Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2022-04-21, n. 202203051

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2022-04-21, n. 202203051
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202203051
Data del deposito : 21 aprile 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

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Pubblicato il 21/04/2022

N. 03051/2022REG.PROV.COLL.

N. 03361/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3361 del 2021, proposto da -OMISSIS-., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati M B, S D T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Provincia di Foggia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati S D, N M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Anac - Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Luigi Giuseppe Decollanz, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) n. -OMISSIS-.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Foggia, dell’ANAC - Autorità Nazionale Anticorruzione, e di -OMISSIS-;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 febbraio 2022 il Cons. Gianluca Rovelli e udito l’avvocato Luigi Giuseppe Decollanz per -OMISSIS- e preso atto della richiesta di passaggio in decisione senza la preventiva discussione, depositata in atti ai sensi del Protocollo d’intesa del 20 luglio 2021 dagli avvocati M B per la -OMISSIS-, e N M per la Provincia di Foggia;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. -OMISSIS-. ha partecipato alla procedura aperta indetta dalla Provincia di Foggia per l’affidamento annuale del servizio di pulizia degli stabili della Provincia e del “-OMISSIS-”, risultando in prima battuta aggiudicataria.

2. Il 27 aprile 2020, data in cui l’aggiudicazione è divenuta efficace, il -OMISSIS- – all’epoca Presidente del Consiglio di Amministrazione e socio dell’appellante in comunione pro indiviso (con -OMISSIS-) – è stato attinto da un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.i.p. di Torino, per i reati di cui all’art. 110, 81 cpv, e 321 c.p.

3. Appresa la notizia dalla stampa nazionale, il 10 giugno 2020 la Provincia di Foggia ha chiesto all’appellante di fornire chiarimenti in merito;
chiarimenti che sono stati resi comunicando l’estraneità alla vicenda.

4. La commissione di gara ed il RUP hanno comunque respinto le osservazioni de -OMISSIS- e, per l’effetto, è stata revocata l’aggiudicazione con conseguente scorrimento della graduatoria a vantaggio di Meridionale Servizi.

5. -OMISSIS-. ha impugnato detti provvedimenti dinanzi al TAR Puglia, gravando anche le Linee Guida ANAC n. 6 e chiedendo il rinvio ex art. 267 T.F.U.E. alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

6. Il TAR ha respinto il ricorso con sentenza n. -OMISSIS-.

7. Di tale sentenza, asseritamente ingiusta ed illegittima, -OMISSIS-. ha chiesto la riforma con rituale e tempestivo atto di appello alla stregua di cinque articolati motivi, rubricati: “ 1. Error in procedendo e in iudicando. Violazione degli artt. 34 e 134 c.p.a. Eccesso di potere giurisdizionale.

2. Error in iudicando. Violazione dell’art. 80, comma 5 lett. c), d.lgs. n. 50/2016. Difetto di motivazione e di istruttoria. Ingiustizia manifesta, difetto assoluto dei presupposti. Violazione degli artt. 27, comma 2, della Costituzione e 6, comma 2, della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
3. Error in iudicando. Violazione dell’32A1::2022-01-17">art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016 e dell’art. 57, par. 4 della Direttiva UE n. 24/2014, con riferimento ai relativi presupposti applicativi soggettivi. Erronea ed illegittima applicazione delle Linee Guida ANAC n.

6. Difetto di motivazione e di istruttoria. Ingiustizia manifesta, difetto assoluto dei presupposti. Violazione dei generali principi di proporzionalità e trasparenza di derivazione euro-unitaria e del generale principio della natura soggettiva e personale della responsabilità (divieto della c.d. “responsabilità oggettiva”).

4. Error in iudicando. Violazione e falsa applicazione dell’art. 80, comma 5, lett. c) del D.lgs. n. 50/2016. Violazione delle Linee Guida ANAC n.

6. Difetto di motivazione e di istruttoria. Ingiustizia manifesta, difetto assoluto dei presupposti. Violazione degli artt. 27 comma 2 della Costituzione e 6 comma 2 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

5. Errores in iudicando. Violazione e falsa applicazione dell’art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016 e dell’art. 57, par. 4 della Direttiva UE n. 24/2014. Violazione dell’art. 80, commi 7 e 8, d.lgs. 50/2016 e dell’art. 57, par. 6 della Direttiva UE n. 24/2014. Difetto di istruttoria e di motivazione sotto diverso profilo. Ingiustizia manifesta, difetto assoluto dei presupposti”.

8. Hanno resistito al gravame, chiedendone il rigetto, l’ANAC - Autorità nazionale anticorruzione, -OMISSIS- e la Provincia di Foggia.

9. Alla udienza pubblica del 17 febbraio 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

10. Con il primo articolato motivo di gravame l’appellante ha dedotto in sintesi quanto segue.

10.1. Il TAR avrebbe posto a fondamento della sentenza elementi mai presi in considerazione dall’Amministrazione ed argomentazioni di cui non vi sarebbe traccia nel provvedimento impugnato.

10.2. La pronuncia configurerebbe, dunque, uno sconfinamento dai poteri giurisdizionali del Giudice amministrativo, che si sarebbe sostituito al giudizio dell’Amministrazione a mezzo di un intervento additivo del provvedimento impugnato, in violazione dell’art. 34 c.p.a. integrando la motivazione del provvedimento della Stazione appaltante.

11. Il motivo è infondato.

11.1. L’appellante lamenta, nella sostanza, che il giudice di primo grado avrebbe esercitato un’attività “ additiva ” arrivando ad esercitare direttamente il potere amministrativo.

11.2. Come noto, la motivazione della sentenza viene definita come la rappresentazione e documentazione dell'iter logico-intellettivo seguito dal giudice per arrivare alla decisione.

11.3. Ma il giudice, contrariamente a quanto sostiene l’appellante, non può limitarsi ad enunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione, perché questo è solo il contenuto finale della complessa dichiarazione motivazionale, dovendosi, al contrario, impegnare anche nella descrizione del processo cognitivo attraverso il quale è passato dalla situazione di iniziale dibattito sui fatti, alla situazione finale costituita dal giudizio, che rappresenta il necessario contenuto valutativo della motivazione stessa.

11.4. Il motivo dedotto dall’appellante si risolve dunque nell’addebito al primo giudice di aver eccessivamente motivato il proprio provvedimento.

11.5. La lettura della sentenza smentisce questo assunto posto che il giudice di primo grado non ha fatto altro che esporre in modo accurato il proprio ragionamento.

11.6. Con il proprio argomentare l’appellante non distingue, nell’uso comune che si fa del vocabolo “ragionamento”, tra:

a) il processo mentale attraverso cui si perviene ad una conclusione o decisione;

b) il discorso con il quale si argomenta o si giustifica (si danno ragioni a sostegno di) tale conclusione o decisione.

11.7. Nella sentenza per “ragionamento” si intende un discorso, e più precisamente una sequenza di enunciati, uno dei quali svolge la funzione di tesi o conclusione e i rimanenti svolgono la funzione di premesse, argomenti, o ragioni in favore di esso.

11.8. In questo caso, la sentenza altro non contiene se non l’enunciazione delle ragioni che giustificano in diritto la decisione assunta. Non può essere considerato intervento “ additivo ” del giudice il riferimento ad altra sentenza che ha sì, deciso un diverso caso, ma che è richiamata al fine di rafforzare gli argomenti a sostegno della decisione e non al fine di integrare la motivazione, di per sé già chiarissima, del provvedimento amministrativo impugnato.

12. Con il secondo motivo di gravame l’appellante ha dedotto in sintesi quanto segue.

12.1. La sentenza avrebbe violato l’art. 80, comma 5 lett. c), del d.lgs. 50/2016, allorché ha ritenuto legittima la sovrapposizione del giudizio amministrativo (della Stazione appaltante) sul grave illecito professionale con quello espresso (ad altri fini) dall’Autorità penale, facendo erroneamente coincidere la “ gravità astratta ” dei fatti integranti un reato con la “ gravità concreta ” dell’illecito professionale.

12.2. L’erroneità delle statuizioni del TAR sarebbe testimoniata dalla stessa sentenza della Corte di Giustizia resa nella causa C-41/18 richiamata dal primo Giudice (sentenza, pag. 7), che ha disposto come la Stazione appaltante deve essere libera di valutare qualsiasi illecito indipendentemente dal fatto che detto illecito sia stato o meno contestato in giudizio, ovvero dalla formazione di un giudicato sulla vicenda addebitata al concorrente. La Corte conferma, ai fini della causa escludente di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), la centralità dell’autonomo apprezzamento dell’Amministrazione rispetto al giudizio penale.

12.3. In definitiva, il giudice di prime cure avrebbe erroneamente fatto coincidere il giudizio di inaffidabilità professionale con le valutazioni espresse in sede penale.

13. Anche questo motivo è infondato.

13.1. Va intanto premesso che la giurisprudenza di questa Sezione è costante nell’affermare che nelle gare pubbliche il giudizio su gravi illeciti professionali è espressione di ampia discrezionalità da parte dell'Amministrazione, cui il legislatore ha voluto riconoscere un ampio margine di apprezzamento circa la sussistenza del requisito dell'affidabilità dell'appaltatore. Ne consegue che il sindacato che il giudice amministrativo è chiamato a compiere sulle motivazioni di tale apprezzamento deve essere mantenuto sul piano della “non pretestuosità” della valutazione degli elementi di fatto compiuta (Consiglio di Stato sez. V, 27 ottobre 2021, n. 7223).

13.2. Inoltre, per poter apprezzare in chiave escludente la condotta oggetto di procedimento penale occorre che l’amministrazione dia adeguato conto:

a) di aver effettuato una autonoma valutazione delle idonee fonti di prova;

b) di aver considerato le emergenti circostanze di fatto sotto il profilo della loro pertinenza e rilevanza in ordine all’apprezzamento di integrità morale e affidabilità professionale del concorrente (Consiglio di Stato, Sez. V, 17 settembre 2018, n. 5424).

Non occorre ai fini dell’adozione del provvedimento d’esclusione che il fatto sia accertato in sede penale con sentenza definitiva (Consiglio di Stato, Sez. V, 8 gennaio 2021, n. 307).

13.3. Si tratta di elementi tutti agevolmente riscontrabili nella motivazione del provvedimento impugnato che, dopo aver citato copiosa e pertinente giurisprudenza, ha dato ampiamente conto:

a) della gravità dei reati contestati dall’Autorità Giudiziaria, posti a base dell’ordinanza di custodia cautelare, emessa nell’ambito del procedimento iscritto al n° -OMISSIS- R.G.N.R. – n° -OMISSIS- R.G. dal G.I.P. del Tribunale di Torino, per i reati di cui all’art. 110, 81 cpv, e 321 c.p.;

b) del fatto che il “ grave accadimento, in ragione del carattere elastico, esemplificativo e non tassativo dell’elencazione di cui all’art. 80, comma 5, rientra sicuramente tra i gravi illeciti professionali, in quanto in grado di ledere l’affidabilità e l’integrità dell’operatore economico ed anche se non riguardante la medesima Amministrazione, risulta oggettivamente idoneo ed incidere sulla valutazione di lealtà professionale rimessa, per quanto esposto, all’apprezzamento discrezionale di questa Stazione Appaltante ”.

14. Con il terzo motivo di gravame l’appellante ha dedotto in sintesi quanto segue.

14.1. La finalità della causa escludente dell’illecito professionale è quella di preservare il vincolo fiduciario che, in quanto “soggettivo”, è suscettibile di comprendere anche ipotesi di illecito (anche di carattere penale) non tipizzate dall’art. 57 della Direttiva 24/2014 e dall’art. 80 del d.lgs. 50/2016. Ciononostante la finalità della norma non può estendere la portata della stessa (l’art. 80, comma 5 lett. c) oltre il suo tenore letterale, soprattutto se “illuminata” dalla norma euro-unitaria che recepisce.

14.2. La censura in primo grado si è attestata sull’illegittima esclusione per una condotta di cui all’art. 80, comma 5 lett. c), quindi riferibile all’operatore economico, mentre nella specie è stato ritenuto rilevante un fatto commesso da soggetto previsto dal comma 3, a mente del quale l’esclusione dell’operatore economico può intervenire solo allorché l’illecito commesso da un proprio rappresentante rientri in quelli elencati ai commi 1 e 2: il dato testuale del comma 3, espressamente riferito ai soli casi di “ esclusione di cui ai commi 1 e 2 ”, non consentirebbe di estendere la previsione alle cause di esclusione previste dai successivi commi 4 e 5 dell’art. 80, cui il comma 3 non fa alcun riferimento.

14.3. Identico confine soggettivo è individuato dall’art. 57 della Direttiva, rispettivamente ai paragrafi 1 e 4.

14.4. L’appellante richiama, a sostegno delle proprie ragioni, i principi espressi dalla Corte di Giustizia con riferimento alle cause obbligatorie di esclusione recepite dapprima dall’art. 38, comma 1 lett. c), del d.lgs. 163/2006 ed ora dall’art. 80, comma 1 del d.lgs. 50/2016 e delle ipotesi facoltative di esclusione, disciplinate dall’allora art. 38, comma 1, lett. f), del d.lgs. 163/2006 ed ora dall’art. 80, comma 5, del d.lgs. 50/2016 (CGUE, Sez. IV, 20 dicembre 2017, C-178/16, punti 35 e 36).

14.4. La Corte ha concluso che, a differenza delle cause obbligatorie di esclusione, per quelle facoltative la possibilità di imputare all’operatore economico le condotte di un suo amministratore è “condizionata” alle scelte operate dal singolo Stato membro: “ È quindi senz’altro possibile per gli Stati membri, nell’esercizio della loro competenza a stabilire le condizioni di applicazione delle cause facoltative di esclusione, prendere in considerazione, tra gli elementi rilevanti ai fini della valutazione dell’integrità dell’impresa offerente, l’eventuale esistenza di condotte degli amministratori di tale impresa contrarie alla moralità professionale ” (CGUE, Sez. IV, 20 dicembre 2017, C-178/16, punto 34).

14.5. Questa non è stata la scelta del legislatore italiano, che ha sì introdotto l’obbligo di informare la Stazione appaltante dei pregressi errori o illeciti professionali, ma non ha introdotto il meccanismo di imputazione all’operatore economico delle condotte dei propri amministratori che, viceversa, rilevano per le cause di cui ai commi 1 e 2.

14.6. Sarebbe dunque errata, perché smentita dalla lettera della normativa richiamata, la conclusione del TAR perché – quand’anche si volesse aderire ad una nozione di “operatore economico” e della fattispecie di illecito professionale intesa in senso “ampio e sostanziale” – quest’ultima non potrebbe superare (rectius: ampliare) il tenore testuale dell’art. 57, paragrafo 4, lett. c) della Direttiva 26 febbraio 2014 n. 2014/24/UE.

14.7. Inoltre, l’ampiezza della nozione di “ operatore economico ” – tale da imputare a quest’ultimo le condotte dei suoi soggetti apicali – secondo l’appellante non trova conforto neanche nella nozione “ampia” scolpita dal considerando n. 14 della direttiva 24/2014.

14.8. L’esatta portata della questione si comprende con riguardo alle Linee Guida n. 6 che hanno erroneamente operato l’estensione qui denunciata (ed impugnata in prime cure), ritenendo rilevanti ai fini dei gravi illeciti professionali i fatti commessi dai soggetti individuati dall’art. 80, comma 3 (Linee Guida ANAC n. 6).

14.9. Sotto altro profilo la sentenza gravata sarebbe errata perché affermare che “ qualora l’illecito professionale contestato concerna - come nella specie- un fatto di rilevanza penale, lo stesso non può fisiologicamente che essere riferito ad una persona fisica ” non rappresenta altro che l’enunciazione del principio della “personalità” della responsabilità penale che a ben vedere confermerebbe la tesi dell’appellante.

14.10. Il perimetro dell’illecito professionale enucleato dall’art. 80, comma 5, lett. c), riguarderebbe i fatti dell’operatore economico che subisca risoluzioni contrattuali, penali, annotazioni nel casellario informatico dell’ANAC, con totale irrilevanza delle condotte dei soggetti indicati nel comma 3.

14.11. Prosegue l’appellante concludendo nel senso che -OMISSIS- è del tutto estranea alle vicende ascritte al Volpe, poiché la vicenda penale riguarda (ed interessa) una diversa persona giuridica.

14.12. Vista la centralità di quanto sopra dedotto, ai fini dell’annullamento del provvedimento impugnato in primo grado, l’appellante chiede il rinvio ex art. 267 T.F.U.E. al fine di acquisire il parere della Corte di Giustizia UE sulla seguente questione: “ se, ai sensi degli artt. 57, par. 1 e 4 della Direttiva 26 febbraio 2014 n. 2014/24/UE e dell’art. 80, commi 1, 3 e 5 lett. c) del D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, i gravi illeciti professionali rilevanti ai fini dell’esclusione dalle gare siano solo quelli direttamente riferibili all’operatore economico che partecipa alla gara (ad es. le risoluzioni contrattuali, le penali, le annotazioni nel casellario informatico dell’ANAC) o anche quelli realizzati dalle persone indicate all’ art. 57, par. 1 della Direttiva 26 febbraio 2014 n. 2014/24/UE e all’art. 80, comma 3 D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 in quanto posti in essere da persone fisiche che agiscono in nome e per conto dell’operatore economico o esercitano funzioni di amministrazione e controllo dello stesso ”.

15. Anche questo motivo è infondato.

15.1. Tutta la ricostruzione operata dall’appellante non trova conforto nella giurisprudenza ormai consolidata.

15.2. Oggetto dell'obbligo dichiarativo in capo all’operatore economico è qualunque fatto riferibile a uno dei soggetti elencati all'art. 80, comma 3, d.lgs. n. 50/2016, relativo a condotte tenute nell'esecuzione di precedenti contratti di appalto, suscettibile di essere qualificato come “grave illecito professionale”, sì da permettere all'Amministrazione di valutare se il comportamento pregresso assuma la qualificazione oggettiva di comportamento in grado d'incrinare l'affidabilità e integrità dell'operatore nei rapporti con l'Amministrazione e di mettere il fatto così qualificato in relazione con il contratto oggetto dell'affidamento, così da poter declinare in termini relativi e concreti la nozione d'inaffidabilità e assenza d'integrità, ai fini della specifica procedura di gara interessata (cfr. Consiglio di Stato, Sezione V, 13 maggio 2021, n. 3772).

15.2. Spetta alla stazione appaltante apprezzare autonomamente le pregresse vicende professionali dell'operatore economico, persino se non abbiano dato luogo ad un provvedimento di condanna in sede penale o civile, perché essa sola può fissare il punto di rottura dell'affidamento nel pregresso o futuro contraente;
l'art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 rimette alla stazione appaltante il potere di apprezzamento delle condotte dell'operatore economico che possono integrare un grave illecito professionale, tale da metterne in dubbio la sua integrità o affidabilità anche oltre le ipotesi elencate nel medesimo articolo, le quali, dunque, hanno carattere meramente esemplificativo (Consiglio di Stato sez. V, 27 novembre 2020, n. 7471).

15.3. Afferma l’appellante, come si è avuto modo di riferire nell’esposizione della sintesi dell’articolata censura che “ la finalità della norma non può estendere la portata della stessa (l’art. 80, comma 5 lett. c) oltre il suo tenore letterale, soprattutto se “illuminata” dalla norma euro-unitaria che recepisce”.

15.4. L’appellante pone un problema di interpretazione dell’art. 80 comma 5, lett. c) chiamando in causa la giurisprudenza della Corte di giustizia (in particolare, CGUE, Sez. IV, 20 dicembre 2017, C-178/16) e il considerando n. 14 della direttiva 24/2014.

15.5. Ma si tratta di richiami che non giovano all’appellante perché l’art. 80 comma 5, lett. c) è agevolmente interpretabile dal giudice dello Stato membro senza alcun obbligo di far ricorso al rinvio pregiudiziale che, come noto, non è necessario quando la corretta applicazione del diritto eurounitario può imporsi con tale evidenza da non lasciar adito a nessun ragionevole dubbio sulla soluzione da dare alla questione.

15.6. L’art. 57 paragrafo 4 lett. c) della direttiva 26/02/2014, n. 2014/24/UE così dispone: “Le amministrazioni aggiudicatrici possono escludere, oppure gli Stati membri possono chiedere alle amministrazioni aggiudicatrici di escludere dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni:

(…) c) se l'amministrazione aggiudicatrice può dimostrare con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, il che rende dubbia la sua integrità;
(…)”.
Il Considerando 14 della medesima direttiva recita. “ È opportuno precisare che la nozione di «operatori economici» dovrebbe essere interpretata in senso ampio, in modo da comprendere qualunque persona e/o ente che offre sul mercato la realizzazione di lavori, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi, a prescindere dalla forma giuridica nel quadro della quale ha scelto di operare. Pertanto imprese, succursali, filiali, partenariati, società cooperative, società a responsabilità limitata, università pubbliche o private e altre forme di enti diverse dalle persone fisiche dovrebbero rientrare nella nozione di operatore economico, indipendentemente dal fatto che siano «persone giuridiche» o meno in ogni circostanza”.

15.7. L’appellante, nella sua articolata esposizione, afferma nella sostanza che il citato art. 57 della direttiva 24 e il suo Considerando 14 dovrebbero “illuminare” il giudice che sarebbe così vincolato al suo tenore testuale.

15.8. E’ naturale che il giudice sia vincolato al tenore testuale della disposizione da interpretare. Ma per come l’appellante ha esposto i propri argomenti, si dovrebbe concludere che costituisca unica forma paradigmatica di interpretazione letterale la mera riproduzione, la iterazione sine glossa , della disposizione interpretata, quasi che l’interprete dovesse identificare il significato del testo senza interpretazione.

15.9. Così non è, come noto, dato che in un primo senso, per “interpretazione letterale” può intendersi una interpretazione prima facie e, così intesa, essa si contrappone all’interpretazione “ tutto considerato ”. L’interpretazione prima facie, che in sostanza vorrebbe l’appellante, è frutto di comprensione irriflessa del significato, di intuizione linguistica, dipendente dalle competenze linguistiche e dalle aspettative dell’interprete. Per contro, l’interpretazione “ tutto considerato ” è frutto di problematizzazione del significato prima facie e di ulteriore riflessione.

15.10. E la riflessione sul significato da attribuire all’art. 80 comma 5 lett. c) del d.lgs. 50/2016 ha prodotto una copiosa giurisprudenza, già ampiamente riportata, da cui non vi è motivo di discostarsi e per cui non esiste alcun ragionevole dubbio sulla soluzione da dare alla questione.

16. Con il quarto motivo di gravame l’appellante ha dedotto in sintesi quanto segue.

16.1. L’indicazione delle Linee Guida si impone già alla luce dello stesso inciso – racchiuso nell’art. 80, comma 5, lett. c) – “ si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità ”, considerato che il rendersi “ colpevole ” implica un giudizio di piena responsabilità e colpevolezza che la semplice misura cautelare non racchiude affatto ma anzi esclude per definizione. E ciò perché i provvedimenti cautelari sono assunti senza contradditorio.

17. Il motivo è infondato alla luce delle considerazioni finora esposte, per cui il compimento di gravi illeciti professionali può essere desunto da qualsiasi vicenda pregressa nella quale il concorrente sia stato coinvolto, secondo l'apprezzamento discrezionale della stazione appaltante, sempre che si tratti di casi evidentemente incidenti sulla moralità e affidabilità dell'operatore economico rispetto ai quali sia configurabile un obbligo dichiarativo.

18. Con il quinto motivo di gravame l’appellante ha dedotto in sintesi quanto segue.

18.1. La sentenza impugnata meriterebbe riforma anche nella parte in cui il TAR ha privato di rilevanza le misure di dissociazione adottate dall’appellante concludendo per la loro inefficacia temporale.

18.2. Grazie alle misure di self cleaning tempestivamente adottate l’appellante avrebbe garantito il continuo possesso del requisito di affidabilità professionale. Difatti, l’ordinanza di custodia cautelare è stata applicata il 27 aprile 2020 e, appresi i fatti, il Consiglio di Amministrazione lo stesso giorno si è convocato d’urgenza per esprimere la propria dissociazione e deliberare tutte le necessarie misure di self cleaning implementate nei giorni a seguire.

18.3. In particolare, in data 27 e 29 aprile 2020 il CdA ha deliberato la dissociazione dalla condotta del socio, la rimozione dello stesso da tutte le cariche sociali (in tale senso, sono state accolte le sue dimissioni volontarie) nonché l’avvio di un’azione di responsabilità per il risarcimento del danno ex art. 2043 c.c., preceduta da una diffida inviata al socio con cui gli è stata preannunciata l’imminente azione diffidandolo dal mantenere qualsiasi comportamento atto a cagionare, direttamente o indirettamente, ulteriore danno alla società. Il 30 aprile 2020 -OMISSIS- ha rinunciato alla rappresentanza comune della comunione pro-indiviso. Circostanza che, unitamente alla dissociazione già espressa dalla società, segnava la radicale cesura e il radicale mutamento dell’organizzazione gestionale della società rispetto al momento in cui i fatti in oggetto sono stati asseritamente commessi. Il 15 maggio 2020 -OMISSIS- ha notificato un atto di citazione al -OMISSIS- dinanzi al Tribunale civile di Bari, volto a incardinare il giudizio teso ad ottenere il risarcimento dei danni subiti dalla società.

18.4. Tutte le iniziative intraprese sono state tempestivamente assunte da -OMISSIS-. e riferite alla Provincia che le avrebbe del tutto trascurate.

19. Il motivo è infondato per giurisprudenza costante di questa Sezione.

19.1. Difatti, risponde a logica, prima che a norme, che le misure di self-cleaning abbiano effetto pro futuro , ovvero per la partecipazione a gare successive all’adozione delle misure stesse. È infatti inimmaginabile un loro effetto retroattivo. Solo dopo l’adozione delle misure di self-cleaning la stazione appaltante può dunque essere stimata al riparo dalla ripetizione di pratiche scorrette ad opera degli stessi organi sociali ( ex multis , Consiglio di Stato, Sez. V, 6 aprile 2020, n. 2260).

20. Per tutto quanto sopra detto, il Collegio ritiene che l'appello debba essere respinto, con conseguente conferma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) n. -OMISSIS-. L’infondatezza alla stregua delle osservazioni svolte, cui consegue la conferma della sentenza impugnata e la legittimità degli atti impugnati, esclude la stessa ammissibilità della domanda risarcitoria riproposta in sede di appello. Ugualmente infondata è la domanda di indennizzo proposta in subordine (memoria depositata il 5 febbraio 2022) in quanto:

a) in casi come quello esaminato la revoca assume quella particolare connotazione di revoca – sanzione, poiché la caducazione degli effetti del provvedimento è giustificata da condotte scorrette del privato beneficiario di precedente provvedimento favorevole dell’amministrazione;

b) la particolarità di tale revoca consiste nel fatto che l’amministrazione non è tenuta a soppesare l’affidamento maturato dal privato sul provvedimento a sé favorevole e, d’altra parte, non ricorrono pregiudizi imputabili all’amministrazione e ristorabili mediante indennizzo poiché ogni conseguenza, ivi comprese eventuali perdite economiche, è imputabile esclusivamente alla condotta del privato non dando luogo a responsabilità dell’amministrazione, neppure da atto lecito (Consiglio di Stato sez. V, 11 gennaio 2018, n. 120).

21. Le spese del grado di giudizio seguono la soccombenza nei confronti della Provincia di Foggia e di -OMISSIS- e vengono liquidate in dispositivo. Possono essere compensate nei confronti dell’ANAC in quanto le Linee Guida n. 6, approvate con deliberazione del Consiglio dell’Autorità n. 1293 del 16 novembre 2016, da ultimo aggiornate con deliberazione n. 1008 dell’11 ottobre 2017 sono state impugnate per quanto di interesse e “ ove occorra ”. La ridotta attività difensiva che è conseguita da tale impugnazione fa ritenere sussistenti i motivi per disporre la compensazione.

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