Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-01-07, n. 202000119

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-01-07, n. 202000119
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202000119
Data del deposito : 7 gennaio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/01/2020

N. 00119/2020REG.PROV.COLL.

N. 00762/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 762 del 2018, proposto dal Codacons, in persona del legale rappresentante pro tempore , e dai signori Leonardo Marco Sedile, nella qualità di erede di Francesca Paola De Ronzi, Carmela Antonella Abate, Giuseppe Abrusca Salvatori, Giovanni Lefti Acerra, Daniela Alba, Roberto Alba, Lucia Alberti, Davide Amato, Vincenzo Ambrosio, Domenico Amico, Fausto Anastasi, Fabio Ardu, Annunziata Argenziano, Annamaria Ariello, Marcella Ariodante, Gianni Armosini, Maria Rita Baldassarre, Andrea Barbieri, Fernando Bardi, Giovanni Barone, Corrado Barrotta, Elena Bartolomei, Gaetano Bartolotta, Giacomo Basile, Sara Bazzucchi, Paola Bean, Patrizia Belardi, Maria Chiara Bellachioma, Cristina Bellosi, Marisa Bernardi, Fabio Bianchi, Mara Bianchi, Stefano Bianchi, Gianluca Bianco, Fabrizio Boiano, Sandro Bongiorno, Paola Borgia, Maria Antonietta Bova, Laura Bovienzo, Nazario Brumana, F Bruni, Prospero Bua, Maria Buccafurri, Nunzio Buono, Anna Buonocore, Giuseppe Cabiddu, Daniele Cadeddu, Rita Cadoni, Pietro Calanna, Vincenzo Calantropo, Massimo Calì, Gaetana Caliano, Andrea Calvano, Piergianni Calzavara, Massimo Campidano, Alfonso Cannella, Giovanna Cappelli, Giovanni Carboni, Claudio Carchella, Nunzio Ezio Cardaci, Mariangela Casteggio, Rita Casteggio, Daniela Castiglione, Barbara Cattani, Stefano Ceccomori, Maria Antonella Cesaretti, Roberto Cesari, Cristina Chiara, Roberto Chiaranda, Marco Cianciotta, Alfonso Ciaramella, Bruno Ciarleglio, Renato Citzia, Antonia Palma Civale, Concetta Alfia Coco, Antonietta Colasanto, Vincenzo Comerci, Brunella Beatrice Comito, Luigina Conflitti, Vitale Conte, Maria Nicea Corona, Giampiero Massimo Cortese, Maria Paola Cossu, Maurizio Cossu, Edoardo Costale, Vito Cristella, Laura Critelli, Rosaria Critelli, Angela Crivellaro, Daniela Crocioni, Marina Cuberli, Maria Lisa Cuboni, Antonella Cuda, Carmela Cutrupi, Riccardo Damasco, Carmela D'Amico, Melchiorre D'Ancona, Claudio D'Andrea, Giuseppe D'Andria, Sergio D'Avino, Maria De Biase, Roberto De Blasio, Tony De Carvalho, Leonardo De Cerchio, Carla De Marchi, Nerina De Monte, Dino De Simone, Maria Grazia Degiorgi, Filippo Del Vaglio, Luigi Delehaye, Luigi Dell'Orco, Bruno Demartis, Gabriele Desimoni, Ignazio Federico Dessi, Marzio Pasquale Dessi, Sebastiano Di Patti, Raffaele Di Razza, Felicetta Di Santo, Pasquale Di Santo, Doriana Di Tommaso, Marcello Difonzo, Salvatrice Domina, Anna Maria Donato, Hubert Durnwalder, Maria Dolores Ecca, Sandra Empereur, Vito Evangelista, Alessandro Evaristo, Luisella Falchi, Innocenzo Falco, Angelo Fatticcio, Michele Ferracane, Salvatore Ferraiuolo, Werther Ferrara, Maria Luisa Ferraro, Giovanni Domenico Fiori, Angela Maria Floris, Giovanna Floris, Giuseppe Follesa, Roberto Formisano, Lucia Forte, Vincenzo Fracassi, Maria Rosaria Fraticelli, Morena Fratini, Giampiero Fregnella, Massimo Frisoli, Giovanni Galli, Giuseppa Galvagno, G Gangeri, Achille Garzillo, Riccardo Gini, Alessandro Giordi, Sabrina Giuca, Emilio Angelo Giuffreda, Massimiliano Godani, Roberto Goi, Giuseppe Greco, Maria Grillo, Giovanni Grimaldi, Alessandra Gumina, Karin Anastasia Herbst, Lotte Anna Herbst, Verena Hintner, Rossana Ianniello, Orietta Iemma, Sebastiano Imposa, Angela Inchingolo, Marcello Aldo Infelise, Salvatore Isceri, Claudia Isola, Carmine Izzo, Vincenzo La Rocca, Sisinnia Lai, Claudio Lamari, Caterina Lanzafame, Francesca Lavecchia, Angelo Ledda, Franco Ledda, Mario Ledda, Florian Leimgruber, Vincenzo Lembo, Alberto Lilla, Salvatore Lipani, Filippa Maurizia Lomonaco, Giancarlo Ludovici, Giovanni Lussu, Mariateresa Macino, Fausto Maguolo, Claudio Maiolatesi, Carla Mancinelli, Angelo Maria Fabrizio Mancuso, Cristina Mangano, Domenico Mangone, Alessandro Mannaioli, Luciano Marcelli, F Fantino Marchiori, Demetrio Marino, Gianni Martini, Gennaro Martucci, Maria Maddalena Marvulli, Luigi Masconale, Antonella Maso, Tiziana Menichelli, Angela Mercurio, Francesca Mercurio, Morena Merighi, Mirco Micoli, Alessandro Milioto, Roberto Minessali, Paola Minute, Domenico Modesto, Giovanbattista Montano, Luigi Mosca, Wolfgang Moser, Marco Muller, Andrea Pietro Munzone, Massimiliano Muscatiello, Etiziana Nanni, Dino Nardecchia, Valentina Anna Notaristefano, Salvatore Orecchio, Carlo Orsini, Filippo Ortenzi, Radi Pagani, Marco Paganin, Pierpaolo Pagliaro, Mariachiara Paolelli, Rosamaria Paonessa, Caterina Paparo, Iole Maria Pasciuto, Andreas Passler, Luca Peano, Massimo Pedretti, Flavio Peluffo, Chiara Pepe, Angelo Perda, Antonio Perillo, Franco Perrone, Sara Petrinelli, Daniela Pietragnoli, Maria Antonella Piga, Stefania Pinzoni, Roberto Pippi, Loreta Piras, Sandra Pisano, Domenico Piscioneri, Elena Pistola, Vincenzo Pitò, Ida Plaustro, Mauro Polo, F Pontieri, Alfonso Pontillo, Angela Porcile, Domenico Portararo, Grazia Privitera, Anna Provenzani, Maria Puesi, Fernando Antonio Pugliese, Roberto Puricelli, Adele Quacquarelli, Angela Maria Raglione, Alessandro Raimondi, Andrea Rana, Fabrizio Ravetto, Umberto Recine, Giovanni Reginato, Carmine Ricciardi, Vincenzo Ricupero, Claudia Righi, Brigitta Rigo, Daniela Olga Rispoli, Rosanna Rivituso, F Rizzo, Denis Romanello, Rosamaria Romano, Giuseppe Romoli, Pietro Rosano, Giorgina Rossani, Lucia Rossi, Maria Antonietta Rosso, Simona Ruggiero, Antonio Rumolo, Giancarlo Saiu, Rosario Salemi, Gianpaolo Salmaso, Silvia Salomoni, Paola Salvatorelli, Rossana Sanfilippo, Antonella Sanna, Sara Sanna, Vincenzo Sannino, Vincenzo Santamaria, Debora Santoni, Rita Iolanda Santopolo, Angelo Santoro, Paolo Sarti, Luciano Scenna, Giuseppe Sciotto, F Sciuto, Pietro Antonino Scravaglieri, Rosaria Sedda, Leonardo Marco Sedile, Giovanni Sellitri, Gemma Sessa, Maria Lucia Sessa De Prisco, Michele Sibio, Giovanni Sicuso, Elisa Silvani, Maria Simmaco, Fabrizio Simonelli, Antonio Gaetano Sirna, Alessandro Soraci, Diego Soraci, Francesca Sparagna, Luciano Storaci, Annamaria Suppa, Antonietta Tamburella, Angelica Termine, Barbara Togna, Angela Tomas, Laura Torselli, Pasquale Toscano, Caterina Rosaria Tripodi, Emanuela Trippini, Angelo Tropea, Claudia Valeri, Ciro Verrati, Laura Viganò, Iseo Visonà, Cristina Vittone, Daniela Vittori, Rosaria Maria Vivona, Giuseppe Zarra, Tommaso Zotti, rappresentati e difesi dall'avvocato C R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

l’ARAN - Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni, in persona del legale rappresentante pro tempore , la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Pubblica Amministrazione e la Semplificazione, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore , il Ministero Economia e Finanze, in persona del Ministro pro tempore e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in persona del Ministro pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
l’INPS, in persona del legale rappresentate pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati Elisabetta Lanzetta, Cherubina Ciriello e M B N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
il Comune di Pomezia, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato G P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
la Provincia Autonoma di Bolzano, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Stephan Beikircher, M C, Laura Fadanelli, Jutta Segna e Renate Von Guggenberg, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
il Comune di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Andreottola, Fabio Maria Ferrari e A P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
il Comune di Nocera Inferiore, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato S C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
la Regione Veneto, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Emanuele Mio ed Ezio Zanon, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico Umberto I di Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Alessia Alesii, Paola Baglio, e P B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
la Regione Puglia, in persona del Presidente pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato Isabella Fornelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
l’ASL Roma 2, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati F Dell'Orso e Massimo Micheli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
l’Università' di Roma La Sapienza, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Alfredo Fava e Sergio Salvatore Manca, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
la Città Metropolitana di Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Giovanna Albanese, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
l’Azienda Sanitaria Provinciale di Messina, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Antonio Catalioto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
l’Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato G L V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
il Ministero dell’Interno – Polizia di Stato, in persona del Ministro pro tempore, l’INAIL in persona del legale rappresentate pro tempore , la Regione Calabria, la Regione Campania, la Regione Sardegna, in persona dei rispettivi Presidenti pro tempore , l’Azienda Sanitaria Locale Napoli 3 Sud, in persona del legale rappresentate pro tempore , e l’Azienda Sanitaria Locale Toscana Nord Ovest, in persona del legale rappresentate pro tempore , non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, Sezione prima bis , n. 10528 del 20 ottobre 2017, resa tra le parti, concernente l'accertamento dell'illegittimità del silenzio serbato sulle istanze-diffide presentate in ordine alle procedure contrattuali e negoziali relative al triennio contrattuale del pubblico impiego 2016-2018 e per l’annullamento della nota di riscontro della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché per la condanna al risarcimento del danno derivante dal ritardo nel provvedere allo stesso rinnovo contrattuale.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’ARAN, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’Economia e delle Finanze, del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, dell’INPS, del Comune di Pomezia, della Provincia Autonoma di Bolzano, del Comune di Napoli, del Comune di Nocera Inferiore, della Regione Veneto, dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico Umberto I di Roma, della Regione Puglia, della ASL Roma 2, dell’Università di Roma La Sapienza, della Città Metropolitana di Roma Capitale, dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Messina e dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 ottobre 2019 il consigliere Nicola D'Angelo e uditi per gli appellanti, l’avvocato G, per delega dell’avvocato C R, e per le Amministrazioni appellate, gli avvocati, G L V, M B N, G R, per delega dell’avvocato G P, M C, N L, per delega dell’avvocato A P, E D V, per delega dell’avvocato S C, G S, per delega dell’avvocato A M, V C, per delega dell’avvocato P B, F Dell'Orso, Mariangela Sbardella, per delega dell’avvocato Alfredo Fava, Giovanna Albanese e l'avvocato dello Stato Anna Collabolletta;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con un primo ricorso, gli appellanti hanno chiesto al T per il Lazio, sede di Roma, l’accertamento del silenzio inadempimento serbato dalle Amministrazioni statali e locali indicate in epigrafe su istanze e diffide relative al mancato avvio delle procedure contrattuali collettive per il rinnovo del contratto per il pubblico impiego per il triennio 2016-2018. L’inerzia delle stesse Amministrazioni è stata censurata in ragione della sentenza della Corte Costituzionale n. 178 del 24 giugno 2015, che aveva dichiarato l’illegittimità delle norme relative al blocco dei rinnovi dei contratti dei pubblici dipendenti per il triennio 2010-2012.

1.1. E’ stata inoltre impugnata, con motivi aggiunti, anche la nota della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Funzione Pubblica, del 10 gennaio 2017 di rigetto delle istanze dei ricorrenti. Con un secondo ricorso, essi hanno poi chiesto anche il risarcimento del danno conseguente alla vacanza contrattuale.

2. Il T per il Lazio, dopo aver riunito i due ricorsi, con la sentenza indicata in epigrafe ha preliminarmente convertito il giudizio, ai sensi dell’art. 32 c.p.a., in un rito ordinario alla luce della richiesta di annullamento del citato provvedimento di riscontro della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Lo stesso Tribunale ha infatti rilevato che la risposta negativa dell’Amministrazione costituiva “ una legittima e compiuta determinazione, la quale andava pertanto impugnata nei consueti termini decadenziali ”. In ordine a quest’ultima, il T ha poi ritenuto che i ricorrenti non avessero articolato le censure nei termini imposti dall’art. 40 c.p.a., con conseguente inammissibilità del gravame.

2.1. Quanto alla richiesta di risarcimento del danno e dell’indennizzo quale conseguenza della vacanza contrattuale, il T ha, infine, declinato la sua giurisdizione a favore del giudice ordinario.

3. Contro la predetta sentenza, i ricorrenti hanno quindi proposto appello sulla base dei seguenti motivi di censura.

3.1. Sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, anche sulla domanda risarcitoria e di corresponsione di un equo indennizzo.

3.1.1. Secondo parte appellante, le domande di condanna, ex art. 30 c.p.a., al risarcimento del danno subito per effetto del silenzio/ritardo nel provvedere al rinnovo contrattuale dal 30 luglio 2015 e alla corresponsione di un equo indennizzo, ex art. 34, c.p.a., a compensazione del sacrificio imposto per effetto del mancato adeguamento del trattamento economico-stipendiale, per il periodo compreso tra il 1° gennaio 2010 e il 30 luglio 2015, sarebbero strettamente connesse alle domande di accertamento della illegittimità del silenzio/rifiuto formatosi e dei provvedimenti impugnati, sulle quali è stata invece ritenuta la giurisdizione del giudice adito.

3.1.2. Sussisterebbe la giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda risarcitoria per il danno da ritardo da mancato esercizio di un’attività amministrativa obbligatoria ai sensi degli artt. 2 bis della legge n. 241/90 e 30 c.p.a.

3.2. Ammissibilità del ricorso, con riferimento alle domande impugnatorie.

3.2.1. Il giudice di primo grado ha ritenuto inammissibili le impugnative proposte nei ricorsi introduttivi e nei successivi motivi aggiunti, sull’errato presupposto che avverso i provvedimenti gravati non fossero state articolate necessarie e puntuali censure, nei termini imposti dall’art. 40 c.p.a.

Secondo gli appellanti invece gli atti in questione avrebbero natura soprassessoria e renderebbero giuridicamente perdurante il gravato silenzio. Per questa ragione, i ricorrenti, con le proprie istanze-diffide avevano chiesto alle Amministrazioni resistenti di dare immediata esecuzione alla sentenza n. 178/2015 della Corte Costituzionale, provvedendo, ognuna secondo le proprie competenze, a dare corso alle procedure contrattuali e negoziali relative al nuovo triennio 2016-2018 e, contestualmente, alla corresponsione di un equo indennizzo, commisurato alla perdita di potere d’acquisto dello stipendio a decorrere dal 2010 e fino al 30 luglio 2015, e di un risarcimento per ciascun mese di ritardo nel rinnovo contrattuale, a decorrere dal 30 luglio 2015 e fino all’effettivo rinnovo del contratto collettivo.

3.2.2. In sostanza, nei provvedimenti impugnati, le stesse Amministrazioni non sarebbero affatto entrate nel merito delle suddette richieste ai fini del loro rigetto, ma si sarebbero limitate ad evidenziare il proprio difetto di competenza ad assumere le necessarie iniziative. In ogni caso, contrariamente a quanto affermato dal T, in ordine agli stessi sono state formulate articolate censure.

3.3. Fondatezza della domanda di accertamento della illegittimità del silenzio serbato e della sussistenza dell’obbligo di provvedere.

3.3.1. Non sarebbe stato corretto concludere che in capo alle Amministrazioni pubbliche coinvolte non sussisterebbe un obbligo a provvedere previsto dalla legge, posto che, innanzitutto, è la stesso art. 41 del D.lgs 165/01 (TUPI) a prenderle direttamente in considerazione, specificando che: “ Le pubbliche amministrazioni esercitano il potere di indirizzo nei confronti dell'ARAN e le altre competenze relative alle procedure di contrattazione collettiva nazionale attraverso le loro istanze associative o rappresentative, le quali danno vita a tal fine a comitati di settore ”, così ponendo in capo ad esse delle specifiche competenze ed in definitiva un vero e proprio obbligo di provvedere.

3.4. Sulla ingiusta condanna alle spese.

3.4.1. Parte appellante censura la sentenza impugnata anche laddove ha disposto la sua condanna alle spese in favore di ciascuna delle pubbliche Amministrazioni coinvolte. In particolare, essa rileva che il Codacons ha promosso e sostenuto l’iniziativa degli altri appellanti di ricorrere alla giustizia amministrativa, al fine di veder sbloccata una volta per tutte la procedura di rinnovo della contrattazione collettiva nazionale per il settore del pubblico impiego, in coerenza con le proprie finalità statutarie. La condanna alle spese di lite inflitta nella sentenza impugnata sarebbe quindi ‘punitiva’ nei confronti della iniziativa assunta dall’Associazione.

4. Si sono costituiti in giudizio, chiedendo il rigetto dell’appello, l’ARAN, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, l’INPS, il Comune di Pomezia, la Provincia Autonoma di Bolzano, il Comune di Napoli, il Comune di Nocera Inferiore, la Regione Veneto, l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico Umberto I di Roma, la Regione Puglia, l’ASL Roma 2, l’Università di Roma La Sapienza, la Città Metropolitana di Roma Capitale, l’Azienda Sanitaria Provinciale di Messina e l’Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo. Alcune delle predette Amministrazioni hanno anche depositato ulteriori scritti difensivi.

5. Parte appellante ha depositato ulteriori memorie e per ultimo una replica il 3 ottobre 2019.

6. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 24 ottobre 2019.

7. L’appello non è fondato, a prescindere dai profili di inammissibilità del ricorso introduttivo evocati da talune Amministrazioni e da quanto prospettato dalle Amministrazioni statali in ordine al difetto di legittimazione attiva del Codacons.

8. Nel primo motivo di appello, i ricorrenti contestano le conclusioni della sentenza del T in ordine al difetto di giurisdizione sulla domanda di risarcimento.

8.1. Il motivo non è fondato. Come correttamente rilevato dal T, trattandosi di una controversia su questioni indennitarie e risarcitorie relative al rapporto di lavoro alle dipendenze di pubbliche amministrazioni, la stessa deve ritenersi attribuita al giudice ordinario, ai sensi

dell’art. 63, commi 1 e 3, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (Testo Unico Pubblico Impiego).

8.2. Non può infatti ritenersi condivisibile quanto dedotto dalla parte appellante in ordine ad una connessione della giurisdizione del giudice amministrativo sulla materia del silenzio con le pretese che si configurano, come quelle prospettate, di diritto soggettivo.

8.3. Né la giurisdizione può radicarsi in senso diverso ai sensi dell’art. 30 c.p.a. Il danno da ritardo ai sensi di quest’ultima disposizione postula infatti l'inerzia nell'esercizio autoritativo del potere pubblico, mentre, nel caso di specie, l'Amministrazione non agisce in veste di autorità e, quindi, con provvedimenti amministrativi, ma con atti paritetici a fronte dei quali il privato è titolare di una posizione di diritto soggettivo (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 4894/2019).

8.4. D’altra parte, non sussiste neppure in astratto un eventuale danno da ritardo, in quanto non è riscontrabile un’omissione ad emettere l’atto richiesto entro un termine di legge o un obbligo a provvedere in capo alle Amministrazioni intimate.

8.5. In via generale, non può considerarsi risarcibile un danno da ritardo non correlato ad una effettiva pretesa sul piano sostanziale. L’art. 2 bis della legge n. 241/1990 prevede infatti la possibilità di risarcimento da ritardo/inerzia dell’Amministrazione qualora la condotta inerte o tardiva della stessa sia stata causa di un danno alla sfera giuridica del privato che con la propria istanza ha dato avvio al procedimento amministrativo.

8.5. L’Amministrazione fino alla pronuncia della Corte Costituzionale del 2015 è stata tuttavia impedita da una norma di legge. Successivamente, si è attivata, anche ai fini del reperimento della necessaria copertura economica, per il rinnovo contrattuale in un quadro reso maggiormente complesso dal definitivo riordino dei comparti.

8.6. Quindi la pronuncia della Corte, come sottolineato dal T, non poteva produrre una automatica ed immediata attivazione delle trattative negoziali ad opera di singole Amministrazioni, ma solo che le previsioni normative per i rinnovi dei contratti pubblici dovevano, nei termini indicati dal d.lgs n. 165/2001, essere avviate.

9. Con il secondo motivo di appello, i ricorrenti censurano la parte della sentenza nella quale sono state ritenute inammissibili le impugnative proposte nei successivi motivi aggiunti avverso i provvedimenti di riscontro delle istanze-diffide a suo tempo presentate.

9.1. Il motivo non è fondato. Gli atti emanati in esito alle diffide (quello della Presidenza del consiglio dei Ministri e poi quelli delle Amministrazioni di Napoli, di Catanzaro, della Regione Umbria, della Provincia Autonoma di Bolzano) costituiscono, contrariamente a quanto affermato dagli appellanti, non atti “meramente soprassessori”, ma veri e propri riscontri negativi alle loro istanze (non si è trattato di note interlocutorie o dilatorie).

Rispetto a questi ultimi, i ricorrenti avrebbero potuto proporre impugnazione nei termini decadenziali con una domanda articolata secondo adeguati profili di censura in ossequio al principio della specificità dei motivi di cui all’art. 40, comma 1, lett. d), c.p.a. (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 7275/2019)

10. Con il terzo motivo di appello, i ricorrenti sostengono la fondatezza della domanda di accertamento della illegittimità del silenzio serbato dall’Amministrazione.

10. Anche in questo caso la censura è infondata. Il ricorso avverso il silenzio rifiuto proposto dai ricorrenti è infatti inammissibile in ragione dell’insussistenza, come sopra rilevato, di un obbligo di provvedere in capo alle Amministrazioni (presupposto indefettibile per l’ammissibilità del rito speciale sul silenzio di cui agli artt. 31 e 117 c.p.a.).

10.1. Nel caso di specie, gli appellanti hanno chiesto di dare corso alle procedure contrattuali e negoziali relative al nuovo triennio 2016-201 e non l’emanazione di uno specifico provvedimento. In sostanza, essi hanno chiesto l’adozione di un atto di natura generale, contenente la normazione di dettaglio del rapporto di lavoro.

10.2. D’altra parte, se in linea generale il ricorso avverso il silenzio dell'Amministrazione può essere diretto ad accertare la violazione dell'obbligo della stessa di provvedere su un'istanza del privato volta a sollecitare l'esercizio di un pubblico potere, il rito speciale disciplinato dagli artt. 31 e 117 c.p.a non ha lo scopo di tutelare la posizione del privato di fronte a qualsiasi tipo di inerzia comportamentale dell’Amministrazione, bensì specificamente quello di apprestare una tutela giurisdizionale avverso il mancato esercizio di potestà pubbliche discrezionali, dal quale non può prescindersi al fine di valutare la compatibilità con l'interesse pubblico di quello sostanziale dedotto dall'interessato (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 6444/2019).

E sotto quest’ultimo profilo va considerato che, dopo la sentenza della Corte Costituzionale, sono state attivate le necessarie procedure per il rinnovo contrattuale anche con riferimento alle compatibilità con la spesa pubblica.

10.3. In ogni caso, con riferimento agli atti a contenuto regolamentare, in linea di principio è esclusa l'ammissibilità dello speciale rimedio processuale avverso il silenzio.

Tale rimedio è esperibile quando non è presa in considerazione una istanza formulata da un titolare di un interesse nell’ambito di un procedimento che può essere attivato proprio ad istanza di parte.

Ben diverso è il caso in cui una disposizione di legge attribuisce alla Autorità amministrativa il potere di innovare l’ordinamento giuridico mediante atti di natura normativa, con ampi poteri discrezionali sul se, sul quando e sul come provvedere.

11. Con l’ultimo motivo di appello, i ricorrenti ed in particolare il Codacons, contestano la condanna alle spese disposta dal giudice di primo grado.

11.1. Il motivo non è fondato. È stato infatti correttamente applicato il principio della soccombenza (cfr. 92 c.p.c., cui rinvia l'art. 26 c.p.a) costituente il limite all'esercizio dell'ampia discrezionalità riconosciuta al giudice in materia.

Nel processo amministrativo, infatti, la valutazione sulle spese – se coerente con l’esito della lite - non è sindacabile in appello neppure per difetto di motivazione, essendo fondata su considerazioni di opportunità ampiamente discrezionali, non sindacabili in sede di gravame se non nel caso di evidente irrazionalità. (cfr. Cons. Stato sez. II, n. 2448/2019 e sez. V, n. 5021/2019).

12. Per le ragioni sopra esposte, l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza impugnata.

13. In ragione della intervenuta condanna alle spese in primo grado e della complessità della controversia, le spese della presente fase di giudizio possono essere compensate tra le parti.

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