Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-09-14, n. 202207977
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Pubblicato il 14/09/2022
N. 07977/2022REG.PROV.COLL.
N. 05418/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SNTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5418 del 2015, proposto dai signori C G, C L, C P, I O (rappresentata, giusta procura speciale in atti dal signor M G), nonché dall’Istituto diocesano per il sostentamento del clero, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati A M, D G e F T, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F T in Roma, largo Messico, 7;
contro
il Comune di Luni (già Comune di Ortonovo), in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati G G e S V, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima, in Roma, via Asiago 8;
nei confronti
della Regione Liguria, della Provincia di La Spezia, dei signori Marcesini Massimo e Scapazzoni Giancarlo, non costituitisi in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sez. I, n.1814 del 5 dicembre 2014, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Luni (già Comune di Ortonovo);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 luglio 2022 il consigliere Silvia Martino;
Udito l’avvocato A M;
Dato atto dell’istanza di passaggio in decisione depositata dall'avvocato G G;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Gli originari ricorrenti, proprietari di compendio immobiliare classificato dal PUC del Comune di Ortonovo come distretto di trasformazione D1 - Camporegio, ricorrevano al T.a.r. per la Liguria avverso la delibera n. 8 del 2014, avente ad oggetto l’adozione della variante di Piano relativa ai Distretti di trasformazione e alle Unità di intervento non attuati.
1.1. Essi articolavano, altresì, una domanda di risarcimento dei danni patiti in conseguenza degli atti impugnati.
1.2. In primo grado venivano dedotti sei articolati mezzi di gravame (da pagina 6 a pagina 28).
2. Con la sentenza oggetto dell’odierna impugnativa, il T.a.r. ha respinto il ricorso e compensato tra le parti le spese di lite.
3. L’appello è affidato a sei mezzi di gravame (estesi da pagina 7 a pagina 35) che possono essere così sintetizzati.
I. L’Amministrazione non avrebbe in alcun modo considerato l’intrinseca vocazione dei terreni dei ricorrenti. La zona è infatti racchiusa tra aree completamente edificate ed urbanizzate e confina direttamente con le due principali arterie stradali presenti nel Comune. La scelta pianificatoria sarebbe inoltre in contrasto con gli obiettivi indicati nella Relazione fondativa del PUC.
II. Secondo il Comune, gli eventi alluvionali che hanno interessato il territorio nel novembre 2012 evidenzierebbero l’esigenza di limitare le previsioni di nuovi insediamenti per i Distretti non attuati, così da preservare inalterate “ superfici non impermeabilizzate che assolvono ad una funzione di contenimento e dragaggio delle acque meteoriche ” nei casi di allagamento e circoscrivere conseguentemente il rischio di eventi calamitosi analoghi a quelli verificatisi.
Tuttavia gli eventi in questione non hanno riguardato il Distretto per cui è causa il quale, a dire degli appellanti, non presenterebbe criticità idrauliche di sorta.
III. È stata riproposta, altresì, la censura con la quale era stato stigmatizzato il preteso ritardo con cui l’Amministrazione avrebbe esaminato il progetto edilizio presentato dai ricorrenti nel 2010.
IV. Il fatto che tale progetto edilizio non sia stato approvato sarebbe dovuto alle richieste di integrazione della p.a., le quali avrebbero inutilmente aggravato il procedimento.
Essi ritengono, pertanto, di avere maturato un affidamento qualificato al mantenimento della preesistente destinazione urbanistica.
In ogni caso, la variante avrebbe dovuto essere assistita da una specifica e puntuale motivazione, relativamente ai paventati “rischi alluvionali”.
V. In ragione delle aspettative maturate, i ricorrenti avrebbero dovuto ricevere comunicazione dell’avvio dell’adozione della variante generale.
VI. È stato riproposto, infine, anche il sesto motivo del ricorso di primo grado, relativo alla ipotizzata sussistenza di un conflitto di interessi in capo ad alcuni membri del Consiglio e della Giunta comunale.
4. Si è costituito, per resistere, il Comune di Luni (già Comune di Ortonovo) che ha riproposto le eccezioni preliminari di inammissibilità, non esaminate dal T.a.r.
5. Con nota del 24 dicembre 2020 è stato dato ai ricorrenti “ avviso di perenzione ultraquinquennale ” ai sensi dell’art. 82, comma 1, c.p.a., a seguito del quale è stata depositata dichiarazione di interesse alla trattazione del ricorso da parte dei signori Lorenzo e Priscilla Ciompi.
6. Il Comune di Luni ha depositato una memoria conclusionale in data 27 giugno 2022 (alle ore 9.44).
Anche gli appellanti hanno depositato memoria conclusionale, lo stesso giorno (alle ore 19.11.)
7. Il Comune ha depositato memoria di replica il successivo 7 luglio (ore 7.45), mentre gli appellanti hanno depositato la loro memoria nella stessa data ma alle ore 18.18.
8. L’appello, infine, è passato in decisione alla pubblica udienza del 28 luglio 2022.
9. In via preliminare va rilevata la tardività e quindi la inutilizzabilità delle memorie depositate dai ricorrenti in data 27 giugno 2022 alle ore 19.11, e 7 luglio 2022 alle ore 18.18.
Il deposito è infatti avvenuto, in violazione del combinato disposto degli artt. 73, comma 1, c.p.a. e 4, comma 4, disp. att. c.p.a., oltre le ore 12 dell’ultimo giorno utile (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 5767 del 2021;in precedenza, n. 1841 del 2021).
Da tali disposizioni si evince infatti che il deposito con il processo amministrativo telematico (PAT) è possibile fino alle ore 24.00, ma se effettuato l’ultimo giorno utile rispetto ai termini previsti dal comma 1 dell’art. 73 c.p.a., ove avvenga oltre le ore 12 ( id est , l’orario previsto per i depositi prima dell’entrata in vigore del PAT), si considera - ai fini della garanzia dei termini a difesa e della fissazione delle udienze camerali e pubbliche - effettuato il giorno successivo, ed è quindi tardivo.
Il termine ultimo di deposito alle ore 12, quindi, permane, anche all’indomani dell’entrata in vigore del PAT, come termine di garanzia del contraddittorio tra le parti e della corretta organizzazione del lavoro del collegio giudicante.
10. Poiché in appello è stato devoluto l’intero thema decidendum trattato in primo grado, per ragioni di economia dei mezzi processuali e semplicità espositiva, secondo la logica affermata dalla decisione della Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 5 del 2015, il collegio esaminerà direttamente ed esclusivamente i motivi originari posti a sostegno del ricorso di primo grado (nonchè le prove documentali ivi acquisite), che perimetrano obbligatoriamente il processo di appello ex art. 104 c.p.a. (sul principio e la sua applicazione pratica, fra le tante, cfr. sez. IV, n. 1137 del 2020, n. 1130 del 2016, sez. V, n. 5868 del 2015;sez. V, n. 5347 del 2015).
11. Ciò posto, può prescindersi dall’esame delle eccezioni di inammissibilità del ricorso di primo grado, riproposte dal Comune, in quanto l’appello è infondato nel merito e deve essere respinto.
Al riguardo, si osserva quanto segue.
12. Il primo ordine di rilievi riguarda il vulnus che la variante avrebbe arrecato alle linee di sviluppo del territorio comunale come previste e programmate dal PUC, con il conseguente sacrificio delle aspettative edificatorie degli appellanti.
12.1. In linea generale, vanno richiamati e confermati i consolidati principi secondo cui:
- le scelte di pianificazione urbanistica sono caratterizzate da ampia discrezionalità e costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità;
- in occasione della formazione di uno strumento urbanistico generale le decisioni dell’Amministrazione riguardo alla destinazione di singole aree non necessitano di apposita motivazione, oltre quella che si può evincere dai criteri generali - di ordine tecnico discrezionale - seguiti nell’impostazione del piano stesso (cfr. Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, 22 dicembre 1999, n. 24, nonché, ex multis , Cons. Stato, sez. IV, 19 novembre 2018, n. 6483;28 giugno 2018, n. 3987).
In questo caso, infatti, viene in considerazione una aspettativa generica del privato alla non reformatio in peius delle destinazioni di zona edificabili, cedevole dinanzi alla discrezionalità del potere pubblico di pianificazione urbanistica, ed analoga a quella di ogni altro proprietario di aree che aspira ad una utilizzazione più proficua del proprio immobile
Inoltre:
- l’interesse pubblico all’ordinato sviluppo edilizio del territorio è funzionalmente rivolto alla realizzazione contemperata di una pluralità di interessi pubblici, che trovano il proprio fondamento in valori costituzionalmente garantiti (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 10 maggio 2012, n. 2710);
- una destinazione di zona precedentemente impressa non determina l’acquisizione, una volta e per sempre, di una aspettativa di edificazione non più mutabile, essendo appunto questa modificabile (oltre che in variante) con un nuovo P.R.G., conseguenza di una nuova e complessiva valutazione del territorio, alla luce dei mutati contesti e delle esigenze medio tempore sopravvenute (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 25 maggio 2016, n. 2221;8 giugno 2011, n. 3497);
- la motivazione delle scelte urbanistiche, sufficientemente espressa in via generale, è desumibile sia dai documenti di accompagnamento all'atto di pianificazione urbanistica, sia dalla coerenza complessiva delle scelte effettuate dall'amministrazione comunale (Cons. Stato, sez. IV, 26 marzo 2014, n. 1459);
- una motivazione “rafforzata” è richiesta solo in presenza di superamento degli standard minimi, di una convenzione di lottizzazione o di un accordo equivalente, di pronunce di annullamento di diniego di permesso di costruire o di silenzio inadempimento, passate in giudicato (cfr., ex plurimis , Cons. Stato, sez. IV, sentenza 25 giugno 2019, n. 4343).
12.2. Nel caso di specie, la contestata variante non ha comportato la completa elisione ma solo la riduzione (nell’ordine del 25% per il Distretto D1) della capacità edificatoria prevista dal PUC approvato nel 2008, unitamente all’ampliamento delle aree destinate a verde di rispetto ambientale (cfr. la pagina 6 del rapporto preliminare, doc. n. 8 depositato dal Comune, in primo grado).
Nella delibera impugnata si legge altresì che le modifiche introdotte “ risultano compatibili con la descrizione fondativa ” del PUC “ non comportando sostanziali mutamenti degli obiettivi relativi ai contesti interessati ”.
12.3. Risultano poi ben chiare, nelle premesse della medesima delibera, le linee di indirizzo sottese alla nuova disciplina urbanistica, che è scaturita dagli eventi alluvionali verificatisi nel 2011 e nel 2012 e che persegue il fine di “ contenere il consumo delle risorse territoriali mediante riduzione delle superfici di nuova edificazione previste dal PUC nei distretti di trasformazione non ancora attuati […] che interessino terreni inedificati e consentano l'edificazione di 3 o più unità immobiliari residenziali, in quanto ritenute significative per la trasformazione urbanistica del territorio ”.
Nello specifico, per quanto riguarda i Distretti D1 e D2 l’Amministrazione ha evidenziato che, pur non essendo stati direttamente colpiti dagli eventi alluvionali, in essi si erano comunque verificati frequenti episodi di allagamento.
Non può quindi ritenersi illogica una scelta finalizzata a ridurre l’ulteriore consumo di suolo e ad incrementare la quantità di aree permeabili per il contenimento e il drenaggio delle acque meteoriche.
12.4. Quanto alla posizione di affidamento qualificato alla conservazione della destinazione urbanistica in atto, invocata dai ricorrenti, si è già evidenziato che essa può rinvenirsi solo in presenza di una convenzione di lottizzazione o di un accordo equivalente, valido ed efficace, ovvero di pronunce di annullamento di diniego di permesso di costruire o di silenzio inadempimento, passate in giudicato (cfr. anche da ultimo sez. IV n. 2460 del 2022.
Nel caso di specie, il Piano attuativo presentato nel 2010, al momento dell’adozione della variante, risultava ancora in fase istruttoria ed era quindi inidoneo a radicare una situazione di affidamento.
12.5. È rimasta altresì priva di efficace contestazione la ricostruzione degli eventi operata dal primo giudice, il quale ha messo in luce che nella prima fase di esame del progetto, integralmente sostituito dai richiedenti il 13 luglio 2011, “ la Commissione edilizia aveva lamentato l’assenza della documentazione tecnica necessaria per l’approvazione, rilevando nella seduta successiva, deputata all’esame delle integrazioni fornite dai ricorrenti, del 7 agosto 2012, ben tredici elementi di criticità ostativi .
La progettazione, passata al vaglio nel maggio del 2013, non aveva recepito la prescrizione (specificamente impartita dall’amministrazione) di concentrare le tipologie degli edifici sì da “ridurre le superfici coperte”.
Solo in coincidenza con l’adozione della variante (lo stesso giorno della delibera impugnata) è stato protocollato l’elaborato che recepisce la prescrizione ”.
Inoltre, non risulta, né comunque è stato dimostrato, un “comportamento dilatorio” imputabile al Comune nella definizione del procedimento d’approvazione del PUO.
12.6. La natura generale della variante, unitamente all’assenza di una situazione di affidamento qualificato in capo agli odierni appellanti, destituiscono di fondamento anche le censure relative alla violazione delle garanzie di partecipazione al procedimento amministrativo.
Queste ultime infatti, non si applicano all’adozione degli strumenti urbanistici, per i quali “ restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione ” (art. 13 della l. n. 241/90).
12.7. Per quanto riguarda le censure relative alla violazione del dovere di astensione da parte dell’assessore M.M. e del consigliere G.S., si osserva quanto segue.
12.7.1 L’imparzialità dei pubblici funzionari è un principio fondamentale dell’ordinamento, esplicitamente affermato dall’art. 97 Cost. (cfr. anche l’art. 98, comma 1, relativo al principio di esclusività del servizio dei pubblici impiegati e l’art. 54, comma 2, sull’adempimento delle funzioni pubbliche “ con disciplina e onore ”).
L’imparzialità è un valore anche dell’Unione europea, richiamato nella Carta dei diritti fondamentali all’art. 41, comma 1.
Nello specifico, il tema del conflitto di interessi ha formato oggetto di raccomandazioni e linee guida in ambito internazionale, dalle quali è scaturito l’inserimento, nel corpo della l. n. 241/90 (ad opera della l. n. 190 del 2012), dell’art. 6 – bis (“ Il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale .”).
12.7.2 Nella fattispecie viene in rilievo una disposizione di carattere speciale, oggi compendiata nell’art. 78, comma 2, del d.lgs. n. 267 del 2000 (testo unico enti locali, t.u.e.l.) ma che, nel suo nucleo essenziale, è anteriore alla stessa Costituzione, risultando enunciata già nel r.d. n. 148 del 1915 (art. 290).
Essa sancisce espressamente l’obbligo per gli amministratori locali di astenersi dal prendere parte alla discussione e alla votazione di delibere riguardanti interessi propri e di parenti e affini sino al quarto grado.
Tale obbligo “ non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell'amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado ”.
12.7.3. La giurisprudenza ha da tempo affermato che l’obbligo di astensione “è espressione di una regola generale ed inderogabile, di ordine pubblico, applicabile quindi anche al di fuori delle ipotesi espressamente contemplate dalla legge ” (Cons. Stato, sez. IV, sentenza n. 2826 del 2003).
Le condizioni più stringenti sancite dalla disposizione contenuta nell’art. 78, comma 2, del t.u.e.l. per i regolamenti e gli atti generali — essendo richiesta una “ correlazione immediata e diretta ” con l’interesse in conflitto —rispondono tuttavia ad un’esigenza di carattere pratico poiché, in un contesto geografico delimitato, è evenienza molto frequente che gli amministratori locali abbiano un qualche generico interesse nelle fattispecie sulle quali sono chiamati a deliberare.
12.7.4. Sussistendo una obiettiva situazione di conflitto, è poi ininfluente che l’amministratore, o il funzionario, abbiano proceduto in modo imparziale ovvero che non sussista prova del condizionamento eventualmente subito (Cons. Stato, sez. V, 12 giugno 2009, n. 3744;successivamente, sez. V, sentenza n. 5465 del 2014.)
Inoltre (cfr., Cons. Stato, sez. V, sentenza n. 2970 del 2008):
a) l’obbligo di astensione ricorre per il solo fatto che i membri del collegio amministrativo siano portatori di interessi divergenti rispetto a quello generale affidato alle cure dell’organo di cui fanno parte, risultando irrilevante, a tal fine, la circostanza che la votazione non avrebbe potuto avere altro apprezzabile esito, che la scelta sia stata in concreto la più utile e la più opportuna per lo stesso interesse pubblico, ovvero che non sia stato dimostrato il fine specifico di realizzare l’interesse privato o il concreto pregiudizio dell'amministrazione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 26 maggio 2003, n. 2826);
b) i soggetti interessati alle deliberazioni assunte dagli organi collegiali di cui fanno parte devono evitare di partecipare finanche alla discussione, potendo condizionare nel complesso la formazione della volontà assembleare, sicché è irrilevante l'esito della prova di resistenza (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 7 ottobre 1998, n. 1291);
c) l’atto assunto in violazione dell'obbligo di astensione è annullabile in toto e non solo per la parte eventuale del provvedimento che riguardi il solo componente incompatibile (cfr. sez. IV, 21 giugno 2007, n. 3385);
d) a tutela dell'immagine dell’amministrazione, rileva anche il conflitto di interessi potenziale, come evidenziato anche dalla giurisprudenza costituzionale e civile (cfr. Corte cost. 28 maggio 1975, n. 129;Cass. 16 settembre 2002, n. 13507).
12.7.5. Ciò posto, nella fattispecie, anche alla luce dei rigorosi parametri fissati dalla giurisprudenza, non risultano elementi idonei a dimostrare la sussistenza di un conflitto di interessi, reale o potenziale.
Per quanto riguarda l’assessore M. (il cui coniuge sarebbe titolare di un immobile frontistante l’area d’intervento), si rileva che questi non è consigliere comunale e non ha partecipato all’approvazione della deliberazione consiliare di approvazione della variante.
Quanto al consigliere S., anche in questo caso, gli appellanti deducono una situazione di conflitto di interessi derivante dalla proprietà di un appartamento esterno al Distretto D1 ma ad esso adiacente.
In entrambi i casi, gli appellanti sostengono che la situazione di conflitto sarebbe determinata dal fatto che gli immobili beneficerebbero della riduzione degli indici edificatori del comparto D1 e che sarebbe loro garantita “una visuale aperta e libera”.
Si tratta, però, di una prospettazione meramente ipotetica poiché non è dato sapere, allo stato, dove si concentrerà o, comunque, verrà realizzata la residua capacità edificatoria del comparto.
Gli appellanti avrebbero infatti dovuto dimostrare che, per effetto dell’istituzione di aree di rispetto ovvero della localizzazione di vincoli di inedificabilità assoluta, la variante abbia determinato, in concreto, un beneficio per gli immobili in questione, ancorché esterni all’area di intervento.
Manca, in definitiva, una correlazione immediata e diretta, obiettivamente apprezzabile, tra il contenuto della deliberazione e gli interessi degli amministratori, tale da imporre loro il dovere di astensione.
12.7. In definitiva, per quanto sopra argomentato, l’appello deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo secondo i criteri di cui al regolamento n. 55 del 2014