Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-01-16, n. 202400527

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-01-16, n. 202400527
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202400527
Data del deposito : 16 gennaio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 16/01/2024

N. 00527/2024REG.PROV.COLL.

N. 08249/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8249 del 2021, proposto dalla Società Nova Lavinium S.r.l., in persona del rappresentante legale pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati A S e B C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e con domicilio eletto presso lo Studio legale Sandulli-Battini-Cimino in Roma, via F. Paulucci de’ Calboli, n. 9;

contro

il Comune di Pomezia, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato L L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e con domicilio eletto presso lo studio del suindicato difensore sito in Roma, via Antonio Chinotto, n.1;

nei confronti

- dell’Associazione La Lente, in persona del rappresentante legale pro tempore e del signor S M, entrambi rappresentati e difesi dall’avvocato Giovanni Di Battista, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e con domicilio eletto presso lo studio del suindicato difensore sito in Roma, viale G. Mazzini, n. 113;
- dell’Associazione Latium Vetus APS, in persona del rappresentante legale pro tempore e del signor D L, entrambi rappresentati e difesi dall’avvocato Stefano Rossi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e con domicilio eletto presso lo studio del suindicato difensore in Roma, via Gabriele Camozzi, n. 9;
- dell’Agenzia delle entrate, in persona del rappresentante legale pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato presso la cui sede domicilia per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
- della Città metropolitana di Roma Capitale, in persona del rappresentante legale pro tempore e del signor Giacomo Castro, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, Sez. II- ter , 6 luglio 2021 n. 7974 resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le costituzioni in giudizio del Comune di Pomezia, dell’associazione La Lente, del signor S M, dell’associazione Latium Vetus APS, del signor D L e dell’Agenzia delle entrate nonché i documenti prodotti;

Esaminate le memorie, anche di replica e gli ulteriori documenti e istanze depositati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza del 30 novembre 2023 il Cons. S T e uditi, per le parti, gli avvocati B C, Stefano Rossi, L L e Giovanni Di Battista;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. – Il presente giudizio in grado di appello ha ad oggetto la richiesta di riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, Sez. II- ter , 6 luglio 2021 n. 7974 con la quale il predetto TAR, dopo avere dichiarato in parte il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo ed averlo dichiarato in parte improcedibile e in parte irricevibile, ha respinto per restante parte il ricorso (n. R.g. 16270/2019) – integrato da tre ricorsi recanti motivi aggiunti - proposto dalla società Nova Lavinium S.r.l. al fine di ottenere l’annullamento dei seguenti atti e/o provvedimenti: (con il ricorso introduttivo) a) la nota dell’Agenzia delle entrate, Ufficio provinciale di Roma – Territorio, trasmessa via PEC in data 18 ottobre 2019, con cui è stato comunicato il “ ripristino della situazione precedente al Tipo Frazionamento 26998/2017 e Tipo Mappale 307338/2017 (presentati in assenza del titolo legale di proprietà), inerente immobili siti nel Comune di Pomezia Foglio 6 Particelle 222, 78, 89 ”;
b) ogni altro atto precedente, successivo e/o comunque connesso o conseguente e, in particolar modo, l’ordine sospensione lavori di pavimentazioni interni al Borgo di Pratica di Mare disposto dal Comune di Pomezia con ordinanza n. 197 del 13 novembre 2019 e la comunicazione del Comune di Pomezia, datata 9 dicembre 2019, di interruzione dei termini di sospensione previsti dall’ordinanza n. 197/2019 a causa di esigenze istruttorie;
(con il primo ricorso recante aggiunti) c): l'ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi emanata dal Comune di Pomezia e notificata alla società ricorrente tramite PEC del 26 febbraio 2020;
d) l'ordinanza del Comune di Pomezia, notificata tramite PEC il 2 aprile 2020, di sospensione lavori di cui alla CILA presentata il 18 febbraio 2020, prot. 19596 ed avente ad oggetto opere di risanamento conservativo-funzionali all'accessibilità della chiesa di San Pietro Apostolo con rimodellazione della scala e pavimentazione area esterna;
(con il secondo ricorso recante motivi aggiunti) e) l’ordinanza dirigenziale n. 90 del 27 luglio 2020 prot. 75120, con la quale il Comune di Pomezia ha intimato alla società ricorrente di provvedere alla rimozione del cancello di cantiere posto sul varco di ingresso al Borgo di Pratica di Mare, come disposta da ordinanza del TAR per il Lazio n. 4874 del 20 luglio 2020, pena la perdita della proprietà o l’esecuzione in danno;
f) la nota dirigenziale prot. 76321/2020 del 30 luglio 2020, con la quale si prende atto della memoria presentata dalla società ricorrente in data 23 luglio 2020 (acquisita agli atti del Comune con prot. 74907 del 27 luglio 2020) confermandosi in toto l’ordinanza demolitoria n. 90/2020 di cui sopra;
g) ove possa occorrere: i) il verbale prot. 77042 del 31 luglio 2020 di pretesa inottemperanza all’ordine demolitorio; ii) la determinazione del dirigente del Settore ambiente e urbanistica del Comune di Pomezia n. 962 del 4 agosto 2020 con cui è stato disposto intervento di esecuzione in danno dell’ordine di rimozione del cancello di cantiere per il giorno 6 agosto 2020 ore 9:00, mediante affidamento dei lavori ad impresa prescelta, mediante impegno della relativa spesa siccome afferente ad “interventi indifferibili a salvaguardia della pubblica incolumità” e mediante contestuale avvio del relativo recupero a carico della società ricorrente; iii) il verbale di sopralluogo del 6 agosto 2020 e relativa istruttoria prot. 79039 con i quali si accerta la pretesa violazione urbanistico-edilizia di nuovo cancello provvisorio e non infisso a suolo, posto – per protezione della proprietà privata - a tergo del cancello di cantiere oggetto dell’esecuzione in danno; iv) la comunicazione di avvio del nuovo procedimento repressivo prot. 79047 del 6 agosto 2020 e la relativa istruttoria e con il quale si assegnano 30 giorni per eventuali osservazioni; v) l’ordinanza dirigenziale n. 105 del 13 agosto 2020, diretta al direttore dei lavori con cui il Comune di Pomezia ha sospeso ex art. 21- nonies l. 241/1990 l’efficacia della CILA prot. 19596 del 18 febbraio 2020 avente ad oggetto i lavori di rifacimento della chiesa interna al Borgo e contestualmente (e nuovamente) ha disposto la sospensione dei relativi lavori; vi) l’ordinanza dirigenziale n. 107 del 21 agosto 2020 prot. 82961 con cui il Comune di Pomezia ha ordinato la rimozione del nuovo cancello provvisorio posto dalla ricorrente a tutela della proprietà privata del Borgo; vii) il verbale prot. 87308 del 3 settembre 2020 di accertamento di inottemperanza all’ordinanza di cui sopra nonché della relazione istruttoria prot. 87519;
viii) l’ordinanza dirigenziale n. 110 del 3 settembre 2020, con la quale il Comune di Pomezia ha sospeso ex art. 21-nonies l. 241/1990 l’efficacia della CILA in sanatoria del nuovo cancello provvisorio (presentata dalla società ricorrente in data 31 agosto 2020, prot. 86014 –e contestualmente ha reiterato l’ordinanza demolitoria n. 107 del 21 agosto 2020;
(con il terzo ricorso recante motivi aggiunti) h) l’ordinanza dirigenziale dell'11 dicembre 2020, con la quale il Comune di Pomezia ha intimato alla società ricorrente di provvedere alla “ rimozione della recinzione posta all'interno del Borgo di Pratica di Mare, tramite la riapertura degli spazi pubblici mettendo in sicurezza l'area strettamente necessaria per gli interventi sui singoli fabbricati ”.

2. - La vicenda che fa da sfondo al presente complesso contenzioso ora in grado di appello può essere sinteticamente ricostruita sulla scorta dei documenti e degli atti prodotti dalle parti oggi controvertenti nei due gradi di giudizio nonché da quanto sintetizzato nella parte in fatto della sentenza qui oggetto di appello, come segue:

- riferisce la società appellante Nova Lavinium S.r.l., che il contenzioso qui in esame trae origine dalla realizzazione dei lavori di riqualificazione e restauro della pavimentazione delle aree cortilizie, della Chiesa e di altri fabbricati del Borgo di Pratica di Mare, costituito da una pluralità di fabbricati (il Castello, attualmente residenza della famiglia Borghese, la Chiesa di San Pietro Apostolo e altre unità immobiliari, ora in stato di degrado) che insistono attorno ad un grande spazio aperto (indicato negli atti storici di acquisto come il “ piazzale ”) e che sono collegati da alcuni viottoli totalmente interclusi tra di essi (la “ corte ”). Il Borgo ha un notevole interesse storico e archeologico, attestato da due provvedimenti di vincolo della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio del 1989 e del 2001;

- la società Nova Lavinium ha acquisito la proprietà di alcuni immobili ceduti dalla precedente proprietà (la famiglia Borghese) alla Società Anonima Lavinium, poi divenuta Nova Lavinium, sicché attualmente “ l’intero complesso e tutti i suoi fabbricati sono di proprietà della Nova Lavinium s.r.l. o di altre società sempre riconducibili alla famiglia Borghese, istituite a seguito di atti di scissione della Nova Lavinium ” (così, testualmente, a pag. 6 dell’atto di appello);

- riferisce inoltre la società appellante che la vicenda contenziosa si sviluppa sul tracciato di una serie di provvedimenti amministrativi con i quali è stata contestata la legittimazione della Nova Lavinium ad effettuare opere nelle aree cortilizie del Borgo, assumendo l’amministrazione competente e i soggetti controinteressati, non solo che gli interventi fossero stati realizzati in assenza di titolo abilitativo, ma anche che la Nova Lavinium sarebbe proprietaria di alcuni immobili ma non delle aree cortilizie;

- soggiunge la società appellante che “ i lavori di cui si dibatte sono stati avviati nell’ambito di un più ampio progetto di valorizzazione, sviluppato in pieno accordo con la Soprintendenza (…), per porre fine allo stato di abbandono e degrado del Borgo (…), che ha favorito il verificarsi di gravissimi fatti criminosi (…) e il deterioramento di molti fabbricati (…), e nell’ottica di consentire la fruizione del Borgo alla collettività in forme contingentate e regolate, compatibili con le particolari esigenze di tutela e conservazione di un bene privato di interesse storico e archeologico, quale è il Borgo (…), e con la tutela della sicurezza delle persone che abitano il complesso. Da diversi lustri, infatti, il Borgo era caduto in un triste stato di abbandono e degrado e si erano susseguiti episodi di criminalità, culminati in un tentativo di rapina a mano armata e rapimento, tutti oggetto di una serie di denunce all’Autorità giudiziaria ” (così ancora, testualmente, a pag. 6 dell’atto di appello);

- la tempistica degli eventi che hanno dato luogo all’adozione degli atti impugnati nel giudizio di primo grado era declinata dalla società appellante nel modo seguente (in estrema sintesi): a) la Nova Lavinium, nel 2016, avviava i primi lavori del progetto di riqualificazione che avevano ad oggetto le reti e i servizi tecnologici interrati, con conseguente recupero e ripristino della pavimentazione in sanpietrini delle aree interne, la piantumazione di alberature (secondo il progetto approvato dalla Soprintendenza) e la messa in sicurezza di alcune aree;
b) nel 2017 veniva presentato all’Agenzia delle entrate-– Ufficio provinciale di Roma – Territorio un progetto di frazionamento catastale delle sedi viarie interne al Borgo in merito al quale erano acquisite le prescritte autorizzazioni dal Comune di Pomezia e dalla Soprintendenza;
c) in data 18 ottobre 2019, in seguito ad alcune istanze presentate da un consigliere comunale e da un’associazione (il signor S M e l’Associazione di promozione sociale La Lente), l’Agenzia delle entrate – Ufficio provinciale di Roma – Territorio ripristinava la situazione catastale riportandola alla condizione anteriore al 2017, sul presupposto che non risulterebbe accertata la proprietà, in capo alla odierna appellante, delle aree cortilizie interne del Borgo;
d) conseguentemente il Comune di Pomezia, con ordinanza n. 197 del 13 novembre 2019, ordinava la sospensione dei lavori relativi al rifacimento della pavimentazione: e) detti atti erano fatti oggetto di impugnazione dinanzi al TAR per il Lazio dalla società Nova Lavinium S.r.l. che, ribadendo di essere legittima proprietaria delle vie interne del Borgo, lamentava la mancata comunicazione di avvio del procedimento e le gravi carenze istruttorie a carico del comune e, quindi, chiedendo l’annullamenti dei provvedimenti impugnati;
f) in data 10 dicembre 2019, l’associazione “La Lente” conveniva la Nova Lavinium S.r.l. e il Comune di Pomezia innanzi al Tribunale civile di Velletri per l’accertamento del diritto di servitù di uso pubblico sulle strade e sulle corti interne al Borgo;
g) con provvedimenti del 26 febbraio 2020 e del 2 aprile 2020, il Comune di Pomezia ordinava alla Nova Lavinium di riportare la pavimentazione allo status quo ante , di ripristinare le alberature e di rimuovere il cancello posto a chiusura dell’accesso al Borgo e di sospendere i lavori di risanamento conservativo funzionali all’accessibilità della Chiesa di San Pietro Apostolo, già autorizzati dalla Soprintendenza e oggetto di C.I.L.A.;
h) anche i due suindicati atti erano fatti oggetto di impugnazione (con il primo ricorso recante motivi aggiunti) dinanzi al TAR per il Lazio dalla Nova Lavinium che, ribadito di essere legittima proprietaria delle vie interne del Borgo, ha contestato alcuni vizi procedurali, la carenza di presupposti, l’irragionevolezza e la contraddittorietà;
i) nonostante l’adozione di una ordinanza cautelare da parte del TAR che in parte accoglieva le richieste di sospensione dell’efficacia dei provvedimenti impugnati, il Comune di Pomezia adottava ulteriori atti volti ad assicurare la riapertura delle vie del Borgo al pubblico transito, attraverso l’ordine di rimozione del cancello di cantiere e del cancello di proprietà;
l) anche tali provvedimenti erano impugnati (con un secondo ricorso recante motivi aggiunti) dinanzi al TAR per il Lazio, sostenendo la società che essi, mascherati da atti di controllo delle attività edilizie, fossero in realtà sostanzialmente orientati a incidere sui diritti dominicali della Nova Lavinium, poggiando sul falso presupposto della natura pubblica delle aree cortilizie interne al Borgo;
m) in data 11 dicembre 2020, il Comune di Pomezia notificava una nuova ordinanza dirigenziale, con la quale ha intimato alla Nova Lavinium di provvedere alla “ rimozione della recinzione posta all’interno del Borgo di Pratica di Mare, tramite la riapertura degli spazi pubblici mettendo in sicurezza l’area strettamente necessaria per gli interventi sui singoli fabbricati ”;
n) anche questo provvedimento era fatto oggetto di impugnazione (con il terzo ricorso recante motivi aggiunti) dinanzi al TAR per il Lazio, contestando il difetto dei presupposti e lo sviamento nell’esercizio del potere di controllo dei diritti edificatori della società interessata, l’illogicità, la contraddittorietà, la violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità in ordine alla rimozione dei cancelli di cantiere e di alcune norme in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (in particolare gli artt. 15 e 32, d.lgs. 81/2008).

3. – Il TAR per il Lazio, con la sentenza 6 luglio 2021 n. 7974 (come ha rappresentato, testualmente, la società Nova Lavinium al punto 10 dell’atto di appello):

1) ha dichiarato improcedibili per intervenuto esaurimento degli effetti dei provvedimenti impugnati, i ricorsi avverso l’ordinanza n. 197 del 13 novembre 2019, la comunicazione del Comune di Pomezia del 9 dicembre 2019, l’ordinanza del Comune di Pomezia di sospensione lavori di cui alla CILA, l’ordinanza dirigenziale n. 105 del 13 agosto 2020;

2) ha dichiarato improcedibili per assenza di valore provvedimentale, i ricorsi proposti avverso il verbale del 31 luglio 2020 prot. 77042, il verbale di sopralluogo del 6 agosto 2020 e relativa istruttoria prot. 79039, la comunicazione di avvio del nuovo procedimento repressivo del 6 agosto 2020 prot. 79047, il verbale del 3 settembre 2020 prot. 87308;

3) ha dichiarato inammissibili perché aventi ad oggetto atti meramente confermativi, i ricorsi avverso l’ordinanza demolitoria n. 90 prot. 75120 e l’ordinanza dirigenziale n. 110 del 3 settembre 2020;

4) ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, con riferimento alla nota dell’Agenzia delle entrate, Ufficio provinciale di Roma – Territorio con cui è stato comunicato il “ ripristino della situazione precedente al Tipo Frazionamento 26998/2017 e Tipo Mappale 307338/2017 (presentati in assenza del titolo legale di proprietà), inerente immobili siti nel Comune di Pomezia Foglio 6 Particelle 222, 78, 89 ”;

5) ha respinto i ricorsi avverso gli altri provvedimenti, e in particolare avverso: a) l’ordinanza dirigenziale n. 27 del 26 febbraio 2020, di ripristino della pavimentazione e delle alberature; b) le ordinanze con le quali il Comune ha intimato la rimozione dei cancelli di cantiere e di proprietà e delle recinzioni a chiusura o a protezione del Borgo (ord. dirigenziale n. 90 del 27 luglio 2020, n. 962 del 4 agosto 2020, n. 107 del 21 agosto 2020 e 11 dicembre 2020), ritenendo le risultanze istruttorie acquisite dal Comune di Pomezia sufficienti a ingenerare un dubbio circa la sussistenza del requisito dominicale in capo alla ricorrente e a legittimare l’esercizio dei poteri repressivi.

4. - Nei confronti della sentenza del TAR per il Lazio n. 7974/2021 insorge oggi la società Nova Lavinium, comunicando in via preliminare che il mezzo di gravame proposto non intende coinvolgere i capi della sentenza di primo grado con i quali il primo giudice ha: a) dichiarato il difetto di giurisdizione in ordine alla domanda di annullamento dei provvedimenti di frazionamento adottati dall’Agenzia delle Entrate-Territorio;
b) accertato l’inammissibilità o l’improcedibilità di alcune domande di annullamento, rivolte ad atti che hanno esaurito i propri effetti o che non hanno natura provvedimentale o che sono meramente confermativi.

La società appellante, quindi, precisa che l’appello è limitato ai capi della sentenza (che per tali profili si assume erroneamente assunta e quindi meritevole di riforma, con conseguente annullamento degli atti impugnati e riferiti a tali capi della sentenza di primo grado ove essi, invece, sono stati ritenuti legittimamente adottati) con i quali è stata dichiarata l’infondatezza delle domande di annullamento dei provvedimenti edilizi inerenti al ripristino della pavimentazione e delle alberature e alla rimozione dei cancelli di cantiere e di proprietà e delle recinzioni a chiusura o protezione del Borgo, in quanto fondati sull’erroneo presupposto della carenza in capo a Nova Lavinium della legittimazione ad effettuare interventi edilizi sulle aree cortilizie del Borgo di Pratica di Mare.

La società appellante propone, dunque, quattro traiettorie contestative che possono così riassumersi in estrema sintesi:

I) Erroneità della sentenza in ordine al travisamento della situazione di fatto ovvero alla carenza dei presupposti per l’esercizio dei poteri repressivi e di controllo di cui all’art. 11 del d.P.R. 380/2001. Partendo dal fondamentale presupposto che l’atto di compravendita del 1961 ha avuto espressamente ad oggetto “ l’intero comprensorio ”, ivi compresi la “ corte ” e il “ piazzale ”, che il Borgo è stato storicamente considerato una proprietà privata nobiliare unitaria, in cui le aree cortilizie non hanno mai ricevuto una qualificazione autonoma rispetto all’intero complesso e ai fabbricati e che, dunque, non vi è mai stata una distinzione giuridica tra le sedi viarie interne e il Borgo nel suo complesso, si presenta errata la valutazione operata dal primo giudice allorquando ha ritenuto di poter affermare che non vi fossero elementi istruttori utili a valorizzare la posizione legittimante la Nova Lavinium in merito alla titolarità del diritto a realizzare i lavori di recupero delle aree cortilizie del Borgo, considerato anche che dal 1911 a oggi non è intervenuto alcun atto di disposizione in favore di terzi (sia privati che pubbliche amministrazioni) delle sedi viarie interne al Borgo;

II) Violazione e falsa applicazione dell’art. 11 d.P.R. 380/2001 sotto altro profilo. Erroneamente il TAR ha ritenuto la legittimità del comportamento posto in essere nella specie dal Comune di Pomezia che si è assunto il carico di verificare, in modo approfondito, se la società Nova Lavinium fosse o meno (ed effettivamente) proprietaria delle aree cortilizie, quando la costante giurisprudenza è incline ad affermare che l’amministrazione è tenuta a verificare la (sola) disponibilità giuridica del bene da parte del richiedente il rilascio di un titolo edilizio, senza che le siano richieste complesse ricognizioni giuridico-documentali sul titolo di proprietà o altro diritto reale, ritenendosi sufficiente che l’istante esibisca un titolo che formalmente legittimi il rilascio del provvedimento abilitante in suo favore. Nello specifico la società appellante ricorda di avere dimostrato già in primo grado la propria legittimazione a chiedere il rilascio del titolo edilizio per realizzare le opere, in quanto proprietaria, sulla base dei seguenti elementi istruttori: gli atti di compravendita, un provvedimento di vincolo, le relazioni storiche e notarili, le stesse affermazioni espresse dagli interventori nella parte in cui sostengono che il Borgo è gravato da una servitù di uso pubblico, riconoscendo così, implicitamente, la proprietà privata delle sedi viarie interne;

III) Erroneità della sentenza in ordine al motivo di ricorso relativo allo sviamento di potere da parte del comune. La società appellante lamenta l’ulteriore profilo di illegittimità della condotta assunta dal Comune di Pomezia nell’adozione degli atti impugnati, erroneamente non colto dal giudice di primo grado, consistente nell’avere dissimulato, sotto l’apparenza formale di un’ordinanza edilizia di demolizione (che aveva quale bersaglio i cancelli apposti da Nova Lavinium a protezione dei cantieri e della proprietà privata), atti che sono sostanzialmente volti a risolvere, in via di autotutela materiale, un contenzioso su diritti reali la cui definizione spetta al giudice ordinario;

IV) Irragionevolezza e contraddittorietà dell’ordine di riportare la pavimentazione allo status quo ante i lavori di riqualificazione ed erronea interpretazione degli art. 21 e 27 del Codice dei beni culturali. Il provvedimento a mezzo del quale l’amministrazione comunale ha ordinato di riportare la pavimentazione allo status quo ante rispetto ai lavori di riqualificazione è irragionevole e contraddittorio, tenuto conto che l’intervento realizzato dalla società Nova Lavinium aveva indubbiamente consentito di ottenere una (ri)valutazione estetica del Borgo che, per come si è sopra riferito, versava in uno stato di degrado e di abbandono in molte delle sue componenti e in particolare nelle aree cortilizie. Peraltro l’ordine di eseguire lavori per riportare allo stato precedente i luoghi interessati dall’intervento di recupero (comunque) effettuato dalla società oggi appellante, in assenza di titolo abilitativo rilasciato in proposito dalla Soprintendenza, si manifesta, di per sé, illegittimo, trattandosi di area vincolata.

5. – Si sono costituiti, nel presente giudizio di appello, il Comune di Pomezia, l’associazione La Lente, il signor S M, l’associazione Latium Vetus APS, il signor D L e l’Agenzia delle entrate.

Il Comune di Pomezia rappresenta, per come dimostrato anche dalla documentazione prodotta nel processo di appello, che il percorso logico giuridico fatto proprio dal primo giudice per respingere i motivi, in parte riproposti dalla Nova Lavinium nella sede di appello, deve ritenersi corretto e idoneo a confermare la legittimità dei provvedimenti impugnati, nel corso del giudizio di primo grado, dalla società appellante. In particolare la sentenza del Tribunale di Velletri sulla domanda di accertamento del diritto di proprietà dei luoghi per i quali è controversia non ha definito giuridicamente la questione, essendo peraltro stata fatta oggetto di appello.

Su tale punto l’associazione La Lente condivide la posizione assunta dal comune appellato, ricordando come la “ sentenza del Tribunale Civile (…) nulla ha accertato con riferimento al diritto di proprietà e, quindi, alla pretesa natura privata delle aree de quibus, in quanto tale accertamento non è stato oggetto del medesimo giudizio (avendo la stessa pronuncia circoscritto il proprio oggetto all’accertamento della servitù di uso pubblico reclamata da parte attrice …). In secondo luogo, alcun accertamento definitivo è riconducibile alla ripetuta decisione, dal momento che la stessa è stata appellata e non è, dunque, passata in giudicato ” (così, testualmente, a pag. 2 della memoria depositata dall’associazione La Lente).

L’associazione Latium Vetus, che nel giudizio di primo grado aveva assunto veste processuale di interventore ad opponendum, sosteneva la inconsistenza dei motivi di appello dedotti dalla società Nova Lavinium, chiedendo la reiezione del mezzo di gravame proposto.

Le parti hanno prodotto ulteriori memorie e documenti confermando le opposte conclusioni già rassegnate nei precedenti atti processuali depositati.

6. – Preliminarmente va dato atto che l’oggetto del presente giudizio di appello è circoscritto, per espressa manifestazione di volontà processuale della parte appellante, ad alcuni capi della sentenza di primo grado della quale si chiede qui (dunque) la parziale riforma.

Ne consegue che ciò fa luogo all’applicazione del consolidato orientamento della giurisprudenza di questo Consiglio secondo la quale (cfr., tra le molte, Cons. Stato, Sez. V, 29 dicembre 2022 n.11635), ai sensi dell'art. 329, comma secondo, c.p.c., che è applicabile anche al processo amministrativo, l'effetto devolutivo dell'appello non si verifica per il capo (o i capi) della sentenza di primo grado che non sia stato specificatamente investito dai motivi d'impugnazione (o, come nel caso in esame, non lo sia affatto), con conseguente formazione sul punto del giudicato, in base al principio del tantum devolutum quantum appellatum .

Sempre in via preliminare il Collegio ritiene indispensabile pronunciarsi sul punto principale qui controverso, costituito dalla sussistenza (o meno) della legittimazione in capo alla società Nova Lavinium a realizzare interventi edilizi nelle aree cortilizie del Borgo di Pratica di Mare, previa acquisizione del relativo titolo abilitativo.

Il Comune di Pomezia e le parti che fronteggiano la posizione sostenuta dalla società Nova Lavinium intendono dimostrare in questo giudizio, al fine di escludere la legittimazione della predetta società a poter effettuare gli interventi edilizi sulle cc.dd. aree cortilizie del Borgo e quindi allo scopo di dimostrare che gli atti repressivo sanzionatori adottati dal Comune di Pomezia (e qui ancora oggetto del giudizio di appello, secondo la riperimetrazione delle domande superstiti che costituiscono ancora il parterre contestativo del presente processo operata dalla società appellante, dopo la rinuncia all’appello di molte delle questioni esaminate in primo grado e definite nella sentenza del TAR per il Lazio n. 7974/2021) sono stati legittimamente adottati, che la società appellante (come ricorda quest’ultima – anche – a pag. 2 della memoria di replica) sarebbe proprietaria dei fabbricati siti all’interno della cinta muraria, fuorché delle sedi viarie (anche dette aree cortilizie) interne al Borgo, puntualizzando che la posizione proprietaria asseritamente vantata dalla Nova Lavinium non sussisterebbe, in quanto: a) per un verso le aree interne delle quali si discute sono ricomprese nell’elenco delle strade pubbliche;
b) sotto altro versante le aree interne al Borgo sono gravate da una servitù di uso pubblico.

La ragione sub a) viene esclusa dalla società appellante per i seguenti concomitanti profili:

- sotto il profilo storico ricorrono a fondare il diritto di proprietà sulle aree cortilizie (ovvero di viabilità interna) l’atto di acquisto del Borgo di Pratica di Mare dell’anno 1617 e il trasferimento del medesimo eseguito con atto dell’anno 1961 dalla Principessa Maria Monroy Lanza alla “ Società Anonima Lavinium ”, poi divenuta società “ Nova Lavinium ”;

- sotto altro profilo, la Città Metropolitana di Roma Capitale ha espressamente escluso di essere proprietaria delle suddette sedi viarie, per come emerge dalla documentazione in atti e in particolare dalla nota del 13 dicembre 2010 con la quale l’ente locale, in risposta al quesito avanzato dal Comune di Pomezia, ha comunicato di non essere proprietario della “viabilità interna” del Borgo, esprimendosi come segue: “ La viabilità interna del Borgo di Pratica di Mare, così come verificato dal nostro Dipartimento Beni Immobili, la cui nota si allega, non risulta di proprietà di questa Amministrazione ”;

- il Comune di Pomezia, sebbene sul presupposto che l’Agenzia delle entrate era intervenuta procedendo “ al ripristino della situazione pregressa al tipo di frazionamento (prot. 269998/2017) e mappale (prot. 307338/2017) delle strade all’interno del borgo (presentati dalla stessa società), avendo constatato la sottoscrizione in assenza di titolo di proprietà ”, ha ritenuto di dover chiedere alla Città metropolitana di Roma Capitale notizie sulla proprietà delle aree viarie del Borgo, non avendo potuto confermare di esserne proprietario;

- ne consegue che, se le strade non appartengono né al comune né alla città metropolitana non possono che essere di proprietà della Nova Lavinium, che ha anche fornito una prova dotata di piena certezza pubblicistica circa la natura privata delle sedi viarie in questione costituito dal provvedimento di vincolo del Borgo del 5 agosto 2019, nel quale si fa riferimento indistintamente all’intero complesso e nelle cui planimetrie è graficizzato il perimetro di vincolo (che comprende l’intero Borgo: quindi, anche il piazzale e le aree cortilizie che, dunque, impropriamente sono denominate dalle amministrazioni qui coinvolte sedi viarie).

Ancor meno utile ad escludere la proprietà della Nova Lavinium delle aree cortilizie è sostenere che le stesse siano gravate da una servitù di uso pubblico, atteso che quest’ultima interessa, naturalmente, aree di proprietà privata e non pubblica.

7. – Sulla questione appena esaminata controdeduce il Comune di Pomezia nonché le altre parti processuali presenti in giudizio al fine di sostenere la posizione dell’amministrazione.

Ribadendo la correttezza delle riflessioni svolte dal giudice di primo grado in ordine alla incertezza circa la sussistenza di un diritto dominicale a favore della società sulle aree (cortilizie o viarie che dir si voglia) oggetto degli interventi di ristrutturazione edilizia e tenuto conto che i titoli di acquisto del 1617 e del 1961, i decreti di vincolo, le planimetrie e gli altri atti depositati in giudizio dalla odierna appellante non sono idonei a comprovare, al di là di ogni ragionevole dubbio, per come è necessario che avvenga, la posizione di proprietario delle ridette aree in capo alla società Nova Lvinium, il Comune di Pomezia, oltre a significare come nel corso degli anni numerosi fossero stati gli interventi provvedimentali adottati dall’ente locale che si basavano sul diritto comunale di proprietà su tali aree, ha comunicato (depositando la relativa documentazione in giudizio) che, anche in epoca recente, l’Agenzia delle entrate, Ufficio provinciale di Roma, Territorio, che già nel 2019 aveva messo in dubbio la titolarità del diritto di proprietà dei più volte richiamati “spazi” interni del Borgo di Pratica di Mare, con nota prot. n. 82516/2023 del 10 agosto 2023, ha avuto modo di affermare che non sarebbe stato possibile procedere agli aggiornamenti della banca catastale, come era richiesto dalla Nova Lavinium, sia perché il giudizio avviato dalla predetta società nei confronti dell’Agenzia delle entrate con riferimento alla nota di quest’ultima adottata il 18 ottobre 2019, vista l’attuale pendenza della questione dinanzi alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, a seguito della sentenza della Corte di Giustizia tributaria di primo grado di Roma n. 13712/33/2022, depositata il 5 dicembre 2022 che aveva confermato la correttezza della decisione assunta nel 2019 dall’Agenzia sia perché non si manifestava la presenza di elementi nuovi o documenti idonei comunque a provare il diritto dominicale che la società asserisce di possedere sulle ridette aree.

In effetti registra il Collegio che, all’esito di un accurato scrutinio della corposa documentazione prodotta da tutte le parti in giudizio, non può dirsi raggiunto un ragionevole livello probatorio utile a poter dimostrare la effettiva esistenza del diritto di proprietà sulle aree cortilizie o viarie del Borgo in capo alla Nova Lavinium, dovendosi confermare la correttezza del percorso logico giuridico fatto proprio dal primo giudice.

Anche la sentenza del giudice tributario di primo grado, che mostra di avere esaminato la stessa documentazione prodotta nel contenzioso dinanzi al giudice amministrativo, descrive gli elementi di incertezza in ordine alla sussistenza del diritto di proprietà delle aree in questione da parte della società Nova Lavinium.

In particolare nella sentenza è puntualmente descritto, tra l’altro, che:

a) nell'atto di vendita del 1961 (rep. n. 17676 del 25 maggio 1961), non sono contemplati riferimenti alle strade del Borgo di Pratica di Mare;

b) posto che i trasferimenti di beni immobili (comprese le strade) richiedono la forma scritta (atto pubblico o scrittura privata) ad substantiam (art. 1350 n. 1 c.c.), superabile con la prova contraria, da parte del privato (in base al generale principio scolpito dall'art. 2697 del codice civile), l'onere della prova del diritto dominicale incombe in capo a chi ne afferma la sussistenza;

c) conseguentemente la società interessata a dimostrare il proprio diritto dominicale sulle strade del Borgo non ha fornito la prova, in base ai principi citati, di avere un atto scritto che le attribuisca la proprietà della rete viaria del Borgo;

d) al contrario, esiste documentazione che dimostra la presenza di uffici pubblici nel ridetto borgo (tra cui un ufficio postale e una stazione dei carabinieri) nonché vi è dimostrazione del regolare accesso ad esso da parte della collettività anche con mezzi di locomozione (ciò prima dell’apposizione, da parte della società, di una provvisoria cancellata all'entrata del borgo in concomitanza con i lavori di restauro).

In ragione di quanto sopra, conclude il giudice tributario nella sentenza sopra richiamata, sussiste una presunzione di demanialità delle aree in questione e si manifesta, nelle stesse, una oggettiva idoneità al soddisfacimento di una funzione pubblica, consistente nella possibilità di fruizione della rete viaria da parte della collettività delle persone in modo indifferenziato e senza l'impedimento di ostacoli riconducibili a contigue aree private.

9. - Né a diverso esito conduce il contenuto della sentenza del Tribunale di Velletri n. 1343/2023 del 4 luglio 2023.

In disparte la (comunque) fondamentale circostanza che tale pronunciamento giudiziale non è definitivo, essendo stato sottoposto a gravame in sede di appello, con giudizio allo stato ancora pendente, l’oggetto di quel giudizio civile, come è noto alle parti in controversia, è rappresentato dalla domanda di accertamento giudiziale, avanzata dall’associazione La Lente nei confronti della società Nova Lavinium S.r.l. e del Comune di Pomezia, perché le strade, le vie e le piazze interne al Borgo di Pratica di Mare venissero dichiarate gravate da diritto di uso pubblico nonché dalla correlata domanda volta ad ottenere la condanna della Nova Lavinium S.r.l. a riconsegnare dette strade al libero godimento e a far rimuovere la cancellata da questa apposta all’ingresso del Borgo suindicato.

Osserva il Collegio che, in disparte l’esito di tale giudizio che ha condotto alla reiezione delle domande proposte in sede civile dall’associazione attrice, ciò che rileva anche in questa sede sono alcune conclusioni alle quali perviene il consulente tecnico d’ufficio nominato nel ridetto giudizio civile.

Riproducendo anche in questa sede lo stralcio della relazione conclusiva del c.t.u., a propria volta riprodotto testualmente nella citata sentenza del Tribunale di Velletri, emerge che le conclusioni tecniche raggiunte all’esito di una complessa indagine sui luoghi e sulla documentazione utile conducono alle seguenti considerazioni e acclaramenti circa la determinazione della natura e della condizione giuridica delle aree interne del Borgo di Pratica di Mare:

- “ (g)li spazi di circolazione interni al Borgo di Pratica di Mare ovvero le sedi viarie e pedonali di servizio all’edificato sono circoscritte in un perimetro ben delimitato dal susseguirsi dei corpi di fabbrica e da porzioni di muratura che lo separano dalla campagna circostante. Tali spazi risultano collegati alla Strada Provinciale 104/b Pratica di Mare dall’imponente arco d’ingresso incorniciato nelle stesse mura dell’antico castello ovvero dall’unico passaggio libero da impedimenti ”;

- “ (…) le strade interne servono esclusivamente i fabbricati, la Piazza Camillo Borghese e la chiesa di San Pietro Apostolo ivi presenti e riconducibili ad un’unica proprietà a meno dell’unità individuata al foglio 6, particella 70 (…) ;

- “ (l)’interno dell’area del Borgo risulta attualmente privo di segnaletica stradale e di elementi riconducibili alla pubblica illuminazione (sono presenti sporadici lumi, probabilmente risalenti agli anni 50, attaccati negli angoli dei corpi di fabbrica e in prossimità della piazza principale del borgo). Risultano inoltre oggi assenti fermate di trasporto urbano ”;

- “ (d)a quanto rilevato nella relazione Notarile redatta dal dott. Giuseppe Minniti per le aree in oggetto non risultano trascritti atti traslativi, di natura negoziale o espropriativa;
o atti costitutivi di diritti reali parziari o di servitù;
ovvero atti d’obbligo, o comunque comportanti asservimento o destinazione d’uso, nei confronti di soggetti terzi, pubblici o privati;
che si possano considerare idoneo titolo costitutivo di vincoli o diritti reali di uso pubblico;
Non risultano altresì trascritti ex art. 2654-quater c.c., provvedimenti amministrativi di classificazione delle aree in oggetto quali strade, di cui alla normativa in materia di viabilità e circolazione
”;

- “ (c)on nulla osta del 22/02/2008 protocollo n. 23749 la Provincia di Roma autorizzava salvo diritti di terzi la società Nova Lavinium alla realizzazione di una condotta fognaria per l’allaccio al Depuratore Comunale sulla S.P. Pratica di Mare al Km 9+600 ”.

Alla luce degli elementi appurati dal consulente tecnico si potrebbe immaginare che le sue conclusioni, all’opposto di quanto sostenuto dalla parte attorea nel giudizio di accertamento, depongano per una sicura affermazione della proprietà delle note aree in capo alla società Nova Lavinium. Nondimeno il consulente tecnico dichiara di avere altresì appurato le seguenti evidenze di segno contrario:

- “ (l)e strade sulla cui natura si controverte sono nominate secondo la delibera n. 59, prot. n. 5690 del 22 ottobre 1951 statuita dal Consiglio Comunale del Comune di Pomezia in revisione e aggiornamento della toponomastica già enucleata nella delibera n.58 del 12 giugno 1939 del Commissario Prefettizio ”;

- “ (t)ali strade sono indicate con targhe toponomastiche affisse negli angoli dei fabbricati, in alcuni dei portoni d’ingresso ai singoli edifici sono ancora visibili le numerazioni civiche che li individuano ”;

- “ (il) portale d’accesso al Borgo è in diretta comunicazione con la strada Provinciale 104/b Pratica di Mare e risulta privo da impedimenti. È così consentito il libero accesso alle aree interne che sono state fruite nel tempo, dai cittadini del Comune di Pomezia e non solo, anche per la presenza passata di diverse attività artigianali, commerciali e servizi svolti nei locali di volta in volta concessi in locazione dalla proprietà ovvero dalle società riconducibili alla famiglia Borghese ”;

- “ (c)on delibera n.726 del 13/06/1986 e successiva delibera n.103 del 03/02/1987 il Comune di Pomezia ha esteso, mediante la concessionaria ARCALGAS S.p.A. la rete idrica comunale all’interno del Borgo servito precedentemente da un acquedotto privato ”;

- “ (d)alla documentazione d’impianto catastale al Foglio 6 del Nuovo Catasto Terreni del Comune di Pomezia depositato nella metà del XX Secolo e dal Registro delle Partite (scede d’impianto del 1939) le strade interne del Borgo di Pratica di Mare sono rappresentate in consistenza alla partita speciale 5 ovvero “Strade Pubbliche”. Va considerato che ai sensi delle normative catastali e come riportato nell'Istruzione XIV (modificata) per la conservazione del Nuovo Catasto emanata con DM delle Finanze del 01/03/1949, tutti gli atti del Nuovo Catasto sono sta(t)i oggetto di regolare pubblicazione avvenuta nell'anno 1956. Da allora in merito alla qualità catastale (strade pubbliche) attribuita alle vie del Borgo di Pratica di Mare, fino alla presentazione del contestato Tipo di Frazionamento, non è intervenuta nessuna variazione o richiesta di aggiornamento catastale (…) ”.

Deriva da quanto appena riprodotto che, in disparte l’esito del processo civile sulla domanda di accertamento per come formulata dalla parte attrice di quel processo nonché la circostanza che il richiamato giudizio civile non è ancora concluso (e la suindicata decisione del Tribunale civile di Velletri non ha ancora assunto forza di giudicato) per l’attuale pendenza del giudizio di appello civile, sta di fatto che si mantiene confermata l’attuale incertezza on ordine al diritto di proprietà sulle aree interne del Borgo di Pratica di Mare sia se qualificate cortilizie ovvero viabili.

10. - E’ noto il principio giurisprudenziale ormai consolidato dinanzi al giudice amministrativo (cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 30 agosto 2023 n. 8063), ma anche pacifico in giurisprudenza civile (cfr., tra le molte, Cass civ. Sez. III, 8 gennaio 2004 n. 88), che nel procedimento giurisdizionale la consulenza tecnica di ufficio è un mezzo istruttorio sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso al potere discrezionale del giudice, il cui esercizio tuttavia incontra il limite del divieto di servirsene per sollevare le parti dall'onere probatorio, non potendo essa supplire al compito delle parti di allegare i fatti e di introdurli nel processo.

Più in particolare, la giurisprudenza ha chiarito che la CTU non può essere utilizzata per colmare le lacune probatorie in cui sia incorsa una delle parti o per alleggerirne l'onere probatorio (cfr. Cass. Civ., Sez. III, ord. 18 settembre 2020 n. 19631).

Le parti, pertanto, non possono sottrarsi all'onere probatorio di cui sono gravate, ai sensi dell'art. 2697 c.c. e pensare di poter rimettere l'accertamento dei propri diritti all'attività del consulente, “ la CTU non è, infatti, qualificabile come mezzo di prova in senso proprio ” (così, in termini, Cons. Stato, Sez. IV, 27 dicembre 2021, n. 8627).

O, ad avviso del Collegio, può giungersi in ragione di quanto sopra ad una prima conclusione, nel senso che neppure in questo secondo grado di giudizio sono state fugate dalle parti, ma soprattutto dalla parte appellante, i dubbi che già il primo giudice aveva evidenziato in ordine alla prova (al di là di ogni ragionevole dubbio) della proprietà privata delle aree che sono state oggetto degli interventi di recupero da parte della società Nova Lavinium.

Tale conclusione condiziona inevitabilmente lo scrutinio del secondo complesso motivo di appello dedotto dalla società appellante.

11. – Sostiene in tale secondo profilo di doglianza la Nova Lavinium che l’amministrazione comunale prima e il giudice amministrativo di primo grado poi abbiano fatto erronea applicazione dell’art. 11 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, per come interpretato costantemente dalla giurisprudenza, in ordine alla profondità e alla latitudine dell’indagine che l’amministrazione comunale deve svolgere allorquando debba appurare la sussistenza della legittimazione a chiedere il rilascio di un titolo abilitativo ad effettuare interventi di trasformazione del territorio.

In altri termini, ad avviso della Nova Lavinium, l’ente locale, al fine di poter scrutinare o meno la richiesta di rilascio del titolo edilizio non deve spingersi fino a verificare il titolo di proprietario dell’immobile coinvolto in capo al richiedente.

Il Collegio registra che tale interpretazione della norma suindicata, per come propugnata dalla parte appellante nel presente giudizio, si presenta incompleta ovvero non considera altri, rilevanti e preminenti, profili applicativi della previsione recata dall’art. 11 d.P.R. 380/2001.

Il giudice amministrativo, interpretando la portata della disposizione recata dal citato articolo 11, ha potuto ripetutamente affermare che (cfr., tra le molte, Cons. Stato, Sez. IV, 15 marzo 2022 n. 1827):

- ai sensi dell'art. 11, d.P.R. 380/2001, il permesso di costruire (o altro titolo edilizio) può essere rilasciato non solo al proprietario dell'immobile, ma a chiunque abbia titolo per richiederlo, e tale ultima espressione va intesa nel senso più ampio di una legittima disponibilità dell'area, in base ad una relazione qualificata con il bene, sia essa di natura reale, o anche solo obbligatoria, purché, in questo caso, con il consenso del proprietario;

- ciò comporta, per un verso, che chi richiede il titolo autorizzatorio edilizio deve comprovare la propria legittimazione all'istanza, per altro verso, che è onere del Comune ricercare la sussistenza di un titolo (di proprietà, di altri diritti reali, etc.) che fondi una relazione giuridicamente qualificata tra soggetto e bene oggetto dell'intervento e che dunque possa renderlo destinatario di un provvedimento amministrativo autorizzatorio;

- tale verifica, tuttavia, deve compiersi secondo un criterio di ragionevolezza e secondo dati di comune esperienza, con la conseguenza che l'amministrazione, quando venga a conoscenza dell'esistenza di contestazioni sul diritto di richiedere il titolo abilitativo, deve compiere le necessarie indagini istruttorie per verificare la fondatezza delle contestazioni, ma senza tuttavia assumere valutazioni di tipo civilistico sulla “pienezza” del titolo di legittimazione addotto dal richiedente.

Pare evidente dunque, ad avviso del Collegio e contrariamente a quanto sostenuto dalla odierna società appellante:

- l’effettuazione degli interventi edilizi in questione, senza alcun dubbio, andava realizzata dalla società previa richiesta di un idoneo titolo edilizio;

- la richiesta del titolo edilizio doveva essere accompagnata da una puntuale dimostrazione della legittimazione “giuridica” a formulare detta richiesta e a realizzare le opere;

- in assenza della certezza del possesso di un espresso titolo proprietario (per quanto si è più sopra ampiamente chiarito) la società avrebbe dovuto dimostrare la titolarità di altro titolo legittimante;

- il Comune di Pomezia, doverosamente nel caso in esame e al cospetto di una robusta incertezza circa la proprietà delle aree oggetto dei prospettati interventi edilizi, aveva l’obbligo di approfondire l’esame delle fondamenta giuridiche del titolo legittimante la richiesta di intervento edilizio formulata dalla società la quale, d’altronde, non pare avere prospettato un diverso titolo legittimante se non quello proprietario (che qui risulta non essere pienamente provato, con assoluta certezza).

Ne deriva che, a giudizio del Collegio e all’esito di una approfondita disamina della copiosa documentazione prodotta da tutte le parti presenti nel processo, nei due gradi di sviluppo dello stesso, non può dirsi provato dalla società Nova Lavinium, con la dovuta necessità giuridica, il titolo legittimante la richiesta di rilascio del titolo edilizio (e quindi la realizzabilità delle ridette opere).

11. – Né a diverso esito conduce lo scrutinio degli ulteriori due motivi di appello dedotti dalla società Nova Lavinium.

Quanto al primo dei due motivi in questione (il terzo nella declinazione delle traiettorie contestative elencate nell’atto di appello dalla ridetta società), si presenta del tutto priva di rilievo la contestazione con la quale la società appellante intende qualificare alla stregua di un illegittimo atto di autotutela, surrettiziamente teso a definire in modo autoritativo (ed improvvido) da parte del Comune di Pomezia l’incertezza giuridica circa la proprietà delle aree interne in questione del Borgo di Pratica di Mare.

Si presenta invece – e facilmente – evincibile dalla piana lettura dei vari provvedimenti adottati dal Comune di Pomezia nella filiera repressivo sanzionatoria edilizia avviata con l’ordinanza di sospensione dei lavori n. 197/2019 come gli uffici comunali abbiano puntualmente espresso nella motivazione di ciascuno di tali atti che il potere impeditivo alla realizzazione degli interventi edilizi era esercitato al fine di evitare la esecuzione di opere “ in presunta violazione delle vigenti norme urbanistiche-edilizie, ed in presunta assenza di titolarità (…) ”.

Tale specifico riferimento accompagnato dalle altre osservazioni che lo accompagnano, sia nella parte in premessa che nell’ulteriore parte in motivazione di ciascuno degli atti impugnati dalla società Nova Lavinium, costituiscono elementi che militano nel senso di escludere, all’un tempo, sia il paventato sviamento di potere sia l’altrettanto contestata inadeguatezza o incompletezza dell’istruttoria, con riferimento alla quale, in particolare, ogni dubbio di approfondimento istruttorio adeguato effettuato dagli uffici comunali è fugato non solo dall’ampio riscontro documentale ma anche dalla circostanza che espressamente detti uffici si sono rivolti anche ad altri enti per appurare o meno se vi fosse il titolo legittimante a richiedere i titoli abilitativi a relaizzare le opere edilizie dalla Nova Lavinium.

Da ultimo il Collegio ritiene che non siano apprezzabili le contestazioni mosse dalla società appellante con riferimento alla impossibilità del ripristino dello stato “anteriore o precedente” dei luoghi rispetto alle opere che comunque sono state iniziate o effettuate dalla società per la presenza di vincoli paesaggistici ovvero riferite alla necessità dell’apposizione di un cancello per la sicurezza delle aree di intervento.

Appare evidente, infatti, che la necessità di ricondurre l’area allo stato quo ante costituisca una naturale conseguenza dell’ordine di ripristino espresso dal comune e la necessità, eventuale, del rilascio di autorizzazioni da parte di altri enti per eseguire detto intervento è circostanza che non compete al comune ma semmai al soggetto che tali opere a realizzato e comunque non costituisce elemento idoneo ad incidere sulla legittimità e validità dell’ordine di ripristino.

Quanto alla pericolosità dell’area e alla necessità dell’apposizione di un cancello per impedirne l’accesso, trattandosi di spazi rispetto ai quali è incerta la proprietà, correttamente il Comune di Pomezia ha ritenuto illecito l’intervento della società a tutela dell’interesse pubblico sulle aree.

La prospettata necessità di garantire la sicurezza dell’area da ingressi di terzi è questione che riguarda l’ordine pubblico e non può tradursi in un valido presupposto per consentire ad un soggetto, il cui titolo legittimante ad intervenire, allo stato, è ancora giuridicamente non definito, di mettere in campo strumenti per impedire l’accesso alle aree interne e l’uso pubblico delle stesse.

12. – In ragione di quanto si è fin qui illustrato si manifestano infondate le censure dedotte nella sede di appello di talché il mezzo di gravame proposto va respinto con conseguente conferma della sentenza in primo grado.

La presente decisione è stata assunta tenendo conto dell'ormai consolidato "principio della ragione più liquida", corollario del principio di economia processuale (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 5 gennaio 2015, n. 5, nonché Cass., Sez. un., 12 dicembre 2014, n. 26242), che ha consentito di derogare all'ordine logico di esame delle questioni e tenuto conto che le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., Sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., Sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663, e per il Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 gennaio 2022, n. 339), con la conseguenza che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Ritiene il Collegio che, stante la complessità e la novità degli argomenti che sono stati oggetto di contenzioso, anche sotto il profilo tecnico, sussistano i presupposti per l’applicazione dell’istituto processuale di cui all’art. 92 c.p.c., per come espressamente richiamato dall’art. 26, comma 1, c.p.a., che consente la compensazione delle spese di lite riferite al presente grado di appello fra tutte le parti in giudizio.

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