Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-10-24, n. 201806052

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-10-24, n. 201806052
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201806052
Data del deposito : 24 ottobre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/10/2018

N. 06052/2018REG.PROV.COLL.

N. 07422/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7422 del 2014, proposto da
-O- in Liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati L L, A B, con domicilio eletto presso lo studio Bifolco Antonio Eulex Galli &
Associati in Roma, via Virginio Orsini n.19;

contro

Comune di -O-non costituito in giudizio;
Ministero dell'Interno, U.T.G. - Prefettura di -O-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

-O-Società Consortile a R.L. non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Campania, Sezione staccata di -O-, Sezione Prima, n. -O-, resa tra le parti, concernente la risoluzione del contratto a seguito di informativa interdittiva antimafia - incameramento della cauzione definitiva


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di U.T.G. - Prefettura di -O-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 settembre 2018 il Cons. U R e uditi per le parti gli avvocati L L per sé e su delega di A B e l'Avvocato dello Stato Raffaella Ferrando;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La Società -O- in liquidazione, con il presente appello, ha impugnato la decisione del T.A.R. Campania – -O-, Sez. I, n. -O-, con la quale è stato respinto il ricorso introduttivo ed i relativi motivi aggiunti diretti rispettivamente:

*) all’annullamento :

-- della determinazione dirigenziale del Settore Opere e Lavori Pubblici del Comune di -O-e della relativa comunicazione di recesso dal contratto relativo ai “Lavori in posa in opera pavimentazioni e rivestimenti, fornitura e posa in opera impianti e finiture -O-” ex art. 1456 c.c. e di incameramento della cauzione definitiva ex art. 113 del D.lgs. 163/2006;

-- della presupposta informazione antimafia ostativa del Prefetto di -O-n. -O- del 15.04.2013 e della successiva n. -O- del 16.04.2013;

-- per quanto possa eventualmente occorrere, delle note riservate, di estremi e contenuti non conosciuti, rispettivamente del 15 e 16 aprile 2013, con cui la Prefettura di -O-ha trasmesso al Comune di -O-le informazioni antimafia intervenute a seguito di interdittiva antimafia;

-- di tutti i presupposti atti istruttori analiticamente indicati nei motivi aggiunti (resoconti delle varie riunioni del Gruppo Ispettivo Antimafia;
note della Procura della Repubblica, della Legione Carabinieri Campania, della DIA di -O-, della Sezione Operativa di -O-- Area Amministrativa e dell'Area I - Ordine e Sicurezza Pubblica, ecc.);

*) alla declaratoria di nullità :

-- dell’art. 6 del detto contratto di appalto che prevede una automatica clausola di risoluzione nel caso di sopravvenienza di certificazione antimafia negativa.

Nelle more del giudizio, il Tribunale Ordinario di -O-, con sentenza n. -O-, ha dichiarato il fallimento della predetta Società -O-.

La Sezione, con ordinanza n. -O-, ha dichiarato la interruzione del processo, ai sensi degli artt. 38 e 79 co. 2 c.p.a. e 299 e ss. c.p.c..

Con atto notificato in data 27.04.2018, il Curatore Fallimentare p.t. della -O-ha provveduto a riassumere il presente giudizio ai sensi dell’art. 80 co. 3 c.p.a..

L’appello, senza la numerazione di specifiche rubriche, è affidato alla deduzione di differenti profili di censura sostanzialmente riconducibili all’ error in iudicando della sentenza che ha ritenuto non fondate le censure con cui l'odierna appellante aveva lamentato l’insussistenza dei presupposti per l'emissione dell'informazione negativa e, altresì, violazione del Codice dei contratti pubblici, laddove esclude che, in tali casi, possa escutersi la cauzione.

Con atto in data 18 settembre 2014 si è costituito in giudizio l’Avvocatura dello Stato che, con memoria del 13 luglio 2018, ha confutato le argomentazioni dell’appellante concludendo per il rigetto del ricorso.

Con memoria in data 13 luglio 2018 a sua volta l’appellante ha brevemente sottolineato i profili a sostegno delle proprie argomentazioni.

Chiamata all’udienza pubblica di discussione ed uditi i difensori delle parti, l’appello è stato ritenuto in decisione dal Collegio.

DIRITTO

1.§. In linea pregiudiziale, ai sensi dell’art. 40 co.2 c.p.a., devono essere dichiarati inammissibili – in quanto posti in violazione del principio di specifica separazione dei motivi – i diversi profili di censura che sono contenuti nella parte denominata “rilievi preliminari” e “fatto” da pagina 6 a pagina 29 nell’atto di riassunzione.

2.§. La Società appellante, con una primo capo sostanziale di doglianza, lamenta che l'informazione prefettizia impugnata sarebbe viziata sotto una pluralità di profili.

Assume al riguardo che il giudizio di eventuale permeabilità mafiosa si inserirebbe, invero, all'esito di una attenta ed approfondita disamina di quegli elementi e situazioni indizianti, comunque ricompresi nelle ipotesi tipizzate dalla norma (cfr. artt. 84 e 91 D.lgs. 159/2011), che devono essere ancorati ad un quadro sintomatico del pericolo di collegamento tra l'impresa e la criminalità organizzata risultante dalle informazioni acquisite anche tramite gli organi di polizia. L’interdittiva non potrebbe essere fondata su un qualsiasi elemento di sospetto, ma dovrebbe essere compresa nei rigorosi ambiti e presupposti dei reati e delle fonti tassativamente tipizzate.

Invece, nel caso dei provvedimenti impugnati sarebbe mancata qualsiasi adeguata motivazione sul nesso causale esistente tra i fatti esposti ed il paventato pericolo di infiltrazioni;
non sarebbe stata specificata l'esternazione delle modalità e dei mezzi con i quali si realizzerebbe la "ipotizzata" infiltrazione;
si sarebbe attribuita l'etichetta di “mafiosità” alla società ricorrente, senza che fosse possibile il controllo dell'iter logico e senza assicurare l'esercizio del diritto di difesa in sede giurisdizionale.

Per la legittimità del giudizio demandato all'U.T.G. sarebbe invece stato necessario il riscontro di una particolare pericolosità.

Nel corso del giudizio sarebbero poi emerse decisive risultanze di una disgregazione dell'impianto istruttorio in conseguenza alla rimozione dei due elementi sui quali sarebbe stata data l’interdittiva antimafia quali nella specie:

-- l’annullamento della sentenza di condanna nei confronti del-O-;

-- l’annullamento dell'interdittiva nei confronti della -O-

Lo smantellamento della connessione reciproca degli elementi avrebbe dunque imposto l'annullamento della misura di rigore impugnata. In tale direzione:

i) le situazioni indiziarie a carico dell'impresa ricorrente non sarebbero riconducibili alle previsioni delle disposizioni positive di riferimento;

ii) il ricostruito quadro indiziario sarebbe stato privo di significativa rilevanza sull'effettiva potenziale contiguità dell'attività dell'impresa ad interessi criminali;

iii) gli elementi raccolti sarebbero compresi in un limitato ed antico arco temporale, con conseguente inidoneità a denotare un tentativo attuale e concreto d'infiltrazione;

iiii) l'istruttoria condotta non sarebbe stata approfondita e la valutazione delle situazioni analizzate sarebbe stata fuorviata dalla mancata disamina di fatti utili ad un apprezzamento non pregiudizievole.

Di cui in sostanza:

-- l’inidoneità degli elementi ed insussistenza del pericolo di condizionamento: l'affidamento in subappalto di prestazioni ad un’impresa successivamente destinataria di interdittiva, concernendo un rapporto di natura contrattuale, sarebbe stata irrilevante ai fini antimafia. L'esclusione dell'efficacia interdittiva discenderebbe direttamente da una mera presunzione;

-- l’irrilevanza dei pretesi rapporti con il-O-: le ampie precisazioni sull'origine, la natura e la tipologia dei contatti tra il legale rappresentante della -O- ed il sig.-O-, per il tramite della consorte dell'epoca di quest'ultimo sig.ra -O-, unita all'intervenuta pregressa – e dimostrata – cesura di qualsivoglia rapporto fin dall'anno 2011, escluderebbero la possibilità di rinvenire profili di possibile pregiudizialità antimafia da tali elementi. Il contatto tra il legale rappresentante della società sottoposta alla valutazione prefettizia ed il soggetto ritenuto viciniore agli ambienti criminali sarebbe stato ritenuto, di per sé, evenienza indiziante la sospetta mafiosità dell'impresa, senza alcun ulteriore attento esame della idoneità – anche potenziale –ad un effettivo condizionamento;

-- l’irrilevanza dei rapporti con imprese controindicate: sarebbe stato erroneamente valorizzato, in particolare, l'affidamento in subappalto di prestazioni ad un’impresa successivamente destinataria di analoga misura di rigore. Il Codice dei contratti pubblici (cfr. art. 37 commi 18 e 19), con riguardo a situazioni in cui il legame tra le imprese assume caratteristiche addirittura maggiormente stringenti quali quelle relative ai raggruppamenti temporanei ovvero ai consorzi di imprese, consente espressamente la prosecuzione dell'iniziativa imprenditoriale da parte dei soggetti non controindicati, qualora una situazione soggettiva ostativa venga a colpire uno o più delle imprese raggruppate o consorziate, precludendo qualsiasi effetto estensivo di eventuali pregiudizi antimafia in capo ai soggetti facenti parte della riunione temporanea o del consorzio aggiudicatario a seguito di informazioni negative che colpiscano gli altri componenti.

L’esecuzione in subappalto dei lavori di scavo – regolarmente eseguiti, senza dare luogo ad alcuna criticità ed autorizzato dalla stazione appaltante – sarebbe stata precedente alla sopravvenuta interdizione a contrarre di tale Società, in assenza della prova della consapevolezza di ESA di essere in rapporti con un'impresa controindicata ai fini antimafia. Parimenti irrilevante risulterebbe la circostanza che lo smaltimento di parte del materiale di risulta sarebbe stato smaltito dalla società Sarno Costruzioni, anch'essa controindicata;

-- l’ informativa ostativa sarebbe stata adottata in assenza di nuovi elementi indizianti: l'interdittiva impugnata sopravviene ad una pluralità di precedenti informazioni liberatorie rilasciate dalla medesima Prefettura, in assenza di ulteriori situazioni diverse e nuove, fatto salvo il provvedimento di sequestro preventivo delle quote della società -O- (soggetto diverso dalla ricorrente) nella fase di indagini preliminari in un procedimento penale pronunciato per aver intrattenuto ordinari rapporti economici nei confronti di una società (-O-) – successivamente fallita – i cui amministratori e gestori erano indagati per il reato "fallimentare" di bancarotta fraudolenta. La destinataria della informativa ostativa era anche consorziata al -O-ed esecutore designato dal -O-nel settore dei lavori pubblici;

-- la disgregazione del quadro indiziario: a differenza dell'avviso espresso in prima istanza, la vicenda che interessa l'odierna appellante si caratterizza perché risulterebbe radicalmente violato il principio di inscindibilità del giudizio per presunzioni (artt. 2727 - 2729 c.c.).

I singoli dati di fatto hanno significato e valore sul tentativo di infiltrazione mafiosa in un giudizio prognostico per le connessioni reciproche, che inducono ad una prognosi finale unitaria, ragionevole e plausibile. Per cui il giudizio presuntivo è retto dalla regola del " simul stabunt simul cadunt ": il venir meno di due su tre elementi del provvedimento quali nella specie la sentenza della Corte di Cassazione di annullamento delle condanne di -O--O-, ex art. 416 bis e la decisione del TAR di annullamento dell'informativa sul conto di -O- avrebbe dovuto imporre al giudice l’immediata rimozione dell'informativa interdittiva sub judice , perché fondata su dati contrastanti con le sopravvenute decisioni giudiziarie di segno contrario.

Di guisa che, venuta meno la condanna penale di -O--O-, verrebbe meno anche lo "status" di delinquente mafioso, per cui le cointeressenze contestate all'ESA con il-O- perderebbero ogni rilevanza preclusiva sul piano della prevenzione antimafia e comunque dimostrerebbero che il pericolo di infiltrazione mafiosa non sarebbe concreto ed attuale, anche perché l'associazione camorristica (-O-) sarebbe sciolta fin dagli anni '90.

Infine, si appaleserebbe inconsistente il residuo richiamo al rapporto con la -O-che sarebbe un operatore economico con cui il -O- non avrebbe mai intrattenuto rapporti.

Le mere sinergie economiche tra imprese non avrebbero, per espresso dettato normativo, alcun effetto automatico interdittivo: i subappalti e le singole cointeressenze economiche non sarebbero elementi idonei e sufficienti per estendere il rischio di infiltrazione mafiosa tra imprese, all'opposto, occorrendo accertare la sussistenza di fattori oggettivi di rischio, non solo da parte dell'impresa controindicata, ma anche delle medesime associazioni criminali, che eventualmente hanno condizionato l'impresa controindicata.

Il motivo è complessivamente infondato.

In linea preliminare si deve ricordare che, come la giurisprudenza della Sezione ha costantemente ripetuto, il “Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione” pone in essere una normativa volta a prevenire o comunque impedire i rapporti contrattuali con la P.A. di società formalmente estranee, ma direttamente o indirettamente collegate, o comunque infiltrate, dalla criminalità organizzata ( ex multis : Cons. Stato, Sez. III, 9 maggio 2016, n. 1846).

Sulla base degli accertamenti compiuti dai diversi organi di polizia, la valutazione da parte del Prefetto territorialmente competente costituisce espressione di ampia discrezionalità ed è ancorata al criterio del “più probabile che non”, cioè da una regola di giudizio che ben può essere integrata da dati di comune esperienza evincibili dall'osservazione dei fenomeni sociali quale è, anzitutto, anche quello mafioso (così a partire da: Cons. Stato, Sez. III, 9 maggio 2016, n. 1743;
id., sez. III, 2 agosto 2016, n. 3505;
id., 29 settembre 2016, n. 4030).

Ciò premesso, invano l’appellante cerca di segmentare la complessiva situazione in tanti elementi separati al fine di dimostrare la loro insufficienza da soli a reggere l’informativa.

In realtà, è proprio la molteplicità degli elementi che, unitariamente considerati, andavano a comporre un quadro in grado di dare logico fondamento al provvedimento interdittivo, giustamente ritenuto legittimo dal TAR.

In tale prospettiva, esattamente il TAR ha considerato unitariamente (e rilevanti) gli elementi indiziari raccolti in sede istruttoria. In particolare si deve ricordare che:

a) Indubbiamente sussisteva una complessa serie di relazioni commerciali o di lavoro, di intrecci societari, e cointeressenze tra l’Amministratore unico della società, sig. -O-, ed esponenti della criminalità organizzata, proprio i ricordati quali il sig.-O- -O- e la moglie sig.ra -O-, detentrice di quote nelle stesse società di cui il sig. -O- era amministratore. Tra questi il -O-a r. L r.l. (ditta aggiudicataria dei lavori appaltati dal Comune di -O-per la realizzazione della -O-), il cui capitale sociale era ripartito tra circa 34 società, tra cui anche la -O--O- era titolare di una quota superiore al 10 % e che era stato inciso da una informativa atipica resa dalla Prefettura di Napoli, con nota del 13 settembre 2012, nei confronti del-O-

b) L’Amministratore unico della-O-il sig. -O-, era stato controllato in data 13.05.2009 con-O- -O-, quest’ultimo condannato per tentata estorsione e raggiunto da provvedimento restrittivo emesso l’11.10.2001 dalla Procura della Repubblica presso la Corte d’Appello di -O-, nonché condannato a 4 anni di reclusione con sentenza di primo grado del 26.03.2007 del Tribunale di -O-, confermata in appello in data 16.11.2010, per associazione di stampo mafioso (art. 416 bis c.p.), quale elemento di spicco del sodalizio criminale operante negli anni novanta in -O- (SA) denominato “-O-”, facente capo al gruppo -O-.

c) Il sig. -O-, oltre che Amministratore unico del -O- risultava essere, dal 2003, Amministratore unico della società -O-con sede in -O- in-O-, della quale la sig.ra -O- nel 2005 risultava aver acquistato da -O-quote societarie per un importo pari a 20.000,00 euro, poi cedute nel 2011 alla -O-attuale socio di maggioranza del -O-. Negli anni 2006 e 2007, in aggiunta, il sig.-O- -O- aveva prestato attività lavorativa in qualità di dipendente proprio per la detta società -O-

d) Il sig. -O- risultava essere stato, dal 2003 fino al 2009, Amministratore unico anche della-O-impresa cancellata nel 2009, presso la quale il sig.-O- -O- aveva prestato attività lavorativa negli anni 2003 e 2004. Anche di questa società la sig.ra -O- (moglie di-O- -O-) risultava essere stata – nel 2005 – titolare di quote societarie per un importo pari a 20.000.00 euro, poi cedute nel 2008 alla -O-di cui, come detto, -O- risultava essere Amministratore unico.

e) Il sig. -O-, inoltre, risultava essere dal 2009 l’Amministratore unico della -O--O-. in liquidazione, costituita dalla sig.ra -O- – titolare di quote societarie per un importo pari a 10.000,00 euro – unitamente alla -O-

f) Il sig.-O- -O-, a sua volta, risultava rivestire la carica di Vice Presidente del Consiglio direttivo della società -O-, con sede in Roma, società al momento inattiva ma non cancellata dall’elenco delle imprese iscritte presso la Camera di Commercio di Roma, le cui quote erano detenute in proprietà anche dalla -O-

g) La -O- gestiva una Sala Bingo con sede in -O-, via -O-, nello stesso stabile ove sono ubicati anche gli uffici del -O- e della -O--O-A seguito di spontanee dichiarazioni di ex dipendente nell’ambito di accertamenti istruttori del 29 ottobre 2011 della Questura di -O-presso la predetta Sala Bingo, era emerso che la sua “ assunzione presso il Bingo di -O- è avvenuta tramite il Signor-O- -O- che all‘epoca svolgeva di fatto le mansioni di proprietario dell’attività benché risultasse assunto dalla -O- come manutentore… mentre l’-O- formale titolare di licenza di P.S. per l’attività di bingo e videolottery -O- di fatto è prestanome di-O- -O- che è il reale proprietario di tutta l’attività ”.

h) Dall’Anagrafe Tributaria del Registro compravendite e locazioni di immobili emergeva altresì l’esistenza di un rapporto di locazione non finanziaria di costruzione commerciale tra la -O- (locatario) e la sig.ra -O- (locatore), stipulato nel 2011;
nonché di un rapporto di locazione non finanziaria di fabbricato tra il -O- (locatario) e la società -O- (locatore) stipulato nel 2006.

i) A seguito della nota prot. n. -O-della Procura della Repubblica presso il Tribunale di -O-, era emerso che la ditta -O- -O-, aveva eseguito per conto della ditta ESA -O- gli interventi di escavazione presso il cantiere della -O-, appaltati dal Comune di -O-.

l) Inoltre, il materiale derivante dall’escavazione era stato in parte smaltito tramite la ditta -O-s.r.l., il cui legale rappresentante era -O-, noto pregiudicato condannato tra l’altro per associazione a delinquere di stampo mafioso (art. 416 bis c.p.) con sentenza divenuta irrevocabile il 22.01.2003.

m) La società -O- Costruzioni S.a.s. era stata destinataria di interdittiva antimafia da parte della Prefettura con decreto prot. n. -O-e, analogamente, anche la società -O-s.r.l. risultava destinataria di interdittiva antimafia con decreto n. -O-.

Sulla base del criterio del “più probabile che non” – cioè, da una regola di giudizio che ben può essere integrata da dati di comune esperienza evincibili dall'osservazione dei fenomeni sociali, quale è, anzitutto, anche quello mafioso (così a partire da: Cons. Stato, Sez. III, 9 maggio 2016, n. 1743;
id., Sez. III, 2 agosto 2016, n. 3505;
id., 29 settembre 2016, n. 4030) – proprio le predette relazioni economiche nei settori degli appalti, dei subappalti e dello smaltimento dei materiali di risulta (tipicamente inquinati dalla delinquenza organizzata) costituivano fattori dai quali ragionevolmente presumere il condizionamento della società e/o comunque, la contiguità immediata con la criminalità. Contrariamente a quanto infatti vorrebbe l’appellante, proprio le predette attività sono tipiche di quell’area opaca dell’economia che è composta da una miriade di società collegate da vincoli di vario tipo con l’organizzazione criminale.

In relazione al profilo dell’attualità dei predetti elementi, si ricorda, in linea di principio, che l'interdittiva antimafia può legittimamente fondarsi anche su fatti risalenti nel tempo, purché dall'analisi del complesso delle vicende esaminate emerga, comunque, un quadro indiziario idoneo a giustificare il necessario giudizio di attualità e di concretezza del pericolo di infiltrazione mafiosa nella gestione dell'attività di impresa (Cons. Stato, Sez. III, 16 maggio 2017 n. 2327;
id., Sez. III, 05 maggio 2017, n. 2085).

Al riguardo, come correttamente rilevato dal TAR, l’annullamento con rinvio della sentenza d’appello nei confronti di-O- -O- non è circostanza in sé sufficiente a privare di significatività a fini antimafia del particolare contesto di cui sopra in quanto, da un lato si tratta comunque di un annullamento con rinvio per la sua attività di favoreggiamento della criminalità quale assessore comunale e, dall’altro, che l’informativa non si regge affatto solo su tale unico elemento.

Il carattere preventivo del provvedimento prescinde, quindi, dall'accertamento di singole responsabilità penali, essendo il potere esercitato dal Prefetto espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 30 gennaio 2015, n. 455;
id., Sez. III, 23 febbraio 2015, n. 898).

Inoltre, come la Sezione ha più volte affermato (cfr. Cons. Stato, Sez. III, n. 1743/2016 cit.), la normativa antimafia individua una serie di elementi rivelatori del rischio di infiltrazione mafiosa nell’impresa, tra le quali anche le sentenze di proscioglimento o di assoluzione per uno dei delitti-spia previsti dall'art. 84 comma 4 lett. a) D.lgs. n. 159/2011 a carico dei titolari.

Nel caso in esame, i molteplici univoci elementi indiziari qui indicati dall’Amministrazione sono, dunque, quelli tipicamente ricorrenti nelle relazioni tra la criminalità e le strutture economiche e dimostrano con tutta evidenza il persistere, nel tempo, di stretti legami non solo fra l’-O- e la famiglia-O-, ma anche tra questi ed altri elementi contigui alla delinquenza.

Il motivo d’appello va dunque respinto.

3.§. Sotto altro profilo la decisione di primo grado sarebbe, altresì, viziata perché avrebbe completamente sorvolato le ulteriori censure spiegate dall'odierna appellante:

3.§.1 Sarebbe illegittima la omessa ponderazione da parte del Comune circa la persistenza delle condizioni per il completamento delle opere e la carente contezza della necessaria istruttoria in ordine alla valutazione imposta all'Amministrazione sulla conservazione o meno del rapporto contrattuale già instaurato ed in avanzata fase di esecuzione. Anche la ricezione dell'informazione antimafia ostativa non vincolerebbe il contenuto del provvedimento dell'Amministrazione, cui residua un margine di valutazione in ordine alla sussistenza del preminente interesse pubblico al mantenimento del rapporto ex art. 94 comma 3 D.lgs. n. 159/2011.

Né in senso contrario potrebbe valere il contenuto della clausola del contratto che sarebbe illegittima in quanto:

a) la presenza di una clausola risolutiva di diritto non esime l’Amministrazione dal procedere alla valutazione comparativa tra l'interesse pubblico alla prosecuzione dei lavori e le esigenze di cautela di pubblica di sicurezza;

b) la risoluzione di diritto sarebbe stata collegata all'eventuale sopravvenienza di certificazione antimafia da parte della Prefettura, ostativa alla prosecuzione del rapporto a a carico delle imprese -O- s.r.l. e-O-

La censura è priva di pregio giuridico.

L’emissione dell’informazione antimafia, ai sensi dell’art. 84 comma 4 D.lgs. 159/2011, rientra tra le cause di esclusione dalla gara e comporta ineluttabilmente l’impossibilità di stipulare i contratti con la Pubblica Amministrazione ai sensi dell’art. 38 comma 1 lett. b) dell’abrogato D.lgs. 163/2006 in quanto i richiami alle disposizioni della l. n. 1423/1956 e alla l. n. 575/1965 si devono intendere riferiti al D.lgs. 159/2011 (Cons. Stato, Sez. III, 19 dicembre 2017, n. 5963).

Sicché, salve le ipotesi eccezionali di cui in seguito, l’evidente impossibilità di contrarre con la Pubblica Amministrazione (ex art. 38 D.lgs. n. 163 cit.) anzi impone in modo vincolante l’immediata revoca dell’aggiudicazione e/o l’immediato recesso dal contratto, senza che la Pubblica Amministrazione destinataria della documentazione antimafia – comunicazione o informazione che sia – abbia alcun margine di discrezionale apprezzamento in ordine alla incapacità di contrarre che ha colpito l’impresa a cagione della sua permeabilità mafiosa.

La revoca dell’aggiudicazione ottenuta da impresa gravata da informativa antimafia è un atto doveroso e necessitato per l’Amministrazione procedente, la quale agisce al fine di scongiurare invece un danno per l’interesse pubblico connesso con l’esigenza di impedire che il rapporto contrattuale con un soggetto permeabile a logiche mafiose si risolva in una erogazione di danaro pubblico indirettamente in favore di un’impresa collusa o condizionata dalla criminalità organizzata, la quale non può nemmeno ottenere (neppure in parte) l’indennizzo di cui all’art. 21-quinquies della l. n. 241 del 1990.

Il provvedimento di c.d. “interdittiva antimafia” determina, infatti, una particolare forma di incapacità ex lege parziale (in quanto limitata a specifici rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione) e tendenzialmente temporanea, con la conseguenza che al soggetto – persona fisica o giuridica – è precluso avere con la Pubblica Amministrazione rapporti riconducibili a quanto disposto dall’art. 67 comma 1 lett. g) D.Lgs. 6 settembre 2011 n. 159, nella parte in cui prevede il divieto di ottenere, da parte del soggetto colpito dall’interdittiva antimafia, “ contributi, finanziamenti e mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità Europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali ”, ricomprende anche l’impossibilità di percepire somme dovute a titolo di risarcimento del danno patito in connessione all’attività di impresa (Cons. Stato, A.P., 6 aprile 2018, n. 3).

Trattandosi di un effetto derivante direttamente dalla Legge non era dunque assolutamente necessaria né una clausola risolutiva espressa, né un particolare onere motivazionale.

In altre parole, per la legittimità della revoca non è necessaria alcuna peculiare motivazione, mentre, al contrario, sia il ricorso alle ipotesi eccezionali ex art. 94 comma 3 D.lgs. n. 159/2011, che l’applicazione delle misure straordinarie di cui all'art. 32 D.L. n. 90/2014, necessitano sempre di una puntuale indicazione della straordinarietà e concretezza delle ragioni di interesse pubblico.

Di qui la legittimità del provvedimento del Comune di -O-.

3.§.2 Con la terza doglianza si lamenta la mancata delibazione dell’autonomo motivo di ricorso rivolto avverso l’apodittica decisione dell’Amministrazione di escutere la garanzia costituita dall'esecutore ai sensi dell'art. 113 del Codice dei contratti pubblici, a garanzia dell'appalto.

Assume l’appellante l’illegittimità dell’ulteriore determinazione di escussione della cauzione definitiva, che è solo garanzia per l'Amministrazione committente per il caso di mancato o inesatto adempimento dell'appaltatore alle obbligazioni derivanti dal contratto di appalto e copre tutte le responsabilità patrimoniali che discendono, a qualsiasi titolo, dall'inadempimento del contratto.

Nel caso in esame non sarebbe mancato l’adempimento alle obbligazioni del contratto perché il recesso, ove pur considerato in astratto legittimo, sarebbe svincolato dalle obbligazioni assunte dall'esecutore con la sottoscrizione del contratto di appalto, ma concernerebbe la perdita dei requisiti generali o, per meglio dire, l’intervenuta insistenza di una causa ostativa alla contrattazione con la Pubblica Amministrazione.

Di qui l'estraneità della fattispecie all'ambito applicativo della disposizione.

L’assunto va disatteso.

Sotto il profilo soggettivo, l'informativa antimafia costituisce una sopravvenienza non prevedibile, collegata ad elementi e fatti sicuramente conosciuti dall'impresa incisa, e comunque costituisce una circostanze oggettivamente addebitabile all'appaltatore soggetto a fenomeni di infiltrazione mafiosa, che, in conseguenza, è quindi tenuto a rispondere del mancato adempimento mediante l'attivazione delle previste penali e fideiussioni.

Le conseguenze patrimoniali della risoluzione del contratto, ivi compresa la sanzione della violazione dell'obbligo di diligenza, comporta necessariamente la responsabilità per i danni incolpevolmente subiti dalla Stazione Appaltante per il “mancato adempimento” del contratto, che era espressamente richiesto dall'art. 113 dell’abrogato D.lgs. n. 163/2006 e che era direttamente ed esclusivamente imputabile da parte della società ricorrente, conseguente al sopravvenire dell’interdittiva.

5.§. L’appello deve conclusivamente essere respinto.

Le spese, secondo le regole generali, seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

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