Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-10-12, n. 202208713
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Pubblicato il 12/10/2022
N. 08713/2022REG.PROV.COLL.
N. 03678/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3678 del 2016, proposto da
V R, rappresentato e difeso dall'avvocato A A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Capri, in persona del Sindaco
pro tempore
, non costituito in giudizio;
per la riforma:
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania – sede di Napoli (Sezione Sesta), n. 05155/2015, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 ottobre 2022 il Consigliere Lorenzo Cordi' e udito, per parte appellante, l’avvocato A A;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso introduttivo del giudizio iscritto al n. R.G. 5494/2009 del T.A.R. per la Campania - sede di Napoli i Signori V R e Vittorio Romano - rispettivamente quali nudo proprietario e usufruttuario di un immobile ubicato in Capri, via provinciale Marina Grande n. 218 - impugnano l’ordinanza n. 103 del 10.07.2009 con cui il Comune di Capri dispone la demolizione di interventi realizzati in assenza di nulla osta paesaggistico e di permesso di costruire e consistenti nella realizzazione: i ) di un manufatto in muratura in ampliamento dell’abitazione delle dimensioni di circa 2,30x3,00 metri ed altezza di circa mt 2,65, composto da locale bagno, disimpegno e locale deposito; ii ) di un manufatto posto sul terrazzo antistante l’abitazione principale, con struttura in legno, delle dimensioni di circa mq. 16 ed altezza di circa mt. 2,40, composto da una camera ad uso residenziale ed altro manufatto in muratura destinato a locale bagno delle dimensioni di circa mq 2,5 ed altezza di circa metri 2,50 annesso alla camera.
1.1. I Signori Romano espongono che i manufatti - situati uno al piano terra e l’altro sul terrazzo a livello dell’abitazione - sono dislocati in zone non visibili “ da alcun pubblico belvedere ”, e che, dopo la notifica dell’ordinanza di demolizione, depositano due istanze ex art. 36 D.P.R. n. 380/2001 per l’accertamento della compatibilità paesaggistica ed urbanistica dei due manufatti. Con tali istanze richiedono, inoltre, la conservazione solo parziale degli stessi e, in particolare, si impegnano ad eseguire: i ) in relazione al manufatto di cui alla lettera i ) del precedente punto, la demolizione della tamponatura di facciata destinando lo spazio trasformato in parte ad uso locale caldaia in parte a portico aperto; ii ) in relazione al manufatto di cui alla lettera ii ) del precedente punto, la demolizione dei pannelli della tamponatura di facciata della struttura lignea e la demolizione di due pareti della copertura del servizio igienico lasciando in asse quale pergolato il setto murario a sostegno del peso della vegetazione esistente onde non compromettere una macchia di verde molto caratteristica.
1.2. A sostegno del ricorso i Signori Romano deducono l’illegittimità del provvedimento impugnato: i ) per omessa instaurazione del contraddittorio stante la mancata notificazione della comunicazione di avvio del procedimento; ii ) per carenza di motivazione sulle norme urbanistiche violate e sulle ragioni di pubblico interesse ostative alla permanenza delle opere; iii ) per omessa indicazione delle esigenze di tutela compromesse, tenuto conto anche della natura e dell’entità delle opere; iv ) per difetto di motivazione e di istruttoria, tenuto conto anche che il primo manufatto sarebbe un mero volume tecnico e che il secondo manufatto è da considerarsi opera di natura pertinenziale, di esigue dimensioni e priva di impatto sul territorio.
1.3. Con successivo ricorso per motivi aggiunti (depositato in data 3.2.2010) i ricorrenti impugnano il provvedimento prot. n. 20106/3214 del 14.12.2009 di diniego della sanatoria ex art. 36 d.p.r. n. 380/2001 e il presupposto parere della c.e.i. del 27.10.2009, nonché la relazione istruttoria Utc prot. n. 2559 del 13.10.2009. Tali provvedimenti si riferiscono al manufatto posto sul terrazzo antistante l’abitazione principale;i signori Romano ne deducono l’illegittimità: i ) per omessa motivazione da parte del Comune che si limiterebbe a recepire acriticamente il parere sfavorevole espresso dalla c.e.i. nella seduta del 27.10.2009, fondato sulla relazione istruttoria Utc prot. n. 2559 del 13.10.2009; ii ) per omessa considerazione della natura pertinenziale del secondo manufatto nonché dell’entità di tale opera; iii ) per omessa indicazione delle ragioni ostative al mantenimento del manufatto di cui alla istanza di accertamento di conformità prot. n. 15535 del 5.10.2009.
1.4. Con successivo ricorso per motivi aggiunti (depositato in data 30.12.2010) il Signor V R impugna l’ordinanza n. 131/2010 con cui il Comune di Capri, visto il provvedimento di diniego dell’istanza di sanatoria prot. n. 15535/247OT del 25.10.2009, ingiunge la demolizione dei medesimi interventi di cui alla pregressa ordinanza n. 103/2009 impugnata con il ricorso principale. Deduce l’illegittimità del provvedimento: i ) per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento volto all’adozione dell’ordinanza demolitoria; ii ) per omessa motivazione sulle norme urbanistiche violate e sulle ragioni di pubblico interesse ostative alla permanenza delle opere realizzate; iii ) per omessa indicazioni delle esigenze di tutela compromesse dalle due opere; iv ) per omessa motivazione e istruttoria in relazione anche alla tipologia delle opere realizzate; v ) per omessa considerazione della natura pertinenziale del manufatto posto sul terrazzo antistante l’abitazione principale nonché per omessa valutazione dell’entità dell’opera che realizza un volume inferiore al venti per cento di quello principale.
1.5. Con ulteriore ricorso per motivi aggiunti (depositato in data 20.6.2011) il Sig. V R impugna la nota prot. UT n. 2082/T del 29.04.2011 (contenente l’accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione) ed ogni altro connesso ivi inclusa l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere e la relativa trascrizione nei registri immobiliari. Deduce l’illegittimità del provvedimento sia per invalidità derivata che per vizi propri e in particolare: i ) per l’omessa valutazione delle intenzioni di demolire quelle porzioni dei due manufatti idonee ad arrecare nocumento al paesaggio nonché per omessa valutazione dei presupposti per affermare l’inottemperanza all’ordine; ii ) per mancata definizione del secondo procedimento di accertamento di conformità; iii ) per mancata individuazione delle aree di pertinenza da acquisire al patrimonio pubblico.
1.6. Con ordinanza n. 842 del 18.04.2014 resa nel ricorso iscritto al n. R.G. 5494/2009 (e reiterata con ordinananza n. 2256 del 16.04.2014) il T.A.R. ordina al Comune di Capri il deposito del parere reso dalla c.e.i. il 27.10.2009, della nota istruttoria dell’u.t.c. del 13.10.2009 prot. n. 2559 e del verbale dell’u.t.c. n. 10057/1639T del 22.06.2009. Con successiva ordinanza n. 4446 del 16.07.2014 resa nel ricorso iscritto al n. R.G. 653/2010 (avente ad oggetto, come si esporrà, il silenzio dell’Amministrazione in ordine all'istanza di accertamento di compatibilità paesaggistica ed urbanistica ex art. 36 D.P.R. 380/2001, prot. n. 15534 del 05.10.2009, relativamente al manufatto sub lettera i ) del punto 1 della presente sentenza), viene disposta analoga istruttoria nonché la riunione del giudizio con il ricorso iscritto al n. R.G. 5494/2009, anteriormente instaurato. Inoltre, con ordinanza n. 352 del 17.12.2014 il T.A.R. nomina quale commissario ad acta il Prefetto della Provincia di Napoli al fine di eseguire l’ordinanza istruttoria n. 4446/2014.
1.7. Con ricorso per motivi aggiunti depositato in data 1.4.2015 i Signori Romano impugnano la relazione istruttoria dell’u.t.c. del Comune di Capri prot. n. 2559 del 13.10.2009 ed il parere c.e.i. del 27.10.2009, depositati in ottemperanza all’ordinanza del Giudice di primo grado, deducendone l’illegittimità per: i ) mancata esplicitazione delle ragioni ostative all’accoglimento dell’istanza; ii ) omessa indicazione delle specifiche ragioni di tutela paesaggistica che renderebbero le opere non suscettibili di accertamento di conformità.
1.8. Nel completare l’esposizione della vicenda processuale di primo grado deve, in ultimo, evidenziarsi come, con ricorso iscritto al n. R.G. 652/2010 ( cfr ., già, supra , punto 1.6 della presente sentenza), i Signori Romano chiedano l’annullamento del silenzio-rifiuto serbato dal Comune di Capri in ordine all’istanza di accertamento di compatibilità paesaggistica ed urbanistica ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, prot. n. 15534 del 5.10.2009, relativa al manufatto in muratura in ampliamento dell’abitazione delle dimensioni di circa 2,30x3,00 metri ed altezza di circa mt 2,65 composto da locale bagno, disimpegno e locale deposito.
2. Riuniti i due giudizi il T.A.R. per la Campania dichiara, in primo luogo, improcedibile il ricorso introduttivo del giudizio R.G. n. 5494/2009 (proposto, come spiegato, avverso l’ordine di demolizione n. 103 del 10.07.2009) evidenziando come l'atto impugnato sia sostituito da un nuovo successivo provvedimento sanzionatorio (n. 131 dell’11.11.2010), adottato dopo la definizione delle istanze di sanatoria presentate, ed impugnato con motivi aggiunti depositati il 30.12.2010. Inoltre, il T.A.R. dichiara improcedibile per sopraggiunto difetto di interesse il ricorso iscritto al n. R.G. 653/2010 (proposto limitatamente alla definizione della procedura di accertamento di conformità instaurata con istanza prot. n. 15534/247IT del 5.10.2009) in ragione dell’avvenuta trasmissione del parere negativo emesso dalla c.e.i. nella seduta del 9.02.2010, ritenuto equivalente a formale atto di reiezione in quanto idoneo a determinare un arresto procedimentale con la conseguenza che l’omessa impugnazione di tale parere comporta la sopraggiunta improcedibilità del ricorso.
2.1. Nel merito, il T.A.R. respinge i ricorsi per motivi aggiunti proposti nel giudizio R.G. n. 5494/2009 e articolati avverso il diniego di sanatoria di cui al provvedimento prot. n. 20106/3214T del 14.12.2009 relativo all’istanza prot. 15535/2470T del 5.10.2009, i successivi ordini di demolizione e di acquisizione, ed i presupposti atti istruttori acquisiti per effetto delle ordinanze collegiali indicate al precedente punto 1.6 della presente sentenza.
2.1.1. In particolare, in relazione al diniego di sanatoria relativo al manufatto posto sul terrazzo antistante l’abitazione principale, il T.A.R. ritiene idonea la motivazione per relationem espressa con richiamo al parere negativo della commissione edilizia integrata nella seduta del 27.10.2009 e all’istruttoria dell’u.t.c. prot. n. 2559 del 13.10.2009. Tali atti evidenzierebbero, infatti, la contrarietà degli interventi sia rispetto alla normativa paesaggistica del P.T.P. del Comune di Capri che rispetto alle regole urbanistiche. In particolare, si afferma che gli interventi previsti incidono negativamente sullo stato del contesto paesaggistico delle aree interessate in quanto gli stessi comportano limitazioni alle visuali libere, come si evince dalla medesima istanza. Tali indicazioni sono ritenute sufficienti dal T.A.R., considerata anche la natura vincolata del provvedimento. Inoltre, il Giudice di primo grado evidenzia come si tratti di valutazioni di discrezionalità tecnica che resistono alle censure in quanto non affetti da manifesta irragionevolezza o da travisamento dei fatti.
2.1.2. In secondo luogo, il T.A.R. evidenzia come siano irrilevanti le deduzioni relative alle modifiche proposte in quanto ciò postulerebbe non già la c.d. doppia conformità delle opere abusive ma una sorta di conformità ex post, condizionata all'esecuzione delle prescrizioni e, quindi, non esistente al tempo della presentazione della domanda di sanatoria, ma, eventualmente, solo alla data futura ed incerta in cui la parte richiedente ottempera a tali prescrizioni.
2.1.3. Il T.A.R. ritiene, ancora, non condivisibile la tesi circa la natura pertinenziale dell’intervento evocando la distinzione tra il concetto civilistico di pertinenza e quello urbanistico/edilizio, tracciata da costante giurisprudenza amministrativa.
2.1.4. Evidenzia, ancora, il Primo Giudice come le opere non sarebbero sanabili in difetto della necessaria autorizzazione paesaggistica che non può essere rilasciata ex post in relazione ad interventi, come nella specie, caratterizzati da aumento di volumetria e superficie, ex art. 167, co. 4, D. Lgs. 42/04, non rilevando, inoltre, il concetto di volume tecnico. Da qui, l’inammissibilità delle istanze in considerazione del vincolo paesaggistico sussistente sull’area de qua , in forza del P.T.P. dell’Isola di Capri, approvato con D.M. del 6.11.1995.
2.1.5. In relazione al ricorso per motivi aggiunti proposto avverso l’ordine di demolizione n. 131 dell’11.11.2010 il T.A.R. esclude la rilevanza delle censure formali in ragione della natura vincolata dell’ordine di demolizione da cui consegue la non necessità della comunicazione di avvio del procedimento e di una specifica e approfondita motivazione. In secondo luogo, il T.A.R. ritiene privo di fondamento il richiamo alla normativa di cui all’art. 3, co. 1, del D.P.R. n. 380/2001 per gli interventi che non comportino un incremento volumetrico superiore al 20% stante la già acclarata e ribadita contrarietà dell’intervento con la normativa paesaggistica del P.T.P. che non consente incremento dei volumi esistenti, ed essendo, in ogni caso, indimostrato il rapporto percentuale tra gli incrementi realizzati ed il fabbricato principale. Il T.A.R. ritiene, ancora, non necessaria una preventiva valutazione della possibilità di irrogare una misura diversa da quella ripristinatoria che è, invece, la prima opzione prevista dalla previsione di cui all’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001, fatta salva l’insorgenza di difficoltà tecniche in fase esecutiva che, comunque, non invalidano il provvedimento.
2.1.6. In ultimo, il T.A.R. ritiene infondato il motivo articolato avverso l’ordine di acquisizione atteso che non vi è alcuna incertezza sull’oggetto, limitato all’opera abusiva e alla sua area di sedime.
3. Avverso tale sentenza il Sig. V R propone ricorso in appello affidato a cinque motivi.
3.1. Con il primo motivo l’appellante deduce l’erroneità della sentenza nella parte in cui ritiene che gli interventi inciderebbero negativamente sul contesto paesaggistico comportando limitazioni alle visuali libere. Deduce l’appellante che la motivazione del provvedimento non sarebbe calibrata sulla situazione specifica e non consentirebbe di comprendere le ragioni a sostegno del parere negativo. In sostanza, la motivazione difetterebbe di specificità non indicando le esigenze paesaggistiche da tutelare rispetto alle opere oggetto dell’istanza. Di conseguenza, sarebbe erronea la sentenza di primo grado nella parte in cui reputa sufficientemente motivati gli atti istruttori.
3.2. Con il secondo motivo l’appellante contesta la motivazione della sentenza di primo grado nella parte in cui ritiene irrilevante la circostanza relativa all’invisibilità del manufatto “ atteso che la compatibilità delle opere con le esigenze di tutela ambientale non è un giudizio legato alla maggiore o minore visibilità delle opere stesse, ma al rispetto di determinati criteri e modalità di costruzione, che costituiscono i presupposti per il corretto adeguamento del vincolo paesaggistico”. Osserva l’appellante come, con l’istanza ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, si richieda la conservazione di un manufatto realizzato su una zona del terrazzo a livello dell'abitazione, ubicato nell'angolo compreso tra il muro di confine con via Rampa S. Costanzo ed il muro di confine con proprietà a monte, assolutamente non visibile da alcun pubblico belvedere. Tale manufatto presenta una struttura portante di montanti che supporta una copertura in legno ed è tamponata su due lati con pannelli di legno e vetro, mentre sui restanti due lati si appoggia ai muri. Accanto a tale struttura vi è un corpo murario di circa 2,5 mq, destinato a servizio igienico. La relazione che accompagna l’istanza evidenzia come verranno demoliti “ i pannelli della tamponatura di facciata della struttura lignea, le due pareti e la copertura del servizio igienico ” , lasciando in essere solo il setto murario sul quale si appoggia la copertura lignea, e ciò al solo scopo di mantenere per essa un valido sostegno in considerazione del peso della vegetazione che su detta copertura insiste. Tali elementi non sarebbero considerati dal Giudice di primo che, inoltre, non valuterebbe come la normativa consenta, comunque, il rilascio di titoli edilizi mediante l’applicazione dell’istituto dell’accertamento di conformità laddove non vi sia alcuna compromissione per le bellezze naturali protette.
4.3. Con il terzo motivo l’appellante censura la decisione di primo grado nella parte in cui esclude la natura pertinenziale dell’opera, ritenuta sussistente atteso che: i ) esiste un nesso funzionale con la res principale; ii ) il bene ha esegue dimensioni; iii ) manca un impatto sul territorio.
4.4. Con il quarto motivo l’appellante contesta la decisione del T.A.R. che ritiene non suscettibile di sanatoria paesaggistica le opere in esame in ragione del divieto posto dalla previsione di cui all’art. 167, co. 4, del D.Lgs. n. 42/2004. Osserva l’appellante come gli interventi non comportino alcuna trasformazione del territorio e siano realizzati al mero fine di migliorare sia funzionalmente che esteticamente lo stato dei luoghi senza alterarlo e senza alcuna compromissione dei valori paesaggistici.
4.5. Con l’ultimo motivo l’appellante censura il capo di sentenza relativo al provvedimento di acquisizione osservando come non si prenda in considerazione l’intento a demolire parte delle opere e a preservare quelle che, senza alterare il contesto paesaggistico, consentono, invece, di mantenere una parte di macchia mediterranea.
5. Il Comune di Capri omette di costituirsi in giudizio nonostante la rituale notificazione del ricorso in appello.
6. In vista dell’udienza pubblica del 6.10.2022 parte appellante deposita memoria conclusionale insistendo per l’accoglimento del ricorso in appello. All’udienza del 6.10.2022 la causa è trattenuta in decisione.
7. Osserva il Collegio come i primi quattro motivi di ricorso possano trattarsi congiuntamente afferendo alla natura del manufatto e alla compatibilità paesaggistica del medesimo.
7.1. Prima di procedere alla disamina dei motivi occorre rilevare come l’appellante non articoli alcuna contestazione specifica su un aspetto che risulta, comunque, di capitale importanza per la decisione degli stessi in quanto relativo all’esatta individuazione dell’opera di cui si richiede l’accertamento di conformità. Il riferimento è al segmento di sentenza con il quale il Giudice di primo grado evidenzia come “ siano inconferenti […] le ulteriori deduzioni circa le modifiche proposte al fine di ricondurre il manufatto a mero pergolato a sostegno della macchia di verde esistente dal momento che, pacificamente, il permesso di costruire in sanatoria contenente prescrizioni è in palese contrasto con l'art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001 poiché postulerebbe non già la cd. doppia conformità delle opere abusive pretesa dalla disposizione in parola, ma una sorta di conformità ex post , condizionata all'esecuzione delle prescrizioni e quindi non esistente al tempo della presentazione della domanda di sanatoria, ma, eventualmente, solo alla data futura ed incerta in cui la richiedente avrebbe ottemperato alle prescrizioni ”. In sostanza, il Giudice di primo grado ravvisa, correttamente, una ragione preclusiva all’ottenimento del titolo ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 consistente nell’impossibilità di ottenere la sanatoria mediante la realizzazione di opere.
7.2. Si tratta di una statuizione che, oltre a risultare non contestata, risulta conforme al costante orientamento di questo Consiglio, condiviso anche dal Collegio. Osserva, infatti, questo Giudice come “ la sanatoria di cui all’art. 36, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, si fonda sul rilascio di un provvedimento abilitativo sanante da parte della competente Amministrazione, sempre possibile previo accertamento di conformità o di non contrasto delle opere abusive non assentite agli strumenti urbanistici vigenti nel momento della realizzazione e in quello della richiesta, previo accertamento di compatibilità paesaggistica nelle ipotesi in cui l’area sia assoggettata a vincolo paesaggistico e che è tassativamente limitato alle sole fattispecie contemplate dall’art. 167 comma 4, [del D.Lgs.] 22 gennaio 2004, n. 42 […]” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 21 marzo 2019, n. 1874). La sentenza appena citata evidenzia come sia “ la stessa qualificazione in termini di sanatoria del provvedimento scolpito dall'art. 36 che import [i] l'esclusione dal suo ambito di quelle opere progettate al fine di ricondurre l' opus nel perimento di ciò che risulti conforme alla disciplina urbanistica e quindi assentibile ” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 21 marzo 2019, n. 1874). Questo Consiglio rileva, difatti, che “ il rilascio di un permesso in sanatoria con prescrizioni, con le quali si subordina l'efficacia dell'accertamento alla realizzazione di lavori che consentano di rendere il manufatto conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della domanda o al momento della decisione, contraddice, innanzitutto sul piano logico, la rigida statuizione normativa poiché si farebbe a meno della doppia conformità dell'opera richiesta dalla norma se si ammettesse l'esecuzione di modifiche postume rispetto alla presentazione della domanda di sanatoria ” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 4 luglio 2014, n. 3410). Inoltre, “ la valutazione di compatibilità paesaggistica non può riferirsi al manufatto ottenuto grazie alle modifiche proposte, in quanto, ai sensi dell'art. 167, co. 4, d.lgs. n. 42 /2004, è consentita la sanatoria delle opere così come esistenti al momento dell'istanza e non delle opere progettate in maniera da alterarne la consistenza originari ” (v., ancora, Consiglio di Stato, Sez. IV, 21 marzo 2019, n. 1874).
7.3. I principi esposti rilevano, pertanto, non solo quale ragione ostativa al rilascio del permesso a cui la parte anela (consentendo, in ipotesi, persino di assorbire le ulteriori questioni) ma, in ogni caso, anche al fine di decretare l’infondatezza dei motivi articolati dovendosi prendere in considerazione non il manufatto che verrà ottenuto a seguito delle modificazioni proposte ma l’opera effettivamente esistente.
7.4. Logico corollario delle premesse articolate è che la cognizione e decisione dei motivi di appello deve operarsi in relazione all’opera esistente, consistente, come già spiegato, in un manufatto posto sul terrazzo antistante l’abitazione principale, con struttura in legno, delle dimensioni di circa mq. 16 ed altezza di circa mt. 2,40, composto da una camera ad uso residenziale ed altro manufatto in muratura destinato a locale bagno delle dimensioni di circa mq 2,5 ed altezza di circa metri 2,50 annesso alla camera.
7.5. In quest’ottica assume rilievo dirimente la questione articolata nel quarto motivo di ricorso in appello che attiene all’operatività della regola di cui all’art. 167, co. 4, del D.Lgs. n. 42/2004. Tale previsione considera suscettibili di sanatoria (e, quindi, inidonei a determinare un vulnus alle esigenze paesaggistiche) esclusivamente: i ) i lavori che non determinano la creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati; ii) i lavori effettuati con materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica; iii ) i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del D.P.R. n. 380/2001. Al contrario, sono considerati sempre rilevanti dal punto di vista paesaggistico lavori che determinino incremento di superficie o di volumetria. In simili casi la rilevanza paesaggistica è direttamente assegnata dal legislatore ed è, conseguentemente, preclusa ogni valutazione in concreto in ordine all’effettivo pregiudizio dagli stessi arrecato rispetto al bene paesaggistico tutelato. Ciò è confermato dal fatto che il divieto di sanatoria si applica anche ai volumi interrati, a nulla rilevando il fatto che essi non rappresentino un ostacolo o una limitazione per le visuali panoramiche.
7.6. Declinando i principi esposti al caso di specie si osserva come il manufatto in questione determini, chiaramente, un incremento di superficie e di volume e, pertanto, non possa essere ricompreso nella previsione di cui all’art. 167, co. 4, del D.Lgs. n. 42/2004. L’esclusione dall’alveo applicativo della regola appena indicata comporta, per converso, la rilevanza paesaggistica dell’opera che discende direttamente dal disposto legale. Ne consegue l’insignificanza di ogni ulteriore valutazione atteso che, come spiegato, la valenza paesaggistica è direttamente assegnata dal legislatore ed è, conseguentemente, preclusa ogni valutazione in concreto in ordine all’effettivo pregiudizio arrecato.
7.7. Le considerazioni sin qui esposte consentono di rigettare, altresì, la censura con la quale si lamenta la violazione della circolare del Segretario generale del M.I.B.A.C.T. (oggi M.I.C.) n. 33 del 26.6.2009 (richiamata nella rubrica del motivo). Va, infatti, considerato che la circolare indicata non può interpretarsi in modo derogatorio al disposto di cui all’art. 167 del D.Lgs. n. 42/2004 che, come osservato, preclude la compatibilità paesaggistica degli interventi che creano ex novo superfici o volumi, come nel caso di specie.
7.8. A non diversa conclusione si perviene evocando – come fa parte appellante - la nozione di volume tecnico. Deve, infatti, considerarsi come i volumi tecnici siano esclusivamente quelli destinati ad ospitare impianti necessari per l'utilizzo dell'abitazione e che si risolvono in semplici interventi di trasformazione senza generale aumento di carico territoriale o di impatto visivo ( cfr .: Consiglio di Stato, Sez. V, 11 luglio 2016, n. 3059). Possono, quindi, “ considerarsi volumi tecnici solo quei volumi che sono realizzati per esigenze tecnico-funzionali della costruzione (per la realizzazione di impianti elettrici, idraulici, termici o di ascensori), che non possono essere ubicati all'interno di questa e che sono del tutto privi di propria autonoma utilizzazione funzionale, anche potenziale ” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 15 novembre 2021, n. 7584). Pertanto, non può certamente costituire un volume tecnico un manufatto con struttura in legno, delle dimensioni di circa mq. 16 ed altezza di circa mt. 2,40, composto da una camera ad uso residenziale ed altro manufatto in muratura destinato a locale bagno delle dimensioni di circa mq 2,5 ed altezza di circa metri 2,50 annesso alla camera.
7.8.1. In ogni caso, va evidenziato come questo Consiglio ritenga, in modo condiviso dal Collegio, che le qualificazioni giuridiche rilevanti sotto il profilo urbanistico ed edilizio non abbiano rilievo, quando si tratti di qualificare le opere sotto il profilo paesaggistico, sia quando si tratti della percezione visiva di volumi, a prescindere dalla loro destinazione d’uso, sia quando comunque si tratti di modificare un terreno o un edificio, o il relativo sottosuolo;pertanto, la natura del volume edilizio realizzato (sia o meno qualificabile come volume tecnico) non rileva sul giudizio di compatibilità paesaggistica ex post delle opere: “ la nuova volumetria, quale che sia la sua natura, impone una valutazione di compatibilità con i valori paesaggistici dell’area (che deve compiersi da parte della autorità preposta alla tutela del vincolo, ovvero dalla competente Soprintendenza in sede di redazione di un suo parere), mentre sono radicalmente precluse autorizzazioni postume per le opere abusive che abbiano comportato la realizzazione di nuovi volumi ” (Consiglio di Stato, Sez. I , parere n. 1305/2019 del 29 aprile 2019).
7.9. Dalle considerazioni esposte deriva l’infondatezza del terzo motivo di ricorso in appello nonché delle censure contenute nel primo e nel secondo motivo che attengono alla valutazione concreta dell’impatto paesaggistico del manufatto, da escludersi per le ragioni sin qui spiegate.
7.10. Parimenti infondato risulta il terzo motivo con il quale l’appellante censura la decisione di primo grado nella parte in cui esclude la natura pertinenziale dell’opera.
7.10.1. Infatti, come affermato dalla Sezione, “ il concetto di pertinenza urbanistica è più ristrett [o] rispetto a quella civilistic [o] ed è applicabile solo ad opere di modesta entità, che risultino accessorie rispetto ad un'opera principale, non a quelle che da un punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all'opera principale e non siano coessenziali alla stessa ” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 29 luglio 2022, n. 6685). Pertanto, non occorre considerare solo il rapporto funzionale di accessorietà con la cosa principale, ma anche le caratteristiche dell’opera in sé sotto il profilo dell’autonomo impatto urbanistico sul territorio, sicché esso si fonda sulla assenza di autonoma destinazione del manufatto pertinenziale, di incidenza sul carico urbanistico e di modifica all’assetto del territorio (Consiglio di Stato, Sez. II, 20 luglio 2022, n. 6371). Nel caso di specie, si tratta di superfici e volumi aggiuntivi permanenti che non soltanto non sono coessenziali all’abitazione ma hanno una loro autonomia incidendo, pertanto, sul carico urbanistico dell’area.
8. In ultimo, è infondato il quinto motivo di ricorso in appello con il quale si censura il capo di sentenza relativa al provvedimento di acquisizione osservando come non si prenda in considerazione l’intento a demolire parte delle opere e a preservare quelle che, senza alterare il contesto paesaggistico, consentono, invece, di mantenere una parte di macchia mediterranea.
8.1. Infatti, l’intenzione di rimuovere parte delle strutture non costituisce ragione di impossibilità ad adempiere all’ordinanza di demolizione né denota la carenza di elemento soggettivo nell’inottemperanza. Difettano, quindi, elementi dai quali possa inferirsi una effettiva impossibilità di dare esecuzione alla misura. Infatti, non sono neppure dedotte circostanze tali da escludere quanto meno la colpa della parte appellante nel non dare esecuzione all’ordine tenuto conto anche che l’oggetto dell’acquisizione è limitato all’opera abusiva realizzata e alla sua area di sedime con la conseguenza che alcuna incertezza sulla portata dell’obbligo sussiste nel caso di specie. Né la carenza di colpevolezza può desumersi dal paventato rischio per una parte di macchia mediterranea che, in realtà, non fonda la mancanza dell’elemento soggettivo in ordine alla mancata rimozione del manufatto ma, in ipotesi, legittima esclusivamente l’adozione di misure – nei limiti consentiti dall’ordinamento – per sostituire il manufatto edilizio con mere strutture di sostengo che consentano di mantenere gli arbusti.
9. In definitiva, il ricorso in appello deve respingersi in quanto infondato con conseguente conferma della sentenza appellata.
10. Non si provvede alla regolazione delle spese di lite del presente grado stante la mancata costituzione del Comune di Capri.