Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2018-01-11, n. 201800120

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2018-01-11, n. 201800120
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201800120
Data del deposito : 11 gennaio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/01/2018

N. 00120/2018REG.PROV.COLL.

N. 01964/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 1964 del 2017, proposto da:
A s.r.l. a socio unico, in proprio e quale capogruppo del Raggruppamento temporaneo di imprese con CNS - Consorzio Nazionale Servizi soc. coop., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato S S D, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza San Lorenzo in Lucina, n. 26;

contro

Comune di Pavia, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato G F F, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via di Ripetta, n. 142;

nei confronti di

CPL Concordia soc. coop., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Giulia Gasparini, Michele Lombardo e Cecilia Martelli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Cecilia Martelli in Roma, piazza Borghese, n. 3;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE IV n. 00214/2017, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Pavia e di CPL Concordia soc. coop.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 novembre 2017 il Cons. F D M e uditi per le parti gli avvocati Sticchi Damiani, Papponetti su delega di Ferrari, e Martelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con determinazione dirigenziale n. 649/2016 il Comune di Pavia indiceva una procedura di evidenza pubblica per l’affidamento della fornitura del servizio di energia elettrica ai sensi dell’Allegato II del d.lgs. 30 maggio 2008, n. 115, e per l’esecuzione degli interventi di ammodernamento tecnologico, mediante “Finanziamento Tramite Terzi (FTT)”, degli impianti di proprietà o nella sua disponibilità.

2. La procedura si concludeva con l’aggiudicazione a favore della società A2E servizi s.r.l., collocatasi al primo posto della graduatoria, società partecipata da A.S.M. Pavia s.p.a. per il 35% a sua volta partecipata per il 95% dalla stesso Comune di Pavia. Al secondo posto della graduatoria si collocava la A s.r.l. a socio unico, quale capogruppo del Raggruppamento temporaneo di imprese costituito con CNS Consorzio nazionale servizi soc. coop.;
infine, al terzo posto si collocava CPL Concordia Group.

3. L’A s.r.l. impugnava innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia il provvedimento di aggiudicazione alla A2E servizi s.r.l., sostenendo che l’aggiudicataria sarebbe dovuta essere esclusa dalla procedura per aver prodotto referenze bancarie inidonee e non conformi al disciplinare di gara.

3.1. La controversia si concludeva con la sentenza 14 aprile 2015, n. 934, con la quale il ricorso di A s.r.l. era accolto e, per gli effetti, annullata l’aggiudicazione per l’inidoneità di A2E ad eseguire le prestazioni oggetto dell’appalto, data la mancanza dei requisiti economico – finanziari e tecnico – professionali.

3.2. La A2E servizi s.r.l. appellava tale sentenza, mentre il Comune di Pavia, acquiescente alla sentenza di primo grado, ne dava esecuzione con la determinazione dirigenziale n. 204/2015 di esclusione della A2E servizi s.r.l. dalla procedura e aggiudicazione definitiva dell’appalto al Raggruppamento temporaneo con capogruppo A s.r.l..

4. Il 24 agosto 2015 le due società, parti del giudizio dinanzi al Consiglio di Stato, stipulavano una scrittura privata con la quale, da una parte, la A2E servizi s.r.l. si impegnava a rinunciare all’appello proposto e a non intraprendere alcuna ulteriore iniziativa rivolta alla contestazione della procedura di gara e, dall’altra, A s.r.l. si impegnava ad affidare alla A2E una serie di attività coincidenti con quelle oggetto del contratto di appalto che avrebbe stipulato con il Comune di Pavia. Le parti stabilivano anche un corrispettivo per l’esecuzione di dette ultime prestazioni. Il giudizio di appello si concludeva, pertanto, con la sentenza 20 gennaio 2016, n. 180 che dichiarava l’estinzione per rinuncia.

4.1. E’ da aggiungere che la scrittura privata conteneva una clausola di riservatezza, per cui dell’accordo non era notiziata l’Amministrazione comunale, la quale, in vista dell’imminente avvio dell’anno termico 2015 – 2016, ed in attesa della stipulazione del contratto di appalto, il 1 ottobre 2015, consegnava ad A s.r.l. il servizio in via di urgenza ex art. 11, comma 9, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163;
la società prendeva in carico tutti gli impianti e si obbligava a dare esecuzione alle prestazioni individuate in sede di offerta e di capitolato d’appalto.

4.2. Accadeva, però, che il Comune di Pavia, esaminando i verbali del Consiglio di amministrazione della ASM Pavia s.p.a., sua partecipata - che, come detto, partecipa al capitale di A2E - veniva a conoscenza della scrittura privata intercorsa tra le due società e che ASM Pavia s.p.a., gestore uscente del servizio, aveva conferito il relativo ramo di azienda alla A2E servizi s.r.l.. Il dirigente del settore lavori pubblici richiedeva alla ASM Pavia s.p.a. di esibire la scrittura privata.

5. Esaminata la scrittura privata, l’Amministrazione comunale riteneva che essa integrasse una grave violazione degli obblighi professionali in capo all’aggiudicataria del contratto e di conseguenza: segnalava la vicenda alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pavia;
trasmetteva all’ANAC tutta la documentazione relativa alla procedura;
dava avvio al procedimento di revoca dell’aggiudicazione ad A s.r.l..

5.1. Detto procedimento, al quale partecipava anche A s.r.l. mediante la presentazione di proprie memorie, si concludeva con la determinazione dirigenziale 10 maggio 2016 n. 130/07, con la quale l’Amministrazione, ai sensi dell’art. 136 e ss. d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, revocava l’aggiudicazione definitiva dell’appalto a favore della A s.r.l. e la consegna anticipata del servizio, avendo riscontrato una grave irregolarità;
avviava la procedura di cui all’art. 140 d.lgs. cit. al fine di individuare il nuovo gestore del servizio calore, e dava atto dell’avvio del procedimento di cui all’art. 138 d.lgs. cit. al fine di consentire la liquidazione e il pagamento delle somme dovute in relazione alle prestazioni già eseguite.

6. Nei confronti del suddetto provvedimento era proposto ricorso da A s.r.l. al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, lamentando: a) che il Comune non avrebbe potuto adottare il provvedimento di risoluzione del contratto previsto dall’art. 136 cit., in quanto alcun contratto era mai stato stipulato, essendo avvenuta solamente la consegna urgente dei lavori;
b) la scrittura privata intervenuta tra le due società doveva essere qualificata come “impegno preliminare” cui sarebbero dovuti seguire i singoli contratti di subappalto, i quali sarebbero stati conclusi entro i limiti di affidamento delle prestazioni in subappalto posti dalla legge;
al momento dell’adozione del provvedimento di risoluzione, quindi, non era stata perpetrata alcuna grave irregolarità;
c) la violazione delle disposizioni del codice dei contratti pubblici quanto agli atti adottati successivamente alla revoca dell’aggiudicazione.

Con successivi motivi aggiunti era impugnato il provvedimento di aggiudicazione definitiva a CPL Concordia (determinazione dirigenziale 1 giugno 2016, prot. 152/07) per illegittimità derivata dai vizi del provvedimento di revoca impugnato in via principale.

7. Nel giudizio di primo grado si costituivano il Comune di Pavia e CPL Concordia che concludevano per il rigetto delle domande spiegate.

8. Con sentenza 27 gennaio 2017, n. 214, il Tribunale amministrativo, sez. IV, respingeva il ricorso proposto e i motivi aggiunti, riscontrando la legittimità dei provvedimenti adottati dal Comune di Pavia, con conseguente condanna della ricorrente a rifondere le spese di lite ad entrambe le parti del giudizio.

9. Nei confronti della sentenza di primo grado è stato proposto appello da A s.r.l., in proprio e quale capogruppo del Raggruppamento temporaneo di imprese con CNS Consorzio nazionale servizi soc. coop.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Pavia e CPL Concordia soc. coop.

Le parti hanno presentato memorie in vista dell’udienza nonché memorie di replica;
all’udienza del 23 novembre 2017, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il Comune di Pavia ha riproposto in sede di appello l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio per carenza di interesse, eccezione già sollevata in primo grado e non esaminata dal Tribunale nella sentenza impugnata. Da essa occorre partire per la sua idoneità, ove accolta, a definire il giudizio con sentenza di rito.

1.1. Sostiene il Comune che A s.r.l. non ha impugnato nei termini di legge la determinazione dirigenziale 1 giugno 2016 n. 152/07, con la quale il servizio era aggiudicato in via definitiva a CPL Concordia. Di tale aggiudicazione, secondo l’amministrazione appellata, la società aveva avuto conoscenza sin dalla nota del 1 giugno 2016, con la quale era stata convocata per il passaggio delle consegne e la restituzione delle chiavi di tutti gli impianti: A s.r.l. avrebbe dovuto impugnare l’aggiudicazione definitiva a CPL Concordia entro il 1 luglio 2016, laddove, invece, il ricorso per motivi aggiunti è stato notificato solamente il 2 settembre 2016.

1.2. L’eccezione è infondata.

Invero nella indicata comunicazione del 1 giugno 2016 prot. 206/16, presente in atti, non è fatto alcun esplicito riferimento al provvedimento di aggiudicazione a favore di CPL Concordia (n. 152/07), in quanto il Comune si limita a riferire di aver proceduto, successivamente alla revoca dell’aggiudicazione, ad effettuare l’interpello di cui all’art. 140 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, dei partecipanti all’originaria procedura di gara e di aver avuto disponibilità da parte di CPL Concordia a subentrare nel contratto immediatamente e alle medesime condizioni economiche e tecniche proposte dalla precedente aggiudicataria. Non può, dunque, pretendersi la conoscenza di un provvedimento (l’aggiudicazione definitiva a CPL Concordia) del quale non è fatto alcun cenno.

Neppure è possibile ritenere, come sostiene il Comune, che dal riferimento alla necessità di riconsegna degli impianti A s.r.l. avrebbe potuto rappresentarsi l’avvenuta aggiudicazione a terzi, posto che la riconsegna degli impianti, era giustificata dalla revoca dell’aggiudicazione (e con essa dall’interruzione dell’anticipata esecuzione del servizio) e nulla lasciava suppore in ordine all’affidamento ad altra impresa del servizio.

1.3. L’impugnazione proposta da A s.r.l. nei confronti del provvedimento di aggiudicazione definitiva a CPL Concordia, effettuata con motivi aggiunti notificati il 2 settembre 2016, è pertanto da ritenersi tempestiva rispetto al giorno in cui la società ne ha avuto conoscenza (il 5 luglio 2016, data di deposito dei documenti in giudizio da parte del Comune, tra i quali vi era proprio il provvedimento di aggiudicazione a CPL Concordia).

2. Può pertanto procedersi all’esame dei motivi di appello.

Ragioni di pregiudizialità logica impongono di invertire l’ordine di esame dei motivi di appello dando priorità al secondo motivo, con il quale l’appellante ripropone la contestazione, già sollevata in primo grado, secondo cui l’Amministrazione avrebbe esercitato il potere di risoluzione fuori dall’ambito previsto dalle disposizioni del codice dei contratti pubblici;
il suo accoglimento porterebbe all’annullamento del provvedimento a prescindere dalle ragioni a fondamento dello stesso (oggetto di censura nel primo motivo di appello).

3. In particolare con il secondo motivo di appello A s.r.l. censura la sentenza di primo grado per aver respinto il primo motivo del ricorso originario, con il quale si assumeva l’illegittimità del provvedimento impugnato per violazione degli artt. 136, 130 e 140 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, nonché per violazione degli artt. 21 quinquies e 21 nonies l. 7 agosto 1990, n. 241 e dei principi in materia di autotutela e di legittimo affidamento, oltre che per eccesso di potere nelle figure del difetto di motivazione, contraddittorietà e erronea presupposizione in diritto.

3.1. La ricorrente, dopo aver esposto che nel provvedimento impugnato erano indicati come presupposti giuridici gli artt. 136, 138 e 140 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, ossia le disposizioni del codice dei contratti pubblici che disciplinano la risoluzione del contratto di appalto, ha sostenuto la mancanza del fondamento giustificativo del potere esercitato dall’Amministrazione comunale: il potere di risoluzione del contratto può essere esercitato solo in presenza di un “contratto di appalto” che nel caso in esame non era stato stipulato in quanto, a seguito dell’aggiudicazione, era stata solo disposta la consegna anticipata in via di urgenza del servizio nelle more della stipula del contratto. In definitiva, secondo l’appellante, l’amministrazione aveva applicato le disposizioni in materia di risoluzione contrattuale ad una fattispecie in cui non vi era alcun contratto, esercitando, così, in maniera illegittima il potere di risoluzione.

3.2. Il Tribunale amministrativo, esaminando tale motivo di ricorso (peraltro congiuntamente al primo motivo di ricorso), ha sostenuto che: “ La circostanza che la determinazione dirigenziale impugnata contenga riferimenti normativi non sempre pertinenti (come quello all’art. 136 del d.lgs. 163/2006 o all’art. 118 dello stesso decreto sul divieto di cessione del contratto d’appalto pubblico) è irrilevante, costituendo semmai una mera irregolarità, posto che la qualificazione giuridica del provvedimento impugnato spetta solo al giudice adito e l’eventuale richiamo erroneo ad articoli di legge non inficia di per sé il provvedimento, qualora sussistano tutti i presupposti di legge per la sua adozione e la motivazione sia completa ed esaustiva (cfr. TAR Campania, Napoli, sez. I, 11.7.2012, n. 3350). ”.

3.3. Lamenta l’appellante che il Tribunale, pur avendo riconosciuto la non pertinenza dei riferimenti giuridici utilizzati dal Comune, non ne abbia fatto discendere effetti caducatori del provvedimento impugnato, dequotando il vizio sollevato a mera irregolarità, del tutto irrilevante ai fini della legittimità;
inoltre il Tribunale non avrebbe fornito alcuna qualificazione alternativa del provvedimento e ciò per la ragione che altro fondamento normativo non sussisterebbe: il provvedimento non era infatti qualificabile come annullamento d’ufficio ex art. 21 nonies l. 7 agosto 1990, n. 241, stante la mancanza di qualsivoglia motivata valutazione sull’interesse pubblico attuale e idoneo a fondare la rimozione dell’atto, né come revoca ex art. 21 quinquies l. 241 cit. , che postula la piena legittimità delle condotte precedenti e l’esistenza di ragioni di mera opportunità.

4. Il motivo è infondato.

4.1. E’ compito del giudice qualificare il provvedimento amministrativo impugnato nell’esercizio dell’attività di interpretazione degli atti amministrativi, da condurre secondo i criteri di cui agli artt. 1362 e ss. c.c.;
la giurisprudenza ha da tempo chiarito che a tal fine carattere preminente assume il criterio letterale, ma, specie in caso di dubbio, il giudice è tenuto a risalire all’effettiva volontà dell’amministrazione, eventualmente anche prescindendo dai riferimenti normativi in esso contenuti e tenendo, invece, conto del contenuto complessivo dell’atto e del comportamento successivo (così Cons. Stato, sez. V, 9 ottobre 2015, n. 4684;
sez. IV, 19 marzo 2015, n. 1515;
sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6237).

4.1.1. Il provvedimento impugnato dà adito a dubbi interpretativi poiché il Comune richiama (in motivazione, così come nella parte dispositiva) l’art. 136 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, e così il potere di risoluzione del contratto per grave inadempimento, grave irregolarità e grave ritardo (così in rubrica), il quale all’evidenza presuppone l’esistenza di un contratto di appalto, nel caso di specie mai stipulato, e, dall’altro, nella parte dispositiva, dichiara di “ revocare … per le motivazioni esposte in premessa che qui si intendono integralmente richiamate l’aggiudicazione definitiva dell’appalto… ”.

Ritiene la Sezione che l’amministrazione abbia inteso incidere sulla precedente aggiudicazione a favore di A s.r.l., privandola di effetti, così adottando un provvedimento di revoca ai sensi dell’art. 21 quinquies l. 7 agosto 1990, n. 241.

4.1.2. Ciò per le seguenti ragioni.

Con la determinazione n. 204/2015 il Comune di Pavia ha aggiudicato il contratto di appalto alla A s.r.l. e successivamente con verbale 1 ottobre 2015 disposto la consegna anticipata del servizio.

La consegna anticipata del servizio per ragioni di urgenza è prevista dall’art. 11, comma 9, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, ratione temporis applicabile;
interviene nella fase tra l’aggiudicazione definitiva e la stipulazione del contratto e si sostanzia nella consegna dei lavori (o del servizio) di cui è dato atto in apposito verbale ai sensi degli artt. 153 e ss. d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207. Avvenuta la consegna dei lavori, l’aggiudicataria è tenuta ad eseguire le prestazioni in offerta (sugli effetti della consegna anticipata dei lavori, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 6 giugno 2012, n. 3320).

Nulla esclude che nell’esecuzione di dette prestazioni, l’aggiudicataria incorra in un inadempimento imputabile.

Nella vicenda in esame tuttavia il Comune di Pavia non ha contestato ad A s.r.l. inadempienze nell’esecuzione della prestazione, quanto di aver tenuto un comportamento scorretto nella fase antecedente alla stessa consegna anticipata del servizio;
comportamento, come si avrà modo di precisare nel prosieguo, costituito dalla stipulazione dell’accordo transattivo con A2E servizi s.r.l., finalizzato, secondo la stazione appaltante, ad affidare in subappalto in violazione di legge tutte le prestazioni oggetto del contratto. La stipulazione del contratto transattivo, del resto, è avvenuta il 24 agosto 2015, mentre la consegna anticipata si è avuta solo il 1 ottobre 2015.

Di conseguenza non vi è contratto, non vi è contestazione di inadempimento contrattuale, e, per questo, non v’è stato esercizio del potere di risoluzione;
vi è stata invece revoca dell’aggiudicazione ad A s.r.l. (rispetto alla quale a nulla rileva la circostanza della consegna anticipata dei lavori).

4.1.3. L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza 20 giugno 2014, n. 14, ha chiarito che i poteri della pubblica amministrazione di incidere sugli atti pregressi divergono a seconda della fase della procedura di evidenza pubblica in cui sono esercitati. Si è così precisato che: “ Resta perciò impregiudicata, nell’inerenza all’azione della pubblica amministrazione dei poteri di autotutela previsti dalla legge, la possibilità: a) della revoca nella fase procedimentale della scelta del contraente fino alla stipulazione del contratto;
b) dell’annullamento d’ufficio dell’aggiudicazione definitiva anche dopo la stipulazione del contratto, ai sensi dell’art. 1, comma 136, l. n. 311 del 2004, nonché concordemente riconosciuta in giurisprudenza, con la caducazione automatica degli effetti negoziali del contratto per la stretta consequenzialità funzionale tra l’aggiudicazione della gara e la stipulazione dello stesso
.” (principio ribadito da Cons. Stato, sez. III, 29 novembre 2016, n. 5026). Ciò conformemente alla previsione dell’art. 11, comma 9, d.lgs. 163 cit. che fa salvo “l’esercizio dei poteri di autotutela nei casi consentiti dalle norme vigenti”.

Il Comune di Pavia, non essendo intervenuta ancora la stipulazione del contratto, ha correttamente esercitato il potere di revoca dell’aggiudicazione di cui all’art. 21 quinquies l. 7 agosto 1990, n. 241.

È corretta pertanto la decisione del Tribunale che, affrontando la questione di giurisdizione sollevata dal Comune in via di eccezione (e, non più esaminabile in questa sede, non essendo stata oggetto di specifica impugnazione), ha affermato che: “ Nel caso di specie, del resto, attraverso il provvedimento impugnato, il Comune di Pavia ha espressamente dichiarato di disporre la “Revoca dell’aggiudicazione” (al di là del non preciso riferimento normativo all’art. 136 del D.Lgs. 163/2006, comunque non vincolante per l’interprete) a fronte non tanto dell’inadempimento di specifici obblighi contrattuali quanto piuttosto dell’avvenuto accertamento della circostanza che l’operatore aggiudicatario A Srl non avrebbe mai eseguito l’appalto, che sarebbe invece stato eseguito da altra impresa – vale a dire A2E Servizi Srl – già ritenuta dal TAR Lombardia priva dei requisiti necessari per l’aggiudicazione ”. La statuizione, peraltro, non è stata oggetto di specifica contestazione da parte dell’appellante nel proprio atto di appello (ed è conforme a Cass. civ., Sez. Un., 4 luglio 2017, n. 16418).

5. Nel motivo di appello in esame – come detto - l’appellante prospetta la qualificazione del provvedimento impugnato come revoca dell’aggiudicazione e aggiunge che, così qualificato, il provvedimento sarebbe illegittimo in quanto il Comune ha fondato la sua decisione su asserite violazioni di legge (precisamente, la violazione dell’art. 118 d.lgs. 163 cit. sui limiti al subappalto), laddove, invece, si ammette la revoca solo in caso di piena legittimità delle condotte precedenti e per ragioni di mera opportunità.

5.1. Le considerazioni non colgono nel segno. Esse pongono la questione della legittimità della revoca dell’aggiudicazione disposta per comportamenti scorretti dell’aggiudicatario successivi all’adozione dell’aggiudicazione definitiva (e, precedenti, come ormai chiaro, la stipulazione del contratto).

L’art. 21 quinquies l. 7 agosto 1990, n. 241, prevede che “ Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento, o, salvo che per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell’organo che lo ha emanato ”.

In materia di appalti pubblici le ragioni in grado di supportare la revoca legittima dell’aggiudicazione sono state variamente individuati e tre sono, specialmente, le fattispecie ricorrenti: a) revoca per sopravvenuta non corrispondenza dell’appalto alle esigenze dell’amministrazione;
b) revoca per sopravvenuta indisponibilità di risorse finanziarie ovvero per sopravvenuta non convenienza economica dell’appalto (fra le tante, Cons. Stato, sez. V, 21 aprile 2016, n. 1599, Sez. III, 29 luglio 2015, n. 3748);
c) revoca per inidoneità della prestazione descritta nella lex specialis a soddisfare le esigenze contrattuali che hanno determinato l'avvio della procedura (sulla quale, ampiamente, Cons. Stato, sez. III, 29 novembre 2016, n. 5026).

Ritiene la Sezione che tra i “sopravvenuti motivi di pubblico interesse” ben possono rientrare anche comportamenti scorretti dell’aggiudicatario che si siano manifestati successivamente all’aggiudicazione definitiva (fattispecie, del resto, già conosciuta in giurisprudenza, cfr. Cons. Stato, sez. V, 12 giugno 2017, n. 2804 avente ad oggetto il mancato assolvimento agli obblighi contributivi emerso successivamente all’aggiudicazione;
Cons. Stato, sez. V, 11 luglio 2016, n. 3054, ove la revoca era giustificata dal rifiuto dell’aggiudicatario di stipulare il contratto prima che fossero modificate talune clausole contenute nel capitolato di gara;
Cons. Stato, sez. IV, 20 gennaio 2015, n. 143, revoca giustificata per violazione delle clausole dei Protocolli di legalità;
e TAR Liguria, sez. II, 27 gennaio 2017, n. 55).

In detti casi la revoca assume quella particolare connotazione di revoca – sanzione, poiché la caducazione degli effetti del provvedimento è giustificata da condotte scorrette del privato beneficiario di precedente provvedimento favorevole dell’amministrazione;
tuttavia si tratta pur sempre di “motivi di pubblico interesse”, successivi al provvedimento favorevole (o successivamente conosciuti dalla stazione appaltante, e per questo “sopravvenuti”) che giustificano la revoca.

La particolarità di tale revoca consiste nel fatto che l’amministrazione non è tenuta a soppesare l’affidamento maturato dal privato sul provvedimento a sé favorevole e, d’altra parte, non ricorrono pregiudizi imputabili all’amministrazione e ristorabili mediante indennizzo poiché ogni conseguenza, ivi comprese eventuali perdite economiche, è imputabile esclusivamente alla condotta del privato (non dando luogo a responsabilità dell’amministrazione, neppure da atto lecito).

Nel caso in esame, ben poteva l’amministrazione ritenere (si vedrà poi se fondatamente) che il pubblico interesse alla scelta del contraente migliore, inteso come il contraente che dà maggiore sicurezza di diligente esecuzione delle prestazioni contrattuali, sotteso alle procedura di affidamento svolta, fosse pregiudicato dalla condotta dell’impresa che, ottenuta l’aggiudicazione, si sia accordata per affidare a terzi l’esecuzione degli impegni in futuro assunti con il contratto di appalto al di fuori dei limiti posti dalla legge.

Quanto agli effetti in concreto derivati da tale qualificazione, essi saranno esaminati successivamente.

6. Qualificata la determinazione dirigenziale 10 maggio 2016 n. 130/07 quale provvedimento di revoca ex art. 21 quinquies l. 7 agosto 1990, n. 241, se ne deve valutare la legittimità alla luce della motivazione a fondamento della decisione: tale questione è oggetto del primo motivo di appello proposto da Anatas s.r.l. che va ora esaminato.

7. Con il primo motivo di appello, come detto, A s.r.l. censura la sentenza di primo grado per aver ritenuto sussistenti i presupposti “per la risoluzione dell’aggiudicazione” (che si è visto essere, in realtà, una revoca dell’aggiudicazione): la sentenza sarebbe viziata per travisamento dei fatti, carenza ed erroneità della motivazione, contraddittorietà e illogicità.

7.1. Prima di esporre i motivi di doglianza dell’appellante, è necessario riportare i contenuti della scrittura privata intercorsa tra A s.r.l. e A2E servizi s.r.l., che costituisce la ragione a fondamento della revoca dell’aggiudicazione disposta dal Comune di Pavia.

7.1.1. Le parti, dopo aver ricapitolato le pregresse vicende (la partecipazione alla procedura di evidenza pubblica indetta dal Comune di Pavia, il ricorso proposto da A s.r.l. all’esito del quale era stata annullata l’aggiudicazione a favore di A2E servizi s.r.l., l’appello al Consiglio di Stato di quest’ultima e, infine, la scelta del Comune di dare esecuzione alla sentenza di primo grado aggiudicando l’appalto ad A s.r.l.), dichiaravano (lett. f) della scrittura) la loro “ volontà di definire la controversia nei limiti di seguito descritti e ferma ogni inderogabile disposizione di legge, contestuale desistenza di A2E Servizi s.r.l. dal contenzioso RG 5889/2015 pendente avanti al Consiglio di Stato e ciò a fronte dell’instaurazione della collaborazione commerciale nei termini di cui al seguito e in via di compenso transattivo per la rinunzia al ricorso e alle pretese ad esso inerenti e/o comunque conseguenti ”.

Di seguito erano definiti i termini della collaborazione commerciale che prevedevano, in particolare: a) la rinuncia all’appello da parte di A2E servizi s.r.l. (con impegno a non intraprendere alcuna ulteriore iniziativa volta a contestare la procedura di gara e rinuncia ad esercitare ogni diritto inerente la partecipazione alla gara);
b) l’impegno di A s.r.l. di affidare a A2E servizi: - la fornitura di combustibile necessario per l’esecuzione dell’appalto;
- l’esecuzione delle attività operative come previste nel capitolato speciale d’appalto e dall’offerta presentata da A s.r.l;
- la realizzazione delle opere di efficientamento energetico previste dall’offerta di A s.r.l. (con la precisazione che i relativi investimenti sarebbero state riconosciuti a A2E servizi s.r.l. in quote di ammortamento annuali per la durata dell’appalto);
c) i costi di direzione tecnica a carico di A2E servizi s.r.l. e d) il diritto di A2E servizi s.r.l. ad un corrispettivo pari all’88,00% di quello spettante ad A s.r.l. in forza del contratto stipulato con il Comune.

La scrittura privata si concludeva con precisazione del seguente tenore: “ Si rimanda a successivi specifici contratti in ottemperanza alla normativa vigente per attuare quanto concordato nella presente scrittura. Saranno stipulati singoli contratti per ogni componente del RTI di cui A è capogruppo ”.

7.1.2. Nella revoca dell’aggiudicazione il Comune di Pavia ha ritenuto che con il descritto contratto A s.r.l. abbia operato una vera e propria cessione di contratto vietata dalla legge (ai sensi dell’art. 118, comma 1, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), o, comunque, un subappalto oltre i limiti di legge, allo scopo di affidare integralmente l’appalto proprio a quell’impresa, A2E servizi s.r.l. che era stata ritenuta carente dei requisiti economico – finanziari dal giudice amministrativo. La condotta di A s.r.l. era dunque giudicata gravemente irregolare poiché lesiva del pubblico interesse, con conseguente necessità di eliminare l’aggiudicazione operata a sua favore.

7.2. Il Tribunale amministrativo, sollecitato dal motivo di ricorso proposto dalla ricorrente, ha condiviso le valutazioni dell’Amministrazione: la scrittura privata rileva in maniera inequivoca che A s.r.l. non intende in realtà svolgere il servizio affidato, che, invece, sarà svolto di fatto dalla A2E servizi s.r.l.. La scrittura privata, infatti, è un contratto, la cui qualificazione come preliminare o definitivo è del tutto irrilevante, poiché quel che rileva è che tutte le attività che A s.r.l. si “impegna ad affidare” coincidono sostanzialmente con l’oggetto dell’appalto e per la loro esecuzione è previsto un corrispettivo pari all’88% del prezzo dell’appalto, ovvero quasi coincidente con la sua totalità. In conclusione, a parere del giudice, la scrittura privata finisce per “ snaturare completamente lo schema tipico del contratto d’appalto pubblico, consentendo all’aggiudicatario di non eseguire il contratto, affidandone invece l’esecuzione ad altra impresa, che nel caso di specie è stata addirittura ritenuta dal TAR – con sentenza passata in giudicato – priva dei requisiti per l’aggiudicazione dell’appalto stesso ”.

7.3. La società appellante critica la decisione di primo grado per aver trascurato l’esatta qualificazione della scrittura privata;
a suo dire si tratterebbe di un contratto preliminare che rimanda a successivi contratti la definizione degli impegni reciproci dei contraenti. Più esattamente, si tratterebbe, secondo quanto è dato intendere dalla prospettazione della parte, di un preliminare di subappalto, cui sarebbero seguiti contratti definitivi nella conclusione dei quali sarebbe stato rispettato il limite di legge del 30% delle prestazioni subappaltabili nonché l’obbligo di preventiva comunicazione e sottoposizione alla stazione appaltante per la prescritta autorizzazione. Militerebbero nel senso della natura preliminare, il tenore letterale delle clausole (in particolare delle clausole di salvaguardia relative alla necessaria conformità alla legge dei successivi contratti attuativi), il contegno tenuto dalle parti successivamente alla stipulazione e, specialmente, la circostanza che tutte le prestazioni richieste dalla stazione appaltante in seguito alla consegna anticipata sono state svolte da A s.r.l. con proprio personale, nonché la bozza di accordo intervenuta tra A s.r.l. e ASM Pavia, gestore uscente, e le rappresentanze sindacali, in forza del quale la prima dichiarava la sua volontà di assumere le cinque unità di personale del precedente gestore.

Sempre secondo l’appellante, avrebbe errato il tribunale, come anche l’amministrazione comunale, nel ritenere che il corrispettivo pattuito (88%) fosse riferito al prezzo dell’intero appalto, laddove esso era invece riferito al prezzo delle prestazioni subappaltabili (il 30% dell’oggetto dell’appalto);
in ogni caso la scrittura privata è rimasta inattuata, non avendo A s.r.l. mai ricevuto le autorizzazioni al subappalto richieste all’amministrazione.

8. Il motivo è infondato.

L’appellante ripropone la questione dell’esatta qualificazione della scrittura privata conclusa con la A2E servizi s.r.l. il 24 agosto 2015, se contratto ad effetti immediati (con causa transattiva) ovvero contratto preliminare di subappalto (nel quale l’intento transattivo costituisce solo uno dei motivi).

Ritiene la Sezione che la scrittura privata intervenuta tra A s.r.l. e A2E servizi s.r.l. è qualificabile come contratto di transazione ex art. 1965 cod. civ., trattandosi di contratto con il quale “ le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata… ”.

In effetti, era effettivamente in corso una lite (al momento della stipulazione del contratto, pendente al Consiglio di Stato a seguito del vittorioso esperimento del ricorso al Tribunale amministrativo da parte di A s.r.l. avverso la prima aggiudicazione) ed è dato riscontrare nel regolamento contrattuale le “reciproche concessioni” nelle quali si sostanzia il contenuto tipico della transazione. Inoltre, le stesse parti dell’accordo enunciano la loro intenzione di “definire la controversia” e di farlo con “compenso transattivo”.

8.1. Le reciproche concessioni consistono nella rinuncia di A2E servizi s.r.l. all’appello proposto avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, in cui era rimasta soccombente, e, quanto ad A s.r.l., nell’ “impegno ad affidare” una serie di prestazioni derivanti dall’appalto concluso con il Comune di Pavia all’altra società con conseguente pagamento di un corrispettivo fissato nella percentuale dell’88,00% di quello spettante in base al contratto di appalto.

Una delle reciproche concessioni consiste dunque nell’impegno di affidare l’esecuzione di servizi da attuarsi mediante la stipulazione di successivi contratti di subappalto derivanti dal contratto (principale) di appalto. I contratti di subappalto che le parti prospettano come necessari sono attuazione dell’impegno assunto nella transazione secondo uno schema che non è quello della contrattazione preliminare, non intervenendo nella fase delle trattative rivolte alla definizione del contenuto della futura contrattazione (che, invece, nella scrittura privata risulta già compiutamente definito), quanto piuttosto quello della contrattazione quadro (che può rientrare, a certe condizioni, nell’ambito della contrattazione c.d. normativa, come precisa Cass. civ., sez I, 9 agosto 2016, n. 16820).

In realtà, ad avviso della Sezione, la categoria giuridica più idonea a definire la vicenda in esame è quella di operazione economica intesa, secondo le indicazioni della dottrina che ha approfondito il concetto come “ sequenza unitaria e composita che comprende in sé il regolamento, tutti i comportamenti che con esso si collegano per il conseguimento dei risultati voluti e la situazione oggettiva nella quale il complesso delle regole e gli altri comportamenti si collocano ”;
se, infatti, la categoria della causa c.d. in concreto consente di mettere a fuoco con chiarezza la ragione concreta o lo scopo pratico (così Cass. civ., sez. I, 16 maggio 2017, n.12069) per la quale il singolo contratto è concluso, essa risulta, invece, ancora strumento inadeguato in quelle situazioni nelle quali il singolo contratto è solamente uno dei segmenti dell’affare.

La ricostruzione dell’operazione economica che le parti hanno inteso concludere consente all’interprete di oltrepassare il singolo contratto e racchiudere in unico sguardo l’insieme degli atti e comportamenti tenuti dalle parti nella realizzazione dell’affare;
essa pertanto si presta, meglio di altri strumenti concettuali, a qualificare il comportamento complessivo delle parti in termini di conformità/difformità al parametro legislativo (così come in termini di adempimento/inadempimento agli impegni assunti), a prescindere dalla validità (normalmente non contestata) dei singoli contratti, come dimostra l’impiego diffuso che ne fa la giurisprudenza in ambito tributario (cfr. Cass. civ., sez. trib., 28 febbraio 2017, n. 5090;
sez. trib., 20 settembre 2017, n. 21767, ma per un’applicazione nell’ambito degli appalti pubblici, Cons. Stato, sez. III, 23 ottobre 2015, n. 4894). E’ chiaro comunque che la ricostruzione dell’operazione economica deve compiersi utilizzando i criteri di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., che definiscono all’interprete la traccia da seguire per cogliere la “comune intenzione delle parti”.

Consente infine di formulare un giudizio immediatamente anche a prescindere dagli eventuali esiti dell’affare (nel caso di specie i successivi contratti di subappalto non ancora stipulati) in quanto già espressione concorde ed univoca di un preciso intento delle imprese coinvolte.

8.2. Valutati allora nel loro insieme la scrittura privata e i comportamenti tenuti dalle parti, come risultanti dalla documentazione versata in atti, ritiene la Sezione che meriti conferma la sentenza di primo grado laddove ricostruisce l’operazione economica come diretta all’affidamento dell’esecuzione dell’interno contratto di appalto stipulato da A s.r.l. con il Comune di Pavia alla società A2E servizi s.r.l., mantenendo, in capo all’effettiva aggiudicataria, il solo ruolo di intermediaria con l’amministrazione.

8.3. Convince in tal senso la lettura dei comportamenti tenuti da A s.r.l. dopo l’aggiudicazione del contratto di appalto che ne fa Comune di Pavia nei propri scritti difensivi, specie in replica alle opposte argomentazioni spese dall’appellante.

8.3.1. Due in particolare sono le vicende rilevanti: la prima di esse è la cessione del ramo azienda calore da parte di ASM Pavia s.p.a., gestore uscente del servizio, a favore di A2E servizi s.r.l.;
la seconda è costituita dalla bozza verbale di accordo del 5 novembre 2015, nella quale si dà atto dell’incontro tra ASM Pavia s.p.a., A s.r.l. e le organizzazioni sindacali conclusosi con la proposta dell’appellante secondo cui i 5 lavoratori del gestore uscente - che l’aggiudicataria avrebbe dovuto assumere in esecuzione della c.d. clausola sociale - fossero assunti direttamente da A2E servizi s.r.l.

Le due vicende (per quanto l’assunzione dei lavoratori era effettivamente subordinata all’autorizzazione della stazione appaltante) vanno nella direzione di fornire a A2E servizi s.r.l. l’organizzazione e gli strumenti per eseguire le prestazioni oggetto del contratto di appalto stipulato con il Comune di Pavia.

Tutte le altre circostanze richiamate da A s.r.l. nei propri scritti difensivi (ivi comprese le richieste di autorizzazione al subappalto rivolte alla stazione appaltante) non contraddicono gli esiti interpretativi cui si è pervenuti, poiché non dimostrano univocamente l’intento dell’appellante di contenere il subappalto nei limiti di legge.

Ha buon gioco invece la difesa del Comune a rimarcare come il costo dei lavoratori per l’intera durata dell’appalto (nove anni) non poteva essere coperto dal corrispettivo fissato dalla scrittura privata per le commesse ottenute in sede di subappalto ove limitate alla percentuale di legge, l’88% del corrispettivo delle commesse pari alla quota del 30% dell’appalto. Tanto più che la limitazione alla quota del 30% nell’affidamento delle prestazioni – destinata ad assumere un ruolo centrale nella valutazione della convenienza economica dell’affare – non è in alcun modo richiamata nella scrittura intervenuta tra le parti.

8.4. In conclusione sul punto: la condotta di A s.r.l. è contraria alla disciplina legislativa in materia di subappalto e, come tale, gravemente irregolare e legittima la revoca dell’aggiudicazione che su tale ragione si fonda. Ciò vale ad escludere l’applicabilità dell’orientamento per il quale gli eventuali vizi del contratto di subappalto non valgono a invalidare l’aggiudicazione, richiamato dall’appellante nell’ultima parte del primo motivo di appello.

Quel che è in contestazione, come è ormai chiaro, non è la validità del contratto di appalto, ma la complessiva condotta dell’aggiudicataria valutata gravemente irregolare dall’amministrazione con decisione che si sottrae alle censure che le sono state rivolte da A s.r.l..

8.5. La sentenza di primo grado che così ha giudicato merita conferma.

9. Con il terzo motivo di appello, A s.r.l. censura la sentenza di primo grado per aver dichiarato inammissibili il terzo e il quarto motivo di ricorso unitamente ai motivi aggiunti per carenza di interesse.

9.1. Con il terzo e il quarto motivo di ricorso la ricorrente aveva contestato le modalità con le quali il Comune di Pavia, successivamente alla determinazione dirigenziale di revoca dell’aggiudicazione disposta a suo favore (n. 130/07 del 10 maggio 2016), aveva proceduto ad affidare il servizio a CPL Concordia;
stando all’esposizione effettuata nell’atto di appello, secondo la ricorrente, la stazione appaltante non avrebbe potuto concludere il nuovo contratto di appalto senza prima disporre una nuova aggiudicazione provvisoria, seguita da una nuova aggiudicazione definitiva da comunicarsi agli altri concorrenti ai sensi di legge e del decorso dei periodi di stand still;
con i motivi aggiunti veniva impugnata per illegittimità derivata la determinazione di aggiudicazione definitiva a CPL Concordia n. 152/07 del 1 giugno 2016.

Il Tribunale ha ritenuto che “ la ricorrente, a fronte della legittima revoca dell’aggiudicazione, non ha uno specifico interesse a dolersi delle modalità del successivo affidamento del servizio, non avendo più una posizione giuridica qualificata nei confronti dell’Amministrazione ”.

9.2. Il motivo è inammissibile per violazione dell’art. 101, comma 1, cod. proc. amm.

L’appellante non rivolge specifiche censure alla statuizione di inammissibilità dei motivi per carenza di interesse, chiarendo le ragioni per le quali il giudice di primo grado avrebbe dovuto esaminare i motivi proposti pur a fronte della pronuncia sulla legittimità della revoca dell’aggiudicazione, ma si limita a riproporre, peraltro parzialmente, i motivi di ricorso, ribadendo che l’amministrazione comunale non ha adottato tutti provvedimenti resi necessari dall’intervenuta revoca dell’aggiudicazione, incorrendo, così, in vizi di invalidità della procedura di nuova aggiudicazione. Può, allora, farsi applicazione dell’orientamento giurisprudenziale consolidato per il quale: “ Nel giudizio amministrativo costituisce specifico onere dell'appellante formulare una critica puntuale della motivazione della sentenza impugnata, posto che l'oggetto di tale giudizio è costituito da quest'ultima e non dal provvedimento gravato in primo grado;
il suo assolvimento esige quindi la deduzione di specifici motivi di contestazione della correttezza del percorso argomentativo che ha fondato la decisione appellata, con la conseguenza che il mancato assolvimento di tale onere, con le modalità appena precisate, implica l'inammissibilità della censura relativa al capo della decisione che è rimasto estraneo alle critiche svolte nell'atto d'appello
” (così Cons. Stato, sez. VI, 23 giugno 2016, n. 2782).

10. Vero è che le questioni poste con l’ultimo motivo di appello consentono di affrontare un ulteriore profilo della vicenda in esame, su cui ci si era in precedenza riservati, quello degli effetti derivanti dalla qualificazione della determinazione dirigenziale impugnata quale revoca dell’aggiudicazione. L’appellante, specie nella memoria ex art. 73 cod. proc. amm., non ha mancato di rilevare come dalla revoca dell’aggiudicazione discendono effetti diversi da quelli che seguono alla risoluzione del contratto, onde l’amministrazione non avrebbe potuto procedere nei termini previsti dall’art. 136, comma 1, e 138 d.lgs. 163 cit. (stima dei lavori eseguiti da accreditare all’appaltatore con conseguente liquidazione finale dei lavori effettuati) nonchè dall’art. 140 d.lgs. 163 cit. (interpello delle altre imprese al fine di stipulare un nuovo contratto di appalto).

10.1. Contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, ritiene la Sezione che l’amministrazione abbia correttamente proceduto anche in seguito alla revoca della prima aggiudicazione.

Va tenuto presente, infatti, che la revoca è stata disposta per comportamento (giudicato) irregolare dell’aggiudicatario;
ciò che esclude l’obbligo di tenere indenne quest’ultimo dai pregiudizi economici sostenuti, come si è già avuto modo di chiarire al punto 5.1., e, tuttavia, a seguito dell’aggiudicazione vi era stata la consegna anticipata del servizio, onde l’aggiudicatario aveva svolto delle attività per le quali doveva essere compensato e tanto ha fatto l’amministrazione come si ricava dal contenuto della determinazione impugnata (cfr. il contenuto della determinazione 130/07: “ Determina …4. di dare atto che verrà avviato il procedimento stabilito dall’art. 138 d.lgs. 163/2006, al fine di consentire la liquidazione ed il pagamento delle somme dovute in relazione alle prestazioni eseguite da ANTAS s.r.l. ”).

Infine la procedura di interpello ex art. 140 cit. è stata svolta ai soli fini di acquisire la disponibilità dell’impresa successivamente collocata in graduatoria, tanto è vero che ad essa è seguito un nuovo provvedimento di aggiudicazione (152/07 del 1 giugno 2016, peraltro, impugnato con motivi aggiunti), e la stipulazione del contratto di appalto con CPL Concordia, nel rispetto delle fasi della procedura di aggiudicazione previste dalla legge.

11. Con ultimo motivo di appello A s.r.l. censura la sentenza di primo grado per aver respinto il quarto motivo di ricorso avente ad oggetto la nota 206/16 con la quale era avvenuta la sua convocazione al fine della redazione dei verbali di fine gestione e riconsegna lavori.

11.1. Il motivo è inammissibile: l’appellante non rivolge critiche alla statuizione sul punto del Tribunale, che aveva dichiarato inammissibile il motivo ritenendo la nota impugnata atto di carattere meramente procedimentale, privo di efficacia lesiva, e come tale non impugnabile, ma si limita a riferire, per ragioni la cui logica non è chiara, che solo dopo aver scoperto l’avvenuta aggiudicazione a CPL Concordia aveva potuto spiegare motivi aggiunti.

12. In conclusione, l’appello è integralmente respinto;
le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

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