Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-08-05, n. 202004937

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-08-05, n. 202004937
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202004937
Data del deposito : 5 agosto 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/08/2020

N. 04937/2020REG.PROV.COLL.

N. 03762/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3762 del 2020, proposto dalla società Eco.Car. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati G C e A N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Comune di Marcianise, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato S R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

della società Teknoservice s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato Angelo Giuseppe Orofino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
della Asmel Consortile S.C. A R.L. non costituitasi in giudizio;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania n.1689 del 2020, resa tra le parti.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Marcianise e di Teknoservice S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 luglio 2020 – tenutasi in videoconferenza da remoto –il consigliere Silvia Martino e uditi per le parti gli avvocati G C e Rainone Sabatino che partecipano alla discussione orale ai sensi dell'art. 4 del DL n. 28/2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto innanzi al TAR per la Campania, l’odierna appellante, società Eco. Car. s.r.l. impugnava il provvedimento di esclusione dalla gara indetta dal Comune di Marcianise per l’affidamento del servizio di “ gestione integrata dei rifiuti urbani ed assimilati nell’economia circolare per spreco e rifiuti zero ed igiene ambientale ” (provvedimento n. 0014053 del 23 marzo 2020), unitamente agli atti presupposti.

Domandava, altresì, la declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato con la impresa seconda classificata e del diritto alla aggiudicazione della gara in proprio favore, oltre il risarcimenti dai danni subiti.

Esponeva che, dopo l’aggiudicazione della gara, con nota prot. 0008676 del 18 febbraio 2020, il Comune le aveva comunicato l’avvio del procedimento di esclusione per le seguenti motivazioni “ In sede di verifica dei requisiti, per il tramite del portale dell’ANAC, acquisendo il Certificato del casellario Giudiziale, è risultata, a carico del -OMISSIS-della società, la presenza di una ‘sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (Art. 444,445 CPP) del tribunale di Roma irrevocabile il 02.11.1990’, non dichiarata dal medesimo né dal legale rappresentante della società nel DGUE. Atteso che l’art. 80, comma 5 del codice dei contratti pubblici, pone a carico dell’operatore economico puntuali obblighi informativi, aventi ad oggetto la rappresentazione - quanto più dettagliata possibile - delle pregresse vicende professionali, l’obbligo dichiarativo previsto dal menzionato art. 80 del d.lgs.50/2016, è da intendersi riferito, non solo, alle fattispecie tipiche previste dall’articolo 80, comma 1, lett. a -b-b – bis -c - d- e- f e g, bensì, anche, a quelle comunque incidenti sull’affidabilità dell’impresa. Ne consegue che, sul partecipante, ricade l’onere di indicare tutte le condanne pregresse che non siano state oggetto di riabilitazione, senza che il medesimo concorrente possa operare una selezione di ciò che debba dichiarare. Per quanto sopra, l’omessa dichiarazione costituisce il presupposto vincolante per la Stazione Appaltante per l’esclusione dalla gara del partecipante reticente […]”.

Il Comune aveva pertanto comunicato che avrebbe proceduto all’esclusione “ per violazione dell’obbligo dichiarativo previsto dall’art. 80 del D. Lgs. 50/2016 e ss.mm.ii. segnatamente al comma 5, idonea a compromettere l’affidabilità e l’integrità dell’operatore economico ”.

Le controdeduzioni dell’impresa erano state respinte e la civica amministrazione aveva proceduto all’esclusione con provvedimento del Rup prot. n. 0014053 del 23 marzo 2020.

2. Avverso siffatta determinazione, con il ricorso di primo grado, la società deduceva:

1. Violazione dell’art. 80 del d. lgs. n. 50/2016 (cod. contratti). Violazione dell’art. 57, par. 1 e 4, Dir. 2014/24/UE. Violazione del criterio di interpretazione letterale;
del criterio di interpretazione sistematica;
del divieto di
gold plating [art. 1, c. 1, lett. a), legge delega n. 11/2016];
dei principi di certezza, imparzialità e trasparenza;
del principio di legalità e dei corollari di tipicità e tassatività delle cause di esclusione ex art. 83, c. 8, cod. contr.. Violazione delle indicazioni vincolanti della giurisprudenza europea
.

Le dichiarazioni concernenti le cause di esclusione di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 80 del Codice dei contratti devono, a norma del comma 3, essere rese con riferimento ai soggetti ivi espressamente indicati (tra cui anche il -OMISSIS-).

Invece, le dichiarazioni concernenti le cause di esclusione di cui al comma 5 vanno rese solo, expressis verbis , dall’ “operatore economico”, e pertanto, secondo la ricorrente, dai rappresentanti dell’impresa (o da soggetti che comunque agiscano in suo nome e per suo conto), da coloro che ne siano titolari, ovvero facciano parte dei relativi organi.

Siffatta delimitazione dell’obbligo dichiarativo delle cause escludenti di cui al comma 5 dell’art. 80 del Codice dei contratti, oltre a trovare un chiaro fondamento nel dato letterale della disposizione, si ricaverebbe anche dal diritto europeo.

La società sosteneva, pertanto, che la condanna di trent’anni prima a carico del -OMISSIS-, rientrando nelle cause di esclusione di cui al comma 5 dell’art. 80, non doveva essere dichiarata.

Evidenziava, al riguardo, che una lettura del vigente quadro normativo nazionale ed europeo improntata ai principii di legalità, tassatività delle cause di esclusione, trasparenza delle procedure di gara e del divieto di gold plating [cioè il divieto di introdurre o mantenere livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive: art. 1, c. 1, lett. a), legge delega n. 11/2016], si opporrebbe a qualunque tentativo di estensione dell’ambito soggettivo di applicazione del motivo di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), del Codice dei contratti.

Il tenore letterale dell’art. 57 par. 1 della Dir. 2014/24/UE è infatti chiaro nel prevedere che l’esclusione, sotto il profilo soggettivo, debba essere disposta quando la condanna definitiva per uno dei reati ivi nominati sia stata comminata nei confronti dell'operatore economico o “anche” di un membro del consiglio di amministrazione, di direzione o di vigilanza di tale operatore economico o di una persona ivi avente poteri di rappresentanza, di decisione o di controllo.

In quanto norma eccezionale, la cui applicazione determina un’estensione dell’ambito di applicazione di una previsione avente un contenuto afflittivo, essa è soggetta alla regola di stretta interpretazione ed è quindi insuscettibile di applicazione estensiva o analogica.

A sua volta, l’art. 57 par. 4 della Dir. 2014/24/UE, nella definizione dell'ambito soggettivo di applicazione dei motivi facoltativi di esclusione, riferisce all’operatore economico le situazioni che consentono l’applicazione della misura, e non consentirebbe di ampliare l’ambito soggettivo di applicazione;

2. Violazione dell’art. 80 del d. lgs. n. 50 del 2016. Violazione dell’art. 57, par. 4, 6 e 7, Dir. 2014/24/UE. Violazione dei principi di buona fede, correttezza e solidarietà;
del legittimo
affidamento;
del principio di parità di trattamento;
del principio di trasparenza. Violazione della vincolante giurisprudenza della Corte di giustizia Ue. Violazione del principio di proporzionalità.

La ricorrente argomentava poi in ordine alla delimitazione temporale - ex lege nonché ai sensi della disciplina di gara e in ragione del principio di proporzionalità – delle circostanze soggette a obblighi dichiarativi .

L’amministrazione aveva motivato l’esclusione in relazione all’omissione dichiarativa di una sentenza di patteggiamento del -OMISSIS- della società risalente al 1990 e con il solo riferimento al comma 5 dell’art. 80 del Codice dei contratti e alla compromissione della affidabilità e della integrità dell’operatore economico.

Quest’ultima disposizione, com’è noto, contiene una pluralità di possibili cause di esclusione ma, in forza dell’esplicito e inequivoco riferimento all’ affidabilità e integrità dell’impresa contenuto nel provvedimento impugnato, doveva ritenersi che la stazione appaltante avesse inteso applicare la causa di esclusione di cui alla lettera c) del comma 5 dell’art. 80 in commento, secondo cui l’esclusione scatta quando “ la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità ”.

L’appellante richiamava pertanto la giurisprudenza (ad esempio, Cons. St., V, 5 marzo 2020, n. 1605 e 12 marzo 2020 n. 1774) che ha messo in evidenza come, in relazione agli obblighi informativi che la previsione pone a carico dell’operatore economico per consentire alla stazione appaltante un’adeguata e ponderata valutazione sull’affidabilità e sull’integrità del medesimo, si possano prospettare, in linea di massima, due fattispecie tipiche:

- l’omissione delle informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, che comprende anche la reticenza, cioè l’incompletezza, con conseguente facoltà della stazione appaltante di valutare la stessa ai fini dell’attendibilità e dell’integrità dell'operatore economico;

- la falsità delle dichiarazioni, ovvero la presentazione nella procedura di gara in corso di dichiarazioni non veritiere. In tale ipotesi è prevista l’automatica esclusione dalla procedura di gara poiché la stessa depone in maniera inequivocabile nel senso dell'inaffidabilità e della non integrità dell’operatore. Ogni altra condotta, omissiva o reticente che sia, richiede invece un apprezzamento da parte della stazione appaltante sull’affidabilità dell’operatore economico (Cons. Stato, Sez. V, 12 aprile 2019, n. 2407).

La società richiamava poi la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, Sezione IV, 24 ottobre 2018, in causa C-124/17, secondo cui “ ai sensi dell'articolo 57, paragrafo 7, della direttiva 2014/24, gli Stati membri determinano il periodo massimo di esclusione nel caso in cui l'operatore economico non adotti nessuna misura di cui all'articolo 57, paragrafo 6, di tale direttiva per dimostrare la propria affidabilità;
detto periodo non può, se il periodo di esclusione non è stato fissato con sentenza definitiva, nei casi di esclusione di cui all'articolo 57, paragrafo 4, di tale direttiva, superare i tre anni dalla data del fatto in questione
”.

Al di là dell’integrale e/o corretto recepimento della norma nel nostro ordinamento interno, la disciplina della direttiva sarebbe chiara ed inequivocabile e alla stessa andrebbe “ riconosciuta efficacia diretta e verticale nell'ordinamento interno e […] conseguente immediata applicabilità ” (così le sentenze del Consiglio di Stato nn. 1605/2020 e 1774/2020 cit.).

La ricorrente invocava poi quella giurisprudenza secondo cui, alla stregua del principio di proporzionalità di matrice europea, un obbligo dichiarativo troppo ampio, per un verso risulterebbe eccessivamente oneroso per l'operatore economico, e, per l’altro, non apporterebbe significativi elementi di conoscenza alla stazione appaltante, trattandosi di vicende ampiamente datate o, comunque, ormai del tutto insignificanti (cfr. Cons. Stato, Sez. V, sentenze nn. 6576/2018 e 2895/2019).

In ogni caso, in relazione all’atipica e residuale clausola di esclusione contemplata all’art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. 50/2016, laddove non si tratti di cause di esclusione tipizzate ex lege , la chiara delimitazione delle ulteriori informazioni necessarie alla formulazione del giudizio di piena “affidabilità” e “integrità” professionale dell’impresa, non potrebbe che essere effettuata dalla medesima stazione appaltante con la legge di gara.

Depongono in tal senso:

- i reciproci obblighi di buona fede, correttezza e solidarietà (artt. 2 e 97 Cost., art. 1175 c.c.) connotanti il rapporto tra consociati dal momento del loro primo contatto sociale qualificato;

- la tutela dell’affidamento legittimo, su cui fonda il diritto dell’Unione;

- i principi di parità di trattamento e trasparenza.

Nel caso di specie, la lex specialis di gara si era limitata a ribadire il contenuto di un obbligo dichiarativo già discendente dalle previsioni di legge, senza alcuna richiesta di specifiche informazioni ulteriori e/o aggiuntive;

3. Violazione dell’art. 80 del d. lgs. n. 50 del 2016. Difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione degli artt. 3 e 7 della legge n. 241 del 1990 .

In relazione all’illecito professionale di cui alla lett. c) del comma 5 dell’art. 80 del Codice, la sanzione dell’esclusione non può essere automatica.

Nel caso di specie, la stazione appaltante non aveva comunque tenuto conto del fatto:

a) che la sentenza di patteggiamento era del 1990 ed i fatti risalivano al 1984;

b) che il fatto in questione era stato integramente depenalizzato;

c) che la pena irrogata era estremamente lieve ed era stato applicato il beneficio della sospensione condizionale;

d) che i fatti non erano collegati all’attività della società;

4. Violazione dell’art. 83, comma 9, del d. lgs. n. 50 del 2016 .

Gli obblighi di collaborazione del partecipante alla gara debbono attestarsi alla soglia della ragionevole esigibilità del contegno, da escludersi in nuce nel caso in cui l’esistenza stessa dell’obbligo sia oggettivamente non percepibile;

5. Violazione dell’art. 445 c.p.p.. Violazione degli articoli 5 e 6 CEDU. Violazione dell’art. 80 del d. lgs. n. 50 del 2016. Violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione. Violazione degli artt. 3 e 7 della legge n. 241 del 1990. Violazione del principio di proporzionalità .

5.a L’estinzione del reato oggetto di una sentenza di patteggiamento è automatica, ex art. 445, comma 2, c.p.p., qualora, come nel caso in esame, sia stata irrogata una pena detentiva non superiore a due anni, se nei cinque anni successivi l’imputato non commette un reato della stessa indole.

5.b D’altro canto, l’art. 673 c.p.p. stabilisce che in caso di abrogatio criminis , il giudice dell’esecuzione “ revoca la sentenza di condanna o il decreto penale dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato e adotta i provvedimenti conseguenti ”;
si tratta, dunque, di atto dovuto;

5.c Vi è poi sostanziale analogia fra gli effetti della riabilitazione, quali previsti dall'art. 178 c.p., e quelli del positivo decorso del termine quinquennale previsto dall'art. 445, comma 2, c.p.p., con riguardo alla sentenza di applicazione della pena su richiesta.

Il provvedimento dichiarativo dell’estinzione, successivo e ricognitivo di un effetto già verificatosi, resta estraneo ai fini dell’estinzione del reato e si pone in funzione meramente formale e ricognitiva di un effetto già verificatosi;

6. Violazione dell’art. 80 del d. lgs. n. 50 del 2016 .

La condanna valorizzata dall’amministrazione riguarda una sentenza di patteggiamento del 24 settembre 1990 recante una condanna a due mesi e venti giorni di reclusione e una multa di due milioni e settecentomila lire relativamente ad una condotta risalente al 1984 (in relazione a denuncia dei redditi del 1983) di ritenute indebita creazione di costi per lire 5.500.000 (pari a € 2.840,52) e dissimulazione di ricavi per lire 15.803.000 (pari a € 8161,57), condotta rilevante ex art. 4, n. 7, del d.l. 429/1982 (convertito con l. 516/1982).

6.a Com’è noto, l’intero titolo I di tale legge (come successivamente modificata) ha costituito oggetto di abrogazione da parte del d. lgs. n. 74 del 2000.

L'esclusione dell’obbligo di dichiarare una condanna per reato depenalizzato discende dalla definitiva irrilevanza penale sancita dal legislatore;
in tale ipotesi la possibilità di apprezzarne la gravità e quindi la rilevanza ai fini della partecipazione ad una gara pubblica risulta esclusa ex ante dal provvedimento legislativo a contenuto abrogativo (Cons. St., VI, 3 settembre 2013, n. 4392);

6.b Il comma 3 dell’art. 80 del d.lgs. n. 50/2016, nell’escludere la rilevanza espulsiva del reato, indica come lo stesso debba essere stato “ dichiarato estinto ” mentre per quanto riguarda la depenalizzazione si limita a indicare che “ il reato è stato depenalizzato ” (non prevedendo quindi alcun provvedimento dichiaratorio).

Se ciò vale per i reati di cui al comma 1 dell’art. 80 del Codice, tanto dovrebbe valere a maggior ragione per altre (meno gravi e non automaticamente escludenti) fattispecie di reato;

7. Ulteriore violazione dell’art. 80 del d. lgs. n. 50 del 2016.

In via ancora più radicale, la società contestava che la sentenza di applicazione della pena su richiesta, integrasse un’ipotesi di “grave illecito professionale” ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016, dovendosi intendere come tale qualsiasi condotta legata all’esercizio dell’attività professionale dell’operatore economico. L’attività professionale della società è quella desumibile dal suo oggetto sociale e dalla sua iscrizione camerale;
la quale non c’entrava nulla con quella oggetto della sentenza di patteggiamento (che riguardava un’attività di un libero professionista resa per altro cliente).

3. Nella resistenza del Comune di Marcianise, il TAR respingeva il ricorso e compensava le spese.

4. La sentenza è stata impugnata dalla società Eco.car, rimasta soccombente.

L’appellante ha dedotto:

I. Primo motivo di appello .

La sentenza appellata si concentra esclusivamente sui seguenti aspetti:

1) se (anche) la (mera) omissione dichiarativa sia rilevante ai fini espulsivi;

2) se il precedente penale, in quanto sentenza di patteggiamento, dovesse essere dichiarato;

3) se, ai fini dichiarativi, possa distinguersi fra imprese e relativi rappresentanti amministratori o -OMISSIS-.

Essa ha invece omesso qualunque pronuncia sulla maggior parte delle censure, violando l’art. 112 c.p.c. (richiamato ex art. 39, comma 1, c.p.a.);

II. Secondo motivo di appello (primo motivo del ricorso al TAR).

Il primo motivo di ricorso aveva un carattere logicamente pregiudiziale poiché mirava a stabilire se la riferibilità soggettiva del (lontanissimo) precedente penale non menzionato nel DGUE (cioè la sua riconduzione) al -OMISSIS- della Ecocar (non rientrante fra i reati ostativi indicati dal comma 1 dell’art. 80 del Codice e peraltro non riguardante l’attività di Ecocar), ne imponesse o meno, ex lege , la dichiarazione.

Il TAR inoltre, non ha affrontato il punto centrale del secondo motivo, il cui tema era di stabilire a quali condizioni un determinato precedente, che non rientri fra i reati ostativi di cui al comma 1, debba essere dichiarato;
e, in particolare:

a) se, pur essendo il precedente estraneo ai reati di cui al comma 1, debba, cionondimeno, essere dichiarato da tutti i soggetti indicati nel comma 3 o solo da chi amministra la società e/o possa impegnarne la volontà all’esterno;

b) se, comunque, debba esserlo ancorché relativo ad attività che non c’entra assolutamente nulla con l’operatore economico.

Relativamente alle vicende penali rilevanti ai sensi del comma 5, la scelta del Codice è stata di contenere l’obbligo dichiarativo all’operatore economico e pertanto:

α) ai soli rappresentanti dell’impresa (cioè a chi l’amministri e/o agisca in nome e per conto dell’operatore economico e abbia il potere di riferire a esso la sua attività con effetti esterni):

β) e, comunque, alle sole condotte poste in essere nell’interesse dell’impresa concorrente o a suo vantaggio, e pertanto a questa direttamente riconducibili

L’appellante ha poi sottolineato l’inconferenza dei precedenti richiamati dal TAR poiché riferiti a gare in cui la lex specialis esigeva l’indicazione di tutte le sentenze di condanna a carico dei -OMISSIS-, conformemente all’art. 38, comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006 applicabile ratione temporis ;

III. Terzo motivo di appello (secondo motivo del ricorso al TAR).

Il terzo motivo di appello stigmatizza anzitutto il carattere contraddittorio e perplesso della sentenza non risultando chiaro in base a quale parametro normativo sia stata vagliata la fondatezza delle censure dedotte.

Inoltre, la sentenza ha omesso di pronunciarsi su una pluralità di profili censori sviluppati nel secondo motivo del ricorso di primo grado, i quali sono stati pertanto specificamente riproposti.

L’appellante ha altresì evidenziato che questo Consiglio di Stato, con ordinanza della V sezione del 9 aprile 2020, n.2332, ha rimesso all’Adunanza plenaria la questione relativa alle conseguenze derivanti da una mera omissione dichiarativa, mostrando peraltro chiaramente di aderire alle tesi sviluppate anche nel presente ricorso;

IV. Quarto motivo di appello .

Le motivazioni svolte dal Tar nel 7° “considerato” non si correlano ai rilievi censori sviluppati nel ricorso. In particolare esse non hanno alcun attinenza né col quinto motivo (con il quale era stata sviluppata la questione delle condizioni per l’effetto estintivo;
e dunque, di riflesso, sulla sussistenza o meno dell’onere dichiarativo relativo ad una sentenza di patteggiamento), né al sesto motivo, che esplorava il tema dell’ abrogatio criminis .

V. Quinto motivo di appello .

La società ha poi specificamente riproposto il terzo, quarto, quinto, sesto e settimo motivo del ricorso di primo grado, su cui il TAR ha omesso di pronunciarsi.

4. Si è costituito, per resistere, il Comune di Marcianise, il quale ha sviluppato le proprie argomentazioni difensive nella memoria del 13 luglio 2020.

5. L’appellante ha depositato una memoria di replica.

6. Si è costituita altresì, in data 16 luglio 2020, con atto di stile, la società Teknoservice s.r.l..

7. L’appello, infine, è passato in decisione alla pubblica udienza del 16 luglio 2020 ai sensi dell’art. 4 del d.l. n. 28 del 2020.

8. Si prescinde dall’esame dell’istanza cautelare, essendo quest’ultima assorbita dalla presente pronuncia nel merito.

9. L’esclusione dell’odierna appellante dalla gara di cui si verte è stata decretata dal Comune di Marcianise quale conseguenza automatica della mancata dichiarazione di una sentenza c.d. patteggiata, a carico del -OMISSIS-della società, divenuta irrevocabile il 2.11.1990 (la sentenza riguarda un reato tributario oggi depenalizzato).

Tanto si evince chiaramente dal provvedimento di esclusione laddove, al punto 5), la stazione appaltante, in risposta ad una delle osservazioni della società ha replicato che “ la mancata dichiarazione di una precedente sentenza di condanna produce l’effetto dell’esclusione automatica per violazione del generale obbligo dichiarativo fissato dall’art. 80 del d.lgs. n. 50/2016 ”.

Nello stesso senso, anche nella comunicazione di avvio del procedimento, nel mettere in rilievo “ l’onere che ricade sul partecipante [...] di indicare tutte le condanne pregresse che non siano state oggetto di riabilitazione ”, l’amministrazione aveva affermato che “ l’omessa dichiarazione costituisce il presupposto vincolante per la Stazione Appaltante per l’esclusione dalla gara del partecipante reticente ”.

La formulazione degli atti della sequenza procedimentale che ha condotto all’esclusione, dà quindi evidenza del fatto che il Comune ha fatto applicazione dell’art. 80, comma 5, lett. c- bis ), del d.lgs. n. 50 del 2016.

10. Ciò posto, risultano fondati, ed assorbenti, ai fini dell’accoglimento dell’appello, il secondo, il terzo e quarto motivo di ricorso articolati in primo grado, nella parte in cui la società ha dedotto, da un lato, l’esistenza di una delimitazione temporale delle circostanze soggette a obblighi dichiarativi, e, dall’altro, che comunque l’esclusione per omissioni dichiarative del concorrente in relazione a reati c.d. “non ostativi” non è (non può essere) automatica.

Al riguardo, si osserva quanto segue.

11. Per quanto qui interessa, secondo l’attuale testo dell’art. 80, comma 5, applicabile nella fattispecie, “5. Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all'articolo 105, comma 6, qualora :

[...]

c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità ;

c-bis) l'operatore economico abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a fini di proprio vantaggio oppure abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione, ovvero abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione ;

[...]

f-bis) l'operatore economico che presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere ;

[...]

10-bis. Nei casi di cui alle lettere b) e c) del comma 10, se la pena principale ha una durata inferiore, rispettivamente, a sette e cinque anni di reclusione, la durata della esclusione è pari alla durata della pena principale. Nei casi di cui al comma 5, la durata della esclusione è pari a tre anni, decorrenti dalla data di adozione del provvedimento amministrativo di esclusione ovvero, in caso di contestazione in giudizio, dalla data di passaggio in giudicato della sentenza. Nel tempo occorrente alla definizione del giudizio, la stazione appaltante deve tenere conto di tale fatto ai fini della propria valutazione circa la sussistenza del presupposto per escludere dalla partecipazione alla procedura l'operatore economico che l'abbia commesso ;

[...]”.

La vigente disposizione, conseguente alle modifiche introdotte dall’art. 5, comma 1, del d.l. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 febbraio 2019, n. 12, ha sdoppiato nelle lettere c- bis ) e c- ter ) la preesistente elencazione contenuta nella lett. c), mantenendo peraltro la previsione di portata generale in essa già contenuta (Cons. Stato, Sez. V, 22 luglio 2019, n. 5171).

11.1 Nel caso in esame, la sentenza appellata ha avallato il ragionamento della stazione appaltante circa l’automatica rilevanza escludente di qualsivoglia omissione dichiarativa, laddove ha statuito che l’omessa menzione della condanna patteggiata “ giustifica [...] l'estromissione dalla gara, posto che la condotta reticente della partecipante non ha fornito un quadro completo della situazione dell'impresa in relazione agli accertamenti di cui all'art. 80 del D. Lgs. n. 50/2016 ed ha impedito che il processo decisionale della Stazione Appaltante si svolgesse in maniera esauriente , non consentendo di esprimere ogni necessaria considerazione sulla sussistenza di eventuali gravi illeciti professionali tali da rendere dubbia la integrità ed affidabilità dell'impresa [...]”.

11.2 Al riguardo, questo Consiglio di Stato, con la recente ordinanza n. 2332 del 2020 della Sezione V, di rimessione all’Adunanza plenaria, ha sottoposto a critica l’orientamento secondo cui l’omissione informativa sia sempre qualificabile, di per sé, come “ grave illecito professionale ”.

In particolare ha messo in luce (par. 18 e ss.) che, in siffatta prospettiva, “ gli obblighi informativi decampano dalla logica della mera strumentalità, diventando obblighi finali, dotati di autonoma rilevanza: di dal che l’omissione, la reticenza, l’incompletezza divengono – insieme alle più gravi decettività e falsità – forme in certo senso sintomatiche di grave illecito professionale in sé e per sé.

In questo quadro, ancorché non univocamente (in senso parzialmente contrario, e.g. Cons. Stato, III, 23 agosto 2018, n. 5040;
V, 3 aprile 2018, n. 2063;
III, 12 luglio 2018, n. 4266), si è interpretato l’ultimo inciso l’art. 80, comma 5, lett. c), attribuendogli il rigoroso significato di una norma di chiusura, che impone agli operatori economici di portare a conoscenza della stazione appaltante tutte le informazioni relative alle proprie vicende professionali, anche non costituenti cause tipizzate di esclusione (Cons. Stato, V, 11 giugno 2018, n. 3592;
25 luglio 2018, n. 4532;
19 novembre 2018, n. 6530;
III, 29 novembre 2018, n. 6787).

19. In senso parzialmente diverso, si è, tuttavia, osservato che siffatto generalizzato obbligo dichiarativo, senza la individuazione di un generale limite di operatività, “potrebbe rilevarsi eccessivamente oneroso per gli operatori economici, imponendo loro di ripercorrere a beneficio della stazione appaltante vicende professionali ampiamente datate o, comunque, del tutto insignificanti nel contesto della vita professionale di una impresa” (Cons. Stato, V, 22 luglio 2019, n. 5171;
Id., V, 3 settembre 2018, n. 5142).

La necessità di un siffatto limite generale di operatività deriva, del resto, dall’art. 57, § 7 della Direttiva 2014/24/UE, che ha, per giunta, fissato in tre anni dalla data del fatto la rilevanza del grave illecito professionale, in ciò seguita dalle Linee guida ANAC n. 6/2016, precedute dal parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato n. 2286/2016 del 26 ottobre 2016, che ha affermato, tra altro, la diretta applicazione nell’ordinamento nazionale della previsione di cui al predetto paragrafo.

Per tal via, la più recente giurisprudenza si è orientata alla individuazione anzitutto di un limite temporale all’obbligo dichiarativo, ancorato alla postulata irrilevanza di illeciti commessi dopo il triennio anteriore alla adozione degli atti indittivi (cfr., tra le varie, Cons. Stato, V, 5 marzo 2020, n. 1605) ”.

11.3 Un’ampia elaborazione giurisprudenziale si è infatti incentrata sull’esistenza di un limite triennale di rilevanza temporale del fatto astrattamente configurabile quale “grave illecito professionale” ex art. 80 comma 5 lettera c) d. lgs. n. 50/16 decorrente dalla data di accertamento definitivo del fatto stesso ed identificabile, allorché venga in rilievo una sentenza non automaticamente escludente ex art. 80 comma 1 d. lgs. n. 50/16, nella data di pubblicazione della stessa (in questo senso cfr. da ultimo, TAR Lazio, sez. II – ter n. 4917 del 2020;
cfr. anche Cons. Stato, Sez. V, n. 1605 del 2020, n. 5171 del 2019, n. 2895 del 2019).

Tale limite risulta oggi recepito anche dal diritto positivo nazionale atteso che il surriportato comma 10 bis dell’art. 80 del Codice dei Contratti, stabilisce espressamente che “ nei casi di cui al comma 5, la durata della esclusione è pari a tre anni, decorrenti dalla data di adozione del provvedimento amministrativo di esclusione ovvero, in caso di contestazione in giudizio, dalla data di passaggio in giudicato della sentenza ”, con formulazione applicabile, in via di interpretazione estensiva, “ a tutte le ipotesi di grave illecito professionale (e, quindi, pure a quelle correlate all’emissione di una sentenza di condanna non automaticamente ostativa ex art. 80 comma 1 d. lgs. n. 50/16 ”, trattandosi di applicazione “ coerente con il richiamo della disposizione ai “casi di cui al comma 5” da intendersi in senso generale e, quindi, comprensivo anche di tutte le ipotesi di “grave illecito professionale” qualunque ne sia la causa ” (TAR Lazio, sentenza n. 4917 del 2020, cit.).

Peraltro, come già accennato, la giurisprudenza amministrativa, alla stregua dell’esegesi fornita dalla giurisprudenza comunitaria (cfr. Corte di Giustizia Sezione IV, 24 ottobre 2018, C-124/17), ha ritenuto, anche nella vigenza del testo dell’art. 80 comma 10 d. lgs. n. 50/16 antecedente alle modifiche introdotte dal d. l. n. 135/18 (che non prevedeva alcun limite temporale di rilevanza delle fattispecie costituenti possibili gravi illeciti professionali), che la direttiva 24/2014/UE fosse, in parte qua , direttamente applicabile nel nostro ordinamento (cfr., da ultimo Cons. Stato n. 1605/2020, cit., e, prima ancora, il parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato n. 2286/2016 del 26 ottobre 2016 espresso in relazione alle linee guida Anac n. 6/2016).

11.4. Nel caso di specie, deve pertanto concludersi che – essendo la condanna patteggiata valorizzata dall’amministrazione risalente al 1990 – non sussistesse alcuna omissione dichiarativa rilevante ai sensi dell’art. 80 comma 5, lett. c- bis ) del d.lgs. n. 50 del 2016.

12. Ad ogni buon conto, il Collegio osserva che, quand’anche volesse aderirsi all’orientamento più rigoroso - secondo cui l’esistenza di un potere discrezionale della stazione appaltante in ordine alla sussistenza di gravi illeciti professionali, consenta a quest’ultima di valorizzare anche condotte risalenti nel tempo - anche in questo caso il provvedimento impugnato rimarrebbe illegittimo.

12.1 La fattispecie di esclusione regolata dall’art. 80, comma 5, lett. c- bis del d.lgs. n. 50 del 2016 presuppone un obbligo dichiarativo il cui assolvimento è necessario perché la competizione in gara possa svolgersi correttamente e il cui inadempimento giustifica invece l’esclusione.

In essa rileva pertanto l’omissione in sé rispetto ad un presupposto obbligo dichiarativo e in ciò si esprime il disvalore di tale causa di esclusione (in termini, Cons. Stato, sez. V, sentenza n. 4316 del 6 luglio 2020).

Tuttavia, in tanto può parlarsi di “omissione” in quanto l’obbligo dichiarativo sia stato previsto o a livello normativo o dalla stazione appaltante nella legge di gara.

In tal senso, la cit. ordinanza di rimessione della Sez. V. n. 2332 del 2020, ha sottolineato l’esigenza “ di conferire determinatezza e concretezza ” all’elemento normativo della fattispecie, ovvero al carattere “ dovuto ” dell’informazione, al fine di “ individuare con precisione le condizioni per considerare giuridicamente dovuta l’informazione ” (par. 17).

Al riguardo, l’ordinanza (par. 20) ha ritenuto di poter valorizzare una prospettiva diversa da quella fondata sull’individuazione di un limite di rilevanza temporale delle condotte potenzialmente rilevanti come illecito professionale “ che muove dalla distinzione tipologica, risultante dalla previsione normativa, di due fattispecie distinte:

a) l’omissione delle informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, che comprende anche la reticenza, cioè l’incompletezza, con conseguente facoltà della stazione appaltante di valutare la stessa ai fini dell’attendibilità e dell’integrità dell’operatore economico (cfr. Cons. Stato, V, 3 settembre 2018, n. 5142);

b ) la falsità delle dichiarazioni, ovvero la presentazione nella procedura di gara in corso di dichiarazioni non veritiere, rappresentative di una circostanza in fatto diversa dal vero, cui conseguirebbe, per contro, l’automatica esclusione dalla procedura di gara, deponendo in maniera inequivocabile nel senso dell’inaffidabilità e della non integrità dell’operatore economico (laddove, per l’appunto, ogni altra condotta, omissiva o reticente che sia, comporterebbe l’esclusione dalla procedura solo per via di un apprezzamento da parte della stazione appaltante che sia prognosi sfavorevole sull’affidabilità dello stesso) (cfr. Cons. Stato, V, 12 aprile 2019, n. 2407) ”.

12.2 A prescindere dalla soluzione che l’Adunanza plenaria darà alle questioni sottoposte dalla V^ Sezione di questo Consiglio, e pur prendendo atto dell’orientamento secondo cui l’art. 80, comma 5, lett. c- bis ) del d.lgs. n. 50 del 2016 è una norma di “chiusura” in grado di comprendere tutti i fatti anche non predeterminabili ex ante ma in concreto comunque incidenti in modo negativo sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico, il Collegio condivide l’orientamento secondo cui “ in tanto una ricostruzione a posteriori degli obblighi dichiarativi può essere ammessa, in quanto si tratti di casi palesemente incidenti sulla moralità ed affidabilità dell’operatore economico, di cui quest’ultimo doveva ritenersi consapevole e rispetto al quale non sono predicabili esclusioni “a sorpresa” a carico dello stesso ” (Cons. Stato, sentenza n. 4316 del 2020, cit.).

E’ quanto appunto si verifica nel caso di specie in cui, come messo in luce dall’appellante, una condanna del -OMISSIS- della società, risalente a trenta anni fa e relativa ad un reato da tempo depenalizzato, non poteva essere agevolmente percepita dall’operatore economico come palesemente incidente sulla propria integrità professionale.

Inoltre, come argomentato con ferrea logica dall’ordinanza n. 2332 del 2010, nell’omissione dichiarativa accertata in sede giurisdizionale non può essere insito alcun automatismo escludente.

Essa “a differenza della falsità e della manipolazione fuorviante, di per sé dimostrative di pregiudiziale inaffidabilità ” postula infatti sempre un “ apprezzamento di rilevanza della stazione appaltante, a fini della formulazione di prognosi in concreto sfavorevole sull’affidabilità del concorrente ” (par. 23).

In definitiva, dall’esame dei rapporti tra le diverse fattispecie dell’art. 80, comma 5, del Codice dei contratti pubblici si ricava che omissione e falsità dichiarativa rispettivamente previste dalle lettere c- bis ) e f- bis ) non sono equiparabili e che diverse sono le conseguenze da esse derivanti, posto che solo da quest’ultima, e non anche dalla prima, deriva l’automatica esclusione dalla gara.

12.3 Nel caso di specie, si appalesa pertanto illegittimo anche l’automatismo espulsivo operato dalla stazione appaltante, per di più in una situazione in cui è incontestato che la legge di gara non prescrivesse esplicitamente l’obbligo dei concorrenti di dichiarare “tutte” le condanne riportate dagli esponenti aziendali, diverse da quelle indicate dall’art. 80, comma 1, del Codice.

13. In definitiva, per quanto testé argomentato, l’appello deve essere accolto.

Ne consegue, in riforma della sentenza impugnata, l’accoglimento del ricorso instaurato in primo grado e l’annullamento dei provvedimenti impugnati.

Appare tuttavia equo, in relazione alla complessità e novità delle questioni controverse, compensare integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

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