Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-03-15, n. 202302709

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-03-15, n. 202302709
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202302709
Data del deposito : 15 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/03/2023

N. 02709/2023REG.PROV.COLL.

N. 00883/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 883 del 2018, proposto da
N P, rappresentato e difeso dall'avvocato A S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Orbetello, via Caduti Sul Lavoro 6;

contro

Comune di Orbetello, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza) n. 1535/2017, resa tra le parti, per l’annullamento del provvedimento del Comune di Orbetello n. 37/2001;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 marzo 2023 il Cons. T M;

Nessuno è comparso per le parti costituite;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. È appellata la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana n. 1535/2017 di reiezione del ricorso proposto dal Sig. N P avverso l’ordinanza di demolizione adottata dal Comune di Orbetello per la realizzazione abusiva di due manufatti prefabbricati in località Saline - Giannella.

2. La vicenda che fa da sfondo al presente contenzioso, ricostruita in base ai documenti e agli atti prodotti dalle parti controvertenti nei due gradi di giudizio nonché da quanto richiamato nella parte in fatto della sentenza oggetto di appello, iniziava con l’accertamento della Polizia Municipale del 6.4.2001 di due fabbricati realizzati senza titolo edilizio (manufatto in legno, adibito ad uso abitativo, 8.40 x 7.45 m, con appendice nella parte anteriore di ulteriori 2 x 1,20 m, per una superficie complessiva di 65 m2, con altezza variabile da 4.15 a 3.00 m poggiante su blocchi;
manufatto in legno, adibito ad uso abitativo, 7,65 x 3,15 m con altezza da 2,10 a 2,45 m, poggiante su blocchetti di tufo). Successivamente, il Comune ingiungeva la demolizione ed il ripristino con ordinanza del 21.5.2001, n. 37.

3. Con ricorso al TAR per la Toscana l’odierno appellante deduceva:

i) la carenza di motivazione e l’eccesso di potere, sotto il profilo del difetto di istruttoria, essendosi il Comune limitato a richiamare il verbale del Comando della Polizia Municipale;

ii) la violazione della legge n. 241/1990, per la mancanza dell’avvio del procedimento;

iii) l’incompetenza del dirigente comunale ad adottare l’atto, stante l’art. 32 della legge regionale Toscana n. 52/1999 che prevede invece la competenza del Sindaco;

iv) la mancante indicazione dell’area di sedime (da acquisirsi al patrimonio comunale nel caso dell’inottemperanza), e quindi la violazione dell’art. 7 della legge n. 47/1985.

4. Il TAR rigettava il ricorso introduttivo rilevando la correttezza del provvedimento del Comune, trattandosi delle opere contestate di nuove costruzioni. Il Giudice di prime cure sottolineava l’irrilevanza del mancante avvio di procedimento che non può comportare l’annullamento di un atto vincolato che non avrebbe potuto avere un contenuto diverso. La sentenza impugnata considerava la censura secondo cui il dirigente avrebbe rilasciato il provvedimento in luogo del Sindaco infondata e qualificava l’articolo della legge regionale implicitamente abrogata dall’art. 27 del DPR n. 380/2001. Il TAR reputava, infine, infondato il quarto motivo di ricorso accertando che l’area di sedime potrà essere indicato negli atti successivi all’ingiunzione.

5. Con tre motivi di ricorso appella la sentenza il sig. N P, che ribadisce, come già dedotto in primo grado, l’assoluta carenza di motivazione, dovuta alla mancanza nell’ordinanza un’autonoma descrizione delle opere e di un una loro qualificazione giuridica come abusive. A prosieguo, l’appellante reitera la doglianza spiegata con il ricorso in primo grado sulla violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990, deducendo che il Giudice di prime cure non avrebbe considerato che la legge citata prescriverebbe adempimenti procedurali tassativi comportanti l’invalidità degli atti emanati in loro violazione. Nel caso di specie, la legge avrebbe prescritto la partecipazione dell’interessato ed avrebbe imposto all’amministrazione di controdedurre alle eventuali osservazioni rese dall’interessato. Infine, l’appellante critica la sentenza nella parte in cui ha respinto l’ultimo motivo di primo grado, con il quale si censurava la mancante indicazione dell’area di sedime. La pacifica giurisprudenza avrebbe invece affermato che l’ordinanza di demolizione dovrebbe contenere la specifica determinazione dell’area che verrà acquisita in caso di inosservanza dell’ordine di demolizione.

6. Non si è costituito in giudizio il Comune di Orbetello, nonostante la rituale notifica del ricorso.

7. All’udienza pubblica del 9 marzo 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

8. L’appello è infondato e non merita accoglimento.

9. Con il primo motivo di appello, parte appellante lamenta il difetto di motivazione della sentenza impugnata in quanto i Giudici di primo grado non avrebbero tenuto conto della costante giurisprudenza che avrebbe accertato l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione senza una adeguata motivazione rispetto all’individuazione e qualificazione delle opere. L’unica motivazione presente nell’atto sarebbe il richiamo al rapporto della Polizia Municipale.

10. Il motivo è infondato ed è smentito da quanto emerge dalla sentenza impugnata e dagli atti di causa.

10.1 Il TAR della Toscana ha, infatti, fornito adeguata motivazione sulle ragioni dell’ordinanza di demolizione, qualificando le opere contestate di palese natura di nuova costruzione, per le quali la legge richiede un previo titolo edilizio abilitativo, assente nel caso di specie e pertanto questo dato rende evidente l’abusività dei manufatti.

10.2 In particolare, le critiche sono smentite dalla piana lettura del provvedimento impugnato, dove emerge già nell’oggetto (“ provvedimento di rimessa in pristino, ai sensi dell’art. 7 della legge 47/85 e dell’art. 31 L.R. 52/99, di opere realizzate in assenza di concessione ”) l’evidente qualificazione giuridica delle opere come abusive, in quanto realizzate senza previo titolo edilizio (con preciso riferimento alle norme alla base dell’atto). Per quanto riguarda l’indicazione delle opere contestate, il provvedimento richiama il verbale della Polizia Municipale n. 1377 del 5.5.2001, che è però allegato come parte integrante del provvedimento. Risulta, quindi, soddisfatto anche il requisito della precisa indicazione dell’abuso. Gli atti redatti dalla Polizia Municipale, anche in materia di immobili abusivi, fanno piena prova sino a querela di falso pure con riguardo alla consistenza dell'immobile;
il verbale redatto e sottoscritto dagli agenti a seguito di sopralluogo, attestante l'esistenza di manufatti abusivi, costituisce atto pubblico, fidefacente fino a querela di falso, ai sensi dell'art. 2700 c.c., delle circostanze di fatto in esse accertate sia relativamente allo stato di fatto e sia rispetto allo status quo ante (in termini, Cons. Stato, Sez. IV, n. 5262/2016).

11. Con il secondo motivo l’appellante deduce l’errore del primo giudice nel rigettare la doglianza sull’assenza del dialogo procedurale con il privato. Erroneamente il TAR avrebbe reputato irrilevante tale mancanza, trattandosi di sanzione vincolata e doverosa in esito alla realizzazione di manufatti abusivi.

12. Anche il secondo motivo di appello è destituito di fondamento e deve essere respinto. Nel caso in esame, deve essere disatteso ogni rilievo con il quale si lamenta l’omissione degli adempimenti partecipativi ex art. 7 e seguenti della legge n. 241/1990. Invero, per quanto attiene a quest’ultima violazione procedimentale, in primo luogo e in termini generali, va ribadito che l’esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce attività vincolata della p.a., con la conseguenza che ai fini dell’adozione delle ordinanze di demolizione non è necessario l’invio della comunicazione di avvio del procedimento, non potendosi in ogni caso pervenire all’annullamento dell’atto alla stregua dell’art. 21- octies , legge 241/1990 (da ultimo, Cons. Stato, sez. VI, n. 2005/2023). In riferimento al secondo rilievo, giova inoltre ricordare che, in relazione alla motivazione, la giurisprudenza di questo Consiglio è costante nell’affermare che l’attività di repressione degli abusi edilizi costituisce attività vincolata. Ne consegue che “ l’ordinanza di demolizione ha natura di atto dovuto e rigorosamente vincolato, dove la repressione dell’abuso corrisponde per definizione all’interesse pubblico al ripristino dello stato dei luoghi illecitamente alterato, con la conseguenza che essa è già dotata di un’adeguata e sufficiente motivazione, consistente nella descrizione delle opere abusive e nella constatazione della loro abusività ” ( ex plurimis Cons. Stato, sez. VI, n. 903/2019).

13. Con il terzo motivo l’appellante contesta la sentenza impugnata asserendo che la mancata indicazione dell’area di sedime, che in caso di inottemperanza all’ordine di demolizione potrebbe comportare l’acquisizione gratuita del bene al patrimonio comunale, inficerebbe il provvedimento provocando la sua illegittimità.

14. Anche l’ultima censura non può essere accolta in quanto, per granitico orientamento giurisprudenziale che non si ha ragione per non condividere, “ l'omessa o imprecisa indicazione di un'area che verrà acquisita di diritto al patrimonio pubblico non costituisce motivo di illegittimità dell'ordinanza di demolizione, poiché l'indicazione dell'area è requisito necessario ai fini dell'acquisizione, che costituisce distinta misura sanzionatoria ” ( ex multis Cons. Stato, Sez. VI, n. 6022/2022). Nello specifico, più in particolare, si è affermato che (da ultimo, Cons. Stato, Sez. VI, n. 3707/2022):

- l'esatta individuazione dell’area di sedime da acquisire in caso di mancata ottemperanza alla ingiunzione di demolizione, è necessaria solo ai fini dell'emanazione dell'atto di accertamento dell'inottemperanza all'ordine di demolizione e di acquisizione dell'area al patrimonio del comune;

- è ben vero che l'acquisizione dell'area interessata dall'abuso edilizio al patrimonio del comune costituisce un effetto che si verifica di diritto a seguito della inottemperanza alla ingiunzione, essendo l'atto di accertamento necessario al solo fine della trascrizione del trasferimento del bene presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari;
tuttavia, proprio per tale motivo, si deve rilevare che mentre l'omessa specifica individuazione del sedime oggetto di acquisizione nella ordinanza di demolizione non preclude di per sé il successivo trasferimento, che appunto avviene ope legis , essa neppure è idonea ad influire sulla legittimità dell'ordine di demolizione che si fonda sulla mera abusività delle opere da demolire e che non potrebbe essere messa in discussione dalla omessa indicazione dei confini dell'area che il comune acquisisce gratuitamente;

- l'art. 31, comma 2, D.P.R. n. 380/2001, a mente del quale nella ingiunzione di demolizione delle opere abusive il dirigente o il responsabile competente indica l'area oggetto di acquisizione gratuita a favore del comune, deve dunque intendersi nel senso che con l'ingiunzione di demolizione si deve avvisare il responsabile dell'abuso circa il fatto che la mancata rimozione delle opere abusive entro il termine di novanta giorni comporta, a favore del Comune, il trasferimento della proprietà del sedime interessato dalle opere abusive nonché dell'ulteriore area necessaria per la realizzazione di opere analoghe. È necessario, inoltre, precisare che la mancanza di detto avviso comporta non già l'illegittimità dell'ordine di demolizione quanto, piuttosto, il mancato passaggio del sedime al patrimonio del comune nel caso di mancata rimozione delle opere abusive entro il termine di novanta giorni, dovendosi considerare l'avviso di che trattasi quale elemento costitutivo di questa particolare fattispecie acquisitiva a favore del patrimonio del Comune;

- la specifica indicazione dei confini dell'area oggetto di acquisizione gratuita a favore del Comune deve quindi essere effettuata nel successivo atto di accertamento della inottemperanza all'ordine di demolizione, atto avverso il quale l'interessato può ricorrere, sia per contestare i confini dell'area siccome non rispondenti ai criteri indicati all'art. 31, comma 3, D.P.R. n. 380/2001, sia per contestare, più in generale, il mancato inveramento di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie traslativa in questione, in particolare in ragione dell'assenza, nella ingiunzione di demolizione, dell'avviso di cui s’è detto.

15. Alla luce delle considerazioni che precedono l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza impugnata.

16. La contumacia del Comune di Orbetello in questo giudizio esime il Collegio di pronunciarsi sulle spese di lite.

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