Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-08-02, n. 202105643

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-08-02, n. 202105643
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202105643
Data del deposito : 2 agosto 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/08/2021

N. 05643/2021REG.PROV.COLL.

N. 06901/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6901 del 2020, proposto da
Tecnositaf S.p.A. in proprio e nella qualità di capogruppo mandataria del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese con Famas System S.p.A. ed Eco.Net S.p.A., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , tutte rappresentate e difese dall'avvocato P C, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;

contro

Aesys S.p.A. e Italiana Costruzioni S.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentate e difese dagli avvocati F S, F G A ed Enrico Michele Alfredo Attili, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;
Italiana Costruzioni S.r.l., non costituita in giudizio;

nei confronti

Agenzia campana per la mobilità, le infrastrutture e le reti – ACAMIR, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Giovanni Colacurcio, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;
Regione Campania, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania – Napoli, sez. III, n. 3259/2020, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Aesys S.p.A., dell’Agenzia campana per la mobilità, le infrastrutture e le reti e di Italiana Costruzioni S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 maggio 2021, tenuta da remoto, il Cons. G G e uditi per le parti gli avvocati Carbone, Colacurcio e Baglivo, in sostituzione dell'avv. Angelini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- L’Agenzia campana per la mobilità, le infrastrutture e le reti (ACAMIR) indiceva una gara europea, mediante procedura aperta, per l’aggiudicazione, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, della “ progettazione esecutiva, fornitura, posa in opera, messa in funzione, calibrazioni di parti di un sistema di monitoraggio ed informazioni per la realizzazione dell’intervento ‘SS268 del Vesuvio e viabilità interconnesse’ – applicazione dei sistemi tecnologici per la messa in sicurezza e monitoraggio” – Pannelli a messaggio variabile ”, per un importo complessivo a base d’asta pari ad € 2.251.765,00, oltre IVA.

Entro la scadenza prevista dal bando pervenivano quattro offerte, da parte del raggruppamento capeggiato da Tecnositaf S.p.A.;
del raggruppamento capeggiato da Aesys S.p.A.;
di Solari di Udine S.p.A.;
del raggruppamento capeggiato da C.T. Elettronica S.r.l.: tutte ammesse, all’esito della fase di verifica della documentazione e previo esperimento del soccorso istruttorio, alla fase di valutazione.

La Commissione giudicatrice – riconosciuta la complessiva conformità delle offerte a quanto richiesto dall’art. 16 del disciplinare di gara – procedeva, come di rito, alla valutazione, in seduta segreta, delle offerte tecniche e, quindi, alla apertura delle buste contenenti l’offerta economica, pervenendo, con l’attribuzione dei rispettivi punteggi, alla formulazione della graduatoria finale, che vedeva collocato al primo posto il raggruppamento capeggiato da Tecnositaf S.p.a. (con punti 94,00), seguito dal raggruppamento Aesys S.p.a. (con punti 81,40).

Avendo riscontrato il superamento della soglia di anomalia fissata dall’art. 97, comma 3, d.lgs. n. 50/2016, la stazione appaltante sollecitava il RTI Tecnositaf a formulare le proprie giustificazioni, che venivano ritenute congrue.

Con determinazione n. 399 del 6 novembre 2019, la stazione appaltante approvava le risultanze della gara e ne disponeva l’aggiudicazione, ai sensi dell’art. 32, comma 5, d.lgs. n. 50/2016, al raggruppamento Tecnositaf, subordinandone l’efficacia all’esito positivo della verifica dei requisiti ex artt. 80 e 83, d.lgs. n. 50/2016.

2.- Con ricorso proposto dinanzi al TAR per la Campania, Aesys S.p.A. impugnava l’aggiudicazione, lamentando, con plurimo mezzo, violazione del capitolato tecnico e del disciplinare di gara, avuto riguardo alle caratteristiche tecniche del prodotto offerto, asseritamente non conforme alle richieste della stazione appaltante, così come affidate ai documenti di gara.

3.- Con ordinanza n. 48/2020, resa a definizione della fase cautelare, il primo giudice: a ) riteneva che “ il dettaglio delle censure formulate dalla società ricorrente in ordine alle caratteristiche tecniche dell’offerta presentata dall’aggiudicataria impone [sse] alla stazione appaltante un approfondito riesame alla luce dei numerosi e dettagliati rilievi svolti nel ricorso, con riferimento alle rilevate difformità dei dispositivi proposti rispetto al Capitolato tecnico di gara ”; b ) accoglieva l’istanza di accesso formulata dalla società ricorrente, “ in relazione alla necessità di garantire a quest’ultima un’ampia ed approfondita conoscenza degli elementi tecnici e strutturali dell’offerta formulata dal concorrente risultato aggiudicatario ”, facendo salvo il rispetto degli specifici diritti di privativa industriale, laddove sussistenti

3.- In esecuzione della ordinanza cautelare, la Commissione di gara si riuniva, al fine di procedere al riesame dell’offerta del raggruppamento aggiudicatario, ribadendo all’esito – “ con riferimento alle rilevate difformità dei dispositivi proposti rispetto al Capitolato tecnico di gara ” – la ritenuta conformità della stessa alla lex specialis della procedura e, per l’effetto, confermando il punteggio di 20 punti, assegnato al parametro di valutazione “ Qualità dell’offerta tecnica (Cap.

16), 1° sub criterio ”.

4.- Avverso la rinnovata determinazione, Aesys S.p.A. formulava motivi aggiunti, ribadendo –a fronte degli esiti confermativi – le formalizzate ragioni di doglianza. Proponeva, altresì, ulteriori motivi aggiunti avverso la successiva nota n. 144 del 28 febbraio 2020, con la quale la stazione appaltante trasmetteva al Direttore generale e al RUP il verbale di gara relativo al riesame dell’offerta.

5.- Nel rituale contraddittorio delle parti, con sentenza n. 3259/2020 del 23 luglio 2020, il TAR adito accoglieva il ricorso, disponendo l’annullamento dell’aggiudicazione, con prospettico subentro, previa verifica dei requisiti, della seconda graduata.

Con atto di appello, notificato nei tempi e nelle forme di rito, Tecnositaf S.p.a. ha impugnato la ridetta statuizione, di cui lamenta la complessiva erroneità ed ingiustizia, auspicandone l’integrale riforma.

Si sono costituiti, in resistenza, Aesys S.p.A. e Italiana Costruzioni S.r.l..

Si è costituita, altresì, l’Agenzia campana per la mobilità, le infrastrutture e le reti che, pur non spiegando autonomo appello, ha aderito alla posizione dell’appellante.

Alla pubblica udienza del 13 maggio 2021, sulle ribadite conclusioni delle parti costituite, la causa è stata riservata per la decisione.

DIRITTO

1.- L’appello è fondato e va accolto.

2.- Va, in via preliminare, dichiarata l’ammissibilità della costituzione in giudizio dell’Agenzia campana per la mobilità, le infrastrutture e le reti, che – pur risultando integralmente soccombente alla luce della sentenza impugnata – si è limitata, senza proporre autonomo gravame, ad aderire motivatamente alla posizione assunta dall’appellante.

In verità, la giurisprudenza ha ripetutamente affermato che, ai sensi dell’art. 92 Cod. proc. amm. (come già, antecedentemente, alla luce degli artt. 37 e 38 r.d. n. 642 del 1907), la parte soccombente nel giudizio di primo grado, che abbia interesse all'annullamento della relativa sentenza, ha l’onere di proporre formale impugnazione, in via autonoma ovvero (quando sia stata preceduta dall’impugnazione altrui) in via incidentale: onere che non sarebbe possibile eludere mediante la mera costituzione (per di più, con memoria non notificata alle controparti) nel giudizio promosso da altro soccombente (cfr., Cons. Stato, III, 10 febbraio 2016, n. 578, che ne ha tratto il corollario della inammissibilità anche della assunzione di una “ posizione adesiva di mero interveniente ”, comunque preordinata alla rimozione di una soccombenza “ principale ” sancita dalla decisione di primo grado;
negli stessi sensi già Cons. Stato, IV, 22 giugno 2004, n. 4458, con riferimento al controinteressato in primo grado, che intervenga a sostegno dell’appello principale dell’Amministrazione soccombente in prime cure e Cons. Stato, V, 26 giugno 1996, n. 806, con riferimento alla reciproca fattispecie dell’intervento spiegato dall’Amministrazione, a sostegno dell’appello del privato controinteressato;
cfr., altresì, Cons. Stato, IV, 14 aprile 2006, n. 2174;
Id., V, 13 novembre 1995, n. 1561;
Con. giust. sic., 13 febbraio 20017, n. 36, che, peraltro, ammette la conversione dell’intervento in appello, ove ne ricorrano i requisiti di sostanza e di forma).

Il principio è stato, nondimeno, talora declinato nei meno incisivi sensi della mera preclusione alla formalizzazione di autonome ragioni di doglianza e, cioè, all’ampliamento del thema decidendum (cfr. Cons. Stato, III, 13 maggio 2015, n. 2400).

Più di recente, si è, tuttavia, affermato che la costituzione in giudizio, in fase di gravame, del controinteressato soccombente in prime cure (che non abbia ritenuto di impugnare autonomamente la sentenza e neppure abbia proposto appello incidentale, limitandosi al deposito di memoria non notificata) è senz’altro ammissibile, in ragione del principio del giusto processo, che autorizza – ferma restando la ribadita preclusione alla immutazione od integrazione del thema decidendum – l’intervento in posizione meramente adesiva (cfr. Cons. Stato, III, 22 dicembre 2017, n. 6022, che – condivisibilmente – limita, peraltro, il principio alla ricorrenza di ipotesi di inscindibilità della causa decisa, atteso che la scindibilità delle posizioni soggettive imporrebbe comunque, evidentemente, l’autonoma impugnazione).

Occorre puntualizzare che, in realtà, non si tratta di intervento ad adiuvandum in senso tecnico (se non altro perché l’art. 97, comma 1, Cod. proc. amm. richiede, all’uopo – di là dall’allegazione di un autonomo “ interesse ”, ovviamente distinto da quello correlato alla soccombenza di chi sia stato “ parte processuale ” in primo grado – la formale notifica dell’atto a tutte la parti), ma di mera costituzione (con deposito di memoria difensiva) in posizione adesiva, basata sulla posizione di cointeressenza sostanziale, in sede di impugnazione della sentenza sfavorevole, rispetto all’iniziativa impugnatoria autonomamente assunta dal cointeressato formalmente appellante (fa, perciò, plausibilmente, più generica ma più precisa parola, in identica fattispecie, di mera “ adesione all’iniziativa giurisdizionale ” altrui Cons. Stato, III, 14 febbraio 2017, n. 656, che argomenta dall’irragionevolezza dell’assunto che pretenda la necessaria duplicazione dell’impugnazione, le quante volte non risulti eluso od aggirato il relativo termine decadenziale di cui all’art. 102 Cod. proc. amm.).

La più recente posizione merita di essere, in effetti, condivisa (cfr., da ultimo ed in termini, Cons. Stato, V, 28 febbraio 2020, n. 1448;
Id., V, 12 marzo 2020, n. 1771).

Invero, le preclusioni di ordine processuale traggono, in generale, fondamento e giustificazione, in quanto tali e propter tenorem rationis , dalla necessità di salvaguardare effettive esigenze di progressiva e concentrata definizione della ordinata sequela procedimentale (sicché non può il termine decadenziale di impugnazione essere surrettiziamente recuperato, dalla soccombente, mediante l’intervento nel giudizio proposto da altri consorti;
né può, sotto distinto profilo, sacrificarsi, legittimando il generalizzato intervento nelle fasi di gravame, il principio del doppio grado di giurisdizione: cfr. art. 344 Cod. proc. civ.). Quando, però, sia certo che tali esigenze non siano compromesse (perché, per esempio, non ne risulti in alcun modo inciso o condizionato il thema probandum o decidendum , né sia elusa alcuna prescrizione di matrice decadenziale) la sanzione di inammissibilità appare ingiustificata ed ultronea, legittimandosi, semmai, la valorizzazione del generale ed economico canone conservativo propter utilitatem .

3.- Ciò posto, vanno esaminati con priorità – avuto riguardo alla attitudine assorbente ed in conformità al canone della c.d. ragione più liquida (cfr. Cons. Stato, V, 21 maggio 2020, n. 3226;
Id., IV, 27 agosto 2019, n. 5891;
Id., VI, 4 ottobre 2017, n. 4626) il terzo, il quarto ed il quinto motivo di appello, con i quale l’appellante contesta la decisione appellata, nella parte in cui ha ritenuto non conforme alle prescrizioni della lex specialis la propria offerta tecnica, relativamente alla proposta utilizzazione di un pannello per infografica full color composto da un solo LED con all’interno tre diodi integrati e inseriti in un unico package ed ha, altresì, considerato concretamente inconferente principio di equivalenza delle specifiche tecniche sancito dall’art. 68, d.lgs. n. 50/2016.

4.- Importa rammentare che, con il ricorso di primo grado, l’odierna controinteressata aveva lamentato la non conformità del prodotto offerto dall’aggiudicataria, in relazione alla prescrizione di cui al par. 10.3 del capitolato tecnico, nella parte in cui, alla pag. 43, disponeva espressamente che “ ciascun pixel [dovesse] essere composto da un mix di LED di 4 diversi colori (RGBY), che attivati nelle varie combinazioni [potessero] visualizzare i seguenti colori: bianco, rosso, giallo, blue, verde e nero al fine di visualizzare i segnali stradali secondo quanto previsto

dal codice della strada e come da Normativa UNI CEI EN 12966 ”.

In particolare, assumeva che la sigla RGBY indicasse senza equivoco i quattro diversi colori dei LED ( Red, Green, Blue, Yellow ), in conformità, del resto, ad una soluzione tecnica classica impiegata sulla maggioranza dei pannelli a messaggio variabile (“ PMV ”) installati sulla rete stradale e autostradale italiana.

A fronte di ciò, la soluzione offerta dall’aggiudicatario sarebbe stata difforme dalla richiesta capitolare, in quanto ogni pixel emetteva la luce richiesta grazie al contributo di soli tre LED ( rosso, verde e blu ), in luogo dei quattro richiesti: facendo, segnatamente, difetto un (apposito ed autonomo) LED destinato a produrre luce di colore giallo.

La precisa e specifica soluzione tecnica richiesta dal capitolato (che, per tal via, non avrebbe potuto essere acquisita come mera condizione di “ funzionalità ” del pannello e non avrebbe, perciò, potuto legittimare la valorizzazione di generiche equipollenze), troverebbe, del resto, la propria plausibile ratio nella maggiore robustezza e costanza del tempo delle prestazioni del prodotto richiesto (essendo il colore giallo ottenuto, per l’appunto, con un LED dedicato e non, come proposto dall’aggiudicataria, per sommatoria degli effetti del diodo rosso e del diodo verde, in tesi soggetti ad invecchiamento delle prestazioni in modo diverso l’uno dall’altro, con conseguente assoggettamento a variazioni nel tempo, tali da compromettere il rispetto dello standard europeo di cui alla norma EN 12966).

Per giunta, si soggiunge, la soluzione richiesta dalla lex specialis : a ) non costituirebbe prerogativa di un ristretto numero di operatori presenti sul mercato, dovendosi, per tal via, escludere una ipotetica ed artificiosa restrizione della possibilità di partecipazione, tale da legittimare un possibile apprezzamento di equipollenza; b ) sarebbe, in concreto, allineata agli standard di mercato in uso presso su tutto il territorio nazionale su strade per oltre 29.000 km (di competenza ANAS) e per oltre 6.000 km (di competenza delle concessionarie autostradali), oltre che all’estero; c ) risponderebbe, sotto il profilo funzionale, a reali esigenze di costanza nel tempo delle prestazioni del prodotto (al segno che la guida tecnica CEI 214-13 – rapporto tecnico UNI/TR 11218 – richiederebbe che i testi alfanumerici siano realizzati in colore giallo, sia in ambito

autostradale/extraurbano principale che in ambito extraurbano secondario e urbano, non limitandosi ad esigere un giallo qualsiasi, bensì un giallo in classe C1, come definito nella norma EN12966- 1:2005+A1:2009, ossia un giallo con una tonalità appartenente ad un circoscritto e molto ristretto perimetro all’interno dello spazio colori CIE 193, relativo allo spettro di colori visibili dall’occhio

umano).

Infine, la soluzione tecnica a tre LED avrebbe un costo apprezzabilmente inferiore (sia, appunto, per il minore numero di LED, sia per la minore complessità dell’elettronica incorporata nel prodotto offerto), con evidenti effetti anticoncorrenziali.

5.- Con la sentenza appellata, il primo giudice ha complessivamente condiviso le riassunte ragioni di doglianza.

All’uopo ha, segnatamente, ritenuto:

a ) che il capitolato tecnico non si fosse limitato a prescrivere che ciascun LED, attivato nelle varie combinazioni, consentisse di visualizzare i colori necessari a fini segnaletici (bianco, rosso, giallo, blue, verde e nero), secondo quando previsto dal codice della strada ed in conformità alla normativa UNI CEI EN 12966, ma avesse (“ specificamente ”) richiesto, quale “ requisito distintivo ”, che ciascun pixel fosse composto “ da un mix di LED di 4 diversi colori (RGBY) ”;

b ) che, a fronte della precisa previsione della lex specialis , il possesso della caratteristica richiesta non potesse essere trascurato in sede di formulazione dell’offerta né disatteso dalla stessa Commissione giudicatrice, in sede di valutazione;

c ) che la richiesta di una soluzione a quattro LED RGBY (comprensivi, cioè, del colore giallo), avesse fondate ragioni, collegate alla stabilità nel tempo del prodotto e alla garanzia che il prodotto stesso rispettasse la normativa di settore, EN 12966, durante tutta la sua vita utile;

d ) che, in ogni caso – dovendosi, per le riassunte ragioni, escludersi la possibile valorizzazione di un giudizio di equivalenza – l’offerta del raggruppamento aggiudicatario fosse obiettivamente (e palesemente) difforme dalla richiesta capitolare, imponendosene (per ciò solo) l’estromissione dalla gara, trattandosi di “ difformità essenziale ”, tale da denunziare “ l’inadeguatezza del prodotto proposto rispetto ai requisiti minimi previsti ” dalla stazione appaltante;

e ) che inconferente fosse il richiamo al principio di equivalenza delle specifiche tecniche (sancito dall’art. 68, d.lgs. n. 50/2016), destinato ad operare sull’indefettibile presupposto della prefigurazione di specifiche tecniche eccessivamente dettagliate, ferma restando la conformità sostanziale della prestazione offerta rispetto a quella richiesta (laddove, nella specie, le

specifiche richieste per un verso non sarebbero state né eccessivamente dettagliate né tali da poter determinare una irragionevole limitazione del confronto competitivo;
e, per altro verso, fossero da ritenersi specificamente funzionali a garantire la qualificata affidabilità cromatica, la resa costante nel tempo, la robustezza e la sicurezza);

f ) che, in definitiva, a diversamente opinare si sarebbe dato avallo alla violazione della par condicio rispetto alle imprese concorrenti che avevano, per parte loro, puntualmente rispettato la disciplina prevista dalla lex specialis .

6.- L’appellante denunzia, sul punto, error in judicando , per violazione dell’art. 16.3 del disciplinare di gara e dell’art. 68 d.lgs 50/2016.

I motivi sono fondati.

7.- In effetti, osserva il Collegio che il paragrafo 10.3. del disciplinare di gara individuava le caratteristiche dei pannelli per infografica, richiedendo espressamente che ognuno di essi:

a ) dovesse essere “ ospitato in un’unica cassa ”;

b ) dovesse essere costituito “ da una matrice continua di LED di tipo grafico ”, per una dimensione minima dell’area attiva pari a 1200mm x 1200mm ed una “ risoluzione di 64 x 64 pixel (passo = 18,75mm) ”;

c ) dovesse avere la stessa “ altezza geometrica ” del PMV (pannello a messaggio variabile) abbinato.

Si richiedeva, quindi, che “ ciascun pixel [dovesse] essere composto da un mix di led di 4 diversi colori (RGBY), che attivati nelle varie combinazioni [potessero] visualizzare i seguenti colori: bianco, rosso, giallo, blue, verde e nero al fine di visualizzare i segnali stradali secondo quanto previsto dal codice della strada e come da Normativa UNI CEI EN 12966 ”.

La prescrizione è, con ogni evidenza, orientata a garantire che i pannelli oggetto di fornitura: a ) utilizzassero una tecnologia basata sua una combinazione di LED di diverso colore, tale da garantire le alternative modalità di visualizzazione cromatica richieste; b ) fossero, a tal fine, adeguati rispetto cogenti indicazioni dettate, per l’uso dei pannelli informativi e la visualizzazione dei segnali stradali, dal codice della strada; c ) garantissero lo standard di qualità certificata della normativa UNI CEI EN 12966.

È perciò corretto ritenere – anche in considerazione del rilievo che le stesse disposizioni capitolari, al paragrafo 13, non precludevano l’articolazione di proposte migliorative inerenti la “ qualità ” e le “ prestazioni funzionali ” – che la richiesta del “ mix di led ”, a dispetto della formulazione letterale prima facie restrittiva, si incentrasse (essenzialmente) sulla garanzia di un determinato standard di visibilità e di resa policromatica, senza precludere il ricorso ad una tecnologia alternativa che – pur utilizzando, per la implementazione delle varie combinazioni cromatiche, solo i tre colori c.d. base (rosso, verde e blu), con esclusione della luce gialla, ottenibile per addizione – garantisse comunque il pieno rispetto degli standard o addirittura realizzasse un complessivo miglioramento prestazionale.

Nel caso di specie, l’offerta tecnica dell’appellante è stata accertata come pienamente conforme alla normativa UNI CEI EN 12966-1:2005+A1:2009, essendo all’uopo corredata di apposita certificazione rilasciata dall’Istituto Giordano di Bellaria – Igea Marina (RN).

In particolare, la tecnologia proposta, pur non utilizzando matrici di quattro, ma di soli tre colori, garantisce un’area attiva ( display ) dei pannelli realizzata con innovativi LED SMD full color ad elevata luminosità e lente ottica, con una scelta che – alla luce delle valutazioni operate dalla Commissione giudicatrice – permetterebbe di raggiungere i massimi livelli di luminanza, contrasto ed angolo di lettura previsti dalla normativa citata (EN12966-1:2005), garantendo per di più, rispetto ai LED tradizionali di tipo DIP, una minore decadenza ottica, un maggiore Color Rendering Index e una maggiore efficacia.

Si impone, in siffatta prospettiva, una interpretazione della clausola capitolare orientata alla massimizzazione dell’accesso concorrenziale alla gara, senza arbitrarie restrizioni.

7.1.- La soluzione trae, del resto, decisiva conferma dalla regola codificata dall’art. 68, comma 7 d. lgs. n. 50/2016, di cui il primo giudice ha operato una interpretazione eccessivamente restrittiva.

Come è noto, le “ caratteristiche previste per lavori, servizi e forniture ” sono definite dalla stazione appaltante mediante l’individuazione di “ specifiche tecniche ” inserite nei documenti di gara (art. 68, comma 1), nel rispetto del canone proconcorrenziale che – imponendo adeguatezza, coerenza e proporzionalità rispetto all’” oggetto ”, al “ valore ” e agli “ obiettivi ” del contratto – garantisca in ogni caso il “ pari accesso degli operatori economici alla procedura di aggiudicazione ” (art. 68, comma 3) senza comportare “ direttamente o indirettamente ostacoli ingiustificati all’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza ” o generare artificiose o discriminatorie limitazioni nell’accesso al mercato “ allo scopo di favorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori economici ” (art. 30, comma 2 d. lgs. cit.).

A tal fine, l’art. 68, comma 5 d. lgs. cit. prefigura le alternative modalità di formulazione, nel corpo della lex specialis , delle caratteristiche tecniche delle prestazioni programmaticamente negoziate, prevedendo che la stazione appaltante – “ fatte salve le regole tecniche nazionali obbligatorie ”, che come tali si sottraggono, in virtù della attitudine cogente, all’apprezzamento opzionale o alla modulazione discrezionale – possa procedere: a ) alla concreta ed articolata indicazione (in termini “ sufficientemente precisi ”, tali cioè da consentire una idonea determinazione dell’oggetto dell’appalto: cfr. art. 1346 cod. civ.) di “ prestazioni o di requisiti funzionali ” (lett. a) ; b ) al richiamo per relationem di standard normativi di riferimento preordinati alla codificazione di “ specifiche tecniche ” (e – segnatamente ed in via gradatamente preferenziale – alla normativa tecnica di recepimento di norme europee ed alle “ valutazioni tecniche europee ”): lett. b ); c ) alla combinazione dell’una e dell’altro (lett. c e d ).

In ogni caso, ad evitare esiti abusivamente discriminatori, resta fermo:

a ) che – quando la stazione appaltante si sia avvalsa della facoltà di “ definire ” direttamente le specifiche tecniche in termini “ di prestazioni o di requisiti funzionali ” – l’operatore economico è sempre ammesso a provare, con ogni mezzo, la concreta rispondenza della propria offerta alle prescrizioni capitolari in virtù della allegata conformità a standard di riferimento (normative di recepimento di norme europee, omologazioni tecniche europee, specifiche tecniche comuni, norme internazionali, sistemi tecnici di riferimento adottati da un organismo europeo di normalizzazione) se contemplino le prestazioni o i requisiti funzionali prescritti (art. 68, comma 8 d. lgs. cit.);

b ) che – quando la stazione appaltante abbia optato per il richiamo a specifiche tecniche codificate – l’operatore economico è sempre ammesso a provare, con qualsiasi mezzo appropriato, l’” equivalenza ” delle soluzioni proposte ai “ requisiti definiti dalle specifiche tecniche ” (art. 68, comma 7 d. lgs. cit.).

Nel caso di specie, come si è chiarito, il capitolato – pur indicando espressamente le caratteristiche tecniche del pannello luminoso – richiedeva, sotto il profilo funzionale, la conformità tecnica del prodotto alla normativa tecnica europea : sicché, in base al principio esposto, correttamente (ed anzi doverosamente) la Commissione, una volta accertato che i pannelli offerti erano conformi alla normativa EN 12966 ed oggetto di specifica certificazione di qualità, ha proceduto alla valutazione della conformità del prodotto offerto ai requisiti funzionali e prestazionali concretamente richiesti.

Va, infatti, ribadito (cfr., da ultimo, Cons. Stato, III, 20 ottobre 2020, n. 6345) che “ il principio di equivalenza permea l'intera disciplina dell'evidenza pubblica, in quanto la possibilità di ammettere alla comparazione prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste, ai fini della selezione della migliore offerta, risponde, da un lato, ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento e di libertà d'iniziativa economica e, dall'altro, al principio euro-unitario di concorrenza, che vedono quale corollario il favor partecipationis alle pubbliche gare, mediante un legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell'amministrazione alla stregua di un criterio di ragionevolezza e proporzionalità ”.

Ne segue che non può essere accolta l'impugnativa volta all'esclusione dell'offerta aggiudicataria nell'ipotesi in cui la stazione appaltante abbia fatto un uso non irragionevole, né vessatorio, e quindi non illegittimo, del proprio potere discrezionale, nel ritenere, con ampia motivazione, che l'aggiudicataria abbia comprovato l'equivalenza del proprio prodotto, in quanto avente caratteristiche che lo rendono utilizzabile secondo le esigenze sottese alle prescrizioni tecniche di capitolato (cfr. Cons. Stato, III, 18 settembre 2019 n. 6212;
Id., sez. III;
11 settembre 2017 n. 4282).

8.- Le esposte considerazioni sono sufficienti ai fini del complessivo accoglimento del gravame.

La complessità delle questioni tecniche e le incertezze in ordine alla corretta interpretazione ed applicazione della disciplina di gara giustificano una regolazione del carico delle spese del doppio grado nel senso della integrale compensazione tra le parti costituite.

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