Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-03-20, n. 201801764

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-03-20, n. 201801764
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201801764
Data del deposito : 20 marzo 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/03/2018

N. 01764/2018REG.PROV.COLL.

N. 03319/2014 REG.RIC.

N. 09353/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

1.
sul ricorso numero di registro generale 3319 del 2014, proposto da:
E D F, rappresentato e difeso dall'avvocato D T, con domicilio eletto presso lo studio Domenico Tomassetti in Roma, via G. Pierluigi da Palestrina, 19;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

C Pti, non costituito in giudizio;



2.
sul ricorso numero di registro generale 9353 del 2014, proposto da:
E D F, rappresentato e difeso dall'avvocato Domenico Tomassetti, con domicilio eletto presso lo studio Domenico Tomassetti in Roma, via G. Pierluigi da Palestrina, 19;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Leonardo La Vigna, Francesco Capelli non costituiti in giudizio;

per la riforma

quanto al ricorso n. 3319 del 2014:

della sentenza del TAR Lazio – Roma, Sezione I-ter, n. 08924/2013, resa tra le parti, concernente promozione alla qualifica di dirigente superiore (scrutini anni 2000-2001-2002-2003) – risarcimento danni;

quanto al ricorso n. 9353 del 2014:

della sentenza del TAR Lazio – Roma, Sezione I-ter, n. 03536/2014, resa tra le parti, concernente promozione alla qualifica di dirigente superiore (scrutinio anno 2004) – risarcimento danni;


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 gennaio 2018 il Cons. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti l’avvocato D T e l'avvocato dello Stato Tito Varrone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’odierno appellante, in quiescenza dal marzo 2004, ha partecipato alle procedure selettive per merito comparativo per la promozione a dirigente superiore della Polizia di Stato relative agli anni 2000/2001/2002 e 2003, non collocandosi in posizione utile in nessuna delle relative graduatorie.

2. Ha impugnato le graduatorie dinanzi al TAR del Lazio, che, con sentenze n. 6256/04, n. 6257/04 e n. 6258/04, passate in giudicato, ha accolto i ricorsi ed ha ordinato all’Amministrazione di rinnovare la valutazione del ricorrente in comparazione con tutti i vincitori e gli ammessi al Corso di Alta Formazione, con riferimento ai soli titoli della categoria III, previa determinazione dei sub-punteggi massimi con riferimento alle singole voci valutate, e con adeguata motivazione del relativo punteggio attribuito.

3. La Commissione per la progressione in carriera del personale appartenente ai ruoli direttivi e dirigenziali della Polizia di Stato, in data 21 ottobre 2004, ha provveduto a rinnovare le operazioni concorsuali, confermando i punteggi assegnati, e in data 30 dicembre 2004 il Consiglio di Amministrazione ha approvato gli atti.

4. Da qui una nuova impugnazione dinanzi al TAR del Lazio, definita con la prima sentenza appellata (I-ter, n. 8924/2013), che ha respinto il ricorso.

5. Nel frattempo, l’appellante aveva partecipato allo scrutinio per motivo comparativo relativo all’anno 2004, non collocandosi neanche stavolta in posizione utile in graduatoria.

6. Ha quindi impugnato dinanzi al TAR del Lazio il provvedimenti con cui il Consiglio di amministrazione, in data 30 giugno 2004, ha approvato la relativa graduatoria, unitamente agli atti presupposti della Commissione.

7. Il ricorso è stato respinto con la seconda sentenza appellata (I-ter, n. 3536/2014).

8. Nell’appello (RGN 3319/2014) avverso la sentenza n. 8924/2013, vengono prospettati gli ordini di censure appresso sintetizzati.

(I) – Poiché era stato censurato lo sviamento di potere di un atto di riesame che, alla luce del giudicato, non doveva motivare meglio i punteggi già attribuiti, bensì stabilire dei sub criteri di valutazione che consentissero di apprezzare il percorso professionale del ricorrente, la sentenza del TAR erroneamente si è limitata a valutare le singole censure come se si trattasse di effettuare lo scrutinio per la prima volta;
l’appellante invoca un sindacato giurisdizionale che non sia non limitato all’atto ma investa l’intero rapporto, al fine da dare soddisfazione alla pretesa sostanziale azionata (invoca A.P. 3/20122 e 2/2013);

- se il vero motivo dell’attribuzione di punteggi bassi è l’essere stato lontano dalla Polizia per alcuni anni, appare priva di motivazione la circostanza che siano stati promossi colleghi con minore anzianità di servizio e minori titoli dell’appellante;

- i limiti del sindacato sulla discrezionalità tecnica non impediscono di ritenere illegittima la ripartizione dei 24 punti relativi alla categoria di titoli III in 5 sottocategorie, ciascuna con punteggio massimo di 5,5 punti (salvo riduzione del totale al massimo previsto);
in questo modo, si è precostituito uno strumento arbitrario di selezione dei candidati;

(II) – Con il secondo ordine di censure, l’appellante prende anzitutto in considerazione analiticamente i punteggi assegnati nelle diverse selezioni a sé e ad alcuni dei concorrenti che lo hanno preceduto in graduatoria (“scavalcandolo” rispetto all’ordine di ruolo), e torna a lamentare che non sia stato considerato l’intero percorso professionale, che i propri titoli di servizio non siano stati adeguatamente apprezzati, e, di contro, siano stati ingiustificatamente sopravvalutati quelli dei colleghi;

- in particolare, ribadisce la censura rivolta alla valutazione deteriore dei compiti svolti dal 1986 al 1997 come dirigente del Ministero degli affari esteri e presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, esperienza che, lungi dall’essere riduttiva del suo skill professionale, ha maggiormente accresciuto il prestigio suo e dell’Italia;

- lamenta anche che il criterio degli “anni di servizio ancora da espletare” dovesse essere espunto dalla nuova valutazione, in base alle sentenze precedenti, ma l’Amministrazione non ha operato in tal senso, permettendosi addirittura di criticare dette sentenze e di non eseguirle;

- lamenta inoltre che i dirigenti che lo hanno sopravanzato hanno ottenuto il maggior punteggio per i parametri “funzioni svolte” e “sedi”, poiché in tal modo la rilevanza attribuita al pregresso conferimento di incarichi da parte del Capo della Polizia, sostanzialmente fiduciario, finisce per sovrapporre il sistema della cooptazione al modello della promozione a scrutinio per merito comparativo;

- infine, l’omessa indicazione nei verbali della Commissione (ed in quelli del Consiglio di Amministrazione) dell’orario di chiusura dei lavori vizia gli atti, in quanto impedisce di valutare la congruità dei tempi della valutazione e di superare il dubbio che essa non sia stata compiuta dalla Commissione.

(III) – L’appellante ripropone poi la domanda risarcitoria, rimarcando la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della responsabilità dell’Amministrazione, relativamente ai danni patrimoniali dell’omesso conseguimento della qualifica superiore (differenze retributive, mantenimento in servizio per un ulteriore anno, trattamento pensionistico), nonché alla lesione dell’immagine ed alla professionalità.

9. Per l’Amministrazione si è costituita in giudizio l’Avvocatura Generale dello Stato ed ha controdedotto puntualmente, anche eccependo l’inammissibilità del ricorso (cumulativo) di primo grado in quanto concernente quattro distinte ed autonome procedure di promozione per merito comparativo, ed in quanto (pur essendo stata disposta l’integrazione del contraddittorio per pubblici proclami) non sarebbe stato ab origine correttamente instaurato il contraddittorio nei confronti di almeno uno degli effettivi controinteressati.

10 L’appellante ha puntualizzato con memoria le proprie doglianze.

11. Con memoria di replica, ha replicato alle eccezioni dedotte dalla difesa erariale.

12. Nell’appello (RGN 9353/2014) avverso la sentenza n. 3536/2014, l’appellante, dopo aver sottolineato che il giudice di primo grado ha deciso una controversia analoga a quelle sviluppatesi sugli scrutini degli anni precedenti, ma pronunciando una sentenza diametralmente opposta, ha chiesto la riunione degli appelli.

Ha poi sottolineato la particolare diversità rappresentata dal fatto che in questo caso il TAR ha ritenuto di poter prescindere dalla (richiesta) autorizzazione alla integrazione del contraddittorio (nei confronti dei soggetti che sopravanzavano il ricorrente in graduatoria) mediante pubblici proclami. Nel dubbio che, nonostante la pretesa azionata sia ormai ridotta (a causa del sopraggiunto pensionamento) al risarcimento per equivalente monetario, l’integrazione del contraddittorio sia ritenuta necessaria dal giudice di appello, l’appellante ha dedotto l’error in procedendo del TAR, chiedendo ogni statuizione consequenziale, anche ai sensi dell’art. 105, cod. proc. amm.

Ciò premesso, ha dedotto le censure, in parte sovrapponibili a quelle dell’appello precedente, appresso indicate.

(I) – La valutazione è viziata per difetto di motivazione, avuto riguardo ai criteri adottati dal Ministero per valutare il fascicolo personale dell’appellante alla luce della normativa vigente (art. 9 del d.lgs 334/2000 e 61 del d.P.R. 335/1982).

Erroneamente il TAR ha ritenuto che lo scarso punteggio (punti 15,64 su 24) attribuito per i titoli della categoria III non abbisognasse di una motivazione, essendo spiegabile dal fatto che lo stesso, come emergeva dal fascicolo personale, avrebbe svolto (in ragione della sua esperienza di consigliere ministeriale, e del periodo di servizio presso altre Amministrazioni statali) minor attività “sul campo” di P.S. Tale giustificazione è illogica, posto che occorreva considerare anche le funzioni diverse da quelle di funzionario di P.S., che, lungi dall’essere riduttive del suo skill professionale, hanno maggiormente accresciuto il prestigio suo e dell’Italia.

La giurisprudenza ha affermato la necessità dell’obbligo di motivazione nello scrutinio per merito comparativo in ordine a tutti criteri di attribuzione dei punteggi, e l’appellante è stato scavalcato da colleghi quasi tutti con minor anzianità di servizio e con un punteggi più bassi nelle altre categorie di titoli (I, II, IV e V, aventi contenuto oggettivo), i quali hanno però ottenuto un punteggio più alto nella categoria III (ampiamente discrezionale);
in tal modo lo scrutinio per merito comparativo si è trasformato in un sistema di promozione a scelta.

E’ illogico pregiudicare l’appellante solo per tale ragione, conferendogli negli scrutini via via succedutisi negli anni un punteggio per la categoria III sempre più basso, limitandosi ad affermare che l’attività come dirigente di Polizia è stata inferiore alle attese (senza alcuna prova, ma anzi in presenza di brillanti e certificati risultati).

(II) – Con un secondo ordine di censure, l’appellante, dopo aver sottolineato gli incarichi svolti con generale apprezzamento nel periodo considerato dalla valutazione (tra i quali: componente della delegazione italiana all’ONU, capo dell’Unità Nazionale Europol, componente dell’Unità Italiana nel Gruppo di Lione del G8, rappresentante presso la Commissione per le adozioni internazionali, direzione dell’Unità Italiana dell’Accademia Europea di Polizia), lamenta l’insufficienza del punteggio conseguito per la categoria III.

Quali indici dell’illogicità della motivazione e dello sviamento di potere, censura l’attribuzione di punteggi ai colleghi D F e S, i quali nel 2003 avevano ottenuto rispettivamente 12,90 e 11,40, e nel 2004 si sono visti attribuire 10,43 e 10,98 punti in più, senza che vi fossero ragioni ulteriori rispetto all’anno di servizio trascorso. Erroneamente il TAR ha giustificato dette circostanze, trincerandosi dietro la presunta autonomia degli scrutini di anno in anno, di cui sarebbe corollario la loro incomparabilità.

(III) – L’appellante ripropone anche la censura incentrata sulla omessa indicazione dell’orario di chiusura dei lavori nei verbali della Commissione, trattandosi di elemento essenziale previso dall’art. 7, comma 2, del d.P.R. 445/2000, la cui mancanza impedisce di valutare la congruità dei tempi della valutazione e di superare il dubbio che essa non sia stata compiuta dalla Commissione.

Il TAR, dopo aver erroneamente negato l’esistenza di una norma che preveda detta indicazione, si è anche contraddetto, in quanto, pur avendo affermato l’incomunicabilità tra gli scrutini dei diversi anni, ha disatteso la censura facendo leva sulla pregressa conoscenza delle posizioni dei candidati da parte dei commissari.

(IV) – La sentenza è errata nella parte in cui dichiara inammissibile per difetto di interesse la censura concernente il mancato aumento (di 3 unità) del numero dei promossi, in quanto l’accoglimento dell’impugnazione determinerebbe la rinnovazione delle valutazioni, e pertanto l’appellante ha interesse a che il numero dei posti disponibili sia il maggiore possibile.

Ripropone la censura, basata sull’equiparazione dei (3) dirigenti promossi collocati in disponibilità a quello collocato fuori ruolo e già considerato ai fini dell’aumento dei posti (da 29 a 30, mentre dovrebbero essere aumentati a 33).

(V) – Ripropone la domanda risarcitoria, con argomentazioni sostanzialmente coincidenti a quelle dedotte con il primo appello.

13. Per l’Amministrazione si è costituita in giudizio l’Avvocatura Generale dello Stato ed ha controdedotto puntualmente nel merito.

14. L’appellante ha puntualizzato con memoria le proprie doglianze.

15. Il Collegio ritiene opportuno disporre la riunione degli appelli, stante la parziale coincidenza del contesto della valutazione censurata e delle censure dedotte, ai fini di un’unica decisione.

16. Sembra opportuno precisare fin d’ora che gli elementi di (parziale) connessione e le esigenze di economia processuale che giustificano la riunione degli appelli, non fanno venir meno l’autonomia dei singoli scrutini, né, in generale, la distinzione delle impugnazioni, essendo la prima dominata dall’esistenza di un giudicato favorevole, che manca nella seconda e non potrebbe, neanche indirettamente, condizionarne l’esito.

17. E’ utile anche precisare che, ai sensi dell’art. 61 del d.P.R. 335/1982: “Lo scrutinio per merito comparativo consiste nel giudizio della completa personalità dell’impiegato emesso sulla base dei titoli risultanti dal fascicolo personale e dello stato matricolare, con particolare riferimento ai rapporti informativi e relativi giudizi complessivi. Negli scrutini per merito comparativo si dovrà tener conto, altresì, degli incarichi e servizi svolti e della qualità delle funzioni, con particolare riferimento alla competenza professionale dimostrata ed al grado di responsabilità assunte, anche in relazione alle sede di servizio”.

Tra le cinque categorie di titoli a tal fine valutabili, nelle procedure oggetto degli appelli, le doglianze dell’appellante, pur prendendo in considerazione le altre categorie - Categoria I (Rapporti informativi e giudizi complessivi del quinquennio, fino ad un massimo di 55 punti);
Categoria II (Particolari incarichi e servizi svolti, fino ad un massimo di 4 punti: );
Categoria IV (Altri titoli, per un totale massimo di 11 punti);
Categoria V (Coefficiente di anzianità per un totale massimo di 6 punti) – riguardano in particolare la Categoria III (Qualità delle funzioni, con particolare riferimento alla competenza professionale dimostrata ed al grado di responsabilità assunta, all’attitudine ad assumere maggiori responsabilità e ad assolvere le funzioni della qualifica da conferire, alla stima ed al prestigio goduti negli ambienti esterni ed interni, all’impegno professionale derivante dalla specifica sede di servizio, fino ad un massimo di 24 punti).

Al riguardo, appare del tutto corretta l’impostazione data dal TAR alle proprie valutazioni, in entrambe le sentenze appellate, nel senso che nelle procedure di avanzamento per merito comparativo, le valutazioni della competente Commissione costituiscono esercizio di discrezionalità tecnica che soggiacciono al sindacato giurisdizionale, oltre che per i vizi riguardanti l'esercizio della funzione, solo se tali valutazioni risultano manifestamente incoerenti, illogiche, irragionevoli o viziate da travisamento dei fatti;
così che la cognizione del giudice amministrativo deve essere limitata ad una generale verifica della logicità e razionalità dell'operato dalla Commissione, nel contesto di una valutazione caratterizzata da un'elevata discrezionalità che spesso riguarda soggetti tutti dotati di ottimi profili di carriera e le cui qualità sono quindi definibili attraverso sottili analisi di merito implicanti la ponderazione (non meramente aritmetica) delle loro complessive caratteristiche e dei loro profili (cfr. Cons. Stato, IV, n. 2193/2012;
III n. 557/2013;
VI, n. 2134/2013).

18. L’esame del primo appello (RGN 3319/2014) comporterebbe anzitutto la valutazione delle questioni pregiudiziali, accantonate dal TAR e riproposte dall’Amministrazione.

Il Collegio ritiene di poterne prescindere, così come già ha fatto il TAR in applicazione dell’art. 49, comma 2, cod. proc. amm., in quanto l’appello è manifestamente infondato nel merito e deve essere respinto, per le ragioni appresso esposte.

19. Per quanto attiene ai profili di censura più strettamente riconducibili alla violazione o elusione del giudicato, il presupposto logico della tesi di fondo dell’appellante, in sostanza, è che, a seguito delle sentenze a lui favorevoli, la Commissione non avrebbe potuto giungere alla medesima attribuzione di punteggio che lo aveva penalizzato in origine.

L’appellante invoca lo spostamento dell’attenzione del giudice d’appello dalla legittimità del provvedimento impugnato, al rapporto intercorrente con l’Amministrazione. Tale prospettazione appare tuttavia meramente suggestiva, poiché lo scrutinio per merito comparativo comprende già al suo interno, almeno potenzialmente, tutti gli aspetti rilevanti del rapporto di servizio dei dirigenti interessati ma richiede pur sempre che essi siano espressamente considerati ed apprezzati in chiave comparativa dalla Commissione preposta agli avanzamenti di qualifica, attraverso criteri di valutazione, attribuzioni di punteggi e motivazioni esplicative, sottoposti al sindacato di legittimità del giudice amministrativo.

E’ innegabile che nella valutazione si estrinsechi una discrezionalità ampia, così che detto sindacato avviene in modo estrinseco entro i limiti delle figure sintomatiche dell’eccesso di potere, come sopra ricordato.

In altri termini, non potrebbe questo giudice d’appello – se è questo che l’appellante intende – stabilire diversi criteri di valutazione ed apprezzare i titoli di servizio attribuendo punteggi diversi da quelli ritenuti congrui dalla Commissione.

A ben vedere, la sentenza del TAR Lazio n. 8924/2013 contiene già la confutazione del suddetto presupposto, laddove sottolinea che le sentenze del 2004 avevano sancito “l’obbligo per l’Amministrazione di rinnovare la valutazione del ricorrente in comparazione con tutti i vincitori delle selezioni impugnate, estese agli ammessi al “Corso di Alta Formazione”, con riferimento ai soli titoli della Categoria III, previa determinazione di sub-punteggi massimi con riferimento alle singole voci valutate e con adeguata motivazione del relativo punteggio attribuito”, e che quindi l’Amministrazione era (unicamente) tenuta rinnovare l’attribuzione dei punteggi ai titoli del (solo) ricorrente, ma questa volta premettendo dei parametri di valutazione più specifici e corredati da motivazione, in modo da rendere comprensibile e sindacabile la valutazione.

Quanto richiesto dal giudicato è stato effettuato da parte della Commissione, mediante la costruzione di una griglia di cinque subcriteri – “funzioni svolte, sedi, organizzazione e gestione del personale, stima e prestigio, personalità” – ai quali, per ogni scrutinio annuale, sono stati attribuiti singoli punteggi, preceduta da motivazioni che hanno posto in evidenza i tratti più significativi del curriculum del ricorrente, e dalla comparazione con i punteggi correlativamente attribuiti ai funzionari che nell’originario scrutinio avevano ottenuto la promozione, anch’essi accompagnati da una sintetica motivazione per ciascuno dei funzionari.

In sostanza, come si desume dalle premesse argomentative del provvedimento della Commissione, i subcriteri hanno costituito una esplicitazione organizzata degli elementi rilevanti già contenuti nei criteri di massima che avevano orientato l’originario scrutinio.

Non era logicamente esclusa, invece, l’attribuzione dei medesimi punteggi originari, evento che di per sé – essendo rimasti invariati i parametri dell’attribuzione dei punteggi, ancorché esplicitati ed organizzati in funzione di una adeguata comprensibilità e sindacabilità del mero dato numerico - non può costituire indice della dedotta elusione del giudicato.

20. Per quanto attiene ai profili di censura riconducibili a vizi intrinseci della rinnovata valutazione, l’appellante si duole che dei candidati promossi solo una piccola minoranza avesse punteggi nelle categorie I, II, IV e V uguali o superiori ai suoi, e che lo abbiano scavalcato grazie al punteggio ottenuto nella categoria III.

Ma tale categoria, concernente “la qualità delle funzioni svolte durante tutto il corso della carriera e il complesso degli elementi risultanti dal fascicolo personale, anche in relazione all’attitudine a svolgere le funzioni della qualifica da conferire tenendo in conto in particolare i sottonotati parametri di riferimento: funzioni svolte …, sedi …, organizzazione e gestione del personale …, stima e prestigio …, personalità” (criteri di massima riportati nel provvedimento della Commissione – pag. 43), appare quella suscettibile di apprezzamenti più opinabili ma anche quella strategica al fine di selezionare i candidati maggiormente idonei, per capacità dimostrata attraverso le esperienze specifiche, all’avanzamento al livello dirigenziale superiore.

In questa prospettiva non può certo ritenersi illogico che il non breve periodo trascorso in funzioni – per quanto importanti e significative – presso Amministrazioni esterne alla Polizia di Stato, e segnatamente il Ministero degli affari esteri e la Presidenza del Consiglio dei ministri, abbia penalizzato l’appellante rispetto a colleghi con minor anzianità, i quali tuttavia avevano per maggior tempo e comunque con maggiore continuità prestato servizio negli incarichi operativi di pubblica sicurezza.

In generale, le censure dedotte dall’appellante non colgono profili di illegittimità rilevanti in relazione ai limiti e parametri del sindacato consentito a questo giudice, come sopra ricordati.

Anche la tesi dell’appellante, secondo il quale la costruzione dei subcriteri di valutazione avrebbe dato luogo a criteri a “geometria variabile” (o meglio, a “punteggio variabile”) a seconda delle esigenze motivazionali di volta in volta necessarie alla conferma dell’esito delle promozioni che il TAR aveva con le prime sentenze annullato, è suggestiva, ma non trova riscontro attraverso una disamina dei singoli punteggi attribuiti a tutti i concorrenti promossi negli scrutini, e dunque non vi è la prova che una diversa ripartizione dei punteggi (attuata ripartendo semplicemente il punteggio massimo della categoria tra i 5 subcriteri) avrebbe modificato l’esito finale.

Come ha sottolineato il TAR, la Commissione ha giustificato la propria scelta facendo riferimento ad un precedente specifico, e comunque detta scelta non può ritenersi illogica, in quanto consente un ampio margine di apprezzamento delle specifiche qualità manifestate dall’uno o dall’altro concorrente, consentendo di meglio graduare i punteggi da assegnare a ciascun funzionario.

Quanto al riferimento agli anni di servizio ancora da espletare, la Commissione ha espressamente preso atto che il TAR lo aveva censurato, quale elemento suscettibile di incidere sulle valutazioni, ed ha affermato conseguentemente “la necessità di attenersi nella successiva attività da porre in essere a tale indicazione” ancorché ritenuta contrastante con altri orientamenti del giudice amministrativo.

Infine, la mancata indicazione a verbale degli orari di chiusura delle operazioni di rinnovazione dello scrutinio non può inficiare la valutazione.

Come sottolineato dal TAR, non esiste uno specifico obbligo di verbalizzazione nei termini invocati dall’appellante, e comunque una durata ridotta delle operazioni di scrutinio non sarebbe di per sé indicativa della superficialità delle valutazioni, in quanto, trattandosi di promozione di dirigenti con notevole anzianità alla qualifica superiore, è ragionevole presumere che i componenti della Commissione (collocati ai vertici della Polizia) abbiano potuto conoscere preventivamente la posizione di ogni candidato.

Senza contare l’orientamento giurisprudenziale tendente a ritenere che, nelle procedure concorsuali, l’omessa indicazione nel verbale dell’orario di inizio e/o chiusura dei lavori della Commissione costituisca mera irregolarità, e non possa considerarsi necessariamente sintomatica, in mancanza di altri elementi, di una valutazione approssimata (cfr. Cons. Stato, IV, n. 3754/2013 e n. 4655/2007).

21. L’infondatezza della domanda di annullamento (o nullità) del provvedimento con cui è stata rinnovata lo scrutinio, priva di presupposto la domanda risarcitoria.

22. In conclusione, l’appello RGN 3319/2014 deve essere respinto.

23. Passando ad esaminare l’appello RGN 9353/2014, il Collegio rileva che le censure dedotte, analogamente a quelle dell’appello sopra esaminato, muovono dalla contestazione del peso decisivo assunto dal punteggio attribuito per la categoria III, la cui valutazione implica un ampio margine di discrezionalità, e, in tale ambito, la sottovalutazione delle esperienze di servizio svolte per alcuni anni al di fuori dell’Amministrazione di P.S. e dei suoi compiti strettamente operativi.

Ma, osserva il Collegio, riprendendo argomentazioni già svolte nelle premesse generali ed in relazione all’appello precedente, lo scrutinio per merito comparativo aveva la finalità di selezionare coloro che, sulla base delle rispettive esperienze possedute, dimostravano di avere maggiore attitudine allo svolgimento degli incarichi correlati all’attribuzione della qualifica di dirigente superiore della Polizia di Stato, connotati da specifiche peculiarità.

In particolare, la valutazione, oltre a tener conto dell’attribuzioni di punteggi a categorie di titoli predeterminate che non lasciano alcun margine di discrezionalità all’amministrazione, fa perno sulla categoria III, che implica delicate (ed opinabili) valutazioni discrezionali, avendo riguardo alla potenzialità attitudinale allo svolgimento di qualifiche superiori di maggiore responsabilità di ciascun scrutinando considerando il suo intero percorso di carriera e raffrontandolo con quello degli altri scrutinandi.

In tale ambito, poiché la specificità, delicatezza e complessità degli incarichi in questione presuppongono il possesso di particolare professionalità ed esperienza, risultavano particolarmente significative, in relazione allo specifico procedimento concorsuale, le attività continuativamente svolte da alcuni candidati nell’ambito dei compiti di istituto, come ritenuto dalla Commissione e dal Consiglio d’Amministrazione.

Non si vede in questo alcuna illegittima svalutazione delle esperienze professionali dell’appellante.

24. Che, poi, il punteggio attribuito all’appellante sia andato diminuendo attraverso i successivi scrutini, mentre due dei concorrenti abbiano avuto un repentino incremento di punteggio, non costituisce di per sé indice di una difettosa valutazione, posto che il principio dell’autonomia dei singoli giudizi ed il corollario della incomparabilità dei risultati degli stessi, per cui nell’ambito di ciascuno scrutinio la Commissione deve procedere ad un’autonoma valutazione, sono in effetti principi affermati dalla giurisprudenza di questo Consiglio. Senza contare che le censure investono la posizione di soli due concorrenti, ma l’appellante è risultato 48 in graduatoria (su 30 posti disponibili per le promozione, in ipotesi – volendo accedere alla prospettazione dell’appellante basata sulla equiparazione dei dirigenti collocati in posizione di aspettativa a quella dei fuori ruolo – incrementabili fino a 33), e pertanto l’interesse a far valere la censura non supererebbe comunque una prova di resistenza.

25. Per ciò che concerne la censura sull’omessa indicazione dell’orario di chiusura della seduta della Commissione, può rinviarsi a quanto argomentato in relazione al precedente appello, aggiungendo che dall’art. 7 del d.P.R. 445/2000 non possono desumersi cogenti indicazioni contrarie, e che non vi è contraddittorietà tra l’affermata autonomia dei diversi scrutini annuali (che si traduce nella mancanza di un vincolo derivante da collegamenti o continuità nelle valutazioni) e la ipotizzata conoscenza delle posizioni dei candidati da parte dei commissari (che costituisce un dato di fatto, presumibile a prescindere dalla partecipazione dei superiori alle operazioni di scrutinio).

26. Sembra infine ineccepibile quanto affermato dal TAR circa la mancanza di interesse a far valere l’omesso ampliamento del numero dei promossi da 30 a 33, stante la posizione ricoperta in graduatoria dall’appellante.

Tale censura avrebbe potuto avere ingresso qualora la valutazione fosse risultata illegittima, ma così non è stato.

27. Anche per il secondo appello, non potendosi ritenere illegittimi i provvedimenti impugnati, la domanda risarcitoria è priva di presupposto.

28. In definitiva, anche l’appello RGN 8353/2014 deve essere respinto.

29. Considerata la natura della controversia e lo sviluppo della vicenda processuale, le spese del grado di giudizio possono essere compensate.

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