Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2016-09-15, n. 201603889
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Testo completo
Pubblicato il 15/09/2016
N. 03889/2016REG.PROV.COLL.
N. 00386/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 386 del 2016, proposto dal Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro-tempore, dall’U.T.G. - Prefettura di Milano, in persona del Prefetto pro-tempore e dall’Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona del Presidente pro-tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;
contro
la s.r.l. SIDECO, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati G M (C.F. [...]) ed A D P (C.F. [...]), con domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato A D P in Roma, Via Giovanni Battista Martini, n. 13;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. Lombardia, sede di Milano, Sezione I, n. 2313 del 5 novembre 2015.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della s.r.l. SIDECO;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 maggio 2016 il Cons. P A A P e uditi per le parti l’Avvocato Serena Patrisso, su delega dell’avvocato G M, e l'Avvocato dello Stato Maria Vittoria Lumetti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. - Con il ricorso n. 787 del 2015, proposto al T.a.r. per la Lombardia, sede di Milano, la s.r.l. SIDECO impugnava l’informazione antimafia del Prefetto di Milano prot. 12B7/2013-01931 n. int. 18804 del 10 marzo 2015.
2. - La società ricorrente lamentava che erroneamente il Prefetto avrebbe collegato all’amministratore e legale rappresentante -OMISSIS-fatti e circostanze inerenti a gravi attività criminali, non riconducibili in alcun modo alla società e ai suoi soci, erroneamente ritenendo sussistente il rischio di infiltrazioni sulla base di stretti legami familiari con esponenti della criminalità organizzata.
3. - Con l’ordinanza n. 650 del 2015, il T.a.r. sospendeva gli effetti degli atti impugnati, imponendo all’Amministrazione un riesame dell’«attuale relazione tra le decisioni aziendali della società ricorrente e il condizionamento su di essa eventualmente esercitato da soggetti facenti capo alla criminalità organizzata».
4. - A seguito di riesame, con provvedimento del 16 giugno 2015, la Prefettura di Milano emanava una ulteriore informativa; la società impugnava l’atto con motivi aggiunti, depositati il 29 giugno 2015.
5. - Con la sentenza in epigrafe n. 2313 del 2015, il T.a.r. dichiarava l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse - con riguardo all’impugnazione dell’informativa del 10 marzo 2015 - e accoglieva i motivi aggiunti avverso l’atto del 17 giugno 201, condannando l’Amministrazione al risarcimento dei danni nei confronti della società ricorrente nella misura di euro 14.027,00, oltre interessi, e alle spese di lite.
6. - Con l’appello in esame, l’Amministrazione lamenta l’erroneità della sentenza per i seguenti motivi:
a) violazione e falsa applicazione dell’art. 84, comma 4, e dell’art. 91 D.lgs 159 del 2011; erroneità, in fatto e diritto, nonché manifesta illogicità;
b) illegittimità della condanna al risarcimento dei danni.
7. - Si è costituita in giudizio la società appellata, che contesta il carattere indiziante dei singoli fatti e degli episodi richiamati dall’Amministrazione a dimostrazione del pericolo di infiltrazione e propone appello incidentale, perché la sentenza non avrebbe tenuto conto del primo motivo del ricorso introduttivo, in sede di esame della fondatezza della domanda di risarcimento dei danni, che sarebbero stati quantificati senza tener conto della documentazione prodotta.
La Società appellata chiede, pertanto, il rigetto dell’appello e l’accoglimento dell’appello incidentale in relazione alla quantificazione del danno.
8. - Alla pubblica udienza del 26 maggio 2016, a seguito di scambio di memorie, l’appello è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. - L’appello è fondato alla luce delle censure svolte dal Ministero.
2. - E’ opportuno premettere che, secondo la più recente giurisprudenza di questa Sezione, in materia di informativa antimafia trovano applicazione i seguenti principi (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 3 maggio 2016, n. 1743):
- l'informativa antimafia, ai sensi degli artt. 84, comma 4, e 91, comma 6, del d. lgs. n. 159/2011, presuppone «concreti elementi da cui risulti che l'attività d'impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata»;
- quanto alla ratio dell'istituto, si tratta di una misura volta - ad un tempo - alla salvaguardia dell'ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della pubblica Amministrazione: l'interdittiva antimafia comporta che il Prefetto escluda che un imprenditore - pur