Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-05-31, n. 202305348
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Testo completo
Pubblicato il 31/05/2023
N. 05348/2023REG.PROV.COLL.
N. 08084/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8084 del 2022, proposto dalla
A & C. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avv. M F e con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia;
contro
Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avv. B P e con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia;
nei confronti
De Vivo Energie S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesco Nobile e Alfonso De Vivo e con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Isaia Sales, in Roma, v.le Giulio Cesare, n. 109;
per la riforma,
previa sospensione dell’efficacia e previe misure cautelari monocratiche,
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania – Salerno, Sezione Prima, n. 2647/2022 del 12 ottobre 2022, resa tra le parti sul ricorso, integrato da motivi aggiunti, R.G. n. 277/2019.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti l’istanza di misure cautelari monocratiche e il decreto presidenziale n. 5110/2022 del 27 ottobre 2022, recante accoglimento della stessa;
Vista l’istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata, presentata in via incidentale dall’appellante, e preso atto del rinvio della discussione al merito;
Viste la memoria di costituzione e difensiva e la documentazione dell’Autorità di Sistema Portuale (AdSP) del Mar Tirreno Centrale;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della De Vivo Energie S.r.l.;
Viste le memorie, i documenti e le repliche delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 febbraio 2023 il Cons. P D B e uditi per le parti l’avv. Pasquale Gargano, su delega dell’avv. M F, l’avv. B P e l’avv. Francesco Nobile;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con l’appello in epigrafe la A & C. S.r.l. (d’ora in poi “A”) ha impugnato la sentenza del T.A.R. Campania, Salerno, Sez. I, n. 2647/2022 del 12 ottobre 2022, chiedendone la riforma, previa sospensione dell’esecutività e previe misure cautelari monocratiche.
In fatto, l’A espone di avere svolto per decenni il servizio di distribuzione di carburanti S.I.F. nel porto di Salerno, da ultimo giusta concessioni del 2016. In data 3 maggio 2005 l’Autorità Portuale di Salerno, in ossequio a quanto deliberato dal Comitato Portuale nella seduta del 20 dicembre 2004, invitava la società a fornire la documentazione tecnica utile alla delocalizzazione di detta attività dal “ Molo Manfredi ” al “ Molo 3 Gennaio ”, formando il sito di provenienza oggetto di un’opera pubblica di ampliamento. In riscontro alla richiesta, l’A presentava istanza di delocalizzazione e veniva attivata la relativa istruttoria.
Nel febbraio 2017 l’Autorità (ora Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale) comunicava che i lavori di riassetto del “ Molo Manfredi ”, nel quale era posto il precedente impianto, avrebbero avuto inizio al termine dell’estate di quell’anno, chiedendo, perciò, la liberazione dell’area demaniale occupata.
All’esito dell’istruttoria, in data 19 settembre 2017 il Comune di Salerno rilasciava il provvedimento unico. Seguiva, in data 18 dicembre 2017, il rilascio da parte dell’Autorità della concessione per il nuovo sito (n. 28/2017), con durata fino al 31 dicembre 2018. Nella predetta concessione – osserva la società appellante – le veniva richiesto di presentare un Piano Economico e Finanziario ( P.E.F. ) in relazione al previsto investimento.
Senonché, la nuova area assentita in concessione risultava, di fatto, indisponibile, siccome utilizzata da terzi per lo stoccaggio di merci e materiali e tale indisponibilità – lamenta l’appellante – perdurava, perché soltanto nel novembre 2018 l’Autorità si decideva ad indire la gara per lo sgombero in danno dell’area stessa.
Nel frattempo, in data 31 maggio 2018 l’A trasmetteva il P.E.F. , necessario – secondo la sua prospettazione – alla fissazione del termine di durata della concessione demaniale. In data 10 agosto 2018, poi, la società presentava istanza di rinnovo della concessione.
Tuttavia, in data 19 dicembre 2018 l’Autorità di Sistema Portuale emanava un avviso (pubblicato sul sito web dell’Autorità dal 21 dicembre 2018 al 12 gennaio 2019), con cui, ai sensi dell’art. 18 reg. cod. nav., avviava il procedimento di pubblicazione della predetta istanza presentata dall’A per il rinnovo della concessione demaniale n. 28/2017.
Tale avviso veniva impugnato dall’odierna appellante con il ricorso introduttivo del giudizio innanzi al T.A.R. Campania, Salerno, nella parte in cui aveva previsto il rilascio di un’eventuale concessione in favore di terzi. La società impugnava, inoltre, l’avviso pubblicato sul sito web dell’Autorità dal 24 gennaio al 12 febbraio 2019, con il quale era stata resa nota la presentazione da parte della De Vivo Energie S.r.l. (“De Vivo”) di una manifestazione di interesse per la concessione dell’area demaniale di cui alla riferita domanda di rinnovo.
Successivamente l’A presentava tre gruppi di motivi aggiunti:
a) con il primo chiedeva l’annullamento della nota dell’Autorità di Sistema Portuale del 19 settembre 2019, recante l’attivazione della procedura prevista dall’art. 37 cod. nav. in caso di concorso di più domande di concessione, e l’accertamento del proprio diritto a conservare la disponibilità dell’area demaniale in questione;
b) con il secondo impugnava la delibera dell’Autorità del 13 settembre 2021, recante approvazione dei verbali di gara e presa d’atto dell’esito della procedura concorsuale, la delibera del Comitato di Gestione dell’Autorità stessa contenente parere favorevole al rilascio della concessione demaniale e i verbali della suindicata procedura;
c) con il terzo, infine, chiedeva l’annullamento della delibera del Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale n. 115/2022 del 23 marzo 2022, che ha aggiudicato la concessione demaniale in favore della controinteressata De Vivo.
Con la sentenza appellata l’adito Tribunale dichiarava inammissibili il ricorso introduttivo e i primi due gruppi di motivi aggiunti e respingeva il terzo ricorso per motivi aggiunti.
In sintesi, la declaratoria di inammissibilità del ricorso introduttivo e del primo e secondo ricorso per motivi aggiunti è stata ricollegata dal T.A.R. alla natura endoprocedimentale degli atti impugnati e al mancato perfezionamento, alla data della proposizione dei suddetti ricorsi, dell’aggiudicazione della concessione alla De Vivo. Il terzo ricorso per di motivi aggiunti è stato, invece, respinto in ragione dell’infondatezza nel merito delle censure con esso dedotte.
Nel gravame l’appellante contesta le motivazioni e le conclusioni cui è pervenuta la sentenza di prime cure, deducendo i motivi che di seguito si sintetizzano (salvo quanto si dirà più estesamente in sede di disamina degli stessi).
A) In relazione alla declaratoria di inammissibilità del ricorso introduttivo e, in parte qua , dei motivi aggiunti:
I) error in iudicando , violazione di legge (art. 1, comma 1180, della l. n. 205/2017 ed art. 97 Cost.), violazione e falsa applicazione della risoluzione del Ministero dello Sviluppo Economico del 7 marzo 2018, n. 87935, eccesso di potere per difetto di istruttoria, difetto assoluto del presupposto, erroneità, perplessità, arbitrarietà, illogicità e sviamento, in quanto l’avviso con il quale l’AdSP ha attivato il procedimento per la concessione dell’area a terzi sarebbe atto immediatamente lesivo degli interessi della ricorrente, tenuto conto della durata e delle finalità della concessione n. 28/2017, rilasciata a quest’ultima;
B) in relazione all’effettiva durata e finalità della concessione n. 28/2017:
II) error in iudicando , violazione di legge (art. 1, comma 1180, della l. n. 205/2017 ed art. 97 Cost.), violazione e falsa applicazione della risoluzione del Ministero dello Sviluppo Economico del 7 marzo 2018, n. 87935, eccesso di potere per difetto di istruttoria, difetto assoluto del presupposto, erroneità, perplessità, arbitrarietà, illogicità e sviamento, poiché l’Autorità, avendo richiesto alla concessionaria di presentare un P.E.F. , avrebbe dovuto fissare un termine di durata della concessione demaniale pari quantomeno alla durata dell’ammortamento prevista dal P.E.F. stesso, ma la sentenza appellata non avrebbe neppure esaminato tale censura;
III) error in iudicando , violazione di legge (artt. 80 e 83 del d.lgs. n. 50/2016 in relazione all’art. 37, comma 1, cod. nav. e all’art. 97 Cost.), eccesso di potere per difetto di istruttoria, difetto assoluto del presupposto, erroneità, perplessità, arbitrarietà, illogicità e sviamento, in quanto l’aggiudicataria De Vivo sarebbe stata priva del requisito di idoneità professionale di cui all’art. 83, comma 1, lett. a) , del d.lgs. n. 50/2016 (per come stabilito ai punti 5c) e 7a) dell’avviso) e avrebbe falsamente dichiarato di esserne in possesso.
L’istanza di misure cautelari monocratiche è stata accolta con decreto presidenziale n. 5110/2022 del 27 ottobre 2022.
Si è costituita in giudizio con memoria di costituzione e difensiva l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale, eccependo l’infondatezza dell’appello e concludendo per la sua reiezione, con reiezione, altresì, dell’istanza cautelare.
Si è inoltre costituita in giudizio la De Vivo Energie S.r.l., depositando memoria e concludendo per l’infondatezza dei motivi di appello.
Nella camera di consiglio del 15 novembre 2022, fissata per la discussione dell’istanza cautelare, il Presidente, su richiesta delle parti, ha rinviato la causa al merito, fissando per la relativa discussione l’udienza pubblica del 28 febbraio 2023, con l’impegno dell’AdSP di non eseguire, nelle more della decisione di merito, il provvedimento impugnato.
In vista dell’udienza di merito le parti hanno depositato memorie e repliche.
In particolare la De Vivo, oltre a riproporre le eccezioni già sollevate, ha eccepito l’improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse alla sua decisione, per avere l’A omesso di effettuare l’investimento cui era tenuta, malgrado avesse dichiarato il contrario nel P.E.F. e malgrado gli obblighi assunti in sede di gara, sicché l’appellante, avendo reso una dichiarazione mendace, non potrebbe più ottenere l’agognata aggiudicazione.
L’appellante ha replicato a tale eccezione, insistendo per l’accoglimento del gravame.
L’Autorità di Sistema Portuale, dal canto suo, ha replicato alla memoria dell’appellante, insistendo per l’infondatezza delle doglianze di questa.
All’udienza pubblica del 28 febbraio 2023 sono comparsi i difensori delle parti; di seguito la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Viene in decisione l’appello dell’A & C. S.r.l. contro la sentenza del T.A.R. Campania, Salerno, che ha dichiarato inammissibili il ricorso introduttivo della stessa A e i primi due atti di motivi aggiunti, mentre ha respinto il terzo atto di motivi aggiunti, avente ad oggetto la delibera con la quale il Presidente dell’AdSP del Mar Tirreno Centrale ha disposto l’aggiudicazione in favore della De Vivo Energie S.r.l. della concessione di beni demaniali marittimi ubicati al “ Molo 3 Gennaio ” del Porto di Salerno, finalizzata al mantenimento di un distributore carburanti S.I.F., un deposito oli e attrezzature antincendio e antinquinamento, un prefabbricato ad uso ufficio, ecc., di cui all’avviso del 19 dicembre 2018 (gravato con il ricorso introduttivo).
In via preliminare va evidenziato che gli scritti difensivi della De Vivo superano i limiti dimensionali stabiliti dall’art. 3 del d.P.C.S. 22 dicembre 2016, n. 167, senza che risulti l’autorizzazione al loro superamento, di tal ché di tali scritti si tiene conto esclusivamente per le parti non eccedenti i limiti stessi, mentre le parti che li oltrepassano vengono stralciate, siccome inammissibili (C.d.S., Sez. VII, 17 dicembre 2022, n. 10123).
Si passa ora alla disamina della controversia.
Come poc’anzi detto, la sentenza appellata, dopo aver dichiarato inammissibili il ricorso originario e i primi due motivi aggiunti, ha respinto il terzo ricorso per motivi aggiunti, con cui la ricorrente, oltre a riproporre i vizi derivati dalle censure dedotte con i suddetti atti, aveva fatto valere vizi propri del provvedimento di aggiudicazione della concessione.
In primo luogo, il T.A.R. ha ritenuto infondata la doglianza avente a oggetto la mancata fissazione, da parte dell’AdSP, di un termine di durata della concessione pari almeno al tempo necessario per ammortizzare l’investimento, individuato nel P.E.F. in dieci anni: tale termine indicato dal P.E.F. avrebbe – secondo la prospettazione della ricorrente – sostituito quello di dodici mesi fissato in sede di rilascio della concessione demaniale n. 28/2017, ma in contrario il primo giudice ha rilevato come la trasmissione del P.E.F. fosse stata espressamente prevista “ al fine delle successive valutazioni in ordine alla prosecuzione delle attività ”.
In secondo luogo, la sentenza impugnata ha disatteso i motivi con i quali la ricorrente aveva dedotto l’illegittimo avvio del procedimento di cui all’art. 18 reg. cod. nav., disciplinante le ipotesi di rinnovo dei procedimenti concessori.
Il T.A.R., anzitutto, non ha condiviso l’argomentazione, secondo cui la concessione n. 28/2017 non avrebbe potuto ritenersi scaduta. Ha sottolineato, in proposito, l’infondatezza della tesi della proroga ope legis della concessione relativa all’impianto di carburante con riferimento sia all’art. 1, comma 1180, della l. n. 205/2017, sia all’art. 1, comma 18, del d.l. n. 94/2009: tali disposizioni – osserva la sentenza – non si applicano nel caso di specie, poiché la prima riguarda le concessioni di commercio su aree pubbliche (con esclusione delle vendite di carburanti e oli minerali), la seconda è relativa alle concessioni demaniali di natura turistico-ricreativa: né la concessione n. 28/2017 è sussumibile nella nozione di “ approdo turistico ”.
Il Tribunale ha poi escluso che la concessione demaniale de qua fosse caratterizzata da una durata decennale ai sensi dell’art. 18, comma 4- bis , della l. n. 84/1994, atteso che tale disposizione, riportata oggi al comma 2, prevede una durata almeno decennale limitatamente alle concessioni per l’impianto e l’esercizio dei depositi e stabilimenti di cui all’art. 52 cod. nav. dichiarati “ strategici ” ai sensi della l. n. 239/2004.
Ancora, il primo giudice non ha condiviso la tesi della ricorrente secondo cui il termine di scadenza della concessione non avrebbe iniziato il proprio decorso, attesa la perdurante indisponibilità dell’area assentita: ciò, sia perché nel caso di specie ci si è trovati innanzi a una delocalizzazione dell’area di ubicazione dell’impianto a suo tempo assentito per effetto dell’avvio su di essa di opere pubbliche, il che avrebbe potuto giustificare una revoca da parte dell’Autorità concedente, sia perché, per effetto delle proroghe tecniche medio tempore disposte in applicazione del d.l. n. 34/2020, l’A ha comunque beneficiato della nuova area concessale per un periodo di tempo ben più ampio di quello originariamente fissato.
Il giudice di prime cure ha poi disatteso la doglianza per la quale, poiché la procedura di cui all’art. 18 reg. cod. nav. riguarda solo le nuove concessioni di particolare importanza per entità o scopo, essa sarebbe stata illegittimamente attivata nel caso di specie, relativo a una mera delocalizzazione della precedente concessione. A tal riguardo ha sottolineato che la concessione n. 28/2017 aveva previsto testualmente la durata dell’atto ampliativo dalla data del rilascio fino al 31 dicembre 2018, senza effettuare alcuna novazione sotto il profilo temporale delle concessioni oggetto di delocalizzazione, con conseguente qualificazione dell’istanza presentata il 10 agosto 2018 dall’A quale richiesta di rinnovo (come del resto l’ha qualificata la società stessa), sottoposta, perciò, alla disciplina di cui al citato art. 18.
Analogamente, il T.A.R. ha respinto la censura di violazione dell’art. 2 della l. n. 241/1990 per non essersi l’Autorità pronunciata espressamente sull’ora vista istanza di rinnovo (solo all’esito del cui rigetto avrebbe potuto – in tesi – attivare il procedimento ex art. 18 cit.). Ed invero, la disciplina delle concessioni demaniali marittime (artt. 36 e 37 cod. nav. e 5 e 18 reg. cod. nav.), per come interpretata dalla giurisprudenza, impone che, a fronte di una domanda di rinnovo della concessione, sia avviata una procedura comparativa: orbene – evidenzia la sentenza – l’impianto di detta disciplina sarebbe scardinato se, a fronte dell’istanza di rinnovo del concessionario uscente, la P.A. dovesse valutare prioritariamente la suddetta istanza, poiché ciò si tradurrebbe in una surrettizia reintroduzione del c.d. diritto di insistenza, ormai espunto dal nostro ordinamento.
In terzo luogo, la sentenza gravata ha respinto le censure di illegittimità derivata dell’aggiudicazione, basate sul presupposto che l’avviso non avrebbe richiesto requisiti di idoneità professionale specifici, non consentendo di valutare le maggiori garanzie di utilizzazione proficua della concessione, e non avrebbe incluso fra i requisiti necessari di partecipazione il possesso della preventiva autorizzazione regionale per depositi di oli minerali.
In contrario il Tribunale ha ricordato come, trattandosi nel caso di specie di contratto attivo, ai sensi dell’art. 4 del d.lgs. n. 50/2016 l’affidamento non dovesse seguire nei dettagli la disciplina prevista per i contratti passivi, ma limitarsi all’osservanza dei principi di “ economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica ”. Ne seguiva l’ampia discrezionalità della P.A. nella predisposizione delle clausole della lex specialis e nell’indicazione dei requisiti di partecipazione, sindacabile in sede giurisdizionale solo nelle ipotesi di manifesta irrazionalità e illogicità, o di evidente sproporzione e disparità di trattamento tra i concorrenti.
Nella vicenda in esame, inoltre, da un lato l’avviso pubblico prevedeva chiari requisiti di idoneità professionale e di capacità economico-finanziaria, dall’altro non era censurabile l’omessa previsione del previo possesso dell’autorizzazione regionale per depositi di oli minerali, poiché l’avviso pubblico aveva subordinato la stipula della concessione all’assolvimento, ad opera dell’aggiudicatario, degli adempimenti di legge (tra cui l’obbligo di munirsi “ di ogni altra autorizzazione e/o nulla osta di competenza di altri Enti/Amministrazioni, previsti dalla legge ai fini dell’espletamento delle attività connesse all’occupazione ”). Il tutto – aggiunge la sentenza – senza tralasciare che la De Vivo, per effetto di cessione d’azienda del 2017, è titolare dell’autorizzazione deposito S.I.F. n. 222 del 15 maggio 2013, rilasciata dalla Regione Campania.
Da ultimo, la sentenza appellata ha disatteso i motivi a mezzo dei quali erano stati dedotti vizi propri del provvedimento di aggiudicazione.
Innanzitutto il T.A.R. ha respinto la censura di illegittimità della mancata esclusione dalla gara della De Vivo, in quanto società priva del requisito di idoneità professionale ex art. 83, comma 1, lett. a) , del d.lgs. n. 50/2016. Tale censura si basava sulla circostanza che la De Vivo non avrebbe mai gestito un impianto di distribuzione dei carburanti e avrebbe invece svolto (quale mera attività di importanza secondaria) il “ commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi e lubrificanti per autotrazione, di combustibili per riscaldamento ”, che erroneamente la Commissione avrebbe ritenuto “ coerente con la destinazione d’uso di gestione di impianto di distribuzione carburanti ”.
La sentenza ha rammentato, in argomento, come la lex specialis (punti 5c) e 7a) dell’avviso pubblico) avesse richiesto, quale requisito di idoneità, la mera coerenza e compatibilità delle attività, e non già la natura analoga o affine delle stesse. Nel caso di specie, pertanto, essendo state richiamate attività meramente coerenti o compatibili, la valutazione della Commissione avrebbe potuto ritenersi illogica, qualora le attività per le quali l’aggiudicataria risulta iscritta alla C.C.I.A. fossero risultate incoerenti o incompatibili con quelle oggetto della procedura: il che, però, non si è qui verificato, l’attività di grossista di carburanti comprendendo in sé (come il più contiene il meno) l’attività di gestione di un impianto di distribuzione di carburanti. In questo modo, ad avviso del T.A.R., diviene poi irrilevante la questione dell’effettivo esercizio da parte della controinteressata dell’impianto di erogazione dei carburanti ubicato nel “ Marina d’Arechi-Port Village ”, acquistato in data 27 ottobre 2017 (effettivo esercizio che secondo l’A andrebbe escluso in virtù dell’esistenza, al tempo dell’acquisto, di un contratto di affitto con la Facomgas S.r.l.).
Né, secondo il Tribunale, può ravvisarsi un’ipotesi di falsità della dichiarazione resa dalla De Vivo in ordine al possesso del requisito de quo , come lamentato dalla ricorrente, tenuto conto del carattere controverso della nozione di “ attività coerenti ” e considerato l’insegnamento dell’Adunanza Plenaria n. 16 del 2020 sul concetto di dichiarazione falsa, predicabile rispetto a una situazione fattuale e non a valutazioni riguardanti elementi di carattere giuridico.
La sentenza ha inoltre ritenuto infondata la doglianza in base alla quale la controinteressata avrebbe dovuto essere esclusa perché priva dei requisiti di capacità economico-finanziaria per partecipare alla procedura, atteso che nel 2017 avrebbe riportato una perdita di € 19.202,00 ed un patrimonio netto negativo di € 9.210,00, mentre nel 2018 avrebbe realizzato un utile di € 24.100,00 ed un patrimonio netto di € 34.099,00, di tal ché non sarebbe stata neppure in grado di far fronte alla spesa di subentro (pari ad € 647.624,88).
In contrario, però, il T.A.R. ha richiamato la disciplina dettata dall’avviso pubblico, che si limitava a richiedere un’apposita referenza bancaria (su cui la ricorrente non ha svolto alcuna contestazione) e non richiedeva il pareggio di bilancio. Ha poi indicato un andamento positivo nei conti della società nel passaggio dal 2017 al 2018 ed ha evidenziato la solidità finanziaria e patrimoniale della De Vivo attestata dalle relazioni giurate che questa ha versato in giudizio, non adeguatamente confutate dalla ricorrente.
Infine, la sentenza ha rigettato il motivo avente a oggetto il difetto di istruttoria e di motivazione che avrebbe viziato l’aggiudicazione, per non avere l’Autorità svolto alcuna valutazione sulla carenza dei requisiti in capo all’aggiudicataria e sulla dichiarazione mendace che questa avrebbe reso. Sul punto il T.A.R. ha infatti sottolineato che le deduzioni della A circa la pretesa assenza di requisiti in capo alla De Vivo sono state specificamente valutate dalla Commissione, come da nota interna del 22 gennaio 2020, e che, in realtà, non vi è alcuna dichiarazione mendace.
Così riassunto l’ iter argomentativo seguito dal T.A.R., il Collegio deve esaminare in via prioritaria l’eccezione di improcedibilità dell’appello sollevata dalla controinteressata in ragione della mancata integrale effettuazione, da parte dell’A, dell’investimento di € 647.624,88, in contrasto con la dichiarazione resa nel P.E.F. dalla stessa appellante. Quest’ultima avrebbe, quindi, dichiarato il falso, avendo accettato in sede di partecipazione alla gara, alla stregua della clausole della lex specialis , la corresponsione da parte dell’aggiudicataria della somma investita, per come indicata nel P.E.F. (pari, appunto, ad € 647.624,88), nell’eventualità dell’aggiudicazione della concessione a terzi e, dunque, della “perdita” della concessione: ciò, pur nella consapevolezza di aver investito una somma inferiore a quella indicata, ad oggi peraltro neppure nota (tant’è vero che l’appellante finora si sarebbe sempre sottratta all’obbligo di esibire le fatture giustificative dell’investimento).
Pertanto l’appellante, avendo reso una dichiarazione mendace in sede di gara, non potrebbe ottenere l’auspicata aggiudicazione, con il corollario della sopravvenuta carenza di interesse a una pronuncia giudiziale, per essere venuto meno il bene della vita oggetto dell’azione.
L’eccezione non può essere condivisa.
Da un lato, infatti, l’A ribatte – in modo convincente – di essersi limitata a comunicare il costo sostenuto, a consuntivo, e che nessuna correlazione vi è tra tale comunicazione e la clausola della lex specialis di accettazione del rimborso della somma di € 647.624,88. D’altro lato, anche a seguire le tesi della controinteressata, non vi è nessun automatismo tra le dichiarazioni rilasciate dalla società nel P.E.F. e l’interesse a una pronuncia giudiziale che annulli l’aggiudicazione della concessione alla De Vivo, spettando all’Autorità concedente di verificare se ci si trovi in presenza di una dichiarazione mendace resa dall’appellante e di trarne, in caso di risposta positiva a detto interrogativo, le dovute conseguenze.
L’“ attitudine espulsiva automatica ” della falsità dichiarativa (C.d.S., A.P., 28 luglio 2020, n. 16; Sez. III, 9 marzo 2022, n. 1698) ovviamente nulla toglie alla necessità che si pervenga all’accertamento della suddetta falsità.
In altre parole, anche a voler accedere alla tesi della mancata effettuazione, da parte dell’appellante, dell’investimento nella misura indicata nel P.E.F. , ciò non inciderebbe sull’interesse della stessa ad ottenere una pronuncia a sé favorevole, che resterebbe immutato; toccherebbe all’AdSP valutare se il contrasto tra le dichiarazioni contenute nel P.E.F. e la condotta della società integri o no un’ipotesi di falsità delle dichiarazioni stesse, e trarre da tale valutazione i dovuti corollari.
Donde, in conclusione, l’infondatezza della suesposta eccezione.
Venendo al merito del gravame, il Collegio reputa che le censure dell’appellante non siano in grado di scalfire le motivazioni e le conclusioni della sentenza impugnata.
In particolare, con il primo motivo di gravame l’A si duole della declaratoria, ad opera della sentenza di prime cure, dell’inammissibilità del ricorso introduttivo e dei primi due ricorsi per motivi aggiunti e contesta la motivazione posta a fondamento di tale declaratoria, quella, cioè, della natura endoprocedimentale degli atti impugnati.
Sostiene sul punto che l’avviso del 19 dicembre 2018, con cui l’AdSP ha attivato il procedimento concessorio, sarebbe atto immediatamente lesivo dei suoi interessi, avuto riguardo proprio alla scelta dell’Autorità di attivare il riferito procedimento per l’aggiudicazione della concessione a terzi, pur in presenza di una concessione in essere con la stessa appellante, la cui durata avrebbe dovuto essere determinata in relazione al Piano Economico e Finanziario.
Senonché, nei rispettivi scritti difensivi sia l’Autorità di Sistema Portuale, sia la controinteressata hanno posto in evidenza l’inutilità dello scrutinio del motivo, il cui eventuale accoglimento sarebbe improduttivo di effetti per l’appellante, giacché le censure affidate al ricorso principale ed ai primi due gruppi di motivi aggiunti sono state