Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-08-27, n. 202005249
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Pubblicato il 27/08/2020
N. 05249/2020REG.PROV.COLL.
N. 05111/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5111 del 2018, proposto dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e dal Comitato per l’applicazione del Codice di autoregolamentazione media e minori, in persona dei rispettivi rappresentanti legali
pro tempore
, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato presso la cui sede domiciliano per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
la RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a., in persona del rappresentante legale
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’avvocato C P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via dei Prefetti, n. 17;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. III, 16 marzo 2018 n. 3006, per come corretta con decreto collegiale n. 5331/2018, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Vista la costituzione in giudizio della società RAI e i documenti prodotti;
Esaminate le ulteriori memorie, anche e i documenti depositati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del 28 maggio 2020 (svolta secondo la disciplina prevista dall’art. 84 comma 5, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla l. 24 aprile 2020, n. 27, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto dalla circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario generale della Giustizia amministrativa) il Cons. S T;
Premesso che la presente decisione può essere redatta in forma semplificata sussistendone in presupposti ai sensi dell’art. 74 c.p.a.;
Premesso inoltre che :
– l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (d’ora in poi, per brevità, Autorità) riferisce di avere presentato ricorso nella presente sede di appello per ottenere la riforma della sentenza n. 3006/2018, con la quale il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha accolto il ricorso proposto dalla società RAI-Radiotelevisione Italiana S.p.a. (di seguito, per brevità, RAI) e, di conseguenza, ha annullato l’impugnata delibera n. 81/04/CSP, del 25 maggio 2004, con la quale l’Autorità aveva ingiunto alla predetta società televisiva il pagamento della sanzione amministrativa di € 10.000,00 (euro diecimila/00) per la violazione dell’art. 15, comma 10, l. 6 agosto 1990, n. 223;
- il Comitato per l’applicazione del Codice di autoregolamentazione media e minori dichiara, invece, di avere proposto il presente ricorso in sede d’appello (in uno con l’Autorità) al solo scopo di veder dichiarare la carenza di legittimazione passiva nel presente contenzioso non rilevata dal Tribunale amministrativo regionale, attesa la propria limitata funzione di organo del Ministero dello sviluppo economico privo di autonoma soggettività giuridica, al quale del tutto irritualmente è stato notificato l’originario ricorso;
Considerato che l’Autorità appellante ha ricostruito la vicenda sottesa al presente contenzioso come segue:
- con nota del 24 settembre 2003 il Comitato di applicazione “ Codice autoregolamentazione tv e minori ” (prot. n. CTM/290/03) veniva notificata alla società RAI l’apertura di un procedimento ispettivo per aver mandato in onda in data 24 maggio 2003 su Rai Due alle ore 21,00 il TV movie “ L’isola della vendetta ” contenente “ un crescendo di singole situazioni di violenza, un generale clima di incubo ”, invitando la stessa a far pervenire le proprie controdeduzioni entro il termine di legge, che venivano trasmesse dalla società televisiva entro i termini previsti;
- in esito a tale fase procedimentale il Comitato di applicazione “ Codice autoregolamentazione tv e minori ”, con risoluzione del 4 novembre 2003, giudicava la puntata in oggetto meritevole di attenzione sotto il profilo del Codice sicché, trasmessa detta risoluzione (in data 5 novembre 2003) al Dipartimento garanzie e contenzioso dell’Autorità, con atto del 15 gennaio 2004 veniva accertata in capo alla RAI la violazione dell’art. 15, comma 10, l. 223/1990 e, di conseguenza, con contestuale con atto prot. n. CONT/05/04/DGC/AEM veniva contestata alla RAI la violazione di cui sopra;
- a ciò seguiva l’audizione della società incolpata (in data 18 marzo 2004) e la presentazione di ulteriori memorie tendenti a ritenere nullo l’intero procedimento e, comunque, infondata la contestazione mossa, ma la Commissione servizi e prodotti dell’Autorità, pur tenuto conto dell’audizione svolta e del contenuto delle memorie prodotte, all’esito dell’istruttoria procedimentale riteneva di non poter accogliere le argomentazioni difensive spese dalla società e adottava, in data 25 maggio 2004, la delibera n. 81/04/CSP, con la quale ingiungeva alla RAI di pagare la sanzione amministrativa di € 10.000,00 (euro diecimila/00) per la violazione dell’art. 15, comma 10, della l. 223/1990;
Tenuto conto che la RAI proponeva ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio sostenendo l’illegittimità del provvedimento sanzionatorio e che il TAR Lazio accoglieva il gravame affermando che “ (…) il programma in esame veniva trasmesso non nell’orario della cosiddetta “fascia protetta”, ma in prima serata e che era preceduto da apposito avviso che ne sconsigliava la visione ai minori, ribadito con segnalazione in fondo allo schermo (…)” e che al riguardo “l’AGCom ha ritenuto nel suo insieme potenzialmente nocivo ai minori il film, senza tuttavia dare indicazione di specifiche sequenze o scene potenzialmente pregiudizievoli o di violenza gratuita, come invece richiesto, ex art.15, comma 10 della Legge n.223 del 1990 (…) ”;
Rilevato che l’Autorità ritiene errata la sentenza del primo giudice (con conseguente travolgimento della stessa nella sede di appello e reiezione del ricorso di primo grado) in quanto:
- la disposizione che la RAI, ad avviso dell’Autorità, ha violato, nello specifico, stabilisce che “è vietata la trasmissione di programmi (i)che possano nuocere allo sviluppo psichico o morale dei minori, (ii) che contengano scene di violenza gratuita o pornografiche, (iii) che inducano ad atteggiamenti di intolleranza basati su differenze di razza, sesso, religione o nazionalità” ;
- dalla lettura della disposizione sopra trascritta emerge con evidenza che la prescrizione in questione reca, anzitutto, un divieto di carattere generale, non riferito a specifiche condotte, ma strutturato in funzione del bene da tutelare e, dunque, contraddistinto da un ambito applicativo ampio, basato sull’attitudine lesiva del singolo messaggio rispetto al bene giuridico protetto, vale a dire lo sviluppo psichico o morale dei minori;
- pare evidente che a ratio di siffatto divieto di carattere generale è quella di prevenire e sanzionare programmi lesivi dello sviluppo fisico, psichico e morale dei minori, anche durante la fascia oraria durante la quale il pubblico dei minori è presumibilmente supportato dalla presenza di un adulto, prevedendo, quindi, anche due fattispecie tipiche che stigmatizzano la trasmissione di programmi che contengano scene di violenza gratuita o pornografiche ovvero che inducano ad atteggiamenti di intolleranza basati su differenze di razza, sesso, religione o nazionalità;
- se dunque la disposizione che si assume essere stata violata dal programma RAI si riferisce a tre distinte fattispecie, quali la trasmissione di programmi nocivi allo sviluppo psichico o morale dei minori, la trasmissione di programmi contenenti scene di violenza gratuita o pornografiche, la trasmissione di programmi inducenti ad atteggiamenti di intolleranza basati su differenze di razza, sesso, religione o nazionalità, è di tutta evidenza che, nella specie, è il primo dei tre comportamenti appena elencati ad essere stato sanzionato con il provvedimento impugnato in primo grado, in quanto il Tv movie “ L’isola della vendetta” risultava inadatto per un pubblico di minori, per le immagini proposte e in generale per la trama caratterizzata da elementi e contenuti di estrema tensione (riscontrandosi rappresentazioni di violenze fisiche e psicologiche perpetrate nei confronti di protagoniste prevalentemente adolescenti);
- può dunque considerarsi sufficiente a fondare la legittimità del provvedimento sanzionatorio nella specie impugnato la dimostrata concreta nocività per i minori delle scene trasmesse, che emerge con evidenza dalla visione del film nella sua interezza, caratterizzandosi per i contenuti di estrema tensione e per la rappresentazione di violenze fisiche e psicologiche perpetrate nei confronti di protagoniste prevalentemente adolescenti (per come si è sopra già chiarito);
Dato atto della costituzione in giudizio di RAI che ha analiticamente contestato le avverse prospettazioni sostenendo la correttezza della sentenza del primo giudice e confermando la illegittimità del provvedimento sanzionatorio impugnato in primo grado;
Ritenuto che la giurisprudenza di questa Sezione con plurime e recenti pronunce (cfr., ex multis , Cons. Stato, Sez. VI, 13 maggio 2020 n. 3034, 6 aprile 2020, n. 2300 e n 2299), rispetto alle quali il Collegio non ha motivo di mutare orientamento nel caso di specie, in quanto pressoché sovrapponibile, in punto di diritto, a quelli decisi con le richiamate sentenze, ha chiarito che:
- la previsione di cui all’art. 15, comma 10, l. 233/1990 (per effetto della quale “ è vietata la trasmissione di programmi che possano nuocere allo sviluppo psichico o morale dei minori, che contengano scene di violenza gratuita o pornografiche, che inducano ad atteggiamenti di intolleranza basati su differenze di razza, sesso, religione o nazionalità ”), nel fare riferimento ai programmi che possano nuocere allo sviluppo psichico o morale dei minori, prevede una fattispecie di illecito di pericolo concreto;
- ciò comporta che ai fini dell'integrazione della fattispecie sanzionata, occorre l'accertamento, della effettiva esposizione a pericolo del bene tutelato dalla norma violata, desumibile da specifiche e rilevanti circostanze concretamente occorse;
- in definitiva, il giudizio che deve essere effettuato, sulla scorta della disciplina europea e dei precetti costituzionali, si atteggia sotto forma di bilanciamento tra l'esigenza di tutela del minore e la garanzia della libertà di espressione da effettuare secondo un parametro di proporzionalità che deve tenere conto delle concrete circostanze del caso;
Appurato che , nella fattispecie, come evidenziato dal primo giudice e non contestato dall'appellante, la trasmissione del film avveniva nella fascia oraria denominata "televisione per tutti", 21.00-23.00, ossia al di fuori della fascia protetta dedicata alla televisione per minorenni e che, inoltre, venivano adottati accorgimenti che sconsigliavano la visione del film ai minori sia sotto forma di previo annuncio che di apposita iconografia;
Valutato che la motivazione adottata dall'Autorità appellante nel provvedimento impugnato non risulta sufficiente ad evidenziare le ragioni per le quali il programma in questione sarebbe nocivo per lo sviluppo psichico o morale dei minori, in quanto il generico riferimento a scene recanti “ rappresentazioni di violenze fisiche e psicologiche perpetrate nei confronti di protagoniste prevalentemente adolescenti ”, senza analitica indicazione delle scene che sono idonee a ledere il bene protetto, non risulta sufficiente a spiegare come ciò metta a repentaglio il benessere psichico dei minori, che, seguendo le modalità consigliate dalla RAI dovevano essere allontanati o opportunamente seguiti dagli adulti durante la visione, dovendo altrimenti concludersi che nessun giallo o thriller possa essere trasmesso in quella fascia oraria non espressamente riservata ai minori. Sotto questo profilo la motivazione del provvedimento impugnato, infatti, potrebbe essere utilizzata per rilevare la presenza di una condotta illecita in relazione alla trasmissione di un qualsiasi film dei generi citati;
Ribadito che il delicato bilanciamento tra tutela del soggetto minore e libertà di espressione artistica impone, in definitiva, che l'amministrazione esponga in modo chiaro il meccanismo potenzialmente nocivo per lo sviluppo psichico o morale dei minori attraverso una dettagliata descrizione delle immagini, del loro contenuto e correlazione, circostanze che non emergono dagli atti del procedimento svolto dall’Autorità nel caso di specie;
Stabilito dunque che in assenza di adeguata motivazione non può, quindi, ritenersi accertato l'elemento oggettivo della fattispecie contestata all'odierna appellata e deve, di conseguenza, respingendo l’appello proposto dall’Autorità confermarsi la pronuncia di prime cure;
Ritenuto infine che non ha pregio la contestazione sollevata dal Comitato per l’applicazione del Codice di autoregolamentazione media e minori, costituendo un organo ministeriale che definisce una fase di rilievo della procedura sanzionatoria, concepita dal legislatore quale procedimento amministrativo sub-fasico a formazione progressiva nel quale ciascun organo assume la competenza e la responsabilità delle decisioni assunte in ogni singola subfase che compone la procedura sanzionatoria;
Stimato che sussistono i presupposti di cui all’art. 92 c.p.a., per come espressamente richiamato dall’art. 26, comma 1, c.p.a., per compensare le spese del presente grado di appello tra tutte le parti in giudizio;