Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-07-12, n. 202105262
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 12/07/2021
N. 05262/2021REG.PROV.COLL.
N. 08437/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8437 del 2018, proposto da
S L, rappresentato e difeso dall'avvocato F P B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Arnaldo Del Vecchio in Roma, viale G. Mazzini n. 73;
contro
Comune di Polignano A Mare, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato R P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via R. Imbriani 69;
Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del TAR della Puglia (sezione terza) n. 1108/2018, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Polignano a Mare e di Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 maggio 2021 il Cons. Giovanni Orsini.
L’udienza si svolge ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto legge n. 28 del 30 aprile 2020 e dell'art. 25, comma 2, del decreto legge n. 137 del 28 ottobre 2020 attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario generale della Giustizia amministrativa.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il TAR Puglia con la sentenza appellata indicata in epigrafe ha respinto il ricorso presentato dal Sig. S L per l’annullamento del provvedimento di diniego dell’istanza di condono emesso dal Comune di Polignano a Mare (n. 10630/2017), nonché dei pareri negativi adottati dalla Commissione per il paesaggio e dalla Soprintendenza competente in relazione ai lavori di ampliamento del proprio fabbricato ad uso residenziale consistenti nella realizzazione di una veranda coperta.
Il Comune aveva rilevato che le opere realizzate rientrassero nella fascia di 300 m. dal confine del demanio marittimo e invitato il ricorrente a presentare istanza all’Autorità preposta alla tutela del vincolo ex art. 32 l.n. 47/85. Pertanto, il ricorrente aveva presentato apposita istanza chiedendo un ulteriore accertamento di compatibilità paesaggistica ex art. 167-181, d.lgs. n. 43/04.
Su tali istanze si pronunciavano con parere negativo la Commissione per il paesaggio e la Soprintendenza, ritenendo non compatibili le opere oggetto di condono ai sensi degli artt. 32 della l. n. 326/03 co. 26 lett. a), 51 della l. r. 56/80 e 33 della l. n. 47/85.
Di conseguenza, il Comune rigettava definitivamente l’istanza di condono in parte richiamando le motivazioni espresse nel preavviso di diniego - già notificato - e nei pareri negativi ricevuti, ed in parte aggiungendo le ulteriori considerazioni secondo cui, nelle zone C4 l’intervento realizzato sarebbe subordinato all’approvazione dei piani urbanistici esecutivi e che trattasi di un vincolo di inedificabilità assoluta permanente anche in presenza dello strumento regionale di pianificazione paesaggistica per le aree annesse alle aree litoranee (cd. PUTT/p).
Nelle more del processo di primo grado veniva notificata l’ordinanza di demolizione delle opere abusive n. 23313/2017 gravata dal ricorrente mediante motivi aggiunti.
Il Tar ha respinto il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti ritenendo fondata la tesi della Soprintendenza secondo cui l’area nella quale si trova il manufatto abusivo del ricorrente è soggetta ai vincoli previsti dal D.P.G.R. n. 13203/82 e dal D.M. del 1985.
2. Nell’odierno giudizio di appello r.g. n. 8437/2018 il Sig. Lerario chiede l’annullamento e/o riforma della sentenza di prime cure con tre motivi di gravame concernenti la violazione dell’art. 112 c.p.c.;la violazione e falsa applicazione dell’art. 32 co. 27 lett. d) d.l. 269/03, dell’art. 2, co. 1, l.r. 28/03, dell’art. 51, l.r. 56/80, dell’art. 1.03, punto 5 NTA del PUTT/p e dell’art. 34, co. 2 c,p.a.
3. Per resistere all’appello proposto si costituiscono in giudizio il Comune di Polignano a Mare mediante memoria di costituzione e difensiva depositata il 1° dicembre 2018 ed il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, con atto di costituzione depositato in data 7 novembre 2018. Ulteriori memorie sono state presentate dall’appellante, dal Ministero e dal Comune.
4. Nell’udienza del 6 maggio 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.
5. L’appello non è fondato.
6. Con il primo motivo l’appellante lamenta che il TAR avrebbe omesso di considerare la conformità delle opere realizzate ai fini della corretta applicazione dell’art. 32 del d.l. 269/2003. La presunta mancanza di conformità allo strumento urbanistico non sarebbe attribuibile peraltro alla mancata approvazione del piano urbanistico esecutivo poiché l’art. 35 della legge 47/85 non preclude il condono di abusi edilizi, ma prevede, oltre al pagamento dell’oblazione, l’assoggettamento da parte del richiedente all’ulteriore “ impegno di partecipazione pro quota agli oneri di urbanizzazione dell’intero comprensorio in sede di stipula della convenzione” . La mancata approvazione del piano esecutivo non potrebbe in alcun modo incidere sul rilascio del provvedimento di sanatoria anche alla luce degli orientamenti giurisprudenziali richiamati in atti, secondo cui, non sarebbe possibile condonare opere abusive su beni sottoposti a vincoli di inedificabilità soltanto quando ricorrano congiuntamente specifiche condizioni, ossia: a) l’imposizione del vincolo di inedificabilità relativa prima della esecuzione delle opere;b) la realizzazione delle stesse in assenza o difformità dal titolo edilizio;c) la non conformità alle norma urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. L’appellante lamenta quindi sul punto anche la violazione dell’art. 112 c.p.c..
7. Con il secondo motivo di gravame viene censurata in particolare la violazione e falsa applicazione dell’art. 2, co. 1, l.r. 28/03 che, ad avviso dell’appellante, non avrebbe dovuto far alcun ingresso in sede processuale, giacché il richiamo a detta norma non è contenuto in nessuno dei provvedimenti impugnati.
8. Nel terzo motivo di appello viene evidenziata l’assenza del presupposto della preesistenza del vincolo di inedificabilità in ragione della intervenuta approvazione del PUTT/p, che, ai sensi della disposizione introduttiva del vincolo in esame, segnerebbe il momento finale della sua efficacia temporanea. Per di più il manufatto ricadeva nell’ambito dei “territori costruiti” che, secondo le NTA del suddetto piano territoriale (art. 1.03, punto 5), sarebbero sottratti all’operatività del vincolo. Il primo giudice, in violazione dell’art. 34 cpa, avrebbe integrato la motivazione del provvedimento indicando gli ulteriori vincoli di cui al DPGR n. 13203 del 1982 recante dichiarazione di notevole interesse pubblico della zona costiera dell’entroterra di Polignano a Mare, nonché dal vincolo imposto con D.M. del 1 agosto 1985 di dichiarazione di notevole interesse pubblico ex legge n. 1497 del 1939.
9. Appare prioritario l’esame del terzo motivo di appello al fine di valutare la sussistenza del vincolo di inedificabilità.
Il motivo non è meritevole di accoglimento.
Non è contestato infatti che l’immobile interessato sia situato nella fascia di 300 m. dal confine del demanio marittimo e che quindi sia applicabile il divieto di edificazione di cui all’art. 51 della legge regionale n. 56/80. Ciò consente di prescindere dalla censura relativa alla indicazione nella sentenza delle ulteriori disposizioni vincolistiche. L’approvazione del piano urbanistico territoriale tematico (deliberazione della giunta regionale della Puglia n. 1748 del 2000) non incide peraltro sulla situazione in esame, in quanto gli abusi in questione sono stati pacificamente realizzati in un arco temporale (antecedente alla perimetrazione dei territori costruiti) nel quale il vincolo derivante dalla citata legge regionale era sussistente (cfr. Consiglio di Stato sezione IV n. 4007 del 2015). Solo dal momento dell’esatta individuazione delle aree esenti infatti può derivare la inefficacia del vincolo, che costituisce una eccezione alla regola di inedificabilità. Ciò vale anche per l’applicazione della disposizione delle NTA citata dall’appellante che è rilevante solo in dipendenza della sopravvenienza ( come già ritenuto tuttavia irrilevante a modificare la non condonabilità ).
10. Deve conseguentemente essere respinto anche il primo motivo di appello.
Con riferimento alla condonabilità di opere edilizie situate in aree vincolate deve essere infatti data continuità alla giurisprudenza amministrativa che proprio in riferimento all’articolo 32, comma 27 lettera d) del decreto-legge 269 del 2003 ha chiarito che devono intendersi espressamente escluse dal condono edilizio le opere realizzate successivamente alla istituzione del vincolo e che conseguentemente “ sono condonabili soltanto le opere realizzate su immobili assoggettati a vincolo dopo la loro realizzazione, e soltanto per esse si pone l’esigenza della verifica delle ulteriori congiunte condizioni della conformità urbanistica ” (Consiglio di Stato, sezione IV, n. 1528 del 2018). Pertanto, la asserita conformità dell’opera contestata agli strumenti urbanistici non è rilevante, attesa la sussistenza del vincolo nell’area di interesse. Questa sezione ha ulteriormente precisato che “nelle zone sottoposte a vincolo paesistico, sia esso assoluto o relativo è cioè consentita la sanatoria dei soli abusi formali” (Consiglio di Stato sezione, VI n. 425 del 2020). L’incremento della superficie derivante dalle opere in questione esclude questa eventualità.
11. Da respingere è anche il secondo motivo. Il riferimento all’art. 2 della l.r n. 28/2003 contenuto nella sentenza di primo grado non costituisce una integrazione postuma del provvedimento in quanto si deve interpretare come una ulteriore esplicitazione del principio della non condonabilità degli abusi commessi su immobili per i quali sussiste un vincolo preesisistente di natura inderogabile.
12. Alla luce delle esposte considerazioni, l’appello deve essere respinto.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza nella misura indicata in dispositivo.