Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-02-27, n. 202001429

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-02-27, n. 202001429
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202001429
Data del deposito : 27 febbraio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/02/2020

N. 01429/2020REG.PROV.COLL.

N. 07271/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7271 del 2018, proposto da
GUSEPPE GUARNACCIA, rappresentato e difeso dall’avvocato F N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

COMUNE DI REGGO CALABRIA, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato F S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

P L, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato F C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Calabria, sezione di Reggio Calabria, n. 383 del 2018;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Reggio Calabria e di Pasquale Linguardo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 gennaio 2020 il Cons. Dario Simeoli e uditi per le parti gli avvocati F N e F C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Ritenuto che il giudizio può essere definito con sentenza emessa ai sensi dell’art. 74 c.p.a.;

Rilevato in fatto che:

- i signori Pasquale Linguardo e Giuseppe G, nelle rispettive qualità di promittente alienante e di promissario acquirente, concludevano in data 10 gennaio 2015 un contratto preliminare con possesso anticipato, avente oggetto un immobile sito nel Comune di Reggio Calabria, in via Vico Vitetta, n. 26;

- il promittente venditore, in data del 17 giugno 2015, denunciava al Comando della polizia municipale che il promittente acquirente stava realizzando sul suddetto immobile alcuni lavori edilizi senza autorizzazione, ed in particolare le opere indicate nelle seguenti segnalazioni e comunicazioni dallo stesso presentate: S.C.I.A. n. 232 del 2015, per il frazionamento ed il cambio di destinazione d’uso da ufficio a negozio e laboratorio;
C.I.A. n. 288 del 2015, per lavori di manutenzione straordinaria;
C.I.A. n. 532 del 2015, per l’installazione di canne fumarie su prospetti;

- in data 29 giugno 2015, il signor Linguardo inviava anche una diffida all’Ufficio urbanistico del Comune, ribadendo di non avere prestato il proprio consenso all’effettuazione dei lavori da parte del promissario acquirente, e facendo presente che detto contratto prevedeva soltanto, per ciò che riguardava i lavori, quanto segue: « la parte acquirente si impegna a non mutare lo stato dei luoghi ovvero a non effettuare alcuna modifica e/o intervento di alcun genere nell’immobile in oggetto sino alla data del 28 febbraio 2015 »;

- su queste basi, l’Amministrazione comunale, con un atto del 28 luglio 2015, avviava il procedimento di riesame dei titoli abilitativi aventi per oggetto l’immobile in questione, in considerazione della mancanza di legittimazione del signor G;

- tardando il Comune a concludere il procedimento così avviato con la suddetta nota, il promittente venditore proponeva un ricorso innanzi al giudice amministrativo, chiedendo che fosse accertata l’illegittimità dell’inerzia del Comune e che fosse ordinato all’Amministrazione di concludere il procedimento, oltre alla condanna al risarcimento dei danni;

- con sentenza n. 83 del 2017, il T.a.r. per la Calabria, sezione di Reggio Calabria, dichiarava l’obbligo del Comune di concludere il procedimento entro il termine di novanta giorni, e disponendo la conversione del rito per la trattazione della domanda di risarcimento del danno;

- in esecuzione della sentenza n. 83 del 2017 del T.a.r., il Comune di Reggio Calabria emetteva l’atto n. 96572 del 16 giugno 2017, con il quale ordinava al signor G di demolire le opere realizzate e di ripristinare lo stato dei luoghi;

- avverso i predetto ordine di demolizione il signor G proponeva un primo ricorso (n. 615 del 2017), lamentando che: i ) la nota di avvio del procedimento, di data 28 luglio 2015, era tardiva, rispetto al termine previsto dall’art. 19 della legge n 241 del 1990; ii ) l’atto di autotutela era stato emanato in assenza dei presupposti previsti dagli articoli 21- quinquies e 21- nonies della legge n. 241 del 1990, senza indicare le ragioni di interesse pubblico e dunque in violazione dei principi enunciati dalla sentenza della Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 15 del 2011; iii ) non erano state prese in considerazioni le sue osservazioni, presentate prima della emanazione del provvedimento emesso il 28 giugno 2017, impugnata in questa sede; iv ) stante il decorso del tempo, si sarebbe dovuto prendere in considerazione il suo legittimo affidamento;

- con un secondo ricorso (n. 685 del 2017), il promissario acquirente impugnava anche il successivo atto n. 134237 del 31 agosto 2017, con cui l’Amministrazione comunale aveva respinto l’istanza volta ad ottenere il rilascio del certificato di agibilità, deducendo: i ) la violazione degli articoli 24 e 25 del testo unico n. 380 del 2001 e degli articoli 2 e 20 della legge n. 241 del 1990, oltre alla lesione del legittimo affidamento, poiché il procedimento non si era concluso entro il termine di sei mesi, con conseguente formazione del silenzio assenso; ii ) l’eccesso di potere, per illogicità e carenza di istruttoria, sia perché non potrebbe contestarsi la sua legittimazione a chiedere il certificato di agibilità, sia perché il Comune avrebbe dovuto verificare unicamente la salubrità dell’edificio;

- il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, con sentenza n. 383 del 2018, riuniti i due ricorsi (n. 615 e 685 del 2017), li ha respinti entrambi;

- avverso la predetta sentenza, ha proposto appello il signor Giuseppe G, sostenendo che la sentenza di primo grado sarebbe erronea sotto i seguenti profili:

a ) con riferimento all’ordine di demolizione: la precedente sentenza del T.a.r. n. 83 del 2017 non avrebbe comportato alcuna preclusione all’impugnazione da parte del G di un successivo e nuovo atto emesso dall’Amministrazione che lo riguardava e lo colpiva direttamente;
la mancata valutazione degli scritti difensivi presentati nel corso del procedimento costituirebbe una violazione tale da rendere viziato l’intero procedimento amministrativo;
non potrebbe disconoscersi alcuna carenza di legittimazione in capo all’appellante, avendo l’istante agito in virtù di un contratto preliminare ad effetti anticipatori che aveva immesso il promissario acquirente nel godimento del bene;

b ) quanto a rilascio del certificato di agibilità: il promissario acquirente sarebbe stato legittimato a richiedere il certificato di agibilità, avendo il pieno possesso dell’immobile in virtù di un contratto preliminare di vendita, e non potendo la lite civile ancora pendente in ordine al medesimo contratto inficiarne gli effetti;
non vi sarebbe nessun esplicito divieto nel preliminare che avrebbe inibito al promissario acquirente gli interventi edilizi per cui è causa;
sussisterebbe la violazione dell’art. 25 del d.P.R. n. 380 del 2001, nella parte in cui prevedeva la formazione del silenzio assenso;
sarebbe stato violato il suo legittimo affidamento, atteso che, dal 15 ottobre 2015 fino al 5 settembre 2017 (quando ha ricevuto la notifica del provvedimento prot. 134237 del 31 agosto 2017), non aveva ricevuto alcun atto di diniego da parte dell’Amministrazione Comunale;

- con ordinanza 3 dicembre 2018 n. 5805, la Sezione 2018 ‒ « [r]ilevato che con decreto cautelare 19 settembre 2018 n. 4447 il Presidente titolare della Sezione Sesta ha accolto la relativa istanza sospendendo l’efficacia della sentenza fatta oggetto di appello;

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