Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-12-13, n. 201908476
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Pubblicato il 13/12/2019
N. 08476/2019REG.PROV.COLL.
N. 05974/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5974 del 2019, proposto da
dalla società Definvest s.r.l., in persona dell'Amministratore unico e legale rappresentante ing. G D G, corrente in Roma, Via Misurina n. 101, rappresentata e difesa dall'Avv. M F ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Perugia, via Cesarei n. 4, giusta procura a margine dell’atto di appello, e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Comune di Perugia in persona del Sindaco in carica p.t., rapp.to e difeso dagli avv.ti R M e S M ed elettivamente domiciliato presso lo studio Enrico Di Ienno in Roma, viale G. Mazzini, 33, e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del TAR Umbria n. 208/2019 depositata il 26.04.2019 e notificata a mezzo PEC in data 6.05.2019, concernente impugnazione ordinanza di demolizione
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Perugia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2019 il Cons. Paolo Carpentieri e uditi per le parti gli avvocati Elena Stella Richter su delega dell'avv. M F, Luca Zetti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Col ricorso in epigrafe, notificato il 27 giugno 2019, la società Definvest s.r.l. ha impugnato la sentenza del TAR Umbria n. 208/2019 del 26 aprile 2019, notificata il 6 maggio 2019, con la quale è stato respinto il ricorso RG n. 782/2014 ed i motivi aggiunti successivamente proposti per l'annullamento, quanto al ricorso introduttivo, dell'ordinanza n. 20 del 31 luglio 2014, con la quale il Comune di Perugia ha ordinato “ il ripristino dello stato dei luoghi come da progetto approvato con permesso di costruire n. 73/2005, con riferimento alla destinazione d'uso degli edifici ad attività ricettiva, previa ricostituzione dell'originaria unica unità immobiliare ”, nonché “ di rimuovere. . . le opere di ampliamento descritte in premessa ripristinando lo stato dei luoghi ”;quanto al primo atto di motivi aggiunti del 31 agosto 2017, del provvedimento prot. 2017/0106786 del 7 giugno 2017 con il quale il Comune di Perugia ha rigettato l'istanza presentata dalla ricorrente (unitamente agli altri proprietari degli immobili di che trattasi) al fine di ottenere il parere preventivo, ai sensi della delibera di consiglio comunale n. 18/2014, in ordine alla variante del PRG del Comune di Perugia finalizzata a consentire la destinazione d'uso residenziale (già consentita per il 20%) per tutte le unità immobiliari realizzate, a fronte della realizzazione di una strada di PRG;quanto ai secondi motivi aggiunti del 5 dicembre 2017, del provvedimento prot. 2017/0205834 del 16 ottobre 2017 con il quale il Comune di Perugia ha ritenuto inadeguato il costo dell'opera compensativa proposta, nonché della deliberazione della giunta comunale di Perugia n. 409 del 25 ottobre 2017, avente ad oggetto “ Cambio di destinazione urbanistica in località Castel del Piano (Comparto “IR”) diniego alla procedura compensativa in esecuzione alla DCC 18/2014 ”, di ratifica dei precedenti provvedimenti dirigenziali, e della delibera del consiglio comunale di Perugia n. 18 del 10 marzo 2014, nella parte in cui sono stati determinati i valori delle aree ai fini dell'applicazione degli istituti della premialità e della compensazione.
2. La società ricorrente riferisce in fatto di aver realizzato, in Perugia, loc. Castel del Piano (su area censita al foglio 299, particelle 46 e 211), un intervento consistente nella realizzazione di una “... casa albergo, consistente in appartamenti da utilizzare a fini ricettivi, previa demolizione di edificio esistente all'interno dell'area e sul sedime del fabbricato ”, in forza di permesso di costruire n. 73 del 17 gennaio 2005, su terreni aventi destinazione urbanistica ad insediamento ricettivo turistico “Ir”, disciplinata dall'art. 108 del testo unico delle norme tecniche di attuazione del PRG (oltre che ad area per spazi attrezzati a parco, per il gioco e lo sport “Ppu”, ad area agricola periurbana “Ep” ed a viabilità di PRG). Sulla base del successivo permesso di costruire in variante n. 2196 del 17 novembre 2005, l’intervento prevedeva – riferisce sempre la società appellante - n. 36 unità immobiliari (10 monolocali e 26 bilocali), con la specificazione che “ Le unità immobiliari potranno essere alienate anche separatamente, pur rimanendo obbligatoria la sua destinazione ad uso turistico ”, costituendo “ Casa ed appartamenti vacanze ” ai sensi dell'art. 3 comma b e dell'art. 5 della legge regionale n. 8 del 14 marzo 1995. Ultimati i lavori, (nel gennaio 2019), la società ricorrente ha provveduto all'accatastamento dell'edificio, come richiesto dal Comune, con un’unica particella catastale (foglio 299, part. 1961, sub 75), così ottenendo il certificato di agibilità n. 325/2009, ma, avendo intenzione di vendere gli appartamenti separatamente, dopo aver inutilmente richiesto all'Amministrazione il rilascio di certificazioni di agibilità separate per ciascuno degli appartamenti, la ricorrente riferisce di aver comunque provveduto ad accatastare i detti appartamenti con particelle separate, classificando le particelle destinate al soggiorno in categoria A/2. Espone infine di avere venduto 14 su 36 appartamenti a privati acquirenti provvedendo nei singoli rogiti a specificare che trattavasi di unità immobiliari “ facenti parte del complesso appartamenti per vacanze ”, vincolando gli acquirenti al rispetto del “ regolamento di condominio vigente ” debitamente trascritto, con l’aggiunta di un’apposita clausola contrattuale che esplicitava le “ limitazioni derivanti dalla destinazione d'uso ad esercizio ricettivo aperto al pubblico ”, con vincolo come “ da regolamento per la gestione dei servizi comuni ”, in forza della quale la parte si vincolava alla “ gestione dei servizi comuni del complesso vacanze denominato “Parco degli Ulivi” ed alla concessione in locazione dei singoli appartamenti compravenduti da parte dell'organizzazione imprenditoriale a ciò preposta, contenute nell'art. 2 del citato regolamento ”.
3. Il Comune di Perugia ha dunque ordinato (con il provvedimento n. 20 del 2014) alla società appellante (e a taluni acquirenti di unità immobiliari) “ il ripristino dello stato dei luoghi come da progetto approvato con permesso di costruire n. 73 del 2005 con riferimento alla destinazione d’uso dell’edificio ad attività ricettive, previa ricostituzione dell’originaria unità immobiliare, tenuto conto anche del vizio che inficia i frazionamenti catastali ed i conseguenti atti di compravendita ”, avendo accertato che la Definvest aveva “ trasformato l’edificio, destinato ad attività ricettiva, posto su area destinata dal vigente P.R.G. ad insediamenti ricettivi (IR) . . . previo frazionamento dell’unica unità immobiliare originaria in 73 unità immobiliari, di cui n. 36 destinate a civile abitazione, n. 36 destinate a garage e n. 1 destinata a magazzino, in violazione delle prescrizioni dello strumento urbanistico (art. 108 T.U.N.A. vigente) ”, con la considerazione che “ la modifica dell’utilizzazione dell’edificio in parola comporta la realizzazione di un intervento eseguito in totale difformità dal permesso di costruire ”, dal che l’ordine di ripristino dello stato dei luoghi ai sensi dell’art. 6 della legge regionale n. 21 del 2004.
4. Con i successivi atti di motivi aggiunti, già sopra richiamati, la società odierna appellante ha poi impugnato gli atti con i quali l’Amministrazione comunale intimata ha respinto la sua “ richiesta di accoglimento preliminare da parte della Giunta Comunale, ai sensi 8 della D.C.C. n. 18 del 10.03.2014, di un progetto di variante di destinazione urbanistica da “Ir” a residenziale ” in forza dell'istituto della compensazione disciplinato dall'art. 39 della legge regionale n. 1 del 2015 ( medio tempore entrata in vigore), finalizzata alla modificazione della destinazione d'uso in abitativa a fronte della realizzazione, a cura e spese della società Definvest, “ di un tratto di strada di collegamento tra Via Strozzacapponi (in prossimità dell'intersezione con via Elvira) e strada Vicinale Canonica (da cui il complesso trae accesso) su un terreno che la soc. Definvest s.r.l. aveva già acquistato allo scopo, parzialmente già prevista dal PRG ”, domanda respinta dal Comune a motivo che del contenzioso pendente e del rilievo che il valore dell'opera aggiuntiva prospettata non era assolutamente sufficiente a compensare il cambio di destinazione d'uso da zona IR a zona residenziale, alla luce dei criteri applicativi contenuti nella delibera n. 18/2014, e perché l'opera compensativa proposta “ non rientra nella programmazione triennale comunale ”.
5. La sentenza appellata ha respinto il ricorso e i due atti di motivi aggiunti compensando tra le parti le spese di causa.
5.1. Il Tar ha respinto il ricorso introduttivo considerando che la destinazione impressa all’edificio, chiaramente residenziale, non poteva dirsi conservata per il sol fatto della previsione dell’obbligo del mantenimento della destinazione ricettiva di ciascun alloggio trasfusa nei singoli atti di vendita e nel regolamento condominiale, pur se trascritto, trattandosi di vincoli di natura privatistica “ inter partes ” e incoercibili;non occorreva la comunicazione di avvio del procedimento;che la sopravvenienza, nell’ottobre 2012, della variante n. 98 introduttiva della possibilità di utilizzo abitativo delle strutture ricettive nella misura del 20% della volumetria ammissibile, dunque successiva all’autorizzazione e realizzazione del complesso edilizio, costituiva ulteriore comprova della non conformità urbanistica all’epoca della realizzazione dell’intervento in contestazione, non avendo peraltro la parte ricorrente mai chiesto la trasformazione del complesso nel limite della suddetta percentuale;che il mutamento di destinazione posto in essere costituirebbe una variazione essenziale ai sensi dell'art. 32 comma 1, lett. a ), del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (mutamento di destinazione d'uso non autorizzato senza opere, ma comportante una variazione degli standards previsti dal d.m. 2 aprile 1968), mutamento inoltre operato tra categorie non omogenee, da turistico-alberghiera a residenziale.
5.2. Il Tar ha altresì respinto i motivi aggiunti giudicando in sostanza legittime le ragioni ostative opposte dal Comune all’istanza presentata dalla ricorrente volta a promuovere una variante urbanistica in applicazione delle misure compensative previste dalla deliberazione consiliare n. 18 del 10 marzo 2014 del Comune di Perugia (assenza di ragioni di pubblico interesse a sostegno della variante, inammissibilità di variante con finalità sanante, giudizio negativo circa il valore dell’opera compensativa rispetto ai parametri stabiliti nella citata delibera consiliare n. 18/2014, mancata previsione nel programma triennale delle opere pubbliche) e prive di pregio le doglianze “formali” dedotte con i motivi sub VIII e X, riferite a norme sulla partecipazione di cui alla legge n. 241 del 1990, non applicabili in materia di pianificazione e programmazione.
6. L’appello censura la sentenza di primo grado e ripropone in sostanza le doglianze dedotte in quel grado di giudizio.
6.1. Con il primo motivo di appello, rubricato “ Totale fraintendimento della fattispecie, omessa pronuncia/violazione dell'art. 112 c.p.c.;violazione dell'art. 6 della L.R. 21/2004;violazione dell'art. 3 della L. 241/90;difetto di motivazione;eccesso di potere per difetto di istruttoria, illogicità ed ingiustizia manifeste, travisamento dei presupposti di fatto e di diritto ”, la parte appellante sostiene che la sentenza gravata si fonderebbe su una errata ricostruzione dei fatti poiché l'Amministrazione intimata non avrebbe verificato con un apposito accertamento l'uso di fatto degli immobili, essendosi limitata piuttosto a dedurre il cambio di destinazione d'uso dall'assegnazione di singole particelle catastali agli appartamenti–vacanza realizzati e dall'avvenuta vendita degli stessi;rileva altresì criticamente che la circostanza che gli acquirenti avrebbero preso la residenza anagrafica presso gli appartamenti acquistati sarebbe irrilevante, poiché la residenza, essendo ex art. 43 c.c. il luogo in cui viene stabilita la dimora abituale, non sarebbe necessariamente il luogo deputato ad essere abitato e non avrebbe quindi nulla a che vedere con l'uso effettivo di un immobile;lamenta che il Comune e la sentenza di primo grado non avrebbero considerato che solo 14 appartamenti (sui 36 realizzati) sono stati venduti, non essendo stata accertata nei 22 appartamenti di (attuale) proprietà di Definvest alcun uso residenziale, sicché il cambio di destinazione d’uso avrebbe dovuto al limite esser perseguito dal Comune nei confronti degli attuali proprietari degli appartamenti venduti, che si erano obbligati alla gestione comune di tipo ricettivo. Nel riproporre il primo motivo del ricorso in primo grado, a detta dell’appellante non compiutamente esaminato dal primo Giudice, il motivo di appello in esame ribadisce l’illegittimità del provvedimento impugnato poiché nel caso di specie il “fatto” preso in considerazione dall'Amministrazione (cioè l'accatastamento) non avrebbe alcun rilievo ai fini dell'emissione della sanzione edilizia (essendo quindi del tutto inidoneo a motivarla), e ciò perché l'accatastamento di un edificio sarebbe irrilevante ai fini dell'accertamento della conformità dell'uso dell'edificio stesso rispetto alla destinazione urbanistica di zona (la stessa categoria catastale A/2 assegnata agli appartamenti di che trattasi sarebbe di per sé irrilevante a fini urbanistici, l'attribuzione della classe catastale essendo effettuata solo ed esclusivamente in base alla normativa in materia catastale, quindi solo alla luce delle caratteristiche tecniche dell'immobile, e avendo la stessa Agenzia delle entrate rilevato che la classe A ben può essere attribuita anche ad unità immobiliari comprese in strutture ricettive che costituiscano “ manufatti edili che presentano caratteristiche similari alle abitazioni (con ingresso svincolato dalla reception, cucina, camere, servizi igienici, ecc.) per le quali risultano pertinenti le categoria delle residenze (A/2, A/3 (circolare Agenzia delle Entrate prot. 0024273 del 20 aprile 2009). Il tratto caratterizzante la struttura ricettiva non sarebbe l'unicità della proprietà ma, piuttosto, l'unitarietà della gestione. Analogamente, in base all'art. 24 della legge regionale dell’Umbria n. 13 del 2013, che definisce gli esercizi extra – alberghieri denominati “ case ed appartamenti per vacanze ”, per verificare se sia venuto meno l'uso ricettivo di appartamenti – vacanze, sarebbe stato necessario verificare (ma sempre dal punto di vista fattuale) se fosse venuta meno l'apertura al pubblico o la gestione unitaria, accertamento in fatto che non sarebbe stato eseguito dall’amministrazione nella fattispecie. Nella fattispecie, invece, sussisterebbero tutti i presupposti richiesti dalla legge regionale, poiché ciascuno degli acquirenti delle case per vacanze vendute (peraltro completamente arredate) si è espressamente vincolato al rispetto delle “ limitazioni derivanti dalla destinazione d'uso ad esercizio ricettivo aperto al pubblico ” e degli obblighi derivanti dal “ regolamento per la gestione dei servizi comuni, l'uso e la proprietà delle cose comuni ”, depositato con verbale in data 25 giugno 2009.
6.2. La sentenza appellata sarebbe errata nella parte in cui - capo 7 – ha disatteso il secondo motivo del ricorso introduttivo (di violazione dell'art. 7 della legge n. 241 del 1990), poiché in contrasto con il principio giurisprudenziale che richiede la comunicazione di avvio del procedimento anche per gli atti dovuti e vincolati, quali gli ordini di demolizione, ogni volta ciò sia utile o necessario ai fini della determinazione della esatta consistenza dell'abuso.
7. Riguardo al capo 8 della sentenza appellata (di rigetto del quarto motivo di ricorso), “ Totale fraintendimento della fattispecie, omessa pronuncia, violazione dell'art. 112 c.p.c. (violazione dell'art. 6 della L.R. Umbria 21/2004 in combinato disposto con l'art. 108 del TUNA del PRG;eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, macroscopica illogicità;contrasto con precedente determinazione della stessa amministrazione, violazione del principio dell'affidamento) ”. La sentenza appellata avrebbe errato nel ritenere la sussistenza di una non conformità urbanistica rispetto alla destinazione “ Ir – insediamenti ricettivi ” dell'area in questione, atteso che l’edificio oggetto di lite sarebbe in realtà conforme a quanto autorizzato dal Comune di Perugia, ossia la realizzazione di 36 appartamenti – vacanze ai sensi ai sensi della legge regionale n. 8 del 1994 all'epoca vigente, nella quale detta tipologia di struttura ricettiva è definita come comprendente più unità abitative ciascuna “ composta da uno o più locali arredati e dotati di servizi igienici e di cucina autonomi ”, struttura composta, dunque, di appartamenti e che quindi non avrebbe nulla di diverso, dal punto di vista costruttivo, rispetto ad una struttura comprendente appartamenti destinati all'uso residenziale, dalla quale si distinguerebbe solo in ragione dell'uso che degli appartamenti viene materialmente fatto. La sentenza avrebbe errato altresì nel dubitare della piena applicabilità della variante n. 98/2012 (che ha ammesso la destinazione d’uso residenziale nella misura del 20 per cento), approvata successivamente alla realizzazione dell’edificio, atteso che, ove, come accaduto nella fattispecie, sia contestato un cambio di destinazione d'uso funzionale (e non la realizzazione dell'edificio), avrebbe dovuto necessariamente trovare applicazione la normativa vigente nel momento della contestazione ( tempus regit actum ). La parte appellante ha poi qui riproposto il quarto motivo di ricorso – asseritamente non esaminato dal Tar – evidenziando come non sussista nella fattispecie alcuna difformità totale e neppure una variazione essenziale, ai sensi dell’art. 6 della legge regionale dell’Umbria n. 21 del 2004, poiché l'art. 108 del TUNA non vieterebbe affatto, per le zone vocate alla localizzazione di strutture ricettive, l'uso a fini abitativi delle unità realizzate, poiché consentirebbe espressamente, tra la destinazioni d'uso ammesse, anche quella di “ attività ricettive extra-alberghiere di cui alle leggi regionali n. 8/94 e n. 33/94 e successive modificazioni ed integrazioni ”, nonché, con specifico riguardo al comparto in questione, anche “ la destinazione d'uso residenziale fino ad un massimo del 20% della volumetria ammissibile ”. La previsione di piano che consente una destinazione “mista” (e, comunque, una destinazione ricettiva anche extra-alberghiera) renderebbe evidentemente sbagliata l'affermazione contenuta nella sentenza gravata secondo la quale la destinazione abitativa asseritamente impressa agli appartamenti–vacanza non avrebbe alcuna affinità e attinenza con quella prevista dal PRG.
8. Riguardo al capo 9 della sentenza appellata, di rigetto del quinto motivo di ricorso, “ Difetto inconferenza della motivazione;totale fraintendimento della fattispecie;omessa pronuncia, violazione dell'art. 112 c.p.c. (violazione del principio di legalità, tassatività e nominatività degli atti amministrativi;incompetenza, straripamento di potere, violazione dell'art. 1 comma 336 della l. 311/2004;eccesso di potere per difetto di istruttoria) ”. La sentenza, insistendo sulla natura di variazione essenziale del cambio di destinazione d’uso, non avrebbe considerato che il motivo di censura aveva ad oggetto non i presupposti necessari a censurare il cambio di destinazione d'uso, ma piuttosto la scelta della sanzione “demolitoria” ed atipica (con ordine di modificazioni catastali), del tutto illegittima perché il cambio di destinazione d'uso contestato non era stato accompagnato da alcuna opera. Il motivo – riproposto in questa sede di appello – sarebbe stato in realtà inteso a censurare la violazione del principio di legalità, tassatività e nominatività degli atti amministrativi, nonché l’incompetenza viziante l'ordinanza gravata che, oltre ad avere applicato la sanzione demolitoria pur in assenza di opere edilizie, ha irrogato una sanzione di tipo non previsto dall'ordinamento per la fattispecie di cambio di destinazione d'uso e, in generale, per le ipotesi di violazione di norma edilizie ed urbanistiche.
9. Riguardo al capo 10 della sentenza appellata, di rigetto del sesto e settimo motivo di ricorso, “ Difetto inconferenza della motivazione, totale fraintendimento della fattispecie ”. Il Giudice di prime cure avrebbe frainteso la censura di illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 6 e 32 della legge regionale n. 21 del 2014 se interpretati (contrariamente alla tesi di parte ricorrente) come legittimanti l'irrogazione di sanzione demolitoria a fronte di cambi di destinazione d'uso senza opere. Sarebbe del tutto inconferente sotto questo profilo il richiamo contenuto nel capo di sentenza gravato al fatto che l'art. 32 del d.P.R. n. 380 del 2001 qualifichi come variazioni essenziali le variazioni “ effettuate su immobili sottoposti a vincolo ”.
10. Riguardo al capo 11 della sentenza appellata, che ha respinto l'ottavo motivo di ricorso, “ Difetto/illogicità, inconferenza della motivazione (violazione degli artt. 31 e 32 del DPR 380/01, oltre che dell'art. 6 della L.R. 21/2004, violazione dei principio di nominatività e tipicità degli amministrativi e del principio di legalità) ”. Sarebbe errata l’affermazione, contenuta nel capo in esame della sentenza di primo grado, secondo la quale il complesso immobiliare oggetto di causa avrebbe dato vita ad un “ organismo edilizio completamente diverso da quello autorizzato, oltre che come visto in contrasto con la disciplina urbanistica, sì che la misura demolitoria, pur in assenza di opere, appare legittima ”, perché l'abuso contestato (contrariamente a quanto si afferma nella sentenza gravata) non si sarebbe affatto concretizzato in una “ alterazione della unitaria destinazione d'uso dell'immobile, con creazione di una struttura edilizia completamente diversa da quella assentita ” ma, piuttosto, in un cambio di destinazione d'uso meramente funzionale.
11. Parte appellante contesta quindi alcuni capi della sentenza gravata riguardanti la reiezione dei motivi aggiunti relativi al rigetto della sua proposta di variante urbanistica ai sensi della legge regionale n. 11 del 2005.
11.1. Riguardo al capo 13.3 della sentenza appellata, di rigetto del terzo motivo proposto con il primo atto di motivi aggiunti, la decisione sarebbe errata per “ Difetto/erroneità della motivazione ” nella parte in cui afferma che “ la richiesta di variante risponde esclusivamente o prevalentemente ad interessi privati senza rispondenza all'interesse pubblico concentrandosi, a suo dire, solamente nel beneficio di carattere patrimoniale offerto in compensazione ai sensi della delibera C.C. 17/2014 ”. Secondo l’appellante, invece, gli istituti della premialità e della compensazione presuppongono per loro stessa natura uno scambio di utilità tra pubblico e privato e pertanto devono necessariamente trovare soddisfazione tanto l'interesse del pubblico (che troverebbe piena soddisfazione con l’acquisizione di un’opera pubblica) quanto quello del privato (che conseguirebbe l’utilizzazione residenziale anche del restante 80 per cento dell’edificio), il che non vorrebbe dire, contrariamente a quanto ritenuto del TAR Umbria, omettere la valutazione dell'interesse pubblico al corretto assetto urbanistico del territorio, ma piuttosto che la rispondenza all'interesse pubblico di quanto proposto dal privato va valutato guardando all'opera compensativa. Il vantaggio che ritrae l'Amministrazione dall'applicazione degli istituti in questione dovrebbe essere valutato in ragione dell'interesse pubblico dell'opera pubblica proposta e non della variante richiesta (che è il vantaggio che deriva al privato). Sarebbe inoltre errata l’affermazione che la variante richiesta avrebbe comportato la sanatoria degli abusi precedentemente contestati, poiché la proposta mirava in realtà a determinare la variante a livello urbanistico.
11.2. Riguardo al capo 13.5 della sentenza appellata, di rigetto dei predetti motivi aggiunti, la parte appellante deduce vizi di “ Violazione dell'art. 154 della l.r. 1/2015 ” poiché la sentenza gravata, nel giudicare inammissibile l'adozione di una successiva variante al piano regolatore al fine di sanare un titolo edilizio già rilasciato (la cui legittimità andrebbe vagliata alla luce della regolamentazione urbanistica vigente all'epoca del rilascio del titolo medesimo), aderendo alla giurisprudenza secondo la quale “ L'adozione di una successiva variante al piano regolatore non può sanare un titolo edilizio già rilasciato (la cui legittimità andrebbe vagliata alla luce della regolamentazione urbanistica vigente all'epoca del rilascio del titolo medesimo) né rendere sanabili gli eventuali abusi edilizi commessi, la cui sanabilità, per il principio della doppia conformità, andrebbe misurata sia in relazione alla legge urbanistica vigente al momento della realizzazione che a quella vigente al tempo della domanda di sanatoria ” (Consiglio di Stato sez. IV, 5 maggio 2017, n. 2063), non avrebbe considerato la legge regionale dell’Umbria (art. 154, comma 1, della legge regionale n. 1 del 2015), che rende non applicabile il principio della doppia conformità nel caso in cui la variante riguardi solamente l'uso degli edifici, ossia il solo mutamento di destinazione d’uso, senza opere edilizie, essendo sufficiente che l'uso risulti conforme alla disciplina vigente al momento in cui viene presentata l'istanza di sanatoria.
11.3. Riguardo al capo 13.6 della sentenza appellata la parte appellante deduce profili di “ Difetto/erroneità della motivazione (violazione/errata interpretazione dell'art. 95 della L.R. 1/2015) ” perché l’affermazione secondo la quale la concessione della variante richiesta contrasterebbe con uno dei principi ispiratori del PRG, ossia il rafforzamento dell'offerta turistica di attrezzature extra alberghiere e di insediamenti turistici in ambito extra urbani, al quale si fa riferimento alla relazione del PRG. La norma contenuta nell'art. 95 della legge regionale n. 1 del 2015, alla quale ha fatto riferimento il Giudice di prime cure, riguarderebbe solo i nuovi insediamenti e sarebbe pertanto inconferente riguardo alla variante in questione, che non avrebbe ad oggetto la realizzazione di un nuovo insediamento e quindi non potrebbe nemmeno potenzialmente porsi in contrasto con il principio di uso sostenibile del territorio. Del pari inconferente sarebbe il rilievo secondo il quale la strada proposta quale opera compensativa sarebbe una dotazione non essenziale, atteso che tale circostanza non farebbe venire meno la valenza compensativa dell'opera. Non comprensibile sarebbe infine il rilievo per cui la strada proposta sarebbe da ritenersi un tratto di viabilità “ di interesse prevalentemente privato ”, trattandosi a tutti gli effetti di una vera e propria opera pubblica, in quanto prevista dal PRG, che avrebbe anche consentito di risolvere i notevoli problemi di traffico derivanti dal fatto che l'unica strada di accesso alla zona è a corsia unica ed è divenuta, con il tempo, del tutto inadeguata non solo in ragione della realizzazione del complesso di che trattasi, ma anche perché, nella medesima zona, sono stati realizzati altri insediamenti abitativi ai quali si accede esclusivamente per il tramite di detta strada.
11.4. Riguardo al capo 13.7 della sentenza appellata, di rigetto dei motivi II e III del primo atto di motivi aggiunti e del motivo III del secondo atto di motivi aggiunti, la società appellante deduce vizi di “ Difetto/erroneità della motivazione (violazione degli artt. 3, 7 e 10 bis della L. 241/90;violazione del principio della partecipazione al procedimento) ” poiché la sentenza sarebbe errata lì dove afferma che “ in materia di pianificazione e programmazione non sono invocabili le norme sulla partecipazione di cui alla legge 241 del 90 salvo diversa disposizione di legge nel caso mancanti ”, poiché l'attività svolta dall'Amministrazione comunale nel caso di specie non sarebbe affatto diretta alla emanazione di atti normativi, generali, di pianificazione o di programmazione ma, piuttosto, alla emissione di un parere preventivo inerente l'applicazione di una misura compensativa, cioè di un atto di competenza della giunta comunale, da emettersi su istanza di parte e che quindi non avrebbe portata generale, normativa o di pianificazione (simile valenza sarebbe stata propria, semmai, della variante da adottarsi ed approvarsi, da parte dell'organo consiliare, ove detto parere preventivo fosse stato positivo). La sentenza appellata sarebbe poi da censurare nella parte in cui, senza adeguata motivazione, ha respinto i motivi di ricorso con i quali si era dedotta l'illegittimità dei provvedimenti gravati per difetto di motivazione (oltre che per eccesso di potere sotto diversi profili sintomatici).
12. Il Comune di Perugia si è costituito in giudizio in data 15 luglio 2019 e ha depositato una memoria difensiva in data 28 ottobre 2019. Ha concluso per il rigetto dell’appello, obiettando, tra l’altro, che la società Definvest non ha fornito alcuna prova circa il preteso impiego ricettivo degli alloggi in argomento da parte degli attuali titolari, rilevando altresì che “ sia il titolo abilitativo che il certificato di abitabilità fanno espresso riferimento ad un unico fabbricato con destinazione alberghiera ”, sostenendo la piena sussistenza della contestata totale difformità (“ ben potendosi addirittura ravvisare nella fattispecie un’ipotesi di lottizzazione abusiva – cfr. da ultimo Cass. pen. 11.4.2019 n. 22038 ”);replicando sulla censura di atipicità della sanzione che “ E’ legittimo, pertanto, l’ordine di rimessa in pristino comunale da eseguire, evidentemente, anche con l’eliminazione del non consentito frazionamento dell’unitario complesso all’epoca assentito, così come indicato nel medesimo provvedimento, senza che la descrizione delle modalità operative della rimozione dell’abuso possa in alcun modo viziare l’atto de quo: non si tratta infatti dell’irrogazione di una sanzione atipica, ma della semplice (e persino ultronea) enunciazione di come ricondurre a legittimità l’opera contestata ”. Il Comune, riguardo, poi, all’impugnativa del capo di sentenza che ha respinto le censure avverso la nota comunale prot. 0106786 del 7 giugno 2017, ha eccepito il difetto di interesse alla coltivazione del gravame in parte qua “ non avendo l’appellante reiterato le doglianze di cui ai secondi motivi aggiunti, e cioè la contestazione dell’acclarata insufficienza economica dell’opera premiale proposta da Definvest per conseguire la residenzialità per l’intero complesso ”, sicché “ l’esiguità del valore dell’intervento di asserito interesse pubblico prospettato dalla ditta rende per ciò solo il progetto di trasformazione urbanistica inaccoglibile e detto capo motivo della decisione comunale è ormai irretrattabile per mancata riproposizione delle relative censure ”.
13. Alla camera di consiglio del 30 luglio 2019, su istanza della parte appellante, la domanda cautelare è stata cancellata dal ruolo e rinviata al merito.
14. La società Definvest ha depositato una memoria di replica il 1° novembre 2019;il Comune a sua volta ha replicato con memoria in data 11 novembre 2019, seguita da un’ultima memoria di parte appellante del 12 novembre 2019.
15. Alla pubblica udienza del 5 dicembre 2019 la causa è stata chiamata e assegnata in decisione.
DIRITTO
1. L’appello è infondato e non può ricevere accoglimento.
2. Per una compiuta focalizzazione e comprensione della fattispecie sottoposta all’esame del Collegio è necessario muovere dai titoli a edificare in base ai quali la società appellante ha proceduto alla realizzazione dell’edificio per cui è causa.
Con il permesso di costruire n. 73 del 17 gennaio 2005 viene autorizzata la realizzazione di un “ progetto per la realizzazione di casa albergo, consistente in appartamenti da utilizzare a fini ricettivi previa demolizione di edifici esistenti all'interno dell'area e sul sedime del fabbricato sito in Castel del Piano ”. Con successivo atto dell’11 novembre 2005, “ Vista la dichiarazione presentata in data 09/11/2005 prot. n 191919 dal richiedente l'istanza, con cui si precisa che l'oggetto dei lavori è "Case ed appartamenti vacanze" ai sensi dell'alt 3 comma b e dell'art. 5 della L. n° 8 del 14/03/1994 ”, viene assentita una variante al permesso di costruire n. 73.
3. Occorre, dunque, a questo punto chiarire, sempre in via preliminare, qual è il quadro normativo – con riguardo in particolare alle pertinenti leggi regionali – che disciplina la fattispecie.
3.1. È necessario in primo luogo chiarire la nozione e la consistenza delle “ case ed appartamenti vacanze ai sensi dell'art. 3 comma b e dell'art. 5 della L. n° 8 del 14/03/1994 ”, di cui è parola nel titolo a costruire vantato dalla società ricorrente.
La legge regionale dell’Umbria 14 marzo 1994, n. 8 (in vigore al tempo del rilascio del permesso di costruire n. 73 del 2005 e successiva variante, poi abrogata dalla legge regionale 27 dicembre 2006, n. 18, abrogazione confermata dalla legge regionale 12 luglio 2013, n. 13) reca Norme sulla classificazione degli esercizi ricettivi extralberghieri e all'aria aperta . All’art. 2 comprendeva tra gli “ esercizi extralberghieri ”, alla lettera b ) del comma 1, le “ b) case e appartamenti per vacanze ”, così definite nell’art. 5, comma 1: “ Sono case e appartamenti per vacanze gli esercizi ricettivi aperti al pubblico gestiti unitariamente e imprenditorialmente in forma professionale organizzata e continuativa, costituiti da almeno tre unità abitative. Ciascuna unità abitativa è composta da uno o più locali arredati e dotati di servizi igienici e di cucina autonomi, destinati all'alloggio di turisti per una permanenza massima di tre mesi ”. Il citato art. 5 imponeva, al comma 2, la fornitura dei seguenti servizi essenziali per il soggiorno degli ospiti, compresi nel prezzo dell'alloggio: pulizia unità abitative, fornitura di biancheria, fornitura costante di energia elettrica, acqua, gas e riscaldamento, manutenzione delle unità abitative e degli arredi. Il comma 4 assoggettava l'esercizio dell'attività ricettiva di case e appartamenti per vacanze ad autorizzazione rilasciata dal Comune, previa istruttoria espletata dall'Azienda di promozione turistica sulla base di apposita documentazione, tra cui il certificato di iscrizione al REC - Imprese turistiche del titolare o gestore o del preposto. In base ai commi 6 e 7 l’istruttoria per la classificazione, a seguito di sopralluogo effettuato da personale dipendente dell'Azienda di promozione turistica, si concludeva con la proposta tecnica di classificazione alla giunta regionale, che attribuiva, con propria deliberazione, la classifica sulla base della proposta trasmessa dall'Azienda di promozione turistica.
Questa disciplina, vigente all’atto del rilascio dei titoli a edificare, risulta poi nella sostanza confermata dal successivo Testo unico in materia di turismo introdotto con la legge regionale 12 luglio 2013, n. 13 (che recava un Capo II, rubricato Strutture ricettive extralberghiere , nell’ambito del quale era ricompreso l’art. 25 - Case e appartamenti per vacanze – in base al quale “ Le case e gli appartamenti per vacanze sono esercizi ricettivi aperti al pubblico gestiti unitariamente in forma imprenditoriale organizzata e continuativa. Sono costituiti da almeno tre unità abitative poste nello stesso stabile o in stabili diversi siti nelle immediate vicinanze e facenti parte di area territorialmente omogenea. Ciascuna unità abitativa è destinata all'alloggio di turisti per una permanenza massima di tre mesi ed è composta da uno o più locali arredati, da servizi igienici e da cucina autonoma ”, e che, nell’art. 43 - Validità della classificazione – imponeva al titolare della struttura ricettiva, contestualmente alla presentazione della segnalazione certificata di inizio attività, la dichiarazione della classificazione spettante alla propria struttura in base ai requisiti previsti dalle tabelle allegate alla legge).
È dunque subentrata la nuova Legislazione turistica regionale introdotta dalla legge regionale 10 luglio 2017, n. 8 (che ha a sua volta abrogato la legge n. 13 del 2013), dove le case e appartamenti per vacanze sono incluse (art. 17) tra gli Esercizi extralberghieri e sono disciplinate dall’art. 19 (“1. Le case e appartamenti per vacanze sono esercizi ricettivi gestiti unitariamente per fornire alloggio e eventualmente servizi complementari in unità abitative composte da uno o più locali arredati, da servizi igienici e da cucina autonoma o da idoneo angolo cottura, poste nello stesso stabile o in stabili diversi ubicati nello stesso territorio comunale all'interno delle quali non possono esservi persone residenti . . . 4. Le case e appartamenti per vacanze possono essere gestite: a) in forma imprenditoriale quando la gestione è organizzata e non occasionale . La gestione in forma imprenditoriale è comunque obbligatoria nel caso in cui il numero delle unità abitative è pari o superiore a tre ; b) in forma non imprenditoriale da coloro che hanno la disponibilità fino ad un massimo di due unità abitative e svolgono l'attività in modo occasionale e senza la fornitura di servizi complementari.