di incarichi pregressi di pochi giorni addietro, al periodo al quale risale la campagna pubblicitaria avvenuta durante le festività natalizie.

In effetti, inoltre, dal provvedimento dell’Autorità emerge che gli incarichi affidati nel tempo all’agenzia pubblicitaria sono stati due e non uno, ciò che comprova il coinvolgimento di entrambi i soggetti.

Non può neanche rilevare che la società appellante sia estranea all’attività di produzione di autoveicoli, propria soltanto della casa produttrice.

Infatti, se è vero che la Iper Montebello spa non è operatore del settore automobilistico e che quindi non disponeva di nozioni particolari in quel mercato, e che si sostiene che i messaggi pubblicitari erano stati elaborati dalla sola DR Motor, è vero tuttavia che la campagna in questione, così come era decettiva nei confronti dei consumatori quanto al prezzo e al prodotto, era ben conoscibile dalla stessa Iper Montebello, che quanto meno avrebbe dovuto avvedersi della circostanza che l’autovettura che veniva pubblicizzata non era quella disponibile nei propri punti vendita e che quindi il messaggio risultava ingannevole per i consumatori.

Circostanza non secondaria ed irrilevante è che l’autovettura pubblicizzata era disponibile presso i 26 punti vendita della Iper Montebello ed anzi tale modalità di vendita era elemento caratterizzante del messaggio.

La novità del messaggio pubblicitario faceva leva, oltre che sul prezzo e sul prodotto, sulla circostanza che, in modo rivoluzionario per il settore, l’autovettura in questione veniva resa disponibile per i consumatori nei punti vendita di Iper Montebello.

L’Autorità ha proceduto ad un riscontro della sussistenza dei due elementi essenziali che valgono a qualificare la figura del professionista, vale a dire la responsabilità editoriale ed il vantaggio economico.

Da un lato, l’Autorità ha dato conto che anche la Iper Montebello era committente della campagna pubblicitaria di lancio dell’autovettura, ed in questo è individuabile la sua responsabilità editoriale;
dall’altro, ha evidenziato che il modello di autovettura era disponibile presso i 26 punti vendita della ricorrente, ed in questo era individuabile il vantaggio economico della società.

Peraltro, anche ove dovesse ritenersi che Iper Montebello si è limitata a mettere a disposizione la propria rete di punti vendita, mentre sarebbe stata la sola DR Motor a gestire in autonomia l’intera parte commerciale dell’operazione, la responsabilità dell’appellante non potrebbe comunque venire meno.

Un’omissione rilevante ai fini della ascrizione di una responsabilità a titolo soggettivo sussiste allorquando l’operatore economico non dimostri di avere posto in essere un sistema di monitoraggio effettivo sui contenuti delle iniziative promo-pubblicitarie realizzate e diffuse da soggetti terzi, anch’essi interessati alla pratica commerciale, non essendo sufficiente eventualmente, ad escludere la responsabilità da omesso controllo, la circostanza che il soggetto terzo non abbia preventivamente sottoscritto la campagna che intende diffondere, ove un sistema di controllo preventivo non sia stato posto in essere.

Tenuto conto dei benefici economici derivanti dalla pratica commerciale, il professionista è tenuto a predisporre appositi ed adeguati piani di controllo delle iniziative promozionali e pubblicitarie eventualmente realizzate nei propri locali e diffuse da soggetti terzi, sicchè non potrebbe mai parlarsi di responsabilità oggettiva o per fatto altrui ma si sarebbe pur sempre in presenza di responsabilità per fatto proprio, e cioè dipendente da omissione di controllo dovuto.

D’altronde, è consolidato principio acquisito che nella nozione estesa di professionista debbano rientrare non solo le imprese che si occupano dell’attività principale, ma anche coloro che contrattino per uno scopo solo connesso, accessorio o strumentale rispetto a quello principale (Cassazione civile, ordinanza 28 agosto 2012, n.14679).

5. Con altro motivo di appello (il quarto, da pagina 24 a pagina 27 dell’atto di appello) la società Iper Montebello spa deduce la erroneità della sentenza in relazione alla inidoneità della pratica commerciale a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore sostenendo che la durata limitata della condotta, invero già cessata, escludeva il perfezionamento della fattispecie illecita. Si sostiene che la pratica ha avuto durata molto contenuta (una isolata pubblicità), che non si tratterebbe di pratica (che implica un minimo di durata), che essa non sarebbe in grado, per la sua occasionalità, di alterare in modo apprezzabile il comportamento dei consumatori.

Il motivo, teso questa volta a ritenere insussistenti sia la pratica che la sua scorrettezza, è infondato.

La pratica commerciale è consistita in messaggi pubblicitari, promossi dalla DR Motor Company S.p.a., volti a promuovere l’autoveicolo “SUV DR5”. In particolare, i messaggi proponevano un’autovettura DR5 acquistabile in tutti i punti vendita Iper Montebello con motore italiano powertrain common-rail di ultima generazione, elettronica Bosh e design italiano al prezzo di 15.900 euro, mentre il consumatore, recandosi presso i punti vendita Iper Montebello, poteva acquistare esclusivamente una versione DR5 con motore a benzina prodotto in Cina dalla casa automobilistica “Chery” ad un prezzo pari a 19.900 euro.

Il provvedimento ha posto compiutamente in rilievo come le caratteristiche ed il prezzo pubblicizzato nel messaggio diffuso sul quotidiano “Giornale di Brescia” si riferivano ad una versione con motorizzazione diesel non ancora in produzione, laddove una comunicazione commerciale deve indicare le caratteristiche ed il prezzo del prodotto in maniera idonea a diffondere la consapevolezza nel consumatore della possibilità o meno di acquistare immediatamente a certe condizioni.

Le modalità della comunicazione pubblicitaria, quindi, per l’Autorità Garante per la Concorrenza e il mercato (e anche per l’Autorità di Garanzia per le Comunicazioni) sono state idonee ad alterare il comportamento economico dei consumatori in quanto, a fronte di una pubblicità che, come nella fattispecie, non specifica la circostanza per cui l’autovettura indicata nel messaggio con quelle specifiche caratteristiche tecniche verrà prodotta e commercializzata solo dopo alcuni mesi, il consumatore può attendersi che la stessa autovettura sia già disponibile presso il produttore e possa essere consegnata dopo un lasso di tempo ragionevole: in sostanza, la “ decettività o ingannevolezza ” riguarda sia il prezzo che l’oggetto della possibile compravendita.

Non può assumere rilievo, al fine di escludere la scorrettezza della pratica commerciale, la circostanza che, come emerso nel corso dell’istruttoria, il prezzo indicato corrispondeva al modello commercializzato presso i centri Iper ovvero 16.900 euro a cui doveva applicarsi uno sconto di 1.000 euro, atteso che, l’indicazione nella comunicazione pubblicitaria di un modello di un’autovettura in cui è omessa l’informazione che il modello pubblicizzato è ancora in fase di lancio sul mercato, costituisce comunque una violazione dell’art. 22 d.lgs. 206 del 2005.

Come evidenziato nel parere reso dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, il messaggio, per i suoi contenuti oggettivi, appariva in grado di orientare indebitamente le scelte economiche dei consumatori che, sulla base di informazioni non veritiere relative ad elementi essenziali della decisione di acquisto di un’autovettura, quale il prezzo e la motorizzazione, sono “ indotti ” a recarsi, come nel caso di specie, presso i punti vendita Iper e/o ad entrare in contatto con DR Motor Company per vedersi proporre un prodotto diverso o per vedersi sottoporre una proposta di prenotazione.

In linea di principio, una pratica commerciale è scorretta se induce il consumatore medio, cioè quello normalmente informato e ragionevolmente avveduto, ad una decisione di carattere commerciale che avrebbe potuto altrimenti non prendere, tenuto conto delle caratteristiche del mercato in cui opera le proprie scelte (così Cons. Stato, VI, 4 marzo 2013, n.1259).

Il messaggio pubblicitario, nella fattispecie, prospettando le caratteristiche ed un prezzo appetibile (non veritiero) di un’autovettura non ancora disponibile, era quindi in grado di produrre un effetto “ aggancio ” dei consumatori con uno o entrambi i professionisti che prescindeva dal bene che costituiva lo specifico oggetto della comunicazione e che non poteva ancora essere commercializzato.

La decettività del messaggio è riconosciuta nel procedimento davanti al Comitato di Controllo dell’Istituto per Autodisciplina Pubblicitaria, il cui presidente osservava che si tratta di messaggio ingannevole, volto a pubblicizzare un veicolo SUV, di cui si vantano convenienza e un motore italiano, evidenziando anche la novità del metodo di vendita che porta DR5 “ in mezzo alla gente ”, dove è più facile incontrarlo nella vita di ogni giorno e indicando le sedi Iper nelle quali sarebbe possibile trovarlo. Tuttavia, in seguito ai chiarimenti forniti dall’inserzionista su richiesta del comitato di controllo, era emerso che la versione reclamizzata (disponibile solo da marzo) non corrispondeva a quella “ attualmente in vendita ”.

La circostanza poi che la pratica commerciale abbia avuto una durata molto contenuta non esclude il perfezionamento della fattispecie illecita, ma influisce, al massimo, sulla quantificazione della relativa sanzione.

Il corpus normativo in materia, infatti, non subordina l’intervento dell’AGCM alla continuità della condotta per un significativo arco temporale, non dovendosi ritenere necessariamente che la pratica sia un illecito di lunga durata.

Infatti, l’Antitrust può vietare la diffusione della pratica, anche se non ancora portata a conoscenza del pubblico, o la continuazione, se la pratica sia stata già iniziata.

Con riguardo alla deduzione che si tratterebbe di comportamento già venuto meno, deve osservarsi che il potere attribuito all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha anche e soprattutto una finalità di deterrenza ( nemo punitur quia peccatum est, sed ne peccetur ), con la conseguenza che, anche a fronte di un comportamento già cessato, il potere di accertamento ha la funzione di qualificare la pratica come illecita;
il potere di inibizione ha la funzione di vietare per il futuro la reiterazione della condotta illecita;
il potere sanzionatorio ha la funzione di indurre il professionista a non compiere ulteriori infrazioni.

Per costante giurisprudenza elaborata sulla disciplina della pubblicità ingannevole, la funzione dell’intervento sanzionatorio è non solo quindi di sanzionare gli autori del messaggio, ma anche di impedire che il messaggio continui a produrre effetti.

6. Con altro motivo di appello si lamenta l’erroneità della sentenza perché in disparità di trattamento non ha differenziato il ruolo di Iper Montebello rispetto a DR Motor, non risultando in alcun modo il coinvolgimento della Iper Montebello nella elaborazione dei messaggi pubblicitari sanzionati;
non si sarebbe tenuto conto della correttezza del messaggio pubblicitario;
la sanzione è stata quantificata erroneamente in relazione al periodo di violazione e al comportamento complessivo di Iper Montebello.

I motivi sono infondati.

Quanto alla scorrettezza della pratica, consistente nei suddetti messaggi pubblicitari, nulla è da aggiungere, trattandosi di aspetto già affrontato nell’esame dei motivi di appello precedenti.

Allo stesso modo, l’Iper Montebello s.p.a. non poteva pretendere una minore sanzione rispetto alla produttrice degli autoveicoli, trattandosi, nella specie, di una pratica pubblicitaria per vendite che avvenivano proprio presso ben ventisei punti di vendita della Iper.

Inoltre, il pieno coinvolgimento di Iper nella pratica commerciale contestata, è dimostrato dalla indicazione che proprio la disponibilità presso i punti vendita Iper era indicata come “nuovo” fosse non solo l’autoveicolo, ma anche il metodo di vendita, “ in mezzo alla gente ”, secondo la indicazione pubblicitaria.

Pertanto, il messaggio comprendeva non solo l’oggetto, ma anche la sua presenza sul mercato nei punti di vendita Iper, sicchè non sarebbe giustificato ritenerne coinvolgimento più limitato nella responsabilità.

Risultano quindi destituiti di fondamento i motivi che sostengono una differente e minore responsabilità di Iper rispetto a DR5 Motor.

7.Con un secondo appello (r.g.n.10184 del 2011) l’Autorità Garante per la concorrenza e per il mercato propone appello avverso il capo di sentenza che ha accolto il ricorso parzialmente limitatamente alla quantificazione della sanzione pecuniaria. Fa presente che nel provvedimento si era tenuto conto della dimensione economica dei professionisti (la Iper è società attiva nel commercio al dettaglio di generi vari, ha un fatturato nell’anno 2007 pari a 1.655 milioni di euro e una perdita di esercizio pari a 11,2 milioni di euro) e si era sostenuto che, nel settore della vendita delle auto, particolare rilievo doveva darsi al fatto che la concorrenza si svolge principalmente intorno alla variabile del prezzo e in rapporto alle caratteristiche della vettura e del luogo di progettazione e fabbricazione della componentistica fondamentale.

L’appellante deduce la erroneità del ragionamento del primo giudice, chiedendone la riforma e quindi, in accoglimento dell’appello, il rigetto totale del ricorso originario;
si sostiene la erroneità della sentenza appellata, laddove afferma la sproporzione della sanzione rispetto alla effettiva capacità di penetrazione del messaggio pubblicitario, diffuso solo per due giorni su un quotidiano essenzialmente locale, mentre il messaggio oggetto di segnalazione, presente sulle edizioni del Giornale di Brescia del giovedì 27 e del venerdì 28 dicembre 2007, aveva avuto una maggiore ampiezza di campagna pubblicitaria, come risultava dalla istruttoria dell’Autorità (paragrafo III), in quanto, in realtà era stato diffuso anche nelle edizioni del 27 e 28 dicembre 2007 delle testate Arena di Verona (27 dicembre, Corriere della Sera ed. Milano, Eco di Bergamo, La Provincia di Varese e La Provincia di Como e del 29 dicembre 2007 della testata Arena di Verona).

In sostanza, l’appello dell’Autorità sostiene che l’impatto minimo non vi sarebbe stato, in quanto la diffusione avrebbe riguardato diverse testate giornalistiche a diffusione locale, ma anche nazionale, non solo della provincia di Brescia, ma anche di Verona, Como, Varese, Bergamo, sicchè la riduzione operata dal primo giudice sarebbe basata su presupposti errati.

Il motivo è infondato.

Nell’ambito della giurisdizione di merito sulle sanzioni pecuniarie adottate dall’Autorità Garante ai sensi dell’art. 134 del cod. proc. amm. (sulla cognizione di merito in materia, si veda Cons. Stato, VI, 27 febbraio 2008, n.697, Cons. Stato, VI, 24 maggio 2002, n.2869), il Collegio osserva che la dimostrata pubblicità avvenuta anche su altri quotidiani di dimensione locale di altre province per gli stessi due giorni (o anche riportato per un terzo giorno, il 29 dicembre 2007), non risulta tuttavia in grado di sovvertire il giudizio della tenuità della gravità della condotta, concretatasi sì in una pratica commerciale scorretta, ma di durata indubbiamente limitata nel tempo e nel luogo.

Conseguentemente, l’appello proposto dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato va respinto, dovendosi sul punto confermare l’appellata sentenza.

8.Conclusivamente, sulla base delle sopra esposte considerazioni, vanno respinti sia l’appello proposto dalla società Iper s.p.a. che l’appello proposto dall’Autorità Antitrust, confermando l’appellata sentenza.

In considerazione del rigetto di entrambi gli appelli e quindi della reciproca soccombenza;
sussistono giusti motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese di giudizio del presente grado di giudizio.

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